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Autore: Enchalott    02/11/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La donna del deserto
 
In sella al suo destriero da alcune ore, Dare Yoon fu illuminato dall’aurora rosata, che scagliò le ombre delle dune sulla sabbia luccicante dell’alba, restituendo alla distesa ondulata i suoi colori caldi e multiformi.
I raggi del primo sole s’infransero nelle sue iridi blu e nella sua anima, dissipando i pensieri più irrequieti dovuti al buio. Aveva difronte un altro giorno di cammino, l’ultimo nella direzione opposta rispetto a quella imboccata da Aska Rei e dai soldati di Iomhar. Stava ripercorrendo un tratto in direzione del porto di Thyda, da cui era venuto, per abbreviare la distanza che lo separava dall’armata delle sette tribù congiunte, guidata dal reggente. La zona era poco agevole e scarseggiava d’acqua, ma il soldato era incalzato dalla fretta e aveva deciso di avanzare in diagonale.
Spronò il corsiero e lo guidò nella faticosa discesa su un tratto d’argilla friabile: era abituato a cavalcare in quelle condizioni, anche se nelle sue vene non scorreva il sangue delle genti nomadi di anydri. Era nato e cresciuto a Erinna e, in quella visione solitaria di vastità ed eternità composta di granelli dorati, scopriva in sé una nostalgia inaspettata per la propria città d’origine. Un’inquietudine per il suo incerto destino. Non avrebbe consentito che cadesse senza difenderla con tutte le proprie energie e a lei sarebbe tornato appena mantenuta la propria promessa.
Si orientò osservando le sagome dei Rhaida, appena visibili nella vampa d’afa che già esalava tremolante dalla sabbia e dalla roccia: nonostante le nuvole basse e scure, la temperatura nelle ore centrali del dì restava insopportabile e richiedeva una cautela estrema. Calò il cappuccio di tela bianca sulla fronte e bagnò il muso del cavallo, seguendo l’antico letto di un torrente in secca, individuabile dal colore più scuro della terra e dalle pietre levigate che accompagnavano lo snodarsi delle sponde, ora appena riconoscibili nella landa arida.
Qualcosa di insolito sulla linea dell’orizzonte attirò il suo sguardo. Escluse subito che si trattasse dell’avanguardia dei guerrieri del principe Stelio quando scorse la sagoma inconfondibile di un carro coperto. Galoppò da quella parte a caccia di informazioni di prima mano. Si mantenne invisibile sulla scia dell’istinto innato, che lo invitava a diffidare e che spesso gli aveva salvato la pelle: anche in quella circostanza fu una scelta saggia.
 
Gli Anskelisia erano in cinque, ma apparivano in netto vantaggio rispetto ai più numerosi difensori della carovana, che si affannavano invano per respingerli e preservare le loro vite e i loro averi.
Dare Yoon spronò il cavallo ed estrasse la spada, pronto all’offensiva. L’animale partì a un galoppo sfrenato ma attutito dal terreno sabbioso. Procedette protetto dalla linea delle dune: quando gli Angeli si accorsero del nuovo arrivato, due di essi ormai giacevano al suolo agonizzanti.
L’aiuto inatteso consentì agli attaccati di reagire, sebbene i reietti fossero decisi a non rinunciare alla probabile ghiotta preda e mantenessero la prerogativa. Dare Yoon ingaggiò duello con un terzo furfante e con la coda dell’occhio ne vide un altro snodare la frusta micidiale con l’intento di prenderlo alle spalle.
«Le solite usanze onorevoli» borbottò smontando d’arcione «Ripudiati del deserto, pirati, demoni… tsk! Tutti sulla mia strada, che gli dei li inceneriscano!»
L’avversario non era alla sua altezza: bastarono pochi colpi ben assestati per disarmarlo. Ma, lungi dal rinunciare, il predone sganciò lo scudiscio per combattere a distanza di sicurezza dalla lama implacabile che aveva già falciato i suoi compagni.
