Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Giuliacardiff    14/10/2020    1 recensioni
“AU situata alla fine della prima stagione, ispirata da una doujinshi RiRen. Cosa accadrebbe se alla fine di tutta l’umanità Eren andasse indietro nel tempo per prendersi cura di Levi? 6000 parole”
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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RIREN



“AU situata alla fine della prima stagione, ispirata da una doujinshi RiRen. Cosa accadrebbe se alla fine di tutta l’umanità Eren andasse indietro nel tempo per prendersi cura di Levi? 6000 parole”


 

EREN JAEGAR: “L’uomo senza un braccio e gli occhi dorati”

 

Levi Ackerman

 

#1 HUNDRED





Gentile signore che legge,
non mi importa chi diavolo tu sia, né se leggerai mai questa lettera.

L’importante per me è averla scritta, perciò non criticare.

In poche righe vorrei raccontarti della mia esperienza, della mia merdosa esistenza, fino a quando non entrai nella Legione. Ma la verità è che voglio raccontare a qualcuno, anche ad un perfetto estraneo, la mia vita insieme a lui, insieme a colui che mi insegnò a vivere.

Sono nato e cresciuto nei sotterranei della capitale. Non c'è bisogno di descrivere quel posto di merda, perciò vi farò un riassunto in una frase: era il posto in cui non avrei mandato nemmeno il mio peggior nemico.

E questo la dice lunga su quel posto.

Vivevo in quel marciume fin da quando avevo memoria, è stata la mia casa … e il mio incubo. Non avevo niente da definire mio, nessuno su cui contare, niente.

Il mio compito era semplicemente sopravvivere silenzioso, facendo di tutto per mostrarmi forte.

Rubavo per mangiare, picchiavo per non essere picchiato, corrompevo per non essere corrotto. Il mio corpo, piccolo snello, da bambino appena undicenne, era perfetto per rubare ciò di cui avevo bisogno, o per scappare da malintenzionati, o anche per corrompere le donne più disperate.

Ogni giorno correvo via, senza fermarmi, senza meta, solo per istinto di sopravvivenza. Dovevo solo correre, correre e non guardare indietro, fino al giorno della mia fine.

Ma certe volte, non è possibile mostrarsi sempre forti.

È normale che attimi di debolezza ci assalgano, è … umano.

Quante volte ci ho quasi lasciato le palle per le mie debolezze.

Ricordo che stava per succedere anche quella volta, la volta in cui mi girai e mi guardai dietro.

Avevo probabilmente 12 anni, non ricordo esattamente la data della mia nascita, perciò, penso di non sapere esattamente la mia età, ma non me ne è mai fregato un cazzo, perciò, non mi faccio seghe mentali su quale cazzo di età io abbia.

Comunque, avevo 12 anni quando una sera mi aggiravo per i vicoli stretti e bui dei sotterranei in cerca di qualcosa da mettere nello stomaco. Quella notte però qualcosa andò storto: non ero nel pieno delle mie capacità, ero una facile preda e questo servì ad uno sporco bastardo per mettermi i bastoni tra le ruote.

Probabilmente ubriaco fradicio, iniziò a ringhiarmi contro, deridendomi, per poi afferrarmi per il bordo della maglia e sollevarmi.

Non aspettavo altro.

Presi una pietra e la fracassai sul suo cranio. Ero solo un bambino, un moccioso in fin dei conti, eppure non era la prima volta che uccidevo un uomo.

Certo, non era ancora morto, ma bastava un secondo colpo, un'altra pietra e lo sarebbe stato, avrebbe pagato per i suoi peccati, avrebbe pagato, avrebbe pagato, sarei sopravvissuto, non sarei più stato in pericolo, sarei stato il più forte, sarei …

Presi il collo di una bottiglia scheggiata, stavo per ucciderlo, dovevo ucciderlo, o io o lui, dovevo sopravvivere, dovevo fare qualsiasi cosa per non morire.

 
I miei occhi erano gelidi,
nessuna pietà,
l'uomo sanguinava,
nessun rimorso,
dovevo vivere…
 

Stavo per colpirlo quando … una mano mi bloccò.

Ero sorpreso, non avevo notato nessuno oltre noi, come aveva fatto?

“Non devi uccidere qualcuno di disgustoso come lui” sputò fuori quella strana voce.

Era calma, la voce di un uomo che in un solo istante aveva fermato tutto, bloccato ogni pensiero.

Mi girai a guardarlo. Appena lo feci una luce accecante mi travolse. La mia prima impressione su di lui fu che fosse decisamente troppo luminoso per stare in quella sporcizia. Era fuori luogo.

Nel giro di pochi istanti mi liberai dalla sua presa e provai a colpirlo, ma lui prontamente mi bloccò.

In quel momento mi comportai come un perfetto moccioso petulante e inesperto, per non dire alle prime armi, agitandomi e strepitando inutilmente.

“Il dolore è la più grande forma di disciplina” sibilò lo strano uomo.


