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Autore: KikiShadow93    13/11/2020    4 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, , e Teo5Astor per aver recensito i capitoli 34 e 35! 💛

❌Avvertenza❌: Mi dispiace davvero tantissimo, non potete capire quanto, ma ho dovuto spezzare il capitolo. Solo così sono 36 pagine! Come potevo attaccarci anche un altro evento importante? Spero tanto che non me ne vogliate e che possiate apprezzare comunque il risultato. Ve lo dico subito: tristezza a palate!
Buona lettura!

 

𝟜𝟝. 𝒟𝒾𝓈𝒸𝑒𝓈𝒶 𝒶𝓁𝓁'𝓘𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜



«Secondo voi com’è dall’altra parte?»
Non dovremmo stare qui, lo sapete, vero? A Mezcal non piace che qualcuno si avvicini al ponte crollato, teme che possa provare a saltare per scappare. Tsk, stronzate. Quando mai, un sano di mente, potrebbe pensare di invadere il Territorio rivale per evadere? Tanto varrebbe buttarsi direttamente nelle fauci del nostro Re!
«Ahhh, dall’altra parte c’è la vita!» Non fomentarli, Bree! Dannazione, non posso parare il culo a tutti quanti, non ce la faccio! Ti devo forse ricordare a cosa mi sottopone Mezcal? Senza contare che, quando siamo arrivati, ho fiutato una vecchia scia di Jäger. Se dovesse venire con la sua compagnia?
«La vita, dici?»
«Ma sì, per forza! Pensate forse che esista un posto peggiore di questo? Scommetto che laggiù c’è più cibo, più acqua… e caldo! Tanto caldo!» Da quando sei così ottimista, Bree? Da quando ai tuoi occhi il Sud appare tanto meraviglioso? Non è da te elogiare tanto qualcosa o qualcuno… è forse successo qualcosa di cui sono all’oscuro? Ti hanno fatto del male? A seconda di chi è stato, sai bene che posso fare qualcosa.
«E se ci volessero andare anche loro?» Siete un branco di bambini stupidi! Possibile che non riusciate a far funzionare un minimo il cervello? Non possono guidare da soli l’esercito, solo il Re può. Se quindi Jäger arrivasse a muovere l’esercito, essendo quindi il nuovo Re del Nord al posto di Baileys, significherebbe solo che per noi sarebbe comunque finita. Sempre ammesso che qualcuno di noi arrivi a quel momento. A meno che…
«La vita non è né qui, né laggiù. La vita è lassù.»
«In mezzo a quei deboli umani? E perché, scusa? Che c’è di interessante, lassù?»
«È proprio perché sono tanto deboli che la faccenda si fa interessante.» Non capite. Perché non capite? Cosa c’è di difficile in quello che ho detto? «La loro fragilità li rende prede ideali, malgrado Papà Spettro non voglia che li cacciamo. Senza contare le loro città! Con tutta quella puzza sarebbe più facile trovare un buco dove rintanarsi e sparire.»
Già, sarebbe facile. Il difficile è arrivarci. Dall’ingresso principale non si può uscire, dal Sud non si può passare, le nostre uscite secondarie sono sorvegliate.

Deve esserci un modo, dannazione! Un modo per arrivarci, un modo per nascondersi, un modo per vivere.
«Andiamo a cercare qualche osso, vi va? Io sto morendo di fame!»
Sai una cosa, Bree? Noi due ci prenderemo quella vita, un giorno.
Riusciremo ad andarcene da qui, e non potranno più farci del male. Troveremo il nostro posto al Sole, troveremo il nostro piccolo angolo sicuro. Poi lo proteggeremo, insieme.
Un giorno, Bree, noi due saremo libere, e potremo finalmente vivere davvero.


Il ponte, dopo quasi due secoli, è finalmente ricollegato grazie all’enorme e spessa placca costruita per volere di Jäger. Non la si potrà certo tenere così, fissata in modo tanto sbrigativo, ma non è il loro primo pensiero. Se in fondo è riuscita a reggere l’intero esercito del Nord — ed in seguito anche gli Omega —, non avrà problemi a sorreggere anche il loro peso da umani.
Sherry però sta odiando davvero questo ponte. Forse, in realtà, non si tratta neanche del ponte, ma del luogo dove la sta conducendo passo dopo passo.