Il soldato non lo permise. Si mosse veloce, sfuggendo alla staffilata da tergo del secondo brigante che, contrariamente alle sue pessime previsioni, non era un sulluhat, ma che non era intenzionato ad affrontarlo in modo leale.
Dare Yoon lanciò uno sguardo allo scenario circostante, estraendo la netta impressione di essere l’unico capace a maneggiare un’arma. Gli sfortunati proprietari del carro erano altri scriteriati mercanti o incauti viaggiatori in fuga dalla capitale, finiti dalla padella nella brace: non certo combattenti di professione.
«Io non ci proverei!» esclamò, rivolto all’odioso contendente.
L’Anskelisia ignorò l’avvertimento e fece schizzare in avanti la frusta: l’ufficiale la afferrò al volo con la sinistra senza subire danni, riparato dal guanto e dal copri avambraccio. La tirò con lena e la tranciò di netto con un colpo di spada, spiazzando il nemico. Poi scattò in avanti e lo colpì con un montante, abbattendolo sulla rena.
Il secondo predone osservò raccapricciato la fine miseranda del compare e abbassò la guardia, indeciso. Il soldato ne approfittò per tagliargli ogni via di fuga prima che sfruttasse la possibilità di eclissarsi: lo braccò e lo sbatté con violenza contro una pietra che sporgeva dall’argilla, stordendolo.
«Dov’è il vostro capo!?» incalzò, appoggiandogli il filo della lama alla gola.
«N-non lo so!» balbettò il ripudiato, avvertendo il calore del sangue che gli colava lungo il collo «Non abbiamo seguito la nostra tribù!»
«Spiegati meglio, enklimai» continuò Dare Yoon, scegliendo con cura l’insulto, sollecitato dall’urgenza «Non costringermi a interrogare uno dei tuoi amici laggiù, ricompensandolo con la tua esecrabile testa per il servigio reso!»
«Laras ha seguito i daimar!» si affrettò quello, certo che non fosse una minaccia a vuoto «Noi eravamo contrari al sodalizio, abbiamo lasciato la masnada mesi fa!»
«Ma guarda. Le pessime abitudini però non le avete abbandonate, eh! Dove si trova il grosso della tua gentaglia? Parla!»
«Io… io penso sia a Erinna, ma non posso esserne certo! Ti prego, risparmiami!»
«Perché avete osato attaccare il principe Stelio se è la capitale a interessarvi?»
«Non ne so nulla! Io non ho fatto niente!»
«Seh. Ti conviene rifletterci meglio.»
«I guerrieri…» farfugliò il reietto terrorizzato «I demoni dagli occhi scarlatti parlavano tra di loro delle anime dei guerrieri! Non so altro! Lo giuro!
Un brivido gelido serpeggiò lungo la spina dorsale di Dare Yoon. Comprese e inorridì. Avrebbe dovuto farsi spuntare le ali e trovare subito il reggente. Inviare uno strik alla regina Eudiya, avvertire in qualche modo Aska Rei e…
Il prigioniero si dimenò, tentando di liberarsi dalla sua stretta.
«Lasciami andare! Ti ho detto quello che volevi!»
L’ufficiale lo squadrò con sdegno estremo e affondò la spada. Graziare un Anskelisia equivaleva ad assicurare sofferenza al prossimo, condonare le sue azioni inique: non l’avrebbe mai concesso. L’Angelo si afflosciò con un lamento e smise per sempre di agitarsi.
Dare Yoon si precipitò in aiuto degli altri disgraziati, scrollando la spada dal sangue che la imbrattava. La situazione era critica. Soccorse uno dei difensori della carovana mentre rantolava i suoi ultimi respiri riverso a terra, stroncato da una ferita al petto che zampillava, tingendogli gli abiti di rosso vivo.
«La nostra signora… là…» boccheggiò «Non permettete che…»
Il soldato ascoltò incredulo. Possibile che avessero condotto una donna in mezzo al nulla e alla mercé dei predoni? Prima che potesse domandare ulteriori delucidazioni, l’uomo ebbe uno spasmo ed esalò l’anima.
