Capitolo tre
I boccali
pieni di birra si levarono in alto, seguito da un coro di auguri per la giovane
donna che se ne stava in piedi sopra il tavolo, una mano stretta intorno alla
bevanda mentre l’altra teneva un lembo del vestito per non inciampare mentre
ballava.
Arthur
sbuffò annoiato distogliendo lo sguardo, erano ormai passati tre mesi dal suo
arrivo in quel posto e di suo padre e i cavalieri di Camelot non ve ne erano
tracce, iniziava a perdere la speranza. In più si aggiungeva il medico che non
faceva altro che sfidare la sua autorità, chiamandolo in modi indicibili e
spesso e volentieri gli faceva male di proposito mentre disinfettava le sue
ferite.
Tutti
sembravano essere follemente affettuosi con quel piccolo demonio travestito da
angelo, ma Arthur non si sarebbe fatto ingannare. Doveva ammettere anche di
essere leggermente geloso dal fatto che Merlyn
sembrava trattare tutti amorevolmente tranne che lui, quando glielo aveva fatto
notare la fanciulla aveva riso e con voce divertita gli aveva detto «Nessuno di
loro ha provato a tagliarmi la gola.» e, oh, Arthur storse il naso. Non pensava
che quella ragazza potesse portare così tanto rancore per quel piccolo incidente.
«Non ti
stai divertendo.» Lancelot lo distrasse dai suoi pensieri, facendogli riportare
l’attenzione su Merlyn che ballava insieme a Gwaine cercando di non pestarsi i piedi a vicenda. Quei due
erano completamente negati ed Arthur li immaginò alla sua corte, sicuramente
Morgana avrebbe riso di cuore davanti a quella scena.
«Non
capisco come facciate ad essere così felice, siamo tutti prigionieri.» e
assolutamente non era arrabbiato per il fatto che dal suo arrivo avesse
mangiato solo avena e quella poca frutta che Merlyn
portava di tanti in tanto. Non era abituato a dormire su di un letto duro
quanto la pietra, la sua schiena non sarebbe mai tornata come prima, ne era
sicuro.
Lancelot
annuì prendendo un lungo sorso dal suo calice «Trovo che sia inutile rimanere
con il muso, quando potremmo morire domani, almeno potrò dire di essermi
divertito l’ultimo giorno della mia vita.» disse prima di lasciarlo solo e
tornare insieme agli altri uomini.
Il
principe corrugò la fronte, dubitava che Lancelot sarebbe morto lì dentro, era
un ottimo uomo di spada, più volte aveva rischiato di perdere contro di lui.
Stessa cosa valeva per Gwaine, l’uomo combatteva per
sopravvivere senza alcuna ombra di dubbio, il biondo credeva che un tempo fosse
stato una sorta di mercenario.
Fortunatamente
Re Cenred non lo aveva riconosciuto, anche grazie al
fatto che non si erano mai incontrati prima, Arthur non osava immaginare cosa
sarebbe potuto accadere se la verità sarebbe venuta a galla. Lo avrebbe ucciso
senza esitazione, lasciando Camelot senza un erede al trono.
Dopo di
lui era arrivato un uomo enorme, sembrava una montagna di muscoli e
Arthur lo trovava piacevolmente silenzioso, non parlava mai per primo e il
principe lo trovò un perfetto compagno di cella. L’unica che sembrava in grado
di strappargli qualche parola di bocca era Merlyn,
Arthur non faceva che sorprendersi, quella fanciulla poteva avere le stesse
capacità di un’incantatrice.
Sentì gli
uomini urlare nuovamente i loro auguri alla donna e nemmeno un minuto dopo
qualcuno si sedé pesantemente al suo fianco.
«Dio mi
salvi» disse Gwaine asciugandosi il sudore dalla
fronte «solo lui sa quanto vorrei sposare quell’angelo.» concluse rubando di
mano al principe la sua birra.
«Come ti
permetti?!» urlò oltraggiato Arthur, ma prima che potesse riprendersi la sua
bevanda l’altro gladiatore l’aveva già finita in un sol sorso.
