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Autore: Do me a favor    25/10/2020    2 recensioni
Se avessero detto ad Akaashi Keiji che nel giro di un mese il suo amico Bokuto avrebbe fatto un viaggio in capo al mondo si sarebbe fatto una bella risata. E probabilmente se gli avessero detto che lui lo avrebbe accompagnato nel viaggio, sarebbe morto dal ridere.
Eccome un giorno il ragazzo si presentò sotto casa sua con questa proposta.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gigil: l’impulso irresistibile di pizzicare o stringere qualcuno a cui si vuole bene.
Era da tanto tempo che Sugawara Koushi desiderava andare in vacanza in un posto esotico, e fu piuttosto sorpreso quando realizzò che i suoi muti desideri erano, in qualche modo, stati ascoltati.
Il fatto poi che potesse trascorrere la vacanza con i suoi amici era stata la ciliegina sulla torta. Con i suoi amici e Daichi, ovvio.
Era mattina presto, forse non erano neanche le nove, e stava camminando a piedi nudi sulla sabbia tiepida ma non troppo, al fianco dell’ex capitano della Karasuno.
Il castano stava parlando di qualcosa che probabilmente riguardava l’impossibile orologio biologico dei loro compagni -che stavano ancora dormendo-, ma Suga era troppo impegnato a godersi il momento per connettere il cervello alle orecchie, quindi si limitò ad osservarlo mentre parlava, le onde del mare che s’infrangevano dietro di lui.
Avevano indossato i primi vestiti che avevano trovato nel buio del bungalow, pur di fare abbastanza in fretta da non svegliare Asahi, che altrimenti avrebbe sicuramente fatto delle domande alle quali non avrebbero voluto rispondere.
“Che… che c’è?” Chiese sorridendo Daichi mentre si grattava imbarazzato la nuca.
Suga sussultò; era talmente tanto immerso nei suoi pensieri che non si era reso conto che Daichi aveva smesso di parlare. Si sporse verso di lui, per lasciargli un veloce bacio a fior di labbra. “Assolutamente niente. Sei bellissimo”
Bellissimo era poco per descriverlo. Daichi era un ragazzo perfetto sono moltissimi punti di vista. Ogni tanto era goffo, si. Ma a Suga non dispiaceva, anzi, lo amava per questo.
Il volto del castano s’illuminò, poi allargò le braccia per abbracciare da dietro Suga, che aggiunse sussurrando. “Mi sembra tutto così perfetto”
L’altro emise una roca risata, poi chiese. “Sei sicuro che gli altri stiano dormendo?”
Suga si guardò attorno con fare circospetto. “Abbastanza, poi conoscendoli non si attiveranno prima delle dieci circa”
Daichi rimase per un po’ in silenzio. “Non mi sembra vero” mormorò baciando la tempia dell’altro.
Da quando avevano deciso di fidanzarsi, il livello di felicità di Suga era nettamente aumentato. Considerato che gli era andato dietro da quando lo aveva conosciuto in primo anno, fu una grande vittoria quando finalmente era riuscito a dichiarare i propri sentimenti, e inutile dire che quando Daichi aveva detto di ricambiarli fu come se Suga avesse raggiunto il Nirvana.
Daichi iniziò a camminare a passo spedito, come se gli fosse venuto in mente un posto dove andare.
“Vieni con me” disse infatti, come a confermare i muti sospetti dell’altro.
E Suga si lasciò trascinare, con un sorrisone che non voleva scemare sulle labbra.
Passarono accanto al chiostro del lido, dove già qualcuno stava sorseggiando delle bibite, nonostante la musica di sottofondo non fosse affatto alta come lo era stata il giorno precedente nel tardo pomeriggio. Forse sapevano che a quell’ora c’era ancora gente che dormiva.
Il castano si fermò di colpo. “Eccoci”
Suga andò a sbattere contro la sua schiena, colto di sorpresa, poi alzò lo sguardo.