Freddo e calcolatore era il suo sguardo, come la sua ferrea presa sui miei polsi sottili. Provai a liberarmi tirandogli un calcio ma non sortì alcun effetto su quell'uomo.

“Sai, una persona di mia conoscenza mi diceva sempre che il miglior modo per piegare qualcuno è attraverso la violenza” mi sussurrò all'orecchio.

Senza rendermene conto, quel bastardo mi sferrò un potente gancio nella bocca dello stomaco.

Ringhiando, persi conoscenza e tutto … si fece buio.

Caddi pesantemente fra le braccia di quell'uomo, o meglio il braccio.

Sentì uno strano calore invadermi, mi sentivo al sicuro, protetto, per la prima volta. Chissà, forse era solo un sogno.

Ricordo solo che prima di cadere nell’oblio, una calda e melodiosa voce mi disse che forse era meglio farmi una doccia.

Che cazzata da dire.

Il mio mondo si chiuse alla vista di un freddo volto che mi fece sentire protetto.

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Quando mi svegliai, pensai a quanto fossi stupido: mi ero addormentato in un posto pericoloso, rischiando di morire in qualunque momento. Mettendo poi a fuoco il luogo dove mi trovavo, notai di essere steso in un piccolo letto, con candide lenzuola e pareti pittate di un orrendo Celestino.

Vomitevole, ma molto accogliente. Non credevo che avrei mai dormito in un letto ma ora ne avevo la possibilità. La sensazione di quelle coperte che mi avvolgevano il corpo mi fece sorridere. Mi sentivo al sicuro.

Provai ad alzarmi. Fitte di dolore si diffusero nel mio corpo.

Strano.

Il mio corpo era stato sapientemente curato, le mie ferite bendate e tutto lo sporco accumulato negli anni sembrava svanito.

Nell'aria vorticavano odori diversi che mi fecero sgranare gli occhi per la sorpresa: l'odore debole di disinfettante, unito ad una fragranza maschile e all’aroma di cibo.

Il mio stomaco iniziò a brontolare.

Dannato me.

Con passo tremolante per la stanchezza ma piuttosto fermo e silenzioso, mi avvicinai alla fonte di tutti quegli odori.

Mi fermai sull’uscio di una piccola cucina, dove quel merdoso uomo era intento a preparare qualche strana brodaglia. Quell'uomo che mi aveva colpito e a cui mancava un braccio.

Potevo sconfiggerlo.

Veloce e scattante, provai a sferrargli il più potente dei miei calci, ma lui mi afferrò per la caviglia con la mano, sostenendomi come se fossi un sacco di patate.

“Provare a colpire una persona subito dopo essersi svegliati …” il suo tono di voce era sconsolato, per non dire rassegnato dalle mie prevedibili azioni, ma cazzo … come faceva?

“Se hai tutte queste energie per colpirmi, allora il tuo corpo deve essere guarito” tristemente mi arresi all'evidenza dei fatti: non l'avrei colto di sorpresa.

Come un gatto, assottiglia gli occhi, nascondendo le mie emozioni dietro una maschera di indifferenza, come i sotterranei mi avevano insegnato.

Lentamente mi mise a sedere a tavola, dandomi un piatto di qualcosa da mangiare. L'odore era davvero invitante.

“mangia, forza” squadrai il piatto con interesse, non avevo mai visto niente del genere.

“cosa? Non mangi? Beh, se non sei affamato …” il mio brontolio di stomaco lo fermò nel suo discorso.

Sospirando mi ordinò di mangiare finché era ancora caldo, ma … non potevo.

“… perché fai tutto questo per qualcuno che ha cercato di ucciderti? “parlai per la prima volta in presenza di quell’odioso uomo, non capivo le sue azioni.

Ci fu un minuto di silenzio e staticità, prima che quell’uomo provasse a togliermi il piatto da davanti, ma prontamente lo fermai. Avevo una fame tremenda.

Lo guardai. Il suo sguardo … era quello di un cacciatore. Fu la prima volta che me ne accorsi: era … gelido ma allo stesso tempo non ammetteva repliche. Sentivo che mi avrebbe ucciso seduta stante.

Gli mostrai il mio miglior sguardo omicida, ma non era niente in confronto al suo.

“Mangia, non lo ripeterò di nuovo. Devi mangiare finché potrai farlo … perché non puoi sapere cosa ti accadrà domani” lo sguardo dell’uomo si fece lontano e distaccato ma notai una certa preoccupazione nella sua voce.

Che gli stessi a cuore? Impossibile.

Mi avvicinai il piatto e, diffidente, iniziai ad ingurgitare quella brodaglia.

Non male. Era calda ma stranamente gustosa.

Senza rendermene conto, iniziai a mangiare con più velocità, gustando ogni boccone.

Era squisita.

Passai il piatto ormai vuoto e guardai l'uomo.

Non mi ero accordo che in realtà fosse un ragazzo, forse non aveva più di vent'anni. Aveva i capelli lucidi e ordinati, il viso pulito, un corpo tutt'altro che massiccio ma agile.

