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Autore: May Jeevas    06/11/2020    1 recensioni
Da Brisingr: "Tu e Saphira ci avete provocato molto dolore, Eragon. Galbatorix era furioso con noi perché vi abbiamo lasciato andare. [...] Abbiamo sofferto orribilmente per causa vostra. Non accadrà più."
La mia versione di quello che è successo a Murtagh e Castigo dopo la Battaglie delle Pianure Ardenti.
Rating Giallo per scrupolo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castigo, Galbatorix, Murtagh
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo e il drago cremisi entrarono nell’immenso castello. Furono accolti dai servitori, che li guidarono alla sala del trono.  Murtagh indugiò un attimo prima di varcare la soglia. Deglutì e si decise a entrare, cercando di non dare a vedere nessun segno dell’agitazione che provava.
“Bentornato, Murtagh. Mi hai portato il regalo che ti avevo chiesto?” le parole pronunciate dal re suonarono come carezze melliflue, ma ormai sia il drago sia l’umano al suo cospetto sapevano bene cosa poteva celarsi dietro quel tono.
Murtagh mantenne il silenzio, non osando alzare lo sguardo verso il sovrano.
Stammi vicino, ti prego. I suoi occhi cercarono quelli del drago, e subito, come risposta, un calore venne su dal petto, donandogli un po’ di tepore e infondendogli un minimo di coraggio.
Insieme. Si sentì rispondere, ed era tutto quello di cui aveva bisogno.
“No, mio signore.” La voce uscì ferma e decisa. “Non sono riuscito a catturare la dragonessa e il suo cavaliere.”
Il falso sorriso del monarca prese le sembianze di un ghigno, mentre nei suoi occhi si accendeva un brillio spietato. Con movimenti lenti, si alzò dal trono e si avvicinò al ragazzo.
“Murtagh.” La voce era appena un sibilo ma risuonò per tutto il salone. Il giovane si sentì mancare, e cercò di concentrarsi su quel calore che sentiva nel petto, cercò di resistere per quanto glielo avrebbe consentito Galbatorix.
“Lo sai…” Il sibilo continuò a rimbombare tra le pareti. Prima che potesse prepararsi all’attacco, il ragazzo fu pervaso da un dolore lancinante. La testa, la sua mente sembrava andare a fuoco mentre il re scavava nei suoi ricordi, violandoli. Murtagh si morse le labbra a sangue, costringendosi a non urlare.
“Che non devi…” il volume della voce diventò insopportabile, il dolore penetrante. Le ginocchia cedettero.  Murtagh si prese la testa tra le mani, combattendo contro le urla che supplicavano di uscire dalla gola.
Per favore… per favore fatelo smettere. Supplicò, non sapendo bene chi, era fin troppo consapevole che non sarebbe arrivato nessuno ad aiutarlo.
“Mentirmi!” e questa parola esplose nella sua testa, facendogli percepire un dolore tale che fu come se il cranio gli fosse esploso dall’interno, e Murtagh seppe che il sovrano aveva trovato il ricordo esatto di cui aveva bisogno. Lo vide mostrare clemenza a Eragon.
Il dolore alla testa cessò. Il re troneggiava sopra di lui, una luce folle e irata deformava i lineamenti del volto.
Murtagh cercò di alzarsi, tremando. La vista era annebbiata dal dolore subito, e poteva ancora sentire il cervello andare a fuoco. Sbatté un paio di volte le palpebre per costringersi a rimanere cosciente.
“Dimmi Murtagh…” la voce di nuovo calma del sovrano gli causò un brivido lungo la schiena. Strinse i pugni, sforzandosi di guardarlo negli occhi.
“Che cosa ti ho insegnato in questi mesi? Che cosa hai appreso sotto la mia protezione?”
Un conato di vomito gli riempì la bocca di bile nel sentire l’ultima parola pronunciata dal suo tormentatore.
A odiare. Odiare e disprezzare.
“Sto aspettando una risposta, Murtagh. Che cosa sono Varden?”
L’unica speranza per batterti.
“Dei traditori” il ragazzo maledì la sua voce che uscì troppo incerta.
“Ed Eragon, che cosa rappresenta per te?”
Mio fratello.
“Un… un nemico da battere” di nuovo, la voce uscì troppo debole, troppo insicura.
“STAI MENTENDO!”
E nella mente di Murtagh fu ancora buio e tormento.  Cadde a terra come un burattino cui erano stati tagliati i fili, e senza che se ne rendesse conto le sue labbra si aprirono lanciando un grido disumano, le membra, ormai senza più alcun controllo, si contorcevano senza pietà.
Da lontano sentì il ruggito di Castigo e prima che la sua mente martoriata potesse comunicare con lui, un semplice gesto di Galbatorix fermò il drago. La possente creatura cadde sul pavimento, gli occhi vacui.
Castigo…no!
Murtagh non si rese nemmeno conto se riuscisse davvero a comunicare col suo drago, se quelle parole furono urlate o se nulla potesse ormai scalfire le tenebre in cui si sentiva precipitare sempre di più.
“Tu lo sai!” la voce tonante del monarca era l’unica cosa chiara in quella dimensione di dolore e disperazione. Il sovrano si nutriva in maniera sadica delle torture che gli infliggeva.
“Lo sai che devi abbandonare quelle sciocche cose chiamate sentimenti. E tu ne sei ancora intriso, soprattutto per Eragon!”
Galbatorix si fermò all’improvviso, mentre la sua espressione raggiungeva un nuovo livello di perversione. Guardò con gusto il ragazzo boccheggiante ai suoi piedi.
“Tu sei ancora debole e non hai ancora imparato a dovere la lezione. Forse questo ti rinfrescherà la memoria!” A un suo cenno, il ragazzo si sentì trascinato da mani robuste fuori dalla sala fino alle segrete. Lì le guardie gli chiusero i polsi con delle catene attaccate al soffitto. Murtagh strinse i denti. Il dolore fisico ormai non gli faceva più paura, ma dopo tutto quello che Galbatorix gli aveva fatto non era certo di poter sopportare oltre senza crollare.
Voltò il viso in tempo per vedere il carnefice mettere un ferro sull’attizzatoio. Una volta che fu incandescente, glielo avvicinò alla guancia. La pelle, madida di sudore, rifletté la luce del ferro rovente.
“Ricorda… è tutta colpa di Eragon se sta succedendo questo.” Gli sussurrò il sovrano all’orecchio con un tono dolcissimo e allo stesso tempo pieno di veleno. Il ragazzo rabbrividì. Ormai rassegnato, chiuse gli occhi preparandosi a ricevere il dolore.
Ma quello che sentì un attimo dopo gli provocò un vortice di paura, disperazione e furia, il respiro morì in gola, come se l’aria fosse sparita dalla stanza.
A lui non era stato fatto niente.
A ruggire di dolore era stato il suo drago. Murtagh spalancò gli occhi, incapace di pensare.
Lui no, lui no… lui no! Una cantilena nella sua testa. Si costrinse a guardare la scena davanti ai suoi occhi. Le guardie della prigione stavano tormentando Castigo che, immobilizzato sotto il controllo di Galbatorix, non riusciva a evitare i colpi dei ferri roventi.
“No! Punite me! È colpa mia! Lui non c’entra niente! Vi prego! Vi prego!” in preda alla disperazione, Murtagh non si accorse nemmeno della guardia che si stava avvicinando a lui. Con una mossa fulminea piantò il ferro incandescente nella spalla del ragazzo.
Di nuovo, buio e tormento. Non capì più niente. Non capiva più se il dolore che sentiva era suo o del suo drago, se il gelo che si alternava alle fiamme era solo nella sua testa, se il buio che sentiva e vedeva avrebbe potuto essere permanente o magari una cecità provvisoria, se le urla appartenevano a lui o a Castigo. Cominciò a credere che il dolore non sarebbe finito mai e che sarebbe marcito in quella cella per sempre, con Galbatorix finalmente orgoglioso di averlo reso pazzo…
E poi, quasi avesse percepito questo ultimo pensiero, la voce del sovrano riempì ancora una volta i suoi pensieri.
Ricorda, è tutta colpa di Eragon.
No…
Tutta colpa di Eragon
Non è vero, mio fratello non…
Colpa di Eragon.
Ha… colpa… E di nuovo tornò quel sentimento di disprezzo nel momento in cui si accorse che non ne era più così convinto. Che il suo istinto di sopravvivenza si stava ancora una volta aggrappando alle bugie del carnefice pur di sopportare tutto questo. Quel sentimento legato ancora alla sua coscienza che era consapevole che tutti gli atti che Galbatorix lo costringeva a commettere lo stavano trasformando, lentamente e inesorabilmente, nella persona che aveva giurato di non diventare. Stava diventando un uomo che aveva imparato a detestare fin da piccolo.
Colpa di Eragon.
Murtagh accolse la perdita di coscienza con gratitudine.
 