Il sole, che era sorto da appena un paio d’ore, faceva capolino tra le onde cristalline. Da lì si poteva vedere perfettamente il paesaggio, e allo stesso tempo erano leggermente nascosti, all’ombra di una palma che delineava il confine tra spiaggia e zona bungalow. Alle loro spalle c’era un piccolo edificio -grande poco più di un bungalow-, che Suga dedusse essere il magazzino dove stavano coperte e mobili di scorta, o forse cibo di scorta. Non c’erano finestre, quindi in ogni caso non si poteva capire cosa contenesse.
“Uhuh, Daichi, che intenzioni hai?” Chiese Suga provocante, avvicinandosi a Daichi, che intanto gli appoggiò le mani sui fianchi.
Si erano inconsapevolmente mossi verso il magazzino, Suga se ne accorse quando la sua schiena si appoggiò a un muro esterno, realizzando che Daichi lo aveva leggermente sospinto verso la parete.
Ridacchiò leggermente, appoggiando la fronte alla sua. “Cavoli, mi sento come un quindicenne spensierato. Potremmo fare competizione a Tsukishima e Yamaguchi”
Daichi si irrigidì impercettibilmente, ma a Suga non sfuggì. “Suga, a proposito…”
Il giorno precedente l’intera comitiva non aveva fatto altro che parlare della telefonata, e la scoperta della relazione tra i due giovani corvi era sulla bocca di tutti. Non che a Suga dispiacesse, sia chiaro. Era piuttosto felice per loro: durante il suo terzo anno si era accorto di quanto quei due fossero affini.
“… non pensi di aver fatto male a dire che fossero fidanzati?” Daichi lo stava guardando negli occhi, leggermente inclinato per stare alla sua stessa altezza.
Inarcò le sopracciglia. “In che senso scusa? Io ho semplicemente detto una cosa che era ovvia a tutti già da un pezzo, no?”
Rimasero a osservarsi per qualche secondo, la tensione talmente evidente che si poteva tagliare con un coltello.
Poi il castano scosse la testa. “Suga, sai che non lo sto dicendo perché voglio litigare”
Si staccò leggermente da lui. “Sei tu che hai intavolato la conversazione, Daichi”
Ora erano definitivamente separati, Suga con ancora le spalle al muro e Daichi che si passava una mano tra i capelli corti. “Si, perché non trovo corretto che tu abbia sbandierato un fatto che magari loro due volevano mantenere segreto”
Appoggiò le mani sui fianchi. “Solo perché non vuoi che gli altri sappiano che stiamo insieme non vuol dire che devi comportarti come il paladino delle relazioni segrete”
Oh no. Aveva appena tirato in ballo l’argomento delicatissimo della loro relazione.
Si morse la guancia dall’interno, era più forte di lui; quando si sentiva accusato ingiustamente andava sempre sulla difensiva.
Daichi strabuzzò gli occhi. “Non sto dicendo che-”
“Non pensi di star esagerando? Va bene chiedermi se possiamo non rivelare agli altri la nostra relazione, ma addirittura controllare quella degli altri?”
“Ma… ma tu non sei d’accordo sul fatto che sia meglio aspettare per renderla pubblica?”
Suga si morse il labbro. “Ecco, per me è uguale. Solo che sta iniziando ad essere stancante doversi nascondere”
Daichi si passò stanco una mano sugli occhi. “Perché me lo dici solo ora? Potremmo parlarne”
“Perché, tu saresti disposto a fare coming out?”
Nessuna risposta, solo uno sguardo implorante. Uno sguardo che chiedeva silenziosamente di non parlarne.
Peccato che era troppo tardi.
“Daichi, che succede? Per caso…”
Voleva dirlo, le parole premevano per uscire, ma Suga sapeva che erano parole ingiuste, che non meritavano di essere rivolte a Daichi. Solo che in quel momento era l’istinto a prendere le redini della situazione, e nonostante Suga sapesse che quello che stava per dire era sbagliato le labbra avevano già iniziato a formulare le parole.
Per caso ti vergogni di me?”
Lo aveva detto. Non c’era più possibilità di tornare indietro o riavvolgere il nastro.
