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Autore: shaaaWn_    29/10/2020    3 recensioni
Semplicemente Crowley che tenta di dichiararsi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I tiepidi raggi solari di Aprile, illuminavano la chioma chiara, morbida come una nuvola, dell'angelo meraviglioso situato al suo fianco.
Gli occhi azzurrini, allegri e vivaci, facevano invidia al più splendente dei cieli, alle più limpide delle acque.
Le labbra increspate, l'espressione appagata mentre divorava chissà quale squisitezza e quell'aurea tenera che emanava costantemente.
Avrebbe potuto ammirare quello spettacolo per ore, perdersi in quella morbidezza, udire i versi di apprezzamento per il cibo, sognare di poterlo sfiorare delicatamente.
«Non trovi che la primavera sia una splendida stagione, mio caro?»
«Mh mh» solamente un mugugno fuoriuscì dalla sua bocca, per poi sprofondare nel silenzio, avvolti dai rumori della natura.
Come se gli importasse che stagione fosse, primavera o inverno gli bastava sedersi sulla panchina del St. James Park e ammirare Aziraphale.
Si maledì per quel pensiero così assurdamente smielato; stava perdendo colpi.
«È tutto apposto? Sembri turbato» il tono preoccupato dell'angelo gli annebbió la mente, zittendolo più di quanto già non fosse; era incredibile l'effetto che aveva su di lui.
«Caro? Stai bene?»
La mano morbida si posó con delicatezza sulla sua spalla, facendolo quasi sobbalzare; gli occhi chiari lo scrutarono con apprensione, facendogli battere il cuore all'impazzata.
La distanza era ridotta, poteva sentire il suo fiato caldo solleticargli la guancia.
Dalla quasi fine del mondo, il loro rapporto era diventato leggermente più intimo, essendo nato il contatto fisico: pacche sulla spalla, lo sfiorarsi accidentalmente, qualche abbraccio in determinate occasioni.
L'amore che provava per Aziraphale era come se volesse venire fuori, dopo tutti quegli anni passato a soffocarlo dentro il suo cuore; naturalmente quella novità non faceva che accentuare la cosa.
«Crowley, per l'amore del cielo, rispondimi» il tono allarmato dell'angelo lo risvegliò dai suoi pensieri, facendolo alzare di scatto.
«Sto benissimo, non preoccuparti, andiamo?» farfuglió velocemente la risposta, che poteva definirsi vera solo sotto alcuni punti di vista ma non aveva intenzione di confidarsi con colui che gli provocava quelle reazioni assurde.
Aziraphale lo guardó confuso, per poi alzarsi e sorridergli genuinamente, causandogli la perdita di un battito. 
Purtroppo non fu l'unico episodio imbarazzante di quella settimana.
***
Aveva la situazione perfettamente sotto controllo.
La sua amata Bentley era talmente lucida da potercisi specchiare, il miglior tavolo del Ritz si era magicamente liberato e il mazzo di fiori più bello e profumato della storia si trovava tra le sue mani.
La prima fase del suo piano era stato un successo, ora doveva iniziare la fase due: entrare, dare i fiori ad Aziraphale, chiedergli di venire a cena con lui, fare una passeggiata nel parco e magari rivelargli ciò che provava.
Un gioco da ragazzi, no?
Allungò la mano per bussare, sentendo il fiato mancargli.
«Mio caro, cosa ci fai qui?» 
L'angelo, per una qualche ragione a lui sconosciuta, si trovava fuori dalla libreria, precisamente alla sua destra.
Solo allora notó il cartello che indicava la chiusura anticipata.
Inutile dire che si diede dell'idiota. 
Gli occhi azzurri lo fissarono in attesa di una risposta per trenta secondi buoni, senza ovviamente ottenere nulla. 
«E quei fiori?» 
Grazie ai suoi amati occhiali scuri, la sua espressione scioccata, esterrefatta e preoccupata era in parte nascosta ma doveva trovare una scappatoia in fretta. 
«Oh questi? Li ho trovati qui davanti, curioso vero? Non ci sono biglietti, magari hai un ammiratore segreto» 
Lanciò letteralmente il mazzo di fiori in faccia all'angelo, fiondandosi dentro la sua adorata macchina, partendo a tutto gas e salutandolo rapidamente con un "ci si vede". 
Una volta arrivato sotto al suo palazzo, iniziò a sbattere ripetutamente la fronte sul volante, imprecando in dieci lingue diverse. 