«Ef’chirin» mormorò in segno di rispetto, fiondandosi poi verso il carro.
Ne restavano tre, che al momento erano impegnati nel tentativo di salire sul pianale, protetto da una copertura di stoffa bianca ormai lacerata dai pugnali. I due cavalli, sganciati dai finimenti, nitrivano battendo la terra con gli zoccoli.
«Maledetta cagna!» gridò uno dei reietti, portandosi la mano al braccio, che esibiva un vistoso squarcio e sanguinava copioso.
Dare Yoon gli fu addosso e lo finì con un fendente. Poi ne afferrò un secondo, trascinandolo all’indietro e facendogli perdere l’equilibrio.
L’Angelo sputò un’ingiuria e si preparò al combattimento, brandendo il coltello ricurvo e facendo sibilare la frusta nell’aria rovente. Il suo movimento rapido la rese invisibile, tanto che riuscì a sfiorare la spalla dell’elestoryano. Al rumore della stoffa strappata seguì una fitta acuta, ma l’ufficiale ignorò il bruciore e rimase in piedi. Portò la mano libera dietro la schiena, afferrando per il taglio il pugnale nascosto nella fascia di seta, attendendo che il brigante richiamasse la sferza.
L’occasione non si fece aspettare: scagliò l’arma, prendendo l’avversario in pieno petto. Ebbe il tempo di scorgere la sua espressione stupita e incollerita prima di reprimerlo con un violento dritto tondo, che lo tranciò quasi in due.
Si volse subito verso il carro e fu quasi investito dal corpo dell’ultimo Angelo, che precipitava malamente giù dal pianale. A scanso di equivoci, Dare Yoon gli piantò la lama nel cuore, pur realizzando che era già morto con la gola semi squarciata.
Ma che diamine…
«State bene!?» gridò, annunciandosi per evitare di incorrere nella stessa sorte «Sono un ufficiale della Guardia reale di Elestorya, il nemico è sconfitto! Non temete!»
Saltò agile sulla scaletta rialzata e scostò il telo che ne proteggeva l’entrata.
La donna che gli si parò innanzi lo fissò per un istante come ipnotizzata, in un tremito improvviso. Poi arretrò verso il fondo del mezzo, occultando con rapidità l’arma da taglio tra le pieghe dell’abito. Era sola.
Dare Yoon ripeté la domanda, rispettando la distanza: non riuscì a cogliere nulla di lei poiché i drappeggi del vestito la nascondevano per intero, così come il velo che le copriva il viso, lasciando intravedere soltanto il luccichio intenso degli occhi.
«I miei uomini?» ansimò.
Il suo sguardo indagatore si posò sulla divisa tortora del soldato e sui gradi cremisi scintillanti sulla sua spalla. La sua voce era impercettibile, ovattata dalla stoffa che le copriva la bocca. Lui scosse la testa dispiaciuto.
«Sono giunto troppo tardi.»
La donna non sembrò turbata dalla notizia, finché le sue gambe non ebbero un cedimento, che la costrinse ad accasciarsi sulle assi. Dare Yoon si approssimò.
«Siete ferita?!»
«State indietro! Non ho bisogno del vostro aiuto! È solo il calo dell’adrenalina.»
Lui inarcò un sopracciglio, divertito dalla fiera giustificazione. Si astenne e ripulì la spada in un brandello di tela. La luminosità del giorno inoltrato pioveva attraverso la copertura chiara del carro e, assuefatto alla penombra, Dare Yoon riuscì a distinguere la seta rosata di cui lei era ammantata. Non era un abbigliamento tipico del Sud e neppure di Iomhar. Nessuna donna si velava a quel modo, nemmeno le veggenti Kalah alle cerimonie.
«Soltanto una straniera come voi poteva mettere a repentaglio la propria esistenza attraversando il deserto in un momento come questo, per di più senza una vera scorta!» borbottò, incrociando le braccia sul petto.
Un lampo d’irritazione passò negli occhi neri di lei: avevano un taglio esotico e allungato, ma il bistro scuro con cui li aveva truccati impediva di intuirne la forma.