Erano rimasti in silenzio. Un silenzio tremendo, glaciale, un silenzio sbagliato.
Stava rimpiangendo quello che aveva detto, stava pensando di scusarsi istantaneamente, perché non poteva permettersi di dire quel genere di cose al suo Daichi, che di sbagliato non aveva fatto nulla apparte crescere in una famiglia che rifiutava qualunque forma di amore che non fosse eterosessuale.
Suga alzò lo sguardo, e capì che Daichi era mortificato. Lo stava guardando con occhi feriti, e in quel momento si rese conto di quanto gli avessero fatto male le sue parole.
Sapevano entrambi che non si vergognava di lui, e che il motivo del loro nascondersi era un altro. E allora perché, perché gli aveva detto quella cosa?
Era stato lui a parlare, o la sua frustrazione?
Si sentiva come se avesse un paio di catene ai piedi che gli bloccavano ogni suo movimento. Detestava non poter manifestare l’amore che provava nei confronti della persona che a cui teneva più di qualsiasi altra cosa, e non riusciva più a sopportare silenziosamente quella situazione.
“Suga, io…” fece per avvicinarsi a lui, quando un rumore improvviso spaventò entrambi.
 
La porta dell’edificio si era spalancata, e una fila di persone stava uscendo. Una fila di signore di mezz’età, più che altro. Indossavano tutte una tuta e degli scalda muscoli ai polpacci.
Suga e Daichi erano rimasti immobili, ancora scossi dallo spavento che si erano presi, e stavano fissando le signore che intanto sembravano non accorgersi di loro.
Poi sentirono delle voci familiari provenire da dentro, che piano piano si stavano avvicinando verso l’uscita.
“Fratello, ho sempre saputo che tu avessi un bacino flessibile, ma non a questo livello!”
Varcarono l’uscita, rigorosamente in tenuta da ginnastica, Kuroo e Bokuto.
Indossavano rispettivamente una tuta rossa e una bianca, con tanto di scaldamuscolo e bandana in tinta.
Dietro di loro un gruppo di signore sui sessant’anni ridacchiava e sorrideva, come incantate dai due.
“È stato un piacere Carmencita. Hasta mañana, chicas” disse Bokuto mentre salutava, provocando un piccolo cortocircuito a quella che Suga dedusse essere Carmencita, che arrossì violentemente.
Il momento magico che si era creato fu interrotto quando i due si girarono, e videro Suga e Daichi.
“Ragazzi! Che ci fate qui?” Chiese Kuroo, mentre si avvicinava ai due ex corvi.
“Ni-niente! Voi piuttosto, che facevate?” Chiese Daichi, visibilmente in imbarazzo.
“Noi? Stavamo seguendo il corso di zumba offerto dal lido” 
Breve pausa di silenzio. Poi, anche se i due avevano appena litigato, quella scintilla di affinità che li aveva sempre collegati si dimostrò nel momento in cui entrambi si voltarono uno verso l’altro per scambiarsi uno sguardo confuso e sorpreso.
Bokuto emise una risata, per poi dire. “È stato divertentissimo! Poi le ragazze erano davvero simpatiche”
Le… ragazze
Nonostante la discussione che aveva avuto con Daichi, a Suga venne da sorridere. Era incredibile la velocità con cui Bokuto riusciva a inserirsi in un ambiente nuovo senza difficoltà alcuna ma… Si rendeva conto che quelle signore erano più grandi di sua madre?
“Noi pensavamo che a quest’ora steste dormendo” disse Suga.
Intervenne Kuroo. “Si ma visto che Bo ci teneva a seguire questo corso abbiamo messo la sveglia. E onestamente non me ne pento. Se volete domani potete venire con noi, tanto lo fanno allo stesso orario”
Come se fosse scattata una molla sotto i piedi di entrambi, Suga e Daichi risposero subito alzando le mani in segno di resa. “No no, cioè immaginiamo che possa essere un corso entusiasmante ma… non fa per noi”
Bokuto alzò le spalle, poi si girò verso Kuroo. “Andiamo a svegliare gli altri? Ho una fame assurda!”