Tutto di lui stonava nei sotterranei ma non era male. Ma il suo tratto più curioso e affascinante erano i suoi occhi: due lastre azzurre, costellate da verde smeraldo con pagliuzze dorate. Non riuscivo a classificare quel colore ma era adatto a lui.

Mi accorsi che lo stavo fissando solo quando, calmo, mi chiese se volessi il bis. Titubante annuì.

Per qualche attimo, mi sembrò che quel freddo uomo, o ragazzo che fosse, quasi sorridesse.

L'uomo che mi colpì allo stomaco, riempì di cibo quello stesso stomaco.

Stranamente, quel giorno iniziò la nostra convivenza. Mi sentivo al sicuro in quella piccola casa, vicino a quel freddo ragazzo che dopo un po’ non mi sembrò per niente così freddo.

Un giorno mi sentì davvero debole. Fu un giorno di fitta pioggia ma non ero bagnato né sentivo freddo.

Anzi, la grande mano appoggiata sulla mia fronte era così calda e rassicurante che volevo che non smettesse mai di irradiarmi calore, ma era la febbre a dirlo. Ne sono sicuro.

Ero così malato che … scoppiai in lacrime.

Solo un forte e caldo abbraccio riuscì a farmi smettere.

Dopo quel giorno, ne arrivò un altro, e un altro ancora, poi un terzo, e poi ancora quello dopo; anche se ciò che mangiavo cambiava di giorno in giorno, continuavo a mangiare.

Provai ad andarmene, ma lui mi fermò dicendomi di rimanere dato che non sapevo dove andare dopo tutto.

Dopo molti giorni, iniziai ad avere una routine quotidiana: ogni giorno avevo di che mangiare, un letto per dormire, qualcosa da fare e un tetto sulla testa; ma mi sentivo un peso, perciò, iniziai ad aiutare il ragazzo in tutto ciò che faceva, seguendolo ovunque come una piattola.

Iniziai a pulire un po’ di qua e di là, era la prima volta che lo facevo ma lui sembrò apprezzarlo e per lodarmi mi accarezzò i capelli, affettuosamente, sorridendo veramente per la prima volta. Nel cuore sentii una strana sensazione: AMORE, quella parola che tante donne declamavano, chissà se era ciò che provavo.

Il suo sorriso mi rimase impresso … volevo davvero farlo sorridere, ancora una volta, solo per me.

“Ascoltami, devi iniziare a pulire come si deve. Innanzitutto, devi pulire gli angoli, raccogliere la polvere, lavare a terra con i giusti prodotti, spolverare …” non smetteva più di parlare, forse era davvero ossessionato dalle pulizie, a me non sembravano tanto importanti. Intuendo i miei pensieri, mi colpì facendomi finire a terra.

Cazzo che male! Come faceva a farlo con un solo braccio.

Dopo aver seguito tutti i suoi ordini sulle pulizie, osservai la nostra casa.

Non riuscì a trattenere un verso di stupore guardando la brillantezza della casa pulita. Luccicava!

“Ora sì che si ragiona” anche lui era felice di quel luogo e un sorriso gli spuntò sulle labbra.

“Visto, quando si pulisce duramente, alla fine i tuoi sforzi vengono ripagati e tu ti senti bene, no?“ impacciato annuì.

Quell'uomo mi insegnò tante cose come dormire di notte e svegliarsi al mattino dicendo “Buongiorno”, mi insegnò come mostrare gratitudine, pulire, lavare, bere da una tazza e mangiare.

E anche le buone maniere a tavola.

Lui non corresse mai il mio modo di tenere la tazza con tutte le dita, me lo fece notare ma mi disse che non era importante come la tenevo; ma sapevo che c'era qualcosa sotto perché quando vedeva il modo in cui tenevo la tazza, il suo sguardo si faceva distante nostalgico.

Chissà cosa pensava.

Anche il combattimento faceva parte delle lezioni.

“siamo a 33 combattimenti, zero vittorie e 33 sconfitte per te, forse per oggi è tutto “.

Bastardo. Aveva solo un arto, eppure non riuscivo a batterlo.

Un corpo che non poteva essere definito robusto, con solo un braccio, eppure forte come l'inferno.

Quell'uomo lavorava come bodyguard per sopravvivere. Aveva un senso della giustizia decisamente stonato per i sotterranei, non che lui lo osannasse ovunque, comunque lui non si faceva corrompere da niente da nessuno.

Era uno strano tizio con una dubbiosa identità … che non era di cattiva compagnia dopo tutto.

Un giorno lo guardai seduto ad un tavolo con un qualcosa nella mano e qualcosa di bianco sul quale … disegnava?

Quando gli chiesi cosa stesse facendo, lui mi rispose evasivo perciò non continua oltre. Eppure, c'era un sottile coso bianco piegato sulla scrivania.

Quando realizzai cosa potessi fare e cosa potevo pensare da solo, il mio cuore perse dei battiti e tutta l'ansia e la paura che avevo accumulato negli anni scomparvero e mi fecero desiderare di conoscere altro, di inebriarmi di sapere.