«Ci sono cose che non possono essere rinviate e per cui vale la pena rischiare» replicò con cordiale fermezza «Anche voi siete solo, a quanto vedo.»
«Già» sogghignò l’ufficiale, sottintendendo che lui era però in grado di difendersi «Consideratevi fortunata. Questa zona di anydri non è molto frequentata.»
«Lo è dalle persone sbagliate. Vi ringrazio per l’intervento tempestivo.»
Dare Yoon fu sfiorato da una sensazione di sorpresa: lei non gli aveva chiesto di presentarsi e non aveva fornito il proprio nome. Forse era un’usanza del luogo da cui proveniva, che lui non riusciva a identificare.
«Qualsiasi siano le vostre intenzioni, non posso abbandonarvi qui. Non durereste mezza giornata, perdonate la franchezza. Prendete l’essenziale mentre cerco di recuperare uno dei vostri cavalli. Vi porterò con me.»
La donna gli restituì uno sguardo severo, seppur venato di una speranza che non avrebbe gradito far trapelare.
«Mi sottovalutate. Come tutti gli uomini che si auto eleggono difensori di una donna senza concederle il beneficio del dubbio. Perdonate la mia di schiettezza.»
Dare Yoon inarcò un sopracciglio, urtato dalla risposta tagliente e orgogliosa.
Per tutte le oasi, che razza di…!
«In effetti, da come avete affettato quei due Anskelisia, potrei aver sminuito il vostro grado di autonomia. Non intendevo mancarvi di rispetto, alludevo al deserto del Sud. È capace di stroncare i più perseveranti tra coloro che lo abitano e voi non sembrate autoctona.»
Lei iniziò a raccogliere gli oggetti personali, riponendoli con cura in una bisaccia.
«La mia idea era quella di raggiungere Erinna» proferì, rinunciando al contenzioso ma conservando il riserbo sulle proprie misteriose origini.
«Cosa!? Scordatevelo, la capitale è sotto assedio! Non ve l’hanno riferito?»
«Certo che sì» ribatté lei impassibile «Voi non siete diretto lì?»
I suoi occhi scuri gli si posarono addosso con una dolcezza inaspettata per poi abbassarsi repentini, come a non voler essere letti. L’uomo rimase interdetto  dall’intensità di quello sguardo e impiegò un istante per risponderle.
«No… cioè, sì! Ma non subito. E non intendo condurvi laggiù per avervi sulla coscienza dopo avervi tirata fuori dai guai!»
«Neppure se vi dicessi che si tratta di vita o di morte?»
«Solo della seconda, credetemi. Consentitemi di portarvi al sicuro. Quale che sia la vostra urgenza, non vale la pena diventare cibo per i daimar
La straniera parve soppesare la proposta o valutare con muta ansia un probabile incontro con i demoni dell’ombra e cedette a un sospiro rassegnato.
«Sentiamo, dunque. Dove sareste orientato, signor ufficiale della Guardia?»
«Dare Yoon» si presentò lui, spazientito «Sto cercando l’esercito del reggente e non vi nascondo la mia fretta. L’incontro vi offrirebbe una garanzia, qualcuno potrebbe scortarvi in un luogo protetto in attesa della fine della guerra. Vi prego, non siate irragionevole.»
La donna si bloccò come folgorata dalla rivelazione. Annodò i legacci della borsa da viaggio e annuì, finalmente persuasa.
«In tal caso acconsento di venire con voi.»
Il soldato alzò gli occhi al cielo, grato agli dei che lo avevano assistito nel convincere quella che sembrava una persona alquanto testarda. Si avvicinò al retro del carro, scostando la tela strappata e posando un piede sulla scaletta di legno.
«Sapete cavalcare?»
«Se vi rispondessi di no, incorrerei in un altro rimprovero?»
Dare Yoon spalancò gli occhi blu notte: eppure non gli sembrava di essere stato tanto severo o indisponente. Si passò la mano tra i capelli bruni, grattandosi la nuca con palese imbarazzo.
Non le manda certo a dire… bah, meglio!