L’uomo lo
guardò divertito «Andiamo, principessa, non ti arrabbiare.» disse
battendogli una mano sulla spalla «Sei l’unico con il muso, qua dentro.» gli
fece notare indicando verso Merlyn e Lancelot che
ballavano la bassedance in modo atroce.
Arthur
distolse lo sguardo infastidito «Non so voi, ma io sono un prigioniero qui, non
intendo sorridere finché non riavrò la mia libertà.» proclamò alzandosi dalla
panca, cercando di andare a rifugiarsi nella sua cella. Ne aveva fin sopra i
capelli di gladiatori che venivano a rimproverarlo per la sua faccia!
Peccato che
quando era a solamente ad un passo dalla sua cella la sua mano venne afferrata
da una decisamente più piccola e femminile. Una mano che aveva sentito più
volte in quei mesi e che ogni volta riusciva a mandargli come una scarica di un
fulmine giù per la schiena.
All’improvviso
si ritrovò nel mezzo di una carola, una mano stretta in quella di Merlyn e l’altra stretta da un sorridente – ma sempre
silenzioso – Parsifal.
«Sorridi,
Artie!» urlò la donna decisamente ubriaca mentre
inciampava sui suoi stessi piedi, rendendo i movimenti del cerchio scoordinati.
Usava quel soprannome solamente quando sembrava non avercela con lui e ad
Arthur non piaceva per niente. Nemmeno Morgana aveva mai avuto il coraggio di
chiamarlo in quel modo atroce.
Finirono
con il cadere per terra, Merlyn non aveva decisamente
mai bevuto degli alcolici e la sua resistenza era praticamente a zero. Arthur
si alzò velocemente, cercando di darsi del decoro, spazzolandosi i vestiti
dalla polvere del pavimento.
«Festa
finita! Riporto l’angelo nelle sue stanze.» annunciò Gwaine
barcollando leggermente, pronto a prendere da terra la ragazza che si era
addormentata – o forse era svenuta, ad Arthur non importava – ma il principe,
uomo d’onore che aveva giurato sulla sua stessa vita di proteggere i suoi
cittadini, non poteva lasciare che quell’uomo dai malsani principi
accompagnasse una fanciulla nelle sue stanze.
Prima che
Gwaine potesse metterle le mani su Merlyn, Arthur la prese tra le sue braccia, attento a non
farle penzolare la testa all’indietro «Siete tutti troppo ubriachi, ci penso
io.» disse e senza nemmeno aspettare una risposta bussò prepotentemente contro
la pesante porta di legno che notte e giorno veniva sorvegliata da una guardia.
Odiava profondamente quella ragazzina.
Merlyn sorrise
a disagio, era nell’infermeria e aveva due gladiatori feriti da guarire.
La nuova
guardia, Sir Valiant, non faceva che cercare di
catturare la sua attenzione, raccontandole aneddoti di sue grandi imprese per
il Regno. A Merlyn non interessavano ed in più la
distraevano dal suo lavoro.
Sfortunatamente
Valiant era la nuova guarda assegnata agli
spostamenti dei gladiatori tra l’infermeria e le celle. Nessuno dei gladiatori
lo trovava particolarmente simpatico, uno degli Arthur ci aveva già litigato e Merlyn aveva constatato con orrore che Valiant
lo avesse accoltellato alla gamba, lo squarcio aveva richiesto più di
quattordici punti.
«Potremmo
cenare insieme.» propose mentre con le dita sudice cercava di levarsi qualcosa
tra i denti. Semplicemente rivoltante.
«Non
credo sia appropriato, Sir Valiant.» rispose senza
nemmeno guardarlo in faccia, preoccupandosi di pulire la ferita sul fianco
destro di Lancelot. L’uomo era particolarmente silenzioso davanti alla guardia,
non voleva certo dargli un pretesto per picchiarlo, anche perché Lancelot era
sicuro che sarebbe riuscito a sconfiggerlo a mani nude. Quell’uomo era tutto
fumo, forse come gladiatore non sarebbe durato nemmeno una settimana.