C'erano così tante cose nel mondo che non conoscevo.

Gioia, segreti, felicità … tutti sentimenti che prima di incontrare lui non conoscevo, unita alla consapevolezza che potessero esistere diversi tipi di paura.

Una sera, quando mi svegliai, notai subito che quell'uomo non era in casa. Regnava l'oscurità e il silenzio; un senso di tristezza e abbandono mi avvolsero, mi sentivo fottutamente male, sapevo solo che dovevo trovarlo. Mi fiondai fuori dalla nostra casa, correndo, ansimando, fremendo di quella che può essere classificata solo come la più antica delle paure: quella di essere soli.

Girando verso un angolo di strada lo vidi confabulare con qualcuno che non avevo mai visto prima.
Finalmente … finalmente l'avevo trovato.

Fino a quando non mi lanciai contro di lui, stringendolo forte tra le mie esili braccia.

Lui sembra sorpreso di vedermi ma non si fece domande né io gliene feci. Tremavo, non volevo lasciarlo.
Mi spiegò che doveva consegnare un “foglio” ad un amico.

Sospirando, mi issò tra le sue braccia, provai a scendere, ma non erano davvero quelle le mie intenzioni.

Con lui mi sentivo bene.

Mi disse che mi avrebbe insegnato a “scrivere”. Sembrava una cosa inutile ma non glielo dissi.
Con lui, con il suo profumo a inebriarmi i sensi e il suo mantello sulle spalle… non avevo bisogno di nient'altro.

“Ehi, vecchio!” lui mi guardò nervoso, forse era irritato perché l'avevo chiamato vecchio. Beh, era una buona motivazione.

“Buongiorno! “lui sorrise felice per la prima volta e sembrò apprezzare il mio gesto.

Mi abbracciò e, sorridendomi tra le lacrime di gioia, mi diede il Buongiorno. Rimanemmo abbracciati per poco, dirigendoci subito verso “casa “.

Era l'alba di un nuovo giorno.

All'improvviso, davanti ai miei occhi, vidi la manica della sua camicia vuota.

La sensazione del tessuto di fabbrica, lo scintillare dell'oro dei suoi occhi rischiarato dai raggi solari, il suo flebile ma meraviglioso sorriso …

Senza pensarci, presi la manica della sua camicia e insieme ci incamminammo verso la nostra vita.

Uniti da un legame di solitudine.

Finalmente … insieme.

Ti prego,

supera l'entrata del mio mondo.
 
 
3/xx/19xx

 

Il Sottoscritto.

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Anno 576. L'ultima speranza e il soldato più forte hanno trovato il segreto dietro i giganti e insieme alla loro squadra, presto, riconsegneranno il mondo nelle mani degli umani.

“Eren, quando ti parlo del mio passato, nella vita prima di diventare un ribelle ed essere ciò che sono oggi, voglio raccontarti di quando ero giovane come te.

Ero più di un moccioso quando incontrai un uomo con gli occhi dorati e il braccio sinistro mancante. Non avevo idea di chi fosse ma lui mi prese con sé, mi diede un tetto sopra la testa, un'educazione e vivemmo insieme per molto tempo. Pensandoci ora, lui era una persona calma e ordinaria, che insegnò ad uno sporco moccioso come me molte cose, espandendo così il mio piccolo mondo, aggiungendo conoscenze ed insegnandomi ad amare. Ma … all'improvviso sparì così come era arrivato.”.

“dov'è ora?” la sua voce esce strozzata ma pur sempre curiosa.

“chi lo sa … forse è sempre qui vicino, o forse non c'è mai stato … forse è proprio accanto a me “. Il suo tono si fa nostalgico, forse non dovevo parlarne.

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Eren e Levi: gli umani in grado di salvare gli uomini dalla fine.

Accomunati dallo stesso desiderio, divisero per poco tempo un letto ma come tutte le cose belle immerse nell'oscurità, non durò molto.

Presto …. tutto finì!

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Mi ero trasformato in Titano. Pensavo di riuscire a sconfiggerli.

Lo credevo sul serio.

Uscì dal mio Titano, stremato; non potevo reggere oltre la trasformazione. Lui mi vide, Lui, l'unico che abbia mai amato.

L'uomo per il quale sopravvivevo.

Provai a chiamarlo, tesi una mano per afferrare il suo mantello, le sue cosiddette ali della libertà.

Lo vidi sfrecciare verso i titani, pronto a difendermi, ormai tutti gli altri erano caduti … la fine dell'umanità era vicina, me lo sentivo.

Lui, combatté con tutte le sue forze per difendermi, per proteggermi come aveva promesso. Ed io che lo chiamavo, che gli dicevo di scappare, ma lui non mi ascoltava.

L'ultima cosa che vidi fu il suo sorriso e il suo sguardo d'amore puntato su di me … mentre una mostruosa mano lo agguantava, stritolandolo.