 

 
“Allora ragazzi? Che ne pensate?” 
Akaashi non avrebbe mai immaginato che avrebbe assistito a una visione del genere nella vita.
Si erano suddivisi in due gruppi, e quello di Akaashi si era mosso in bicicletta per fare un giro dei negozi della città, dato che a Tanaka servivano dei costumi nuovi. Si erano poi fermati davanti a un negozio in centro che avevano tutti assaltato come un branco di lupi con la preda, giustificandosi dicendo che era obbligatorio comprare un vestito a Cadiz, da tenere come ricordo.
Erano rimasti fuori solo lui e Kenma. Per lo meno, fuori dai camerini. Bokuto, Kuroo e Tanaka li avevano trascinati a forza dentro al negozio, perchè avevano bisogno di un giudizio esterno.
E in quel momento, Akaashi stava assistendo a una delle viste più bizzarre della sua vita. Tanaka stava in piedi di fronte a loro, con un cappellino da pescatore nero e un costume giallo, a fantasia banane. Rigorosamente senza maglietta.
“Ehm, Tanaka-kun… perchè devi stare senza maglietta?” Chiese Akaashi, cercando di rimanere serio.
L’altro sorrise, come se fosse una cosa ovvia che però ad Akaashi sfuggiva. “Per rendere più realistica la situazione! Così ti fai un’idea di come sarà quando lo indosserò al mare. Kenma! Che ne pensi?” Chiese voltandosi verso l’altro.
Il Nintendo in mano, lo sguardo puntato verso lo schermo. “Ehm, si”
Lo sguardo di Tanaka s’illuminò. “Visto! A Kenma piace!”
Ma se non lo ha nemmeno guardato? Pensò Akaashi, ma si trattenne dal dirlo. “Se- se ti piace prendilo”
“Credo proprio che lo prenderò… aspetta, mando una foto a Suga. Se gli piace lo compro”
Akaashi lo vide scattarsi un selfie, per poi armeggiare col telefono. Poi appoggiò il telefono sul divanetto su cui erano seduti Akaashi e Kenma e andò a cercare altri capi d’abbigliamento.
Intanto uscirono da altri due camerini Bokuto e Kuroo, che avevano preso due camicie da spiaggia, una bianca con le onde azzurre, una azzurra con le onde bianche.
“Camicie in tinta! Che ne pensi, Akaashi?” Disse Bokuto alzando le braccia emozionato, un sorriso a trentadue denti sul volto.
L’umore di Akaashi si sollevò nettamente. “Sono molto carine, Bokuto-san”
L’altro emise una grassa risata di soffisfazione, per poi dare una pacca sulla spalla a Kuroo. “Con queste saremo come i surfisti nei film americani!” Poi si voltò di nuovo verso Akaashi. “Prima avevo visto due camicie con le palme, se vuoi ne compriamo due in tinta e le mettiamo noi, che ne pensi??”
Akaashi sorrise leggermente. “Non ho bisogno di una camicia, però grazie lo stesso per il pensiero, Bokuto-san”
Il senpai corse verso il reparto da uomo, probabilmente per cercare le camicie. “Ne prendo una per te fratello?” Disse a Kuroo, che acconsentì con un ghigno sul volto.
Si erano di nuovo chiusi nei camerini, quando lo schermo del cellulare di Tanaka s’illuminò. Akaashi non era una persona indiscreta, ma fu più forte di lui sporgersi per sbirciare il mittente del messaggio.
Suga-mama: no, se lo compri ti disconosco.
Risollevò lo sguardo verso le tende dei camerini, quando sentì una voce mugugnare. “Dire che ti piace sarebbe un eufemismo”
Akaashi strabuzzò gli occhi, per poi voltarsi verso Kenma. “Come scusa?”
Kenma aveva appena detto che gli piaceva? Si stava riferendo in maniera ironica allo shopping oppure…?