La guardia
sputò a terra, un pezzo di carne cadde a terra ricoperto da saliva e Merlyn ne aveva viste di cose disgustose a quel punto della
sua vita. Cercò di non vomitare ai modi barbarici dell’uomo e continuò il suo
lavoro, percependo chiaramente sia Lancelot che Arthur irrigidirsi a quello
spettacolo di bruta mascolinità.
«Non hai
molta scelta, sei una schiava.» disse l’uomo avvicinandosi, Merlyn
sentì il suo fiato caldo sul collo e una mano posarsi sopra la cintura che
teneva alla vita con alcuni degli attrezzi che le servivano di più.
Scrollandoselo
gentilmente di dosso fece un passo in avanti, ritrovandosi praticamente tra le
gambe di Lancelot che non sembrava infastidito da tale vicinanza «Vorrei
ricordale che ho pur sempre un collare d’oro, Sir Valiant,
non di bronzo.» provò a dire in modo gentile, ma la voce le uscì più velenosa
di quanto volesse e il cavaliere non ne sembrò contento.
L’afferrò
bruscamente per un braccio e la tirò contro il suo corpo e, oh, Merlyn era semplicemente ripugnata da quello che sentiva
spingere contro le sue natiche. Sfortunatamente in quei mesi come medico aveva
visto più uomini soffrire di erezioni durante uno dei suoi interventi, ma Merlyn non ne era mai stata disgustata come in quel
momento. Mentre per i gladiatori era una reazione non voluta dovuta alla
stimolazione di zone erogene (Merlyn aveva avuto una
lunga chiacchierata con Alice riguardo l’altro sesso e i pericoli che possono
derivare da certi atti), Valiant invece era
semplicemente disgustoso e le stava chiaramente dimostrando la sua dominanza
attraverso il contatto fisico.
Quello
che Merlyn non si aspettava era vedere con la coda
dell’occhio Arthur alzarsi dal tavolo e caricare un pugno per colpire dritto
sul naso la guardia, spedendola a terra.
«Arthur!»
esclamò sorpresa, non si aspettava che l’uomo la difendesse, non quando fino a
cinque minuti prima stavano litigando a gran voce, chiamandosi per nomi poco
carini. L’uomo non aveva mai dimostrato una certa tolleranza nei suoi
confronti, evitava sempre di guardarla e Merlyn
credeva che la odiasse. Ma non era stata lei quella a puntargli un’arma al
collo nei primi dieci secondi della loro conoscenza!
L’uomo la
scansò senza troppe cerimonie, mandandola direttamente tra le braccia di
Lancelot, prima di avventarsi nuovamente su Sir Valiant.
«Arthur
fermati!» urlò cercando di andare a separare i due, ma Lancelot la bloccò
«Potresti farti male.» disse semplicemente indicandole con gli occhi la furia
con cui Arthur stava colpendo l’altro uomo, se avesse provato ad avvicinarsi
molto probabilmente sarebbe finita per essere colpita da una gomitata.
Il
principe di Camelot non aveva idea di cose gli fosse preso, all’inizio trovava
divertente vedere Merlyn in difficoltà nel tentativo
di rifiutare le avances della guardia senza insultarlo, ma poi quando aveva
visto Valiant allungare le mani aveva semplicemente
perso il controllo. Nessuno doveva permettersi di toccare una donzella senza il
suo consenso, soprattutto non nel modo brusco e disgustoso attuato da Valiant.
Se
qualcuno avesse fatto una mossa del genere su Morgana o qualsiasi altra donna a
lui cara non avrebbe esitato a trafiggerlo con la sua spada, ma al momento ne
era sprovvisto.
Non lo
stava facendo per Merlyn in sé, ma più che altro per
tutte le donne che subivano quel trattamento ingiusto. Ad Arthur non
interessava assolutamente nulla di Merlyn.
«Fermati
immediatamente, lo stai uccidendo!» l’urlo disperato della ragazza lo fece
tornare alla realtà. Si fermò con il pugno alto in aria, il petto che si alzava
ed abbassava velocemente, il fiato corso, le nocche sporche di sangue. Inclinò
leggermente la testa e vide Merlyn con le lacrime
agli occhi e desiderò non vederla mai più in quel modo.