I Sovrani del Sud li affiancano, e lei sa che non è solo per la loro alleanza. Per quanto Nike non lo dia a vedere, proprio come il marito ha un gran cuore, e l’affetto che nutre per Everett si sta velocemente estendendo anche a lei. Come potrebbe lasciarli tornare nel loro personalissimo inferno da soli? In un momento simile, poi.
Gli odori le arrivano sempre più nitidamente alle narici, e con essi i suoi dolorosi ricordi.
Quante volte lei e gli altri si spingevano fin sul bordo del ponte per poter fantasticare su ciò che avrebbero potuto trovare dall’altra parte? Quante volte hanno fantasticato su ciò che sarebbe potuto accadere se avessero trovato il coraggio di saltare? Parlavano di correre a tutta velocità per il vasto Sud, fino a potersi spingere una volta per tutte al piano di sopra, tra gli umani, dove avrebbero vissuto mirabolanti avventure in terre ancora selvagge, procacciandosi da mangiare e fondando il loro personalissimo branco.
Andavano sul bordo per sognare la libertà lontani da occhi e orecchie indiscreti, dove il freddo e la fame che non potevano più stritolarli perché, in quel piccolo angolino isolato, la loro vita miserabile veniva stravolta dalla fantasia.
La mano calda di Radish cerca la sua, sfiorandola appena, e per un istante Sherry riesce ad isolare di nuovo la mente come quando andavano su quel bordo frastagliato.
Yvonne e le sue figlie hanno dato loro delle pellicce, seppur un po’ troppo leggere per il vero freddo del Nord, e ai suoi stanchi occhi tristi Radish appare come più bello, con quel lungo cappotto scuro di pelliccia.
So che le temperature sono più sopportabili adesso, ma forse al tuo compagno potrebbero dar fastidio. E anche tu, Sherry, dovresti indossarla.
Stringe di scatto la mascella, ripensando alle parole della donna. Per quanto la parte razionale del suo cervello sapesse bene che il suo era unicamente un gesto gentile, dettato un po’ dalla singolare circostanza e un po’ dal suo spiccato istinto materno che la spinge a volersi prendere cura anche dell’orfana dai tragici trascorsi, la parte irrazionale ed istintiva le ha fatto solo desiderare di farle sparire quel dolce e caldo sorriso con un pugno, e adesso prova di nuovo la stessa sensazione. Perché quella parte, ora più che mai, non vuole la carità e la pietà di nessuno, e la sta spingendo inesorabilmente verso una via pericolosa, oscura e solitaria.
«Sono qui.» Mormora Radish con un filo di voce, sperando che possa sentirlo chiaramente malgrado non si sia ancora ripresa del tutto. E Sherry lo sente, ritrovandosi così a mordersi la lingua per non rispondere, perché altrimenti gli direbbe che lo sa, ma che non vorrebbe.
Ti farà del male…
Serra la mano libera a pugno, conficcandosi a sangue gli artigli nel palmo. Quella maledetta frase le risuona nelle orecchie per l’ennesima volta, malgrado non sia mai stata detta. È il suo lupo, avvolto dalla paura, a sussurrarglielo continuamente, e lentamente sta cominciando a convincerla che sia vero.
Perché anche il lupo sa chi era Radish, cos’ha fatto nel suo passato, non lo scorderà mai, ed ora ci si sta attaccando con le unghie e con i denti, incapace di allontanare quei tragici ricordi… e cominciando pian piano a sovrapporli ai propri traumi.
Scuote la testa, cercando in ogni modo di arginare quel fiume di ricordi dolorosi e, senza neanche rendersene conto, si ritrova ferma a metà del ponte, Everett alla sua destra e Radish alla sinistra.
Voltando un poco la testa, nota che gli Spettri del Nord che erano rimasti nel loro territorio si sono radunati dall’altra parte, in attesa del loro arrivo. Sono curiosi di vederli, fremono dalla voglia di abbracciare i loro cari, ma sono anche spaventati. Non saprebbe dire, Sherry, cosa li spaventi di più: la presenza dei Sovrani del Sud e dei loro Spettri, la presenza di Radish, la cui fama ormai lo precede di gran lunga, o se hanno più paura proprio di lei. In quanti, tra tutti loro, l’hanno derisa e maltrattata? In quanti, per paura di Jäger, si sono voltati pigramente dall’altra parte quando veniva umiliata e picchiata?