“È evidente che ti piaccia”
Lo sguardo fisso sullo schermo, le dita che si muovevano compulsivamente sui comandi del gioco, la schiena ricurva. Come era possibile che una persona che non faceva altro che giocare si fosse resa conto che ad Akaashi…
“Ti- ti riferisci a Bokuto-san?” Sussurrò Akaashi, cercando di non far trapelare la tensione dalla sua voce.
Emise un “Mh mh” sempre senza distaccare lo sguardo dal Nintendo.
Akaashi deglutì, a corto di parole da aggiungere, e strinse più vicino a sè le camice che aveva provato il senpai poco prima, appoggiate sulle sue gambe. E fu in quel momento che si rese conto che forse quello che diceva Kenma non era poi così infondato.
Anche il semplice fatto che stesse tenendo tra le mani delle camice che poteva tranquillamente appoggiare sul divanetto era indicativo di quanto tenesse a quel gufo scalmanato.
Portò la stoffa del colletto al naso, e inspirò il debole odore del suo dopobarba, profumo che aveva imparato a memoria, e che gli faceva sempre sentire un brivido lungo la schiena.
Era incredibile come una persona come Bokuto -una persona normale, senza superpoteri o altre capacità sovrannaturali- gli facesse provare sensazioni così forti e allo stesso tempo travolgenti.
Però non si era mai soffermato a pensare se quello che provasse per Bokuto fosse semplice affetto o… qualcosa di più.
Non aveva mai pensato che forse la sensazione di mancamento che provava ogni volta che Bokuto sorrideva o l’inspiegabile sentimento di euforia che lo travolgeva quando Bokuto lo trascinava in qualcuna delle sue strane avventure fosse una conseguenza del fatto che gli piacesse.
Probabilmente il fatto che il senpai non avesse mai dimostrato di provare sentimenti che andassero oltre all’amicizia nei suoi confronti lo aveva inconsciamente fermato dal definire in maniera chiara quello che provava per lui.
In quel momento, Akaashi decise che avrebbe sfruttato al massimo la vacanza per comprendere meglio i suoi sentimenti e, non appena prese questa decisione, sentì in contemporanea il rumore elettronico della fine della partita del Nintendo e il fruscio delle tende dei camerini che si aprivano e, per la prima volta da quando erano arrivati nel negozio, Kenma alzò lo sguardo.
“Vi piacciono?” Chiese Kuroo, mentre assieme a Bokuto si mise a girare su se stesso in differenti pose per mostrare meglio la camicia con le palme.
Akaashi inarcò lo sguardo. Sembrava esserci qualcosa di sbagliato in quelle camicie.
Non fece in tempo ad aprire la bocca per rispondere quando si sentì un rumore mai udito prima.
Il moro si voltò alla sua destra, dove Kenma stava seduto, gli occhi strabuzzati che fissavano le camicie. Stava emettendo un rumore simile a uno sbuffo dal naso, poi si coprì la bocca con una mano e scoppiò a ridere.
Un momento, Kenma che ride?
Ben sei paia di occhi erano puntate sul ragazzo, che pareva non riuscire più a controllarsi per le risate.
Sembrava quasi a corto di fiato, si stava addirittura sorreggendo lo stomaco con una mano.
“Quelle non sono palme” disse tra una risata e l’altra, in cerca di aria. “Sono foglie di marijuana”
Akaashi si voltò fulmineamente verso la stampa sulla stoffa, e finalmente tutti i pezzi del puzzle avevano assunto il verso giusto.
Ma la cosa che in quel momento catturò la sua attenzione non fu il disegno, quanto lo sguardo di Kuroo; sembrava avesse appena visto un miracolo di fronte ai suoi occhi, aveva le guance arrossate e gli occhi spalancati, come se appena avesse sbattuto le palpebre Kenma sarebbe potuto scomparire. Era lo sguardo di una persona innamorata.
Contagiato dalla risata del biondino, anche Bokuto scoppiò a ridere. “Ecco perchè mi sembravano strane! Vabbè, le compriamo lo stesso?” Chiese rivolto al suo amico. Con lo sguardo ancora puntato su Kenma e un sorriso da ebete annuì debolmente, per poi mormorare. “Compra tutto quello che vuoi”
Perfetto, pensò Akaashi, si erano appena giocati Kuroo.