Gli occhi
lucidi avevano preso un colore incantevole, gli ricordavano il cielo limpido di
Camelot in una giornata d’estate.
Dietro di
lei Lancelot lo stava guardando preoccupato, non si sarebbe mai aspettato di
vedere così tanta rabbia da Arthur, lo aveva creduto un uomo silenzioso, non
incline alla violenza e certamente non un fan di Merlyn,
tanto da arrivare a difenderla in quel modo.
«La
pagherai!» urlò Valiant spingendo Arthur per terra.
Alzandosi in piedi estrasse la spada dalla cintura e la puntò contro il
cavaliere.
«No!» Merlyn si mise tra i due «Sir Valiant,
lo perdoni.» chiese nascondendo il corpo di Arthur con il suo, guardò negli
occhi della guardia in modo implorante.
Il
gladiatore poteva essere antipatico, un pallone gonfiato, una testa di fagiolo
e quant’altro, ma non meritava di morire a causa sua. Soprattutto non quando
era già a metà strada per conquistare la sua libertà.
A Gwaine mancavano solamente dieci combattimenti prima di
avere abbastanza sigilli per chiedere al Re di riavere la sua libertà, mentre a
Lancelot ne mancavano venticinque. Merlyn era sicura
che avrebbero potuto andarsene già molto tempo prima se non fosse arrivato
Arthur, il quale aveva vinto ogni singolo combattimento a cui aveva
partecipato.
Già due
gladiatori avevano avuto la fortuna di tornare in libertà, ma era stato vietato
loro di lasciare la città, Cenred aveva timore che
andassero a raccontare al di fuori di Essetir
dell’arena. Oliver e Paul – i due gladiatori liberi – erano stati assunti come
cavalieri di Essetir, prendendo titolo nobiliare, ma
avevano il divieto a rimettere piede nell’arena.
Valiant guardò
la ragazza attraverso gli occhi mezzo chiusi per il dolore, quel gladiatore
sapeva decisamente tirare pugni «Gli risparmierò la vita al costo di una cena.»
decise e Merlyn non ci pensò nemmeno prima di
accettare.
Arthur
divenne rosso di rabbia, ma la mano di Lancelot sopra la sua bocca gli impedì
di parlare.
Era tutta colpa sua.
Alice ansimò
dal piacere masticando un pezzo della deliziosa carne che i servitori avevano
portato nelle stanze di Sir Valiant.
Merlyn non era
certo una stupida, sapeva perfettamente come manipolare la situazione ed Alice
era stata più che felice di diventare sua complice.
La
ragazza – che lei sia benedetta – si era presentata alla cena con Alice al
seguito, scusandosi con il cavaliere dicendo che «La mia Protettrice mi ha
imposto l’obbligo di portarla con me, spero non Vi dispiaccia.» e aveva fatto
un sorriso che l’anziana donna era sicura avrebbe fatto cadere qualsiasi uomo
ai suoi piedi. Ricordava ancora con malinconia i tempi in cui bastava sorridere
per ricevere un bacio dal suo Gaius.
L’uomo
non aveva aperto bocca per tutto il pasto, lasciando chiacchierare le due
donne, le quali si stavano raccontando le rispettive giornate come se fossero
amiche di vecchia data.
Era
infastidito dalla presenza della vecchia, ma pensò che se si fosse mostrato
accomodante forse un giorno gli avrebbe dato la benedizione per sposarla. Valiant non aveva mai visto una pelle tanto chiara e pure
come quella della fanciulla e lui bramava avere quanto più di puro ci fosse al
mondo, in più la sua giovane età non faceva che attirarlo.
Una donna
inesperta a letto era una donna completamente alla sua mercé, Valiant avrebbe potuto insegnarle qualsiasi cosa sull’arte
dell’amore senza che lei sapesse se fosse giusto o sbagliato. Non tutte le
donne lo accontentavano nella richiesta di mettersi sulle ginocchia e portarlo
al piacere con il solo ausilio della bocca, era più un atto che praticavano le
donne nei bordelli, non le ragazze per bene.