«Mi organizzerei diversamente» ribatté, porgendole la mano.
La straniera rifiutò la cortesia e si approssimò ai gradini sollevando l’abito. Calzava degli stivali leggeri di seta avorio ricamata, poco adatti alle staffe.
«Non sono molto abile e non credo di avere l’abbigliamento consono.»
In eco all’onesta ammissione, la stoffa rosata della lunga veste si impigliò in un chiodo sporgente, ostacolandola nella discesa. Perse l’equilibrio, rischiando di ruzzolare a terra dall’alto. Il soldato la afferrò al volo. Avvertì tra le dita, sotto la seta sottile che la celava, le membra tese del suo corpo snello ma forte, e constatò la sua prontezza di riflessi nella presa salda delle mani sulle sue spalle.
«Indubbio» assodò con un sorriso, posandola sulla sabbia.
Le iridi di onice di lei rimasero infisse nelle sue, vibranti di qualcosa che non era né paura né gratitudine, ma appariva altrettanto forte.
«S-scusatemi.»
«Dovere» rimandò Dare Yoon sempre più spiazzato.
Forse la donna non era abituata al tocco di un estraneo, tantopiù di un uomo, oppure le tradizioni del suo luogo natio imponevano rigide regole sull’interazione. O era lei a detestare di essere assistita da chicchessia, come avevano lasciato intuire le poche parole che si erano scambiati. E lui non sopportava la sensazione di camminare sul vetro fessurato che lei gli stava procurando. Di fatto non sapeva come comportarsi.
Ci vorrebbe il manuale di istruzioni… o Aska Rei, lui ci saprebbe dannatamente fare!
Fece il punto della situazione. I cadaveri abbandonati a terra stavano attirando sciami di insetti e alcuni uccelli rapaci volteggiavano a distanza, in attesa di avere campo libero al banchetto. A breve sarebbero giunti i predatori a quattro zampe e incappare in un ghali affamato non faceva parte dei suoi progetti. Mosse il polso sinistro ormai guarito, memore dello scontro feroce con il beathir. Si rivolse alla donna.
«Vi suggerisco di non guardare. Non è uno spettacolo edificante.»
«Non è il primo che vedo. Sarebbe meglio seppellirli. Qui è usanza?»
«A Elestorya bruciamo i defunti. Ma fosse per me, lascerei gli Anskelisia dove sono.»
La straniera osservò i corpi, chiusa nelle proprie considerazioni. Poi scosse il capo.
«Sarebbe la prima reazione, ve lo concedo. Ma immaginate che uno di questi predoni si sia pentito delle proprie azioni in extremis. Cambiereste idea e gli concedereste un addio dignitoso?»
«Voi non li conoscete! Sono la feccia dell’umanità, piuttosto che ravvedersi…!»
«Difficile ma non impossibile. A meno che voi non possediate la medesima sicurezza degli dèi cui ci si rivolge spirando.»
L’elestoryano la guardò imbambolato.
Per le sacre dune! La sua lingua è peggio di… no, invece. Non ha torto.
«Uno a zero per voi» borbottò, incrociando le braccia e lanciando ai morti uno sguardo sconsolato «Mi toccherà fare due pire sotto questo sole impietoso.»
La forestiera soffocò nel velo una risatina all’udire che lui non avrebbe mescolato le carte, ma mantenne il proprio contegno decoroso.
«Vi aiuterò, non abbattetevi.»
«Non pensateci neanche! Piuttosto, godetevi l’ombra finché ne avete l’opportunità.»
«C’è della legna nel carro» indicò lei senza considerare l’obiezione e iniziando a trascinare per i piedi uno dei caduti.
Dare Yoon imprecò sottovoce, ma non le impedì di agire come meglio le suggeriva il credo. Probabilmente, per dimostrarsi tanto pietosa con chi l’aveva attaccata, era una sacerdotessa proveniente da un angolo remoto del mondo. E soprattutto era ostica da contraddire! Considerò che meno avrebbe discusso con lei, prima sarebbe ripartito verso ciò che aveva lasciato in sospeso.