Le mie stanche membra registrarono quell'orribile scena, i miei sensi catturarono ogni attimo della sua fine.

FINE, che brutta parola.

Non ci avevo mai pensato, non pensavo che sarei stato l'ultimo.

Sono sopravvissuto a lui, o colui che consideravo la mia salvezza.

Lacrime amare caddero dai miei vitrei occhi mentre una bocca gigantesca inglobava il mio braccio.

Era … tutto finito.

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Quando ripresi conoscenza, mi ritrovai nei sotterranei.

Non avevo un braccio, grondavo sangue, ma sapevo che non potevo morire.

Non sapevo cosa fosse successo, l'unica cosa che vidi fu un baratro oscuro, illuminato solo da un flebile raggio di luce sbiadita.

Strano, era quella luce che mi trafiggeva a farmi sentire una merda nei suoi confronti.

Non dovevo sopravvivere.

Dovevo essere morto: Mikasa, Armin e tutti del centoquattresimo squadrone, il comandante Erwin, Hanji, il mio capitano. Ed io.

Non una singola persona era sopravvissuta. Ma i Titani esistono ancora: sono ancora tutti terrorizzati da loro. Tutti i nostri progressi, buttati nel cesso.

Sono diventato decisamente volgare stando con Levi, forse devo smetterla. Devo al più presto andarmene, usare i miei poteri da Titano per sterminarli. Peccato che non sembra che io lo abbia ancora, dato che il mio braccio non vuole saperne di ricrescere.

Devo andarmene, devo tornare da …

Lo guardo, guardo la scena che mi si presenta davanti: un uomo che cerca di aggredire un bambino, ma questo riesce a liberarsi.

Ah, anche da così lontano posso vedere quanto quel bambino sia agile e forte. Quanto la sua sete omicida esca da tutti i suoi pori.

Il suo sguardo da bestia … è come il suo.

Mi tornano in mente le sue parole: “c'era un uomo, con gli occhi dorati e senza un braccio … “.

Osservo la scena, quel bambino è pronto ad uccidere quello schifoso, è il suo sguardo a terrorizzarmi ma anche ad eccitarmi.

Devo fermarlo.

“forse è qui vicino, forse non è mai esistito … o forse…”

Tendo la mia unica mano, devo fermarlo, devo …

Sono sicuro che sia lui, deve esserlo!!

È l’unico che abbia bisogno del mio aiuto.

Lo fermo … finalmente mi guarda, ed io sono sicuro di averlo trovato.

Ti prego. Accetta la mia richiesta di vivere nel tuo mondo.

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Gentile signora che legge,
come va oggi?

Sai, pensavo di raccontarti la fine della mia fottuta storia. Non preoccuparti, non ti annoierà.

Ah, se troverai il foglio sporco o bagnato, non preoccuparti, sarà solo perché … sono sotto la pioggia.
Come volevo dirti, ricordo quando una mattina mi svegliai con la pioggia. Sentivo le gocce di pioggia infrangersi sul nostro tetto e avevo imparato che così non mi sarei inzuppato.

Non era ancora l'alba, ma io già volevo alzarmi perché era il fatidico giorno!

“Ehi vecchio! Svegliati! Da oggi devi insegnarmi ad usare il movimento tridimensionale!” provai a smuoverlo nel letto ma lui non accennava ad alzarsi.

Dopo un po’ si girò con il viso dal mio lato. Effettivamente non era vecchio ma decisamente … niente male.

Alzò la sua grande mano e mi trascinò a letto con lui.

“Ehi, oggi non si può fare. Sta piovendo perciò rimaniamo a dormire ancora un po' puntini …” sospirando mi arresi all'evidenza, non sarei riuscito a svegliarlo.

Mi accoccolai sul suo petto: era così caldo e confortevole che subito mi addormentai.

Mezzo assonnato, sentii le sue parole “un giorno, la legione verrà a prenderti, indossando un paio di ali blu e bianche”.

Lo guardai in volto: occhi chiusi e sorriso sulle labbra appena accennato.

“un uomo biondo …” prontamente lo fermai dal suo sproloquio.

“non andrò con la legione. Voglio stare qui con te. “la mia voce suonò supplicante e affettuosa ma non ci feci caso, o meglio non volli.

“Ah, non potrai rimanere sempre con me. Quando entrerai nella legione, potrai finalmente scrutare la luce del cielo perché il mondo è davvero vasto”.

Con queste sue ultime parole, stanchi, cademmo nelle braccia di morfeo, sognando quel vasto mondo.

Con il passare del tempo, quell'uomo mi insegnò a non ingannare, a non rubare e non uccidere, seguendomi in queste basilari regole e, gradualmente, divenne più facile respirare ed essere un bravo ragazzo.

Mi insegnò a vivere portandomi a spasso per i sotterranei, insegnandomi a fare la spesa, a contare, ad essere cordiale quando l'occasione lo richiede.

Un giorno, andammo a fare compere e ricordo che ero così scarso nel contare che il commerciante mi fece uno sconto di tutto rispetto.