Blackwood allunga con sicurezza una mano verso di lei, cercando il suo sguardo. Fiuta la sua paura, vede nei suoi muscoli tesi, i riflessi ametista nelle sue iridi d’ambra, e gli si spezza il cuore nel sapere di non poter fare niente di davvero concreto per aiutarla, e neanche per aiutare Everett. L’unica cosa che sa di poter fare, è quella di alleggerirli un po’, occupandosi al meglio anche dei loro Spettri finché non avranno chiarito. Dovresti parlare con tuo marito, Superstar. Continuando su questa via, la situazione si farà solo più difficile… e di certo non merita il tuo silenzio.
Sherry, dopo secondi che sembrano ore, si volta verso di lui, sorridendogli nel modo più cordiale e dolce che può, ed allunga poi la mano a sua volta, stringendo con decisione quella del Re, per poi chinare un poco la testa e, una volta mollata la presa, fargli cenno col braccio di proseguire. Un gesto importante il suo, che mai prima d’ora uno Spettro del Nord aveva compiuto per uno del Sud, e viceversa. Un gesto che sta ad indicare il crollo del loro invisibile muro, che segna chiaramente la loro alleanza: d’ora in poi, ogni Spettro potrà liberamente superare il ponte ed interagire con gli Spettri dell’altro Territorio.
Con un sorriso entusiasta, Blackwood prende sottobraccio Nike e s’incammina, venendo seguito a ruota da tutti gli altri. Dio solo sa quanto ha fantasticato in tutti quegli anni, quanto la curiosità di scoprire sulla propria pelle cosa ci fosse dall’altra parte lo abbia divorato. Everett e Leila gli avevano mostrato tante cose, talvolta lei gli aveva portato pure dei fiori che crescono solo da solo, ma non è mai stato abbastanza. Voleva sentire quel freddo sulla pelle, voleva che gli entrasse nei polmoni e gli mozzasse il fiato. Voleva vedere le strane creature che vi abitano, fiutare tutti quei nuovi odori. Voleva scoprire, esplorare e, non da meno, voleva vedere fino a che punto le loro culture potessero mescolarsi.
Radish, per quanto in genere restio alle effusioni in pubblico, per una volta vorrebbe anche lui comportarsi come fanno le coppie normali e prendere a sua volta a braccetto Sherry, accompagnandola in quello che sa essere un cammino doloroso, sostenendola e abbracciandola con forza quando, sa anche questo, i ricordi si faranno troppo dolorosi, ma lei non glielo permette. Rimane con le braccia rigide lungo i fianchi, e, seppur con movimenti minimi, gli lascia capire anche che non gradisce alcun genere di contatto fisico.
Cerca quindi lo sguardo di Everett, per provare così a capire se questi gesti debbano preoccuparlo più di quanto non stiano già facendo, ma pure il maggiore pare in qualche modo assente, perso in un mondo lontano.
«Non adesso, Radish.» Lo riprende sottovoce Darko mentre lo affianca, lasciandogli intendere solo con uno sguardo che è meglio che aspetti di essere loro due da soli.
Il freddo comincia a farsi pungente, malgrado siano nella stagione calda. Non è infatti insolito che, anche in questi periodi, le temperature di tanto in tanto rasentino o scendano sotto lo zero, come in questo caso.
Si sente sempre più irrequieto, Radish, e stavolta non è solo colpa del turbinio di emozioni di Sherry. Sono i loro sguardi invadenti, il loro provare ad avvicinarsi per poterlo osservare più da vicino, i loro mormorii, ed un poco anche il loro chinargli rispettosamente la testa quando incrocia i loro sguardi. Non tutti loro gli danno l’idea di essere unicamente rispettosi, poiché decisamente non sono poche le giovani che accennano appena il gesto e poi incatenano di nuovo gli occhi nei suoi, sorridendogli languidamente e, talvolta, facendogli l’occhiolino.
Per quanto consapevoli che sia il compagno della Regina, ormai tutti sono abituati all’idea che il Re vada a letto con chiunque lo aggradi, e non sono rari i casi in cui concepisca qualche bastardo. Inutile dire che in molte farebbero a pugni per accaparrarsi le sue attenzioni, inconsapevoli di quanto questo potrebbe indispettire la nuova Sovrana.