«Credo
che si sia fatto tardi, Sir Valiant.» annunciò Merlyn pulendosi le labbra con un fazzoletto di stoffa
«Domani dobbiamo entrambi lavorare, credo sia ora di coricarsi.» aggiunse
alzandosi da tavola seguita da Alice che rideva sotto i baffi all’espressione
delusa dell’uomo.
«Spero in
una seconda cena.» disse accompagnando le signore alla porta.
Merlyn
annuì «In futuro.» promise, rimanendo sul vago.
Arthur
camminava per la sua cella tenendosi la mano fasciata in quella sana, era
preoccupato. Non aveva certo voluto che le cose andassero in quel modo,
l’ultima cosa che voleva era sapere Merlyn a cena con
quel bifolco.
Quando
erano tornati dalla loro visita già tutti i gladiatori sapevano della sua rissa
con Valiant ed era stato benvenuto con un coro di
applausi, tutti contenti che finalmente qualcuno avesse dato una lezione alla
guardia.
Lancelot
non aveva aperto bocca, visibilmente arrabbiato con Arthur per il guaio in cui
aveva cacciato Merlyn, ma non lo aveva detto a
nessuno e il principe ne era grato. Solo Dio sapeva cosa gli avrebbero fatto se
avessero saputo che per colpa sua la loro adorata Merlyn
era con quel porco.
«Cosa ti
turba, Arthur?» la voce di Parsifal lo spaventò, non era abituato a sentirlo
parlare. All’inizio aveva immaginato una voce bassa e potente, ma al contrario
era dolce, quasi un tono paterno.
«Ho fatto
un casino e non sono pronto ad affrontare le conseguenze.» ammise mentre la sua
fantasia gli faceva vedere immagini di Merlyn in
lacrime per essere stata violata da Valiant,
incolpando lui per l’accaduto. Gli si stringeva il cuore al solo pensiero. Cosa
avrebbe fatto se Morgana fosse venuta da lui, deflorata contro la sua volontà?
Avrebbe
ucciso quel bastardo, senza ombra di dubbio, a Camelot era il principe, gli
bastava dire una cosa e tutti sarebbero scattati al suo ordine, ma lì era
solamente un gladiatore e chissà quale sarebbe stata la sua punizione per aver
ucciso una guardia. Non voleva scoprirlo.
Parsifal
si rigirò nel letto, guardandolo in faccia «Le decisioni sbagliate fanno parte
del nostro cammino e imparare a convivere con le conseguenze fanno parte della
vita.» disse come se non stesse realmente parlando con lui, ma più che altro a
sé stesso.
Arthur
rimase in silenzio, decidendo che non era necessario condividere i suoi demoni
con una persona che stava evidentemente combattendo già con i suoi.
Tornò sul suo letto e si forzò a dormire.
Merlyn fu
chiamata al cospetto di Sua Maestà Re Cenred in
persona. La ragazza tremava al solo pensiero, la lettera non diceva il motivo
per cui il Re volesse vederla ed Alice non era riuscita ad avere nessuna
notizia durante la sua visita a palazzo.
La prima
cosa che pensò fu che avesse scoperto della sua magia, ma Merlyn
era sempre stata molto attenta e l’aveva usata unicamente nelle sue stanze o
nell’infermeria su paziente privi di sensi.
La
libreria nelle sue stanze era stracolma di libri sulla magia, ma non li aveva
portati lei lì, c’erano da prima del suo arrivo ed era sempre stata attenta a
non spostarli per dare l’impressione che non li avesse toccati. Aveva
addirittura spazzato per terra e buttato la polvere sui libri per dargli un
senso di trascuratezza.
Forse
Arthur l’aveva notata usare la magia per fargli riprendere il completo
controllo della sua mano e l’aveva denunciata alle autorità, dato che gli stava
molto antipatica non c’era nulla che lo avrebbe fermato dal raccontare il suo
segreto.
«Potrebbe
semplicemente voler incontrare la donna che salva i suoi giocattolini.» propose
Gwaine rubandole un chicco d’uva dalle mani. Era
giovedì, il giorno in cui andava al mercato per acquistare della frutta.