 

 
“Ehm, Nishinoya, non credi di stare andando un po’ troppo veloce?”
In effetti, chi aveva avuto l’idea di affidare il volante di un risciò a Nishinoya?
Avevano approfittato del fatto che gli altri dovessero andare a comprare dei costumi per prendere una bicicletta di gruppo e fare un giro lungo la costa, ma più che un giro rilassante sembrava essere una gara di velocità!
L’ex libero della Karasuno era tutto inclinato in avanti, i gomiti verso l’esterno e le gambe che sfrecciavano sui pedali, un ghigno pericoloso stampato sul volto e per la prima volta da quando era partito con loro Yaku ebbe paura.
Seduto a fianco a Noya c’era Asahi, che stava cercando di persuaderlo a rallentare, mentre Yaku era seduto tra Suga e Daichi.
Suga controllò il telefono, mentre dietro di lui il paesaggio scorreva velocemente, poi emise un verso di lamento. “Ora capisco perchè Shimizu aveva paragonato Tanaka a una scimmia”
Yaku inarcò le sopracciglia, e Suga gli mostrò una foto, o meglio, un selfie, di Tanaka con addosso una bermuda gialla a stampa banane.
Asahi si voltò per sbirciare, e non appena vide la foto scoppiò a ridere. “Beh, se ci gli piace lo dovrebbe comp-”
“Assolutamente no! Io non ci vado in giro con lui vestito così” esclamò Suga.
“Secondo me invece sarebbe un figo assurdo, le ragazze cadrebbero ai suoi piedi” esclamò Noya, mentre il vento faceva muovere il ciuffetto biondo di capelli.
Suga ignorò l’affermazione del kohai, poi si mise a digitare qualcosa che Yaku dedusse essere un categorico “no” al messaggio di Tanaka.
Senza pensarci, Yaku accese il suo telefono e controllò i messaggi. Sospirò sovrappensiero. “È un peccato che Nobuyoki non sia venuto”
“Intendi il vice capitano della Nekoma?” Chiese Daichi. Yaku non aveva realizzato nemmeno che avesse parlato ad alta voce, ma in quel momento tutti e tre gli ex membri del Karasuno lo stavano osservando, eccetto Noya che ovviamente teneva gli occhi fissi sulla strada.
“Si, lo conosciamo dal primo anno di liceo, e ci tenevamo che partecipasse anche lui a questa vacanza. Purtroppo sta in vacanza con la famiglia”
“E quel tipo russo… come si chiama? Ah, Lev” Chiese Sugawara, uno sguardo complice sul viso.
Strabuzzò gli occhi. “In-in che senso?”
“Niente… pensavo che foste rimasti in buoni rapporti anche dopo il tuo diploma” disse con il sorriso di chi la sa lunga.
Yaku deglutì, e non fece in tempo a rispondere perché intervenne Daichi, che diede un colpo di tosse. “Non vorrei fare il paladino… ma credo che questi siano affari di Yaku”
Non stava capendo il motivo di quella frase, anche se sembrò che Suga invece avesse afferrato, dato che si ammutulì e non aggiunse altro.
La tensione era talmente palpabile che Yaku trattenne il respiro per dieci secondi, per poi dire. “Ehm, ragazzi vi dispiace se facciamo una pausa? Dovrei andare al bagno”
“Ottima idea! Così compro una bottiglietta d’acqua” Nishinoya si fermò quasi di colpo al bordo della strada non appena vide un bar dove poter accostare.
Scesero solo loro due. Fortunatamente non c’era affatto fila per il bagno, così Yaku avrebbe potuto fare in fretta.
Era evidente che ci fosse qualcosa che non andava tra quei due, anche se Yaku non riusciva a spiegarsi cosa, non che fosse una cosa che lo riguardava, ovviamente.
Sapeva che Suga fosse una persona sveglia, ma non immaginava che avesse uno spirito d’osservazione talmente acuto da notare che avesse matenuto i rapporti con Lev.