A Radish decisamente non piace questa piega, non tanto perché quelle ragazze rischiano di prendersi delle sonore bastonate sulle gengive, quanto per il fatto che Sherry potrebbe rigirarsi anche contro di lui. In fondo già lo ha fatto in passato, spinta dalla gelosia e dalla paura di perderlo, e visto quanto è tesa e nervosa in questo momento di certo non lo sorprenderebbe affatto. In ogni caso, è sicuro che riuscirebbe a ferirlo in ogni caso.
Non sarà però l’unico a ricevere attenzioni indesiderate. Le gesta di uno Spettro in particolare, infatti, si sono diffuse a macchia d’olio tra i lupi del Nord, e adesso non sono certo poche le signorine interessate alla mercanzia.
«Tu devi essere il Segugio che ha sparato a Jäger…» Cinguetta una, sorridendogli con aria seducente.
«Certo che è lui, non riconosci i capelli?» Tuba un’altra, tentando di avvicinarlo maggiormente.
«Non ho mai visto qualcuno con un simile vello… ti va di mostrarmelo più da vicino?» Flirta una terza, passandogli lentamente una mano tra i capelli bicolore e portandoglieli tutti all’indietro.
Major, pur non essendo nuovo a ricevere certe attenzioni, indietreggia dapprima col busto, per allontanarsi dal non desiderato contatto fisico, ed infine tenta di allontanarsi di un paio di passi con le mani protese in avanti per farsi da scudo, continuando a ripetere di essere già felicemente impegnato.
Le signorine però non demordono neanche per idea, e quindi continuano la propria avanzata. A nessuna di loro interessa assolutamente che abbia già una compagna, soprattutto perché non vedono neanche l’ombra della cicatrice che dovrebbe sfoggiare un maschio realmente impegnato, ma a far loro da scudo invalicabile ci pensa Becca, che si piazza a braccia conserte di fronte a Major, sfoggiando poi un’espressione così truce da ammutolirle all’istante. Subito dopo prende Maddox per un braccio e se lo tira vicino, giusto per mettere ben in chiaro che, se non vogliono farla incazzare sul serio, dovranno tenersi ben alla larga anche da lui.
«Mia Regina…» Una Cacciatrice Omega, con il cuore che le batte con violenza nel petto per l’emozione, si avvicina cautamente a Sherry, porgendole su un piatto leggermente sbeccato un trancio di carne fresca che le aveva precedentemente preparato. Non sono in pochi quelli che sono pronti ad accogliere lei e tutti gli altri con dolci leccornie, ma lei ci teneva davvero a donarglielo di persona, soprattutto dopo ciò che ha sentito mormorare in giro.
Sherry, non poco frastornata, ci mette qualche secondo per girarsi, e i suoi occhi appaiono di colpo come assenti mentre fissa la pietanza.

«Ehi, Bree! Guarda un po’ cos’ho qui!» Ti mostro con orgoglio il trancio di carne che mi è stato dato, e tu sgrani gli occhi per lo stupore.
È vero, è solo un chilo e non è evidentemente il taglio migliore… però, ehi, è cibo vagamente fresco! Se ti impegni un po’ puoi ancora sentire l’odore del sangue. Se ti impegni un po’ tanto, ecco, però lo senti, dico davvero!
«Dove lo hai preso?! Come?!»
Dove? Come? Beh… non è una bella storia, Bree. Non lo è per niente. E sai cosa significa? Che stanotte non chiuderò occhio.
A quanto pare, dei randagi hanno avuto il coraggio di avvicinarsi all’ingresso della tana, e a Mezcal non è andato molto a genio. Sembravano stremati, davvero… erano un adolescente e un cucciolo, erano rimasti soli. Lassù si ammazzano facilmente quanto i nostri, sai? Ed è stupido, perché loro lo fanno giusto per una questione territoriale, non perché muoiono di fame. Come avrebbe detto Luke, fanno a chi ce l’ha più lungo!
Dio… mi sta passando la fame. Questo pezzo di carne ricorda in modo atroce quello che hanno strappato dalla sua schiena quando si è permesso di difendere quel poco che i suoi genitori erano riusciti a racimolare…
«A quanto pare ho lavorato bene. Mezcal mi vuole più in forze per la prossima volta.» E non guardarmi così! Se non ti racconto i dettagli, è solo per non spaventarti. Non hai idea di quello che molti vorrebbero fare a voi Mezzosangue.