Galbatorix non aveva fretta. Aspettò che Murtagh si riprendesse dallo svenimento.
Vide gli occhi del ragazzo aprirsi lentamente. Il nuovo ordine non ammetteva scappatoie questa volta.
“Mi porterai qui Eragon e Saphira. Nessuna pietà, Murtagh. Tu me li porterai a costo della tua stessa vita. Giuralo.”
Il ragazzo, stremato, voltò il suo sguardo verso Castigo.
“Lo giuro” sussurrò mentre chinava il capo, sconfitto.
 
 
 
 
 
 
 
Angolino di May
Ciao a tutti!!
In questo periodo di insicurezza sono andata a ripescare nei meandri del computer una bozza di un’idea masochista di, credo, ormai dieci anni fa.
Della serie, io i miei personaggi preferiti o li tratto da idioti o ci scrivo ff che mi fanno stare male (e che soprattutto fanno stare male loro).
Murtagh è il mio personaggio preferito della saga di Eragon (sì, terza ff che scrivo su di lui e terza ff che mi ha fatto male finire. Vai così, May!) e ovviamente se non c’è un po’ di angst non c’è dolore e divertimento. Ahahah.
La smetto che sto straparlando.
Ringrazio di cuore Melanto che ha accettato di dare una betalettura nonostante non fosse un suo fandom, e anche Eowin 1, che sa di questa ff da anni e che l’ha ricevuta in anteprima.
PS: Sì, il fatto che abbia pubblicato due storie in poco tempo è un avvenimento più unico che raro. Torno in letargo!
May
 
   
 
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