 
I due roghi divamparono, scaldando l’aria torrida del deserto.
Dare Yoon si asciugò il sudore dalla fronte ed esaminò le scorte d’acqua: non avrebbe avuto problemi, se i suoi calcoli erano esatti e considerando l’apporto di quelle fornite dalla donna. Il dilemma era l’inevitabile rallentamento che il condurla con sé avrebbe comportato. La osservò mentre ammirava il guizzare delle fiamme a distanza, attendendolo con tranquillità come se la prospettiva non la spaventasse.
«Fuoco e sabbia…» sussurrò lei con il suo tono di voce remoto e appena percettibile.
«Come?» sbottò l’ufficiale, come se la considerazione lo avesse mandato inspiegabilmente sul chi vive.
«Questo posto inospitale. Non sono abituata, ma mi affascina.»
«Il deserto può apparire scostante e ingrato. Sfidarlo con leggerezza è letale. Ma se lo si rispetta e lo si ascolta può rivelarsi sorprendente. »
La donna lo guardò come se avesse compreso più di quanto quelle parole avevano lasciato intendere.
«Capisco. Ne terrò conto, allora.»
Dare Yoon si sentì come se l’impegno appena pronunciato fosse rivolto a lui. Assurdo. Scacciò l’irragionevole constatazione e si accostò ai cavalli in origine aggiogati al carro, che si lasciarono avvicinare senza imbizzarrirsi.
«Posso sapere da dove venite, se la cosa non vi offende?»
«Sono originaria delle Isole.»
Il soldato sollevò il viso dai finimenti. Quel luogo era poco più che una leggenda.
«Mi prendete in giro?»
«Non ne ho la minima intenzione. Non siete il primo a reagire con incredulità quando nomino il mio luogo natio, ma posso assicurarvi che non è una fantasia. Piuttosto lo sono i racconti che circolano. Le Isole sono lontane, difese dal mare e staccate dal resto del mondo. Per voi sono difficili da immaginare come lo era per me il deserto prima di trovarmici. Ma non significa che non fosse reale.»
Dare Yoon ripensò all’effetto che avevano avuto su di lui il viaggio sul Pelopi e il primo impatto con il gelo eterno di Iomhar. Assentì.
«Auspico vogliate raccontarmi qualcosa di concreto su quella terra. Giusto per sostituire con la verità le sciocchezze che mi sono state propinate.»
«Volentieri. Anche se manco da quando ero una bambina e i miei ricordi sono piuttosto sbiaditi.»
«A patto di non farvi precipitare nella nostalgia. Mi sentirei in colpa in tal caso.»
«Di questo non dovete preoccuparvi. Non sono tipo da piagnistei.»
«Mi conforta che lo ribadiate» sogghignò il soldato, cogliendo la palla al balzo «Questi cavalli non hanno sella e non sono addestrati per la monta a pelo. Temo sarete costretta a salire in arcione in mia compagnia.»
Lei si irrigidì, ma mascherò con abilità l’impiccio.
«Potremmo fare a turno. Per non sfiancare quella povera bestia.»
«Il mio destriero è robusto e, come vi ho accennato, ho una certa urgenza. Inoltre meno tempo restiamo isolati, meno possibilità abbiamo di imbatterci negli amici di quelli che stanno diventando cenere laggiù.»
L’isolana si soffermò a riflettere, poco convinta dalla prospettiva di restargli incollata o forse dubbiosa del suo essere un gentiluomo solo in base all’uniforme che indossava. A sua volta il soldato si sentì in imbarazzo.
«Siete certo che quei predoni fossero appiedati? Stando a quanto affermate, siamo nel mezzo del nulla.»
«Non ho scorto altri animali e non tutte le tribù del deserto si spostano a cavallo… ehi, ma dove andate!?»
«A controllare l’efficacia del mio intuito femminile.»
Per tutte le dannate oasi!
L’ufficiale si affrettò a raggiungerla, sbarrandole il passo affinché non commettesse l’imprudenza che si apprestava a intraprendere.