«E quella ferita all’orecchio te la sei fatta nello scontro?»
Sì, come no. Se contro un randagio mi procurassi una ferita del genere, stai pur certa che Mezcal non mi darebbe da mangiare!
Sai qual è la cosa assurda? È che non gli avevo fatto assolutamente niente. Niente, Bree, NIENTE! Stava passando con i suoi, io ero di lato e mi sono accucciata subito a terra. Non l’ho guardato neanche di striscio, perché so quanto lo detesta. Lui stava parlando con uno dei tuoi fratellastri quando di colpo ZAC! Un’artigliata nell’orecchio. Dovevi sentire come rideva, subito dopo!
«Mangia, forza. Non vorrai mica schiattare e lasciare a secco le zecche?» Sta tornando il vero freddo, Bree. Se non ci sforziamo di tenerci in forze, non vedremo la nuova stagione.
Non ho ancora capito come portarti via da qui… ma sono sicura che ci sia un modo. Tu ascolti sempre tutto e tutti, non hai sentito niente che possa aiutarci almeno un pochino?
«Vieni via da lì, Sher. Sai che è bene non farsi vedere, se non si vuole attirare compagnie indesiderate.»
Dobbiamo andarcene, Bree…


Per un istante, solo uno, le pare quasi di avvertire realmente quel freddo mortale, quelle che le spingeva a rannicchiarsi in gruppi per superare la notte, ed anche le fastidiose punture dei parassiti, che puntualmente tornavano fin quando non hanno compiuto gli otto anni ed il sangue ha cominciato a diventare per loro poco invitante, tanto da fare da repellente naturale.
In ultimo, ma non meno importante, avverte di nuovo quel dolore accecante all’orecchio. Le pare quasi di sentire il rumore dell’aria che viene spostata con violenza, della carne che viene squarciata, e con essa l’odore del sangue che le colava sulla mascella.
«Ti ringrazio…» mormora con un filo di voce, abbozzando un lieve sorriso «Ma non ho appetito, al momento. Quel ragazzino, invece, ha l’aria affamata: dallo pure a lui.»
Il piccolo pare illuminarsi, come un bambino la mattina di Natale. In quei giorni ha mangiato tanta di quella carne da convincersi di essere morto ed andato in Paradiso, poiché per lui era impossibile anche solo pensare che al mondo ci fosse così tanto cibo.
Radish, alle sue spalle, la osserva attentamente, sforzandosi di immaginare cosa le stia passando per la testa, cosa stia rivivendo. Le emozioni che percepisce gli stanno facendo provare un tale senso di impotenza, angoscia e smarrimento da riuscire quasi a stordirlo, ma la vicinanza di Mordecai, in fuga dalle poco gradite attenzioni di Rose, gli permette di potersi concentrare su altro.
I lupi del Nord, i suoi lupi, si stanno ricongiungendo alle proprie famiglie, perdendosi in dolci effusioni con le compagne e, soprattutto, in soffocanti abbracci con i propri piccoli. Non sono poi in pochi quelli che richiamano a gran voce i Sudisti con i quali hanno stretto una tiepida amicizia, così da poterli presentare e farli interagire.
Bravi, continuate così. Toglierete un bel pensiero alla vostra Regina… e a me.
«Cos’è quell’affare?»
Volta pigramente la testa verso Glover, notando poco più in là una recinzione di metallo scuro, che ad un primo impatto gli pare quasi una specie di recinto per il bestiame o, maggiormente, per gli equini. È evidentemente in disuso, un poco consumato dal tempo, e il cancello è lasciato aperto.
Non è però questo ad attirare realmente la sua attenzione, quanto l’imponente struttura che si erge tetramente a qualche chilometro di distanza. È un’opulenta magione dallo stile bizzarro, un misto tra il rinascimentale e il gotico, composto da pietra lavica, marmo nero, bronzo e alabastro rosso. È imponente, tetra, con quei colori scelti unicamente per contrastare con il bianco che la circonda e per richiamare il colore del sangue, e ad ogni secondo che passa a guardarla si sente sempre più a disagio, infastidito. Di certo non potrei abitarci. Non so neanche se riuscirò a dormirci stanotte!