Cosa diamine gli stava succedendo? 
Si stava comportando come un ragazzino, anzi come un ragazzino decisamente stupido. 
Che fine aveva fatto il suo lato cattivo? Quello che si divertiva a far arrabbiare la gente mettendo fuori uso le linee telefoniche di Londra? 
Non era possibile reagire a quel modo per Aziraphale, anche se ripensandoci erano seimila anni che andava avanti quella storia, sebbene in maniera più discreta. 
***
La vita doveva avercela con lui, non c'era altra spiegazione. 
Un temporale si era scagliato su Londra, facendo vibrare le finestre del suo appartamento e portando il suo umore sotto le scarpe. 
Era solamente a metà settimana è già si sentiva uno straccio, tutta colpa di quel dannatissimo angelo. 
Forse avrebbe dovuto farsi una bella dormita di cent'anni, magari avrebbe risolto. 
Dopo averci rimurginato a lungo ed aver realizzato fosse un'idea completamente stupida, considerando che avrebbe sentito la mancanza di Aziraphale, si alzó dal suo trono, diretto in cucina. 
Quale modo migliore di combattere la noia e lo sconforto se non con una bella bottiglia di vino? 
Ne afferró una e una volta strappata, ne tracannó un sorso, sentendo i nervi rilassarsi. 
Non era mai stato attratto da ciò che gli umani producevano, al contrario di Aziraphale, ma l'alcool era sicuramente la cosa che gli riusciva meglio. 
Lo faceva sentire così leggero e gli faceva dimenticare tutto ciò che fino ad un attimo prima lo affliggeva. 
Finita la prima bottiglia, non si ricordava nemmeno perché avesse iniziato a bere ma non c'era ragione di fermarsi. 
Senza perder tempo, ne aprì e finì un'altra nel giro di quindici minuti, sentendosi sempre più appagato. 
Cominció poi a vagare per la casa, blaterando frasi sconnesse e facendo qualche piccola giravolta. 
Ormai alla quarta, o forse quinta bottiglia, aveva perso il conto, si accasció sul divano, con un sorriso stampato sul volto. 
Sebbene fosse felice, ovviamente a causa dell'alcol, notó come il suo appartamento fosse vuoto e di conseguenza sentì un vuoto dentro di se. 
Da quant'è che non parlava con l'angelo? 
L'ultima volta era stata catastrofica, perciò nessuno dei due si era più fatto sentire per due giorni buoni. 
Gli mancava la sua voce, la sua risata, i suoi morbidi capelli, le guance adorabili, gli occhi splendenti. 
In preda all'ubriachezza, gli venné quella che allora gli era sembrata l'idea migliore dell'universo: telefonargli. 
Afferró lo smartphone e cliccó sul suo contatto, avvicinandolo poi all'orecchio in attesa di una risposta. 
«Crowley, che bella sorpresa» 
Il tono pacato e contento di Aziraphale ebbe un effetto decisamente più forte rispetto al vino che aveva bevuto. 
Quella voce era in grado di rilassarlo in qualsiasi momento. 
«Stai leggendo come al tuo solito, angelo?» 
Sorridente, si sistemó meglio sul divano, felice di poter udire la sua voce angelica. 
«Indovinato mio caro» rispose gioioso dall'altro capo del telefono, provocandogli una sensazione di calore all'altezza del petto. 
«Sto leggendo Osc-» 
«Hai una voce bellissima» 
E boom, la bomba era stata lanciata. 
Generalmente non era un tipo di molte parole, ma dopotutto era ubriaco marcio. 
«C-come scusa?» l'angelo tentennó a quella domanda, in preda al l'imbarazzo e alla confusione. 
Quanto a Crowley, beh non aveva piena coscienza delle sue azioni perciò continuó a blaterare. 
«Ho detto che hai una voce bellissima» ribatté, con un sorriso ebete da innamorato ubriaco, convinto di star facendo la migliore delle azioni. 
«Continuo a non capire..» turbato, l'angelo si trovò spiazzato per via di quel complimento e quella dolcezza improvvisa, sebbene avesse riconosciuto il tono ubriaco di Crowley, considerate tutte le volte che lo aveva visto in quelle condizioni. 
