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Autore: mask89    15/10/2020    13 recensioni
“Questa storia partecipa a Una Challenge in Zucca indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp”
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Aveva smesso di contare i giorni in cui fingeva di stare bene. Per i suoi familiari, per i suoi amici, per i suoi conoscenti, per sé stesso; per dare una parvenza di normalità a quel grigiore che era diventata la sua esistenza.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Questa storia partecipa a Una Challenge in Zucca indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp”

PROMPT 42: “Se ti uccidi mi raggiungerai”

 
L’incedere della pioggia sulla tettoia della veranda riempiva il silenzio assordante di quella casa. Eppure, al ragazzo che fissava i rivoli d’acqua che scorrevano furiosi nel giardino attraverso la porta vetrata, non dava alcun fastidio. Anzi, trovava un certo senso di sollievo, come se tutta quell’acqua lavasse e lenisse il suo dolore. Aveva smesso di contare i giorni in cui fingeva di stare bene. Per i suoi familiari, per i suoi amici, per i suoi conoscenti, per sé stesso; per dare una parvenza di normalità a quel grigiore che era diventata la sua esistenza. Ma, non era quello che lo addolorava di più. Ciò che lo stava distruggendo erano i suoi ricordi con lei. Il tempo passato assieme, i momenti di gioia, le litigate, le uscite con i loro amici, le serate passate insieme sul divano, sotto un plaid, a guardare un film. Il rivivere costantemente i suoi ultimi istanti tra le sue braccia. Il pensare a tutto quello che sarebbe potuto essere, ma che non sarebbe stato. La consapevolezza di alzarsi la mattina, lavarsi, vestirsi, lavorare, vivere la propria vita, cercando di lasciarsi alle spalle quello che era stato. Ma era irrealizzabile, ovunque andasse c’era qualcosa che ricordava lei. Fingere era divenuto impossibile. Si lasciò andare ad un pianto lungo e inconsolabile. Non si era mai vergognato di mostrare le lacrime difronte a lei, rivelare la propria fragilità, la sua debolezza. Un leggero fruscio alle sue spalle lo distolse da qui pensieri. Si girò per vedere dove fosse il gatto, unico sopravvissuto della rimozione dei suoi averi dal loro appartamento.
«Se ti uccidi mi raggiungerai.» Era la sua voce, impossibile da confondere.
Sentì una carezza sul viso, era la sua mano. Come aveva fatto a non pensarci prima. Prese la scala dal ripostiglio, smontò il lampadario che avevano scelto insieme da Ikea. Fece passare la cintura dal foro del gancio, si assicurò che reggesse il suo peso e si impiccò. In quegli ultimi spasmi di vita sorrise, finalmente si stava per ricongiungere a lei.
 
Si svegliò di soprassalto nel letto. Aveva il fiato corto a causa di quell’incubo. Tastò la parte destra del letto, come da molti mesi era solito fare, oramai. Lei non c’era più, quel maledetto incidente se l’era portata via. Ma in quel sogno angosciante non era lei. Non gli avrebbe mai chiesto una cosa simile. Non era mai stata una persona egoista. Pianse. Doveva andare avanti per lei, ma soprattutto per i suoi figli. Glielo doveva, aveva promesso. Si avvicinò ai due bambini che dormivano beatamente nei loro lettini. Accarezzo le loro amabili testoline.
Aspettami, pensò, ti raggiungerò quando saranno forti abbastanza.
   
 
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