Darko, in completo silenzio, lo avvicina e segue poi il suo sguardo. Lui c’è cresciuto, là dentro. È cresciuto tra quelle mura, ha corso e giocato per quei corridoi, ha dormito in quei letti, è scappato da quelle finestre. Quanti strani nascondigli trovavano, lui e Mezcal, per rimpiattare i propri bottini umani? Quante ricchezze sono riusciti a nascondere in quelle pareti, così che Maekhong e Cesira non glieli sequestrassero? Il principe del Nord non doveva avere niente a che fare con gli umani, non aveva bisogno delle loro cianfrusaglie, e lo stesso il suo futuro Beta… ma loro le volevano troppo, e così nascondevano tutto quanto.
Mi domando quanto sia riuscito a trovare quel pazzo… peccato per lui che lì ci nascondessimo solo le cose piccole! Chissà a quanto ammonta il vero malloppo?
Si lascia andare ad un lieve sorriso a quel pensiero, domandandosi come gli esseri umani non si siano mai resi conto che due ragazzini si intrufolavano nel cuore della notte in musei e quant’altro per portarsi via le opere più preziose, lasciando sempre delle fedelissime riproduzioni fatte dai loro amici più stretti. L’uomo è indubbiamente intelligente, ma manca di troppe capacità necessarie per sbaragliarci. Quasi, quasi mi ributto in quel ramo. A Bree potrebbero far comodo dei soldi in più.
Darko e Sherry però non sono gli unici alle prese con i propri pensieri e i propri ricordi. Per quanto infatti Everett si fosse ripromesso di non farsi toccare da essi, di non farli uscire dall’angolo dove li aveva rinchiusi, non riesce a rimanere immune alle emozioni che quel recinto maledetto recinto gli scatena dentro. In fondo è proprio a quello che sono legati i più bei ricordi della sua prima infanzia. A lui, e a ciò che un tempo conteneva: gli Tsagon.
Se per un essere umano — o un Saiyan, o qualsiasi altra creatura — gli Spettri potrebbero essere la più nobile e fiera delle cavalcature, con quei loro muscoli possenti, la stazza imponente e lo sguardo orgoglioso, per un qualsiasi Spettro del Nord sono gli Tsagon. Corpi  di quasi due metri al garrese, lisci e scolpiti di colore grigio-bianco, con otto lunghe e possenti zampe, le cui quattro anteriori dotate di artigli retrattili di quasi quindici centimetri, lunghissimi filamenti setolosi simili al palladio per criniera, lunghissima coda piatta capace di stordire l’avversario con un colpo, muso leggermente uncinato con lunghe e sottili orecchie d’ebano, e due grandi e brillanti occhi color smeraldo. L’unico tratto che diversifica i maschi dalle femmine è la punta della coda, che per i maschi, invece di mantenere la solita colorazione grigio-bianco, è di un rosso brillante. Più il colore è vivo e acceso, più l’esemplare risulta in salute, fatto che gli permetterà di attrarre un numero maggiore di partner durante la stagione degli amori.
Sono creature con un temperamento mite una volta addomesticati, e si lasciano cavalcare solo da una persona per tutta la loro vita, ma il problema sta nell’avvicinarli: con i loro artigli sono capaci di staccarti un braccio con un solo colpo, ed una volta saltato in groppa sono capacissimi di sbalzarti a lunghe distanze, spesso colpendoti a mezz’aria con la coda. Ed Everett questo lo sa benissimo.

Darko dice che non è vero che siete voi a sceglierci, ma che ci scegliamo entrambi, come gli innamorati.
Tsk, mi pare una grandissima stronzata. Un po’ come innamorarsi: è una stronzata! Perché mai legarsi tanto a qualcuno? Renderebbe solo deboli.
Però voglio uno di voi. Voglio riuscire a stare sempre in groppa ad uno di voi, galoppare in quelle lande dove nessun’altra va mai… voglio avere qualcosa che sia solo mio, per una volta.
«Ah-Ah! Stavolta non mi batti!»
«Tu dici?!» Guardati, Baileys! Dove pensi di andare? Non riesci neanche a metterti seduto! Fai appena in tempo a saltare dalla recinzione che subito ti allontanano con la coda! Strano però, non sembrano volerti uccidere. Che si siano resi conto che sei solo un cucciolo? Mi sembra strano. Darko dice che non si fanno scrupoli pur di difendersi. Un po’ come noi, immagino.