Era tanto evidente che avesse un debole per quel ragazzo?
Dopo il diploma aveva continuato ad aiutare quella giraffa russa a migliorare nelle ricezioni, e avevano cominciato ad andare relativamente d’accordo, solo che non era successo nient’altro.
Ma cosa intendeva Sugawara? Che avesse frainteso? O che avesse intuito qualcosa che nemmeno Yaku aveva capito?
Si strinse nelle spalle, mentre usciva dal bagno, con ancora il pezzo di scottex tra le mani bagnate.
Uscì dal bar, e si guardò intorno. Non avrebbe sicuramente chiesto esplicitamente se avessero litigato, ma aveva intenzione di capire cosa fosse successo. Avrebbe indagato, se così si poteva dire.
Strizzò leggermente gli occhi per proteggersi dal sole del pomeriggio… ma dov’erano finiti?
“Ehm, ragazzi?”
Nessuna risposta, e nessuna traccia del risciò, o dello spirito caotico di Nishinoya. Solo passanti che camminavano a fianco la ciclabile.
“…cazzo”

 
“Secondo te è normale che la schiena mi bruci, Akaashi?” Chiese Bokuto una volta entrati nel bungalow, mentre si toglieva la maglietta e gli ultimi raggi del sole filtravano attraverso la finestra.
Avevano trascorso una giornata intensa, soprattutto perché una volta iniziato a fare shopping è stato difficile persuadere gli altri a smettere e, ah giusto, avevano anche perso Yaku. Fortunatamente per l’ora di cena si erano tutti riconciliati sani e salvi.
“Dipende Bokuto-san, ti sei ricordato di farti mettere la crema solare sulla schiena?”
Quando il senpai si girò per fargli vedere la schiena nuda, Akaashi sussultò: la sua schiena era diventata una superficie rosso accesso che, Akaashi immaginò, faceva estremamente male al minimo tocco.
“Me lo sono scordato…” rispose l’altro, la cresta di capelli che si abbassò impercettibilmente.
Akaashi si avvicinò e posò lentamente i polpastrelli sulla sua pelle, che appena sentì il contatto si tese come una corda di violino. “Fa male!”
Rimosse subito la mano, per poi precipitarsi verso il suo comodino. “Dovrei aver portato una crema per le scottature”
Era appena entrato, come diceva il resto della squadra della Fukurodani quando lo voleva prendere in giro, in modalità “mamma gufo”. Non ci poteva fare niente, era più forte di lui: se Bokuto-san era in pericolo/difficoltà/rischio di morte/altro si sentiva in dovere di soccorrerlo.
“Akaashi!” Disse intanto l’altro quasi come se fosse un lamento. “Come farei senza di te?? Sei il mio angelo custode”
Quando si girò di nuovo verso di lui con la crema tra le mani lo trovò seduto sul bordo del letto, la schiena piegata in avanti e lo sguardo verso il basso, il morale sotto terra.
“Non ti preoccupare Bokuto-san, adesso ti metto la crema e comincerai a sentirti subito meglio”
Si sedette alle spalle del senpai, e incrociò le gambe per stare più comodo.
“Preparati perché brucerà un po’”
Si mise la crema sulla mano, ma poi si fermò di colpo.
Aveva realizzato solo in quel momento quanto fosse intima l’azione che stava per fare: Bokuto era davanti a lui, senza maglietta, e lui gli doveva passare le mani ovunque, accarezzandogli ogni centimetro della sua superficie. Deglutì a vuoto, sentendo le guance riscaldarsi lievemente.
Scosse leggermente la testa come per scacciare il pensiero e cercò di concentrarsi.
Prese un bel respiro e cominciò a spalmare la crema sulla parte appena sotto la nuca del senpai.
Bokuto emise un gemito sommesso, causato inconsapevolmente dal bruciore che provocava la crema, e Akaashi cominciò a trovare sempre più difficile mantenere un respiro regolare.