Tuttavia, la giornata non finì nel migliore dei modi.

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Fu una giornata di merda, che non avrei mai voluto vivere né ricordare. Mentre tornavamo a casa, chiacchieravamo sulle nostre spese dicendo quanto fossimo stati fortunati ad avere uno sconto del genere.
Ricordo che lui mi prese in giro per il mio essere un bravo marmocchio e io dicendogli che il colore dei suoi capelli fosse strano ma non brutto.

Eravamo vicini, nella mia mano stringevo la manica della sua camicia senza braccio e ciò mi faceva sentire ancora più vicino a quell'uomo.

Lui mi scompigliò i capelli, dicendomi che anche il mio colore si adattava a me.

In quel momento vidi in lontananza una mamma con il suo bambino, amorevolmente sorridenti.

Diceva “Nick vieni qui” così chiesi all'uomo il significato di Nick, ma lui disse che era semplicemente il nome del bambino.

Allora mi sorse un dubbio.

“Siccome vecchio non è il tuo nome, puoi dirmi il tuo vero nome?” glielo chiesi con la massima ingenuità da bambino e lui mi guardò, quasi con affetto misto a nostalgia e qualche altro sentimento non identificato, così continuai.

“potresti dirmi … qual è il mio nome? “.

Lui sembrò … spaesato ma comunque deciso. Voleva dirmi il mio nome, ma …

All'improvviso venimmo circondati da un gruppo di ragazzi armati di pistole e pietre.

Eravamo in trappola.

Entrambi assumemmo il nostro miglior sguardo omicida, ma sembrò non riuscire a smuoverli.

“Ehi giovanotto …” un uomo lo chiamò ghignando “… tu sei quello che qualche giorno fa ha fatto un po' di casino qui, vero?” sembrava estremamente divertito lo stronzo.

“Hai fatto una cazzata. Non sai che ci sono delle regole qui!” rispose un altro bastardo alle mie spalle.

“Ah, non me ne fotte un cazzo delle vostre merdose regole, stronzi!” era calmo l'uomo mentre parlava.
Io ero artigliato al suo braccio mancante, tremavo.

“veloci … scomparite” glaciale. Quell'uomo era ritornato il freddo calcolatore.

Raccolsi tutto il mio coraggio dicendogli che l'avrei aiutato. Ormai la situazione era chiara: o noi o loro.

Senza preavviso lui mi lanciò tutte le spese che avevamo fatto dicendomi che ero ancora troppo piccolo per combattere. Provai a farlo desistere ma era inamovibile, quasi mi supplicò di allontanarmi.

Non potevo combattere.

“Nasconditi” un ordine così imperioso che dovetti a tutti i costi seguire.

Non mi piaceva il suo sguardo, era diverso dalle altre volte, sembrava … ragguardevole e rassegnato. Mi nascosi, osservando lo scontro.

Lui, solo, con un solo braccio, non poteva batterli tutti e 5 armati.

“ragazzi, non riesco a ricordare quando avrei creato casini a voi”.

“Ma come, con il tuo lavoro di bodyguard “.

L'uomo sembrò farsi serio mentre i bastardi ridevano di gusto.

“sai, se ti avessi incontrato in un altro momento, ti avrei seriamente scopato. Hai una faccia così carina … come anche quel moccioso …”.

- Zitti Bastardi!!!! -

Aria gelida invase le strade, rabbrividendo le membra. L'oscurità ci avvolse. Gemiti e sibili, grida disperate si dispersero nell'aria.

Era solo un'impressione. No, non lo era.

Quell'uomo, l'uomo così caldo da confortarmi, era … un mostro.

Mostro … come quelli di cui parla la gente in città.

Titano, si doveva essere uno di loro.

Era spaventoso, terrificante.

Lo guardai: i suoi occhi, dalle pupille affilate, risplendevano nell'oscurità come luci di inganno.

Era lo sguardo di un predatore, di un cacciatore che insegue la preda fino a farla impazzire e morire.

Lo guardai.

I denti affilati assomigliavano a zanne mentre sorrideva pregustando la morte delle prede; la sua aria fiera, costellata da paura, no, fremiti di eccitazione: era una bestia assetata di sangue.

- Chiudete Le Vostre Fottutissime Bocche, Figli Di Puttana- un ringhio fuoriuscì dalle sue labbra.

Lo sguardo affilato più di mille coltelli che faceva tremare chiunque, quei bastardi compresi.

Chi era quell’uomo?

“Prendetelo” veloci, le prede si fiondarono sul cacciatore cercando di sconfiggerlo. Con dei calci, riuscì a disarmarli ma erano in troppi.

Lo vidi chiaramente.

Se solo avesse avuto un braccio, se solo fossi stato io il suo secondo braccio, quella merda non l'avrebbe colpito.

Presi una bottiglia e mi unì alla mischia. Riuscì per un soffio a proteggere l'uomo ma feci male i miei calcoli.
L'avevo salvato e lui era tornato quello di sempre.