Lancelot
annuì «Nessuno è mai morto sotto le tue mani e devo dire che il caso di Hector
era piuttosto grave, non gli davo alcuna speranza di sopravvivenza.» disse
facendola arrossire. Se solo sapessero che le sue qualità da medico erano in
parte dovute anche alla magia…
«O forse
vuole liberarti, ormai stiamo quasi da un anno in questo posto orribile.» provò
Liam, uno dei primi gladiatori ad essere stato catturato, solamente poche
settimane prima dell’arrivo di Merlyn. Non aveva
avuto molta fortuna nei combattimenti, ne aveva vinti solamente sette e più volte
la ragazza aveva assistito ai suoi crolli emotivi, mentre piangeva disperato
arrendendosi a passare il resto dei suoi giorni in quel posto senza alcuna
possibilità di andarsene.
Più
gladiatori aveva perso già le speranze, chi aveva sperato in un familiare al
soccorso, chi nel crollo dell’arena e chi di creare una breccia per fuggire. Merlyn stessa aveva sperato più volte di vedere Will
arrivare e salvarla. Si sentiva soffocare tra quelle mura e nonostante si
trovasse bene con tutti non poteva negare che Arthur la facesse sentire a
disagio.
Si
conoscevano ormai da sette mesi e si erano parlati ogni singolo giorno, non in
termini d’amicizia, ma Merlyn poteva capire che anche
l’uomo soffrisse particolarmente la sua situazione, al contrario di Gwaine che sembrava essere completamente a suo agio.
«Non ti
capita sempre di avere cibo assicurato tre volte al giorno, Merlyn.»
le aveva detto quando gli aveva chiesto perché non cercasse di andarsene, da
quando gli mancavano solamente due sigilli, il gladiatore aveva iniziato a
perdere di proposito. Ovviamente il vero motivo era che non voleva lasciare Merlyn, ma questo lei non aveva bisogno di saperlo.
La stessa
cosa faceva Lancelot, il quale non se la sentiva di tornare alla sua vita e
lasciare i primi amici che era riuscito a farsi.
«Magari
vuole darti in pasto ad un drago.» scherzò Arthur, ben sapendo che l’ultimo
drago al mondo era incatenato nelle segrete del suo castello.
Merlyn sorrise
«Almeno così non dovrò più vedere la tua faccia da asino.» rispose con tanto di
linguaccia, facendo ridere tutti i presenti.
Da quando
Arthur era venuto a sapere che quella fatidica notte di settimane prima non era
accaduto nulla, dell’ingegnoso piano della ragazza e il fatto che Valiant fosse stato trasferito a castello dopo le varie
lamentele di Sir Keith sul suo conto, l’uomo si era sforzato di cercare di
stringere amicizia con la donna.
«Ora devo
andare, ci vediamo dopodomani!» salutò donando un bacio sulla guancia ad ogni
singolo cavaliere. Si fermò davanti ad Arthur «Posso o scapperai come l’ultima
volta?» domandò alzando le sopracciglia in modo divertente.
Arthur
alzò gli occhi al cielo e si chinò leggermente da fare in modo che la ragazza
arrivasse alla sua guancia «Non farti strane idee, adesso.» l’ammonì, ignorando
completamente il suo cuore che sembrava voler uscire dalla cassa toracica.
Quella Merlyn doveva essere
veramente un’incantatrice.
Alice le
sistemò nuovamente una ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio e le passo le
mani sulla stoffa del vestito sulle spalle, eliminando qualsiasi increspatura.
«Ricordati
di non guardarlo mai negli occhi, ai nobili non piace.» raccomandò guardandola
un’ultima volta in modo ansioso. La ragazza aveva avuto un comportamento
eccezionale fin dal suo arrivo, non aveva creato problemi come Alice aveva
creduto ed era un ottimo medico a suo parere.
Merlyn annuì,
sentiva le mani sudarle in maniera esagerata, non aveva mai avuto così paura in
vita sua. Se la situazione si sarebbe fatta grave aveva già pianificato un
piano di fuga. Aveva imparato un incantesimo capace di far crollare un intero
muro e anche se non l’aveva mai esercitato aveva abbastanza confidenza da
sapere che avrebbe funzionato.