«Non hai solo una voce bella, ma anche il viso, i capelli, gli occhi...sei bellissimo e basta, mi sorprende che Lei mi abbia permesso di incontrare un essere così perfetto» 
Sebbene solitamente facesse discorsi assai sconclusionati una volta bevuto parecchio, se doveva parlare di Aziraphale riusciva sempre a trovare le parole giuste, che fosse ubriaco o sobrio. 
E poi, vino veritas no? 
«Mio caro sono lusingato m-ma non capisco davvero dove tu voglia arrivare..» 
Aziraphale sapeva benissimo dove volesse arrivare il demone, semplicemente non lo riteneva nelle condizioni migliori. 
Inoltre trovava sconveniente parlarne al telefono, perciò si era finto duro di comprendonio ma l'ansia e il batticuore erano tutto fuorché finti.
«Angelo, sto solo cercando di dirti che-» 
Crash! 
Ed ecco che un enorme fulmine, al momento più opportuno o inopportuno, si abbatté su Londra, causando un black out totale, salvando le chiappe demoniache di
Crowley, a detta di quest'ultimo. 
Perciò la chiamata si conclusé così: con una confessione a metà, un demone ubriaco e un angelo scosso. 
***
Un tuono assordante rieccheggió nelle orecchie Crowley, facendogli aprire gli occhi di scatto. 
Si sentiva la testa pesante e le gambe indolenzite, d'altronde aveva dormito veramente male. 
Non che un demone avesse bisogno di sonno sia chiaro, ma da quando si era addormentato durante il diciannovesimo secolo, era diventata un'abitudine.
Si tirò a sedere, schioccando le dita così che tutti i dolori presenti nel suo corpo svanissero quanto prima possibile. 
Alzandosi da quel macigno in pelle nera chiamato divano, sentì un tonfo provenire dalla sua sinistra: lo smartphone era appena caduto. 
Adirato lo raccolse, notando per prima cosa la batteria al 13% ma non ci badó più di tanto dato che le ventisei chiamate perse di Aziraphale campeggiavano sullo schermo minacciose. 
Fu allora che affiorano i ricordi della notte precedente; tutto ciò che aveva fatto e detto, per filo e per segno, inzió a scorrere nella sua mente in loop continuo. 
«Cazzo, cazzo, cazzo!» 
Lanció l'aggeggio elettronico contro il muro, provocandogli numerosi danni, non preoccuoandosene minimamente. 
In quel momento, l'unica cosa che contava era Aziraphale e ciò che avrebbe detto in merito alle stronzate che aveva sparato ore prima. 
Aveva paura, paura che il loro rapporto andasse in fumo anche se era già stato messo a dura prova in passato, e ne era sempre uscito vincitore. 
In questi caso però, la situazione era ben diversa; non c'entravano tentazioni o benedizioni, inferno o paradiso, si parlava di loro, del loro legame. 
La pioggia batteva incessante sulle vetrate, a quanto pare il temporale non accennava a finire.
Guidare per il centro di Londra con quel tempo sarebbe stato un problema per le persone normali, ma non per un demone dotato di una meravigliosa e resistente Bentley. 
Dopo aver dato una bella strigliata alle proprie piante, prese finalmente coraggio, fiondandosi fuori dal suo appartamento, dritto nella macchina.
***
Il traffico di Londra era ciò che più odiava al mondo. 
Era così frustrante, inutile e gli stava facendo perdere del tempo prezioso, sebbene lo stesse aiutando a riflettere su cosa dire. 
Valeva la pena chiarire e sputare il rospo? 
Non aveva fatto altro che ricevere rifiuti in quei seimila anni, collezionarne un altro, soprattutto dopo che il loro rapporto era diventato così intimo, sarebbe stato catastrofico. 
Demone o meno, non era cieco. 
Si era accorto del linguaggio del corpo di Aziraphale, come si comportava con lui e cosa diceva. 
Ormai annotava ogni sua mossa mentalmente, custodendola segretamente.
Per non parlare dei sorrisi che gli rivolgeva quasi sempre; quelli si che erano più preziosi di qualsiasi cosa.
Li poteva definire la fine del mondo. 
Un assordante clacson lo risveglió dal suo fantasticare, facendogli spingere il pedale dell'acceleratore, schizzando alla velocità della luce verso la libreria. 
Il temporale non era diminuito minimamente, anzi gli ostruiva solamente la vista, inzuppando il parabrezza. 
Teneva il volante stretto tra le sue mani sudaticce, le nocche bianchissime. 