Le mani cominciarono a scivolare lentamente sulle spalle, muovendosi circolarmente ma sempre con delicatezza, per poi seguire la linea della spina dorsale, chiaramente in vista sotto la pelle scottata.
“Mh… ‘Kaashi” disse l’altro, abbandonando la testa all’indietro e appoggiando le mani sulle ginocchia del moro, strizzandole leggermente.
Akaashi strabuzzò gli occhi, sentendosi avvampare ovunque.
Continuò a scendere, ricoprendo di carezze e massaggi ogni parte scottata della schiena, mentre Bokuto aveva preso a passare con movimenti circolari i pollici sulle ginocchia di Akaashi, probabilmente in un tic inconsapevole che però non lo aiutava affatto a concentrarsi su quello che doveva fare.
Arrivato alla base della schiena si trattenne dallo staccare le mani; sentì un impulso improvviso che lo spingeva ad avvolgere Bokuto, abbracciarlo da dietro, e riempirgli di baci la nuca e ogni centimetro di pelle nuda a disposizione.
Si morse il labbro, cercando di trattenere questo impulso irresistibile; forse lo aveva inconsciamente influenzato quello che gli aveva detto Kenma nel pomeriggio, chissà. Poi, come se le mani si muovessero da sole, cominciò a passarle sui fianchi muscolosi del ragazzo, fino ad arrivare agli addominali.
Guidato da un istinto che non aveva mai percepito prima d’ora, prese a massaggiargli lievemente i bassi addominali, gustandosi ogni piccolo tocco, dalla punta dei polpastrelli alla base del palmo della mano. Si era inclinato leggermente in avanti, e adesso i suoi pettorali sfioravano la schiena dell’ace.
Sentì Bokuto trattenere il respiro, ma non disse nulla. Che gli piacesse?
Passò le dita sotto al suo ombelico, per poi salire di qualche centimetro più in alto, sentendo i muscoli degli addominali che formavano dei leggeri dossi sulla superficie altrimenti liscia dello stomaco.
Si era sempre chiesto cosa si provasse a toccare Bokuto-san, ma non un tocco come quelli che riceveva durante una partita, tipo batti cinque o pacche sulle spalle, no. Lui aveva sempre immaginato qualcosa di più intimo, quasi segreto. Un tocco lento ma che perlustrava qualunque zona. Aveva sempre voluto scoprire come fosse Bokuto-san in questo genere di occasioni. Era mai stato a letto con qualcuno? O forse era ancora vergine? Aveva mai desiderato toccare qualcuno nella stessa maniera in cui Akaashi aveva desiderato toccare lui? Era una persona gelosa, protettiva? O forse era più lasciva e permissiva?
Aveva sempre cercato di conoscere bene Bokuto, catalogando debolezze, pregi e difetti, ma era in momenti come quelli che realizzava di non conoscerlo affatto.
Era a tanto così da toccargli i pettorali, quando realizzò improvvisamente quello che stava facendo, risvegliandosi dallo stato di trance in cui era entrato fino a poco fa. Diede due colpi di tosse, incapace di dire nulla, le guance che ribollivano.
“Ehm… vado a farmi una do-doccia” mormorò il moro, scostatosi finalmente e alzandosi dal letto, lasciando sul letto un Bokuto-san ammutolito.
 
Angolo autrice:
Ciao! Sono finalmente riuscita a pubblicare dopo tre settimane di inattività e mille dubbi sul capitolo.
Dico davvero, questo capitolo mi ha dato un sacco di rogne e la mia amica _Kalika_ lo sa fin troppo bene.
L’ho riletto tantissime volte e spero che sia decente, in ogni caso ditemi voi se vi sembra troppo lungo o noioso, perché è quello che ho temuto fino all’ultima rilettura.
Ebbene, ci tenevo a ringraziare di cuore _Kalika_ per avermi aiutata con il codice html nell’ultimo capitolo dimostrando tutta la pazienza di cui era capace: sei la mia salvezza!
Detto questo, spero che questo capitolo non abbia deluso le vostre aspettative e alla prossima! <3
   
 
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