Non so cosa vide in quel momento, ma sorridendo nostalgico, sul punto di piangere, mi disse” Dopotutto, quelle ali sono fatte per essere tue …”.

Non capì le sue parole, non mi interessavano, dovevo solo salvarlo.

Uno di quei bastardi, prese una pistola e me la puntò contro, pronto a sparare.

Successe tutto in un attimo.

Il colpo partì ma una mano mi scostò.

Quell'uomo si prese il proiettile al posto mio.

Gemette dal dolore quando il proiettile lo trapassò, gocce sanguigne fuoriuscirono copiose dal suo petto, ma lui …


Prese un respiro. Strinse i denti tornati zanne, ghignando.

Lo sguardo assetato di sangue, del cacciatore tramutato in bestia.

Quello era il suo vero essere. Ne sono certo.

Quell'uomo era un essere libero, mostruoso, bestiale che sapeva anche essere gentile, ma era un mostro, niente poteva cambiare questo fatto.

Era una bestia assetata di sangue e niente l'avrebbe fermata, neanche la Morte. Ero terrorizzato ma anche affascinato dal suo sguardo, da lui.

Tremando, un altro di loro cercò di sparargli ma un suo poderoso calcio lo disarmò. L'uomo cercò di scusarsi, di implorare perdono, ma lui non gliene diede l'occasione.

- Va' All'inferno … Bastardo! - un calcio.

Con un calcio aveva fracassato il cranio dell’altro. Un calcio aveva messo fine alla sua esistenza. Strana, a volte, la vita. Ne rimasi … terrorizzato.

Lui aveva ucciso tutti e 5 i suoi assalitori per poi crollare terra.

Immediatamente corsi da lui.

Liquido scarlatto faceva da seconda pelle su tutti i suoi vestiti.

Sapevo che non sarebbe sopravvissuto.

Solo … non volevo crederci.

Lui allungò una mano; adesso sembrava così debole che ne rimasi ancora più spaventato. Tremante, strinsi più che potevo il suo unico arto. Il mio sguardo allucinato sembrò fargli compassione perché iniziò a consolarmi come una madre fa con il suo bambino.

“D-devo … chiamare un dottore …” dovevo salvarlo.

Dovevo fare qualcosa.

“N-no … rimani qui … c-con me …” supplicando, lui che non aveva mai fatto niente del genere, era giunto alla fine.

Tossì sangue.

Non potevo lasciarlo in quelle condizioni.

“I-io … non posso più proteggerti. Io … n-non tornerò da te. Ma vedrai … questa non è la fine. Ti aspetta un g-grande futuro” sorrideva, lui sorrideva mentre mi diceva di continuare a vivere.

 

Ma come avrei fatto senza di te?

 

“V-va tutto bene … un giorno c-ci incontreremo di nuovo. Perciò … aspettami … Levi! “.

La sua mano mi accarezzò, dandomi calore, mentre bagnate lacrime cadevano dai miei occhi. Avevo un nome.

“A-aspetta … è il mio nome vero?” lui sorrise di più.

“S-si… è il tuo nome. L-E-V-I, te lo ricordi?”.

“Certo … che me lo ricordo … e il tuo? Qual è il tuo nome?” lui sorridendo chiuse gli occhi.

“ ---- … E- “.

Mollai la sua mano.

 

Non poteva morire.

 

Premetti le mani contro la sua ferita.

“Veloce! Dimmi il tuo nome!”.

Lui mi guardò agonizzante.

“N-no … non voglio … che tu muoia …”.

Piangevo.

No. Non poteva farmi questo.

“-- Armin, Mikasa … s-sto … venendo da voi. Aspettatemi”

Lo vidi.

Capì. Lui … non era di questo mondo.

Il suo sguardo era lontano, vedeva cose che nessun altro poteva vedere. Lui … guardava altri.

 

Perché non guardava me?

 

“Dove stai guardando? Perché guardi così lontano?” piangevo. Ero disperato. Iniziai a muoverlo.

“Sono qui! Ti prego … guardami. Guarda me!” piangevo.

Un mugolio mi riscosse. Uno di quei bastardi non era ancora morto.

Presi la bottiglia.

Non ingannare …

Non rubare …

Non uccidere.

Perché no?

Alzai la bottiglia.

Perché non ucciderlo?

Ero pronto per colpirlo.











Una mano mi fermò, era la sua mano. No … era un ricordo: il ricordo del nostro primo incontro.

 

“non devi uccidere qualcuno di disgustoso come lui”


Ah … hai ragione.

Lasciai la bottiglia. Caddi sopra di lui, come quando dormivamo insieme.

Era freddo, non lo era mai stato.

Il suo cuore non batteva.

Era immobile.

Piansi, piansi tutte le lacrime che avevo in corpo.

Era morto, ero di nuovo solo.

Era tutta colpa mia.