Avrebbe mentito se avesse detto di non avere un nodo in gola e un magone enorme pesargli sullo stomaco. 
D'altronde doveva pur sempre rivelare ad Aziraphale l'amore che nutriva per lui dall'alba dei tempi; un gioco da ragazzi no? 
Raggiunta la sua meta, perse cinque minuti buoni a fissare la porta chiusa della libreria, con le tende abbassate, indeciso sul da farsi. 
Era lì, era tutto reale. 
Non stava navigando nella fantasia come al suo solito. 
Preso un bel respiro, scese in fretta e furia, iniziando a bussare insistentemente. 
«Siamo chiusi!» 
Stupido Angelo, chi credi che verrebbe ad ammirare la tua collezione di libri antichi senza poterne comprare neanche uno perché sei chiaramente geloso delle tue prime edizioni con un tempo come questo? 
E pensi seriamente che nessuno noterebbe il cartello e le tende abbassate? 
Continuó a bussare senza sosta, irritando sicuramente Aziraphale, il quale alla fine si decise aprire la porta. 
Crowley era bagnato fradicio. 
«Mi scusi ma- oh, Crowley! Cosa ci fai qui? Sei impazzito a rimanere sotto questa pioggia senza neanche un ombrello?» 
Il cuore gli balzó in gola, impedendogli di parlare. 
Aziraphale era il solito di sempre: capelli ricci e morbidi, le guance paffute, il suo immancabile papillon tartan accompagnato dal gilet e l'aurea angelica onnipresente. 
«Caro? Stai bene?» 
Ormai quella domanda gli era stata fatta troppe volte, soprattutto in quella turbolenta settimana. 
«Mai stato meglio» sussurró guardandolo negli occhi, un sorriso ebete a dipingergli il volto e l'acqua piovana inzuppargli capelli e vestiti. 
Aziraphale lo fissó perplesso, arrossendo leggermente, per poi assumere un'espressione preoccupta. 
«Per l'amore del cielo, entra! Non ti prenderai certo un raffreddore, ma non so quanto la pioggia ghiacciata sia piacevole!» 
Gli scappò una mezza risatina per quel piccolo rimprovero. 
Non fece neanche un tempo a raggiungere il comodo divano situato nel retro della libreria, che si ritrovò coperto da una moltitudine di asciugamani variopinte e con una tazza di caffè fumante in mano. 
«Va meglio?»  
«Lo sai che avresti potuto benissimo schioccare le dita?»
Quella domanda fece sbuffare Aziraphale.
«E tu avresti potuto semplicemente ringraziarmi» ribatté sorseggiando infastidito del thé. 
Amava punzecchiarlo a quel modo e godersi le sue numerose reazioni impagabili. 
Una volta che l'ultima goccia d'acqua fu rimossa dai suoi vestiti, grazie a qualche miracolo, poggió la tazza non del tutto piena sul tavolino di fronte a lui e si schiarì la gola. 
Bene, il momento era ormai arrivato. 
Ce la poteva fare. 
Era pronto. 
Forse. 
«La verità è che sono venuto qui per parlarti di ciò che è successo ieri sera...» ammise imbarazzato, ripensando a tutto ciò che aveva fatto e detto. 
Maledetto alcol. 
«Oh..»
Fu l'unica risposta che ottenne dall'angelo. 
«Io..»
Gli morirono nuovamente le parole in gola, incapace anche solo di formulare una frase sensata. 
Era troppo complicato. 
Non poteva uscirsene con un semplice "ti amo" e stravolgere l'equilibrio che c'era tra di loro. 
Non voleva creare problemi e rovinare tutto. 
Preferiva di gran lunga essere suo amico anziché non potergli più rivolgere la parola. 
«Cosa sto facendo »borbottò grattandosi la nuca, con lo sguardo incollato al pavimento di legno. 
Una stupidaggine, come al suo solito. 
Lo sguardo curioso dell'angelo gli stava corrodendo la pelle, la pressione era troppa. 
«Ero ubriaco, ho detto cose senza senso, scusami» 
Mentire era l'unica opzione, per quanto l'espressione affranta di Aziraphale fosse un duro colpo da mandare giù. 
«Si è fatto tardi, meglio che vada» 
Raccolse la sua giacca precedentemente tolta, avviandosi a passi veloci verso l'uscita ma appena aperta la porta, si sentì prendere per il braccio. 
«Credi veramente di poter andare via così?» 
Inutile dire che gli si geló il sangue. 