La sua
magia reagiva alle sue emozioni, da bambina quando si spaventava riusciva
addirittura a rallentare il tempo per darle il tempo di scappare dalle
malefiche farfalle che provavano a posarsi sul suo naso.
Sentirono
il suono assordante delle trombe ed il suo nome venir annunciato, precedendo
l’apertura delle pesanti ed altissime porte di legno. Merlyn
si sistemò velocemente per l’ultima volta la gonna del vestito e si inchinò,
mostrandosi per la prima volta al Re in un gesto di rispetto.
Quando
ritenne che fosse passato abbastanza tempo tornò con la schiena ritta e camminò
lentamente nella sala cercando di ignorare tutti gli sguardi dei nobili, mentre
sussurravano tra loro, incuriositi anch’essi all’oscuro della sua convocazione.
Re Cenred era disgustoso come lo aveva descritto Gwaine e Merlyn arrivò abbastanza
vicino da sentirne la puzza. Dio, sperava si lavasse prima di incontrare altri
Re, altrimenti si spiegava perché nessuno volesse firmare trattati di alleanza
o pace con Essetir.
Il loro
Regno era in guerra fin da quando Merlyn aveva
memoria, aveva vissuto guardando di nascosto dalla sua umile casa cavalieri
combattere nei loro campi, fregandosene di rovinare il già povero raccolto del
villaggio.
«Merlyn, così ti chiami?» domandò il Re alzandosi dal suo
trono e la ragazza notò il buco sulla tunica. Ma quell’uomo aveva dei servitori
che pensassero a renderlo presentabile?
«Sì,
Eccellenza.» rispose mantenendo lo sguardo basso, azzardandosi a spiare
solamente con l’angolo dell’occhio.
L’uomo le
girò introno, dandole possibilità di sentire in maniera più forte il tanfo che
proveniva dalla sua persona. Merlyn sarebbe stata
fortunata se avesse concluso quella visita senza vomitare sulle scarpe del Re.
Essetir era un
Regno povero, la morte del padre di Cenred era
costata al popolo tutta la sua ricchezza. Il giovane Re aveva speso tutto il
suo tesoro e le tasse dei cittadini per i suoi capricci e le sue inutili guerre,
nella speranza di conquistare nuove terre, mentre invece ne perdeva solamente.
«Sei tu
la causa del fiasco della mia arena.» disse il Re prendendole il mento tra
l’indice e il pollice, aveva la pelle dura e Merlyn
desiderò schiaffeggiare via la mano e suggerire a Cenred
di lavarsi le mani, era sicura che adesso il suo mento fosse sporco di terriccio.
«My
Lord?» domandò confusa, l’arena era tutto che un fiasco. Ogni giorno si
riempiva di nobili che desiderava divertirsi vedendo uomini combattere.
Cenred tornò al
suo trovo, sedendosi in modo scomposto e poco regale, Merlyn
non poteva credere che il Regno in cui abitava fosse governato da un uomo del
genere. Perfino Arthur sarebbe stato un Re migliore e la ragazza non sopportava
l’uomo dai capelli dorati.
Non era
riuscita a scoprire molto sul suo passato, Arthur si chiudeva subito in sé
stesso appena provasse a fare conversazione su cosa usasse fare. Sicuramente
era un bandito e se ne vergognava, le sue qualità da spadaccino non suggerivano
per niente un passato da contadino.
«L’arena
verrà distrutta e i suoi occupanti uccisi, sarà meglio che tu vada ad avvertire
i tuoi amici.» disse muovendo la mano e delle guardie si apprestarono a
condurre la ragazza fuori dalla Sala del Trono.
Merlyn doveva
ancora processare bene le parole uscite dalla bocca di Cenred.
Avrebbe ucciso tutti loro? Tra lei, i gladiatori e gli schiavi con il collare
di bronzo si parlava di più di duecento persone. Sentì il respiro bloccarsi in
gola, farsi irregolare. La vista divenne poco chiara, non riusciva più a
definire i contorni degli oggetti e le gambe le tremavano.
Prima di
svenire riconobbe la sagoma sfocata di Alice raggiungerla.