Se solo …

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100 giorni … piansi le mie lacrime…

… il tempo che abbiamo passato insieme …

… urlai il mio dolore…

… solo 100, il poco tempo in cui sono sprofondato nell'abisso, nel mio piccolo cuore di moccioso …

… sono stati solo cento giorni…

… strinsi la manica della sua giacca.







 

Mi aggrappai a lui con tutte le mie forze.

Non potevo lasciarlo.

Ero solo, ma sarei sopravvissuto per lui.


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Dopo quello, qualche anno dopo …

“Il tuo nome …?” chiese violento un uomo biondo.

Sporco, zuppo e in ginocchio.

“Levi”

Divenni Levi.

Ero adulto ed avevo incontrato un uomo biondo.

“ancora una cosa. Conosci chi ha scritto questa lettera?” il biondo mi porse una vecchia lettera stropicciata.

“Vorrei che incontrassi una persona per una questione. Ditemi se è possibile che voi lo conosciate” il biondo lesse la lettera, ed io ricordai.

Ricordai quella volta in cui lui uscì nel cuore della notte per incontrare un tizio e dargli una lettera.

E’ lui” presi la lettera. “è la sua scrittura …” trattenni la lettera con più forza del dovuto, soffocando le lacrime. È lui.

La lettera trattava delle mie abilità, della mia casa e del mio essere. Non ho idea di come facesse a conoscere tutte queste cose di me, ma …

Come lui disse, un uomo biondo della legione venne per me e io non avevo bisogno di nessuna ragione. Mi unì a lui, come lui mi disse di fare.

Dopo quello, il tempo passò molto velocemente da quei fatidici 100 giorni e l'uomo dagli occhi dorati non si fece vedere.


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“Entra” erano le selezioni per i nuovi cadetti ed io dovevo sceglierli.

“Sono Eren Jaegar. Le ho portato il rapporto” era stranamente calda e confortevole la voce di quel moccioso.

“Lascia pure qui” lentamente alzai gli occhi dal mio lavoro per osservare il rapporto che mi aveva consegnato.

“hai scritto tu questo?” la sua scrittura era simile, se non identica, a quella di …

“Si … ho scritto qualcosa di sbagliato? “ero davanti al ragazzo, così lo guardai negli occhi.

Non poteva essere: stessa scrittura, stessi occhi dorati.

Lo afferrai, ma subito me ne pentii e lo lasciai.

Non poteva essere lui.

“per oggi hai finito. Va’ pure” lui mi rispose confuso dal mio gesto e se ne andò.

No, non poteva essere lui.

 

(Dall'altra parte della porta, un paio di occhi dorati si chiedevano la stessa cosa)

 

 
Conosco quella particolare sfumatura di oro e azzurro: è il colore della vita che brucia ardente, irradiando calore, sicurezza e protezione.

Quegli occhi dorati …

“Voglio entrare nella legione … perché voglio uccidere ogni singolo Titano che esiste” gli stessi determinati occhi dorati.

Lo stesso sguardo bestiale … lo stesso mostro.

“Ah … non male”

Si. Era lui. Finalmente l'avevo trovato.



4/XX/2XX


 

Levi

 

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Caro lettore,
dopo la sua scomparsa, sedevo in un angolo oscuro dei sotterranei.

Braccia sulle ginocchia, in posizione fetale, come protezione. Aspettavo che la porta venisse aperta.

Aspettavo lui che tornava, come sempre.

Aspettavo per ore e ore, non abbandonando mai la posizione, la speranza. Solo il mio sguardo si faceva sempre più spento.

Dopo un po’ notai quanto quel posto fosse sporco.

Lui mi avrebbe ammazzato.

Se lo avesse scoperto …

Devo pulire.

Non va bene, non va affatto bene.

Per quando tornerà, deve essere tutto pulito, così lui … si complimenterà ancora con me per il mio lavoro.

Ogni giorno aspettavo.

Aspettavo, aspettavo e aspettavo.

“Non è ancora tornato”

Devo pulire.

Dopo poco tempo, dovetti tagliarmi i capelli e cambiarmi i vestiti. Ero cresciuto.

Dopo poco iniziai ad aspettarlo seduto su una sedia, con il suo cappotto pulito sulle ginocchia, quello che mi aveva lanciato prima di …scomparire.

Dopo quello … la porta non fu mai aperta.

So che il mio comportamento compulsivo nei confronti delle pulizie è strano, ma è necessario per me, per non crollare nella solitudine. Per questo, lo ringrazio.

Lo ringrazio per avermi insegnato ed avermi dato qualcosa con cui svagarmi davanti alla sua assenza.

Sono cresciuto pulito e fiero.

Ma non per questo glielo dirò.














“Oi Eren!” come al solito quel moccioso non ha pulito come si deve.

“Sì signore!” lui si gira, pronto per un mio ordine.

Sorrido internamente.

Dovrò rifare tutto da capo.

 

- … Grazie …. per avermi protetto. Adesso … farò lo stesso con te –

 

 
Anno 576


 

 
Levi Ackerman





 

… Hundred …


 

 
 

Fine

 









 
 
Scritto nel 2016







 

  
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