Che avesse capito tutto? 
Cosa avrebbe fatto? 
Gli avrebbe più parlato? 
Sarebbero più andati al Ritz insieme? 
Avrebbero più bevuto fino a scordarsi i propri nomi? 
Non poteva e non voleva perderlo, non sarebbe sopravvissuto senza di lui. 
«Sai sono stufo di questa situazione..» borbottó seccato il biondo, trascinandolo dentro la libreria. 
«Quindi se non lo fai tu, lo farò io» 
Crowley era confuso. 
Molto confuso. 
Cosa diamine andava blaterando quell'angelo? 
Cos'è che avrebbe fatto? 
Smettere di frequentarlo dimenticandosi completamente della sua esistenza? 
Preoccupato lo scrutó, notando la sua espressione imbarazzata e leggermente spaesata. 
«Anche tu hai una voce bellissima» 
Gli occhi demoniaci vennero sbarrati, facendo leggermente scivolare gli occhiali da sole. 
Quella frase era decisamente l'ultima che si sarebbe mai aspettato. 
«E anche il tuo viso, i tuoi capelli, i tuoi occhi..» 
Le parole dell'angelo andarono disperdendosi nella libreria, lasciando il demone di stucco e immobile sull'uscio della porta. 
Se fosse stato possibile, in quel momento la sua testa avrebbe iniziato ad emanare fumo, tanta la velocità alla quale stava correndo per analizzare la situazione. 
Stettero in silenzio per un po', sebbene fosse Crowley a dover parlare, eppure non riusciva ad aprire bocca. 
«Ama, ama follemente, ama più che puoi...» alla fine fu l'angelo ad interrompere il silenzio che li stava opprimendo.
Si avvicinò al demone, prendogli la mano, accarezzandone delicatamente il dorso, guardandolo poi negli occhi.
Dopo averegli naturalmente tolto gli occhiali. 
«e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente » concluse soave con un sorriso splendente, sperando di suscitare una qualche parola da parte del rosso. 
«Romeo e Giulietta »disse semplicemente. 
«Eh già, so che preferisci le commedie Shakespeariane ma è la prima citazione romantica che mi è venuta in mente» ridacchió appena, continuando a tenere lo sguardo fisso nelle pupille dorate del demone. 
«Quindi sarei io il peccato?» 
L'angelo fece un piccolo cenno con la testa. 
«E mi ami...?» 
Ottenne la stessa risposta. 
Incerto sul da farsi, mantenne quel profondo contatto visivo per una manciata di secondi, per poi buttarsi a capofitto sulle labbra di Aziraphale. 
Non fu nulla di rude o violento, bensì un semplice, dolce e morbido bacio che parve durare anni, decenni, secoli. 
Anzi, quello era il tempo che entrambi avevano passato a sperare di ottenere ciò che era appena successo.  
Interrotto quel contatto, appoggiò la fronte su quella di Aziraphale, facendo un sorriso talmente ampio da sentire le guance dolere. 
«Non mi sarei mai aspettato...tutto questo» disse con gli occhi lucidi, tenendo strette le mani angeliche al suo petto. 
«Stai piangendo?» 
«No, assolutamente no, come ti viene in mente, i demoni non piangono» farfuglió, passandosi la manica sinistra della giacca sugli occhi. 
Sentirsi amato era un'emozione che non aveva mai provato appieno, era sempre stato circondato da persone a cui non importava minimamente di lui. 
Fatta eccezione per Aziraphale. 
Nel corso dei secoli si erano incontarati molteplici volte, si erano aiutati a vicenda, avevano litigato, si erano riappacificati. 
Sentirsi dire chiaro e tondo che era amato da qualcuno, anzi dalla persona più importante della sua vita, lo aveva sopraffatto. 
Aziraphale gli sorrise dolcemente, stringendolo tra le sue braccia. 
«Grazie angelo» sussurrò flebile, accarezzando la morbida chioma bionda. 
«Ti va di finire quel caffè prima che diventi completamente freddo? Potremmo accompagnarlo con qualche biscotto e due chiacchiere» 
«Mi sembra un'ottima idea» 
Si sedette di fronte al suo amato angelo, a sorseggiare la bevanda ormai tiepida, con un ampio sorriso in volto, intento a fissarlo con sguardo innamorato mentre parlava di come le tragedie Shakespeariane potessero essere belle quanto le commedie. 
   
 
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