Vabbè, non ho tempo da perdere dietro a questi pensieri. Devo trovare il mio Tsagon e domarlo. Ma quale scegliere? Mi sembrano tutti uguali…
Forse tu potresti fare al caso mio. Te ne stai da una parte ad osservare gli altri, ed hai tutta l’aria di uno disposto a tutto pur di non farsi mettere sotto, pur di sopravvivere. Insieme a me non ti toccherebbe più nessuno, sai? Saresti lo Tsagon del futuro Re del Nord, nessuno potrebbe più toccarti.
Da come mi guardi, sembreresti aver capito qualcosa. Sembri quasi riflettere sui pro e i contro, valutare tutte le opzioni, ma Darko dice che non siete così intelligente, quindi è più probabile che sei semplicemente sulla difensiva.
Lui non vi trova interessanti. Secondo lui sono più divertenti quegli altri bestioni perché hanno più forza fisica, ed è quindi più stimolante provare a rimanere su di loro. Non capisco perché, però: basta guardarvi per capire che siete voi i migliori.
Beh, non importa, non ora, perché ho scelto te, Tsagon solitario. Sarai tu il mio destriero, d’ora in poi. Tutto adesso sta nel fartelo capire…
Va bene, conosco le basi per la doma, posso farcela. Per prima cosa è necessario avvicinarvi guardandovi dritto negli occhi, e questo non mi pare un problema, soprattutto perché gli altri si stanno allontanando.
Secondo passo: riuscire a confondervi e saltare velocemente per salire in groppa. Beh, non mi pare difficile… così come mi pare che tu me lo stia lasciando fare. È un gioco, forse? Una prova? Pensi forse di potermi prendere in giro? Sappi che non sono un cucciolo come gli altri, io!
«Everett, smettila di fare l’idiota!»
Non ora, Darko. Non vedi che sto lottando per rimanere in groppa a questo demonio? Da lì non puoi capire la forza che sta impiegando per disarcionarmi. Mi sa che dopo avrò male alla schiena, al collo e pure alle chiappe!
Se non mi rompo il bacino questa volta, non me lo romperò mai.
«Lascialo fare.»
Guardami, padre! Guardami! Sono in groppa ad uno Tsagon da quasi due minuti! Non cado, vedi? Chi altri, alla mia età, ci riesce, eh? Guardami, padre! Guardami!
«Ma se cadesse—»
«Imparerebbe la lezione.»
Come imparerei la lezione? Non ti importerebbe se mi facessi male? Tu stesso ti facesti davvero male, da piccolo, Darko me l’ha detto. Non t’importerebbe se anche io mi facessi male come te? Se mi rompesse quasi tutte le costole, una spalla, un braccio ed un paio di vertebre?
Conto davvero così poco, padre?
CAZZO!
«EVERETT!»
Tranquilla, madre. Non fa così male…
Immagino che sia stato un bello spettacolo, considerato quanto sta ridendo Mezcal.
Non riesco a rialzarmi, non sento più la solita forza nelle braccia. La testa mi gira da morire, lo stomaco si ribalta completamente e sento che potrei vomitare da un momento all’altro.
Tutto questo sangue… è mio?
«Visto? Non si è fatto niente. La prossima volta vedrai che non cadrà più.»
Hai ragione, padre. La prossima volta cavalcherò lo Tsagon che ho scelto davanti a te, ti mostrerò di esserne all’altezza, e non cadrò mai più. Credimi, padre: non ti darò più la possibilità di ridere di me!
«Ancora tutto intero?» È forse preoccupazione quella che sento nella tua voce, Darko? Ohhh, andiamo! Da quando ti preoccupi? Di sicuro non quando mi prendi a calci.
«Se non ho la testa divisa in due, sì.» Mentre tu mi aiuti a rialzarmi, io continuo a fissare te, mio Tsagon. Per stavolta hai vinto, te lo concedo, ma domani mattina vedrai che non mi butterai giù!
Sembri divertito… era una prova, questa? Volevi assicurarti di essere stato scelto dallo Spettro giusto? Si capisce che non sei come gli altri, che sei diverso e speciale. Volevi qualcuno che potesse comprenderti? Qualcuno che