«A prescindere dalla vostra perspicacia, siete troppo impaziente! È pericoloso, vi ho avvertita prima!»
«Siete voi quello che ha premura» ribatté lei, arrampicandosi sulla duna.
Lui sbuffò, cercando di dominare l’irritazione dovuta al commento sottile.
«Immaginate se oltre il dosso davvero trovaste dei cavalli, magari custoditi da un altro paio di affabili Anskelisia. Non vedrebbero l’ora di impossessarsi di una bella preda come voi! Vi caricherebbero in sella come un sacco e partirebbero a spron battuto! Dubito che riuscirei a raggiungerli e, vi giuro, mi passerebbe la voglia!»
La donna lo fissò per un attimo. Poi si rilassò, accettando il rimbrotto e lo lasciò fare.
«Bella… mi chiedo come lo sappiate.»
«Intuito maschile» ringhiò lui tra i denti, avanzando cauto e ignorandola di proposito.
 
I cavalli c’erano davvero, privi di custodi e nascosti dietro una modesta formazione rocciosa: cinque animali pregiati già sellati, che gli Angeli avevano razziato a qualche sventurato mercante. Dare Yoon li esaminò, lieto di non dover estrarre la spada in un atto che gli sarebbe apparso equivalente al rubare, sebbene ai reietti.
«Questo pare il meno ombroso, non ha strattonato le redini quando ci ha fiutati.»
«Ve ne intendete» commentò lei, ironizzando sull’aggettivo da lui scelto per definire l’animale e che, all’evidenza, si prestava bene ad altri soggetti.
«Non avete idea di quanto. Permettetemi di aiutarvi.»
La straniera accettò la cortesia e accolse la mano tesa per issarsi in arcione. L’abito lungo e ampio non facilitò l’operazione. Lo sguardo di Dare Yoon cadde sulla pelle del polso di lei, che spuntava dalla manica scostata: pareva scurita con un colorante naturale, ma fu l’unico indizio che colse. Forse ambiva essere scambiata per un’elestoryana, però in quel caso non si sarebbe infilata in quella palandrana tanto estranea ai costumi del Sud.
«Appoggiatevi a me. Comprendo che vogliate rispettare le vostre usanze, ma temo che dobbiate optare per un abbigliamento adatto a cavalcare.»
La donna intercettò il suo braccio, riuscendo finalmente a salire in sella. Il suo profumo intenso di spezie, che schermava un altro lato importante della sua persona, gli rimase addosso.
«Questo vestito non fa parte della tradizione delle Isole. Lo porto perché ho fatto voto a Manawydan.»
Il soldato tenne il corsiero per la cavezza affinché lei si abituasse al movimento poco familiare, conducendolo dove aveva lasciato il proprio. Fissò la sabbia pensieroso.
«Scusate, sono stato inopportuno.»
«No, la vostra era solo una premura. Vi ringrazio, Dare Yoon.»
Sentir pronunciare da lei per la prima volta il proprio nome gli provocò una strana sensazione, della quale non seppe darsi ragione. Si interrogò sulla stravaganza di quell’incontro tra le dune e relegò con fastidio il concetto di caso voluto dal destino, nel quale lui non credeva. Nonostante il rifiuto interiore, non poté trattenersi dal guardare le linee che attraversavano il suo palmo sinistro, come se possedessero la risposta.
«Di nulla. Il difficile viene adesso. Siete pronta, signora?»
Lei lo imitò, mandando l’animale al passo, all’apparenza priva di timore. Poi lo scrutò attraverso il velo rosa, che non lasciava intuire di lei altro che quegli occhi nerissimi, ardui da interpretare.
«Sharen.»
«Come avete detto?» esalò lui, quasi avesse ricevuto una secchiata d’acqua gelida in pieno deserto.
«È il mio nome. Mi chiamo Sharen.»
Dare Yoon scrutò l’orizzonte, bloccando tutti i pensieri che gli penetrarono la mente.
Impossibile.
«Andiamo!» comandò deciso, rimandando le riflessioni a data da destinarsi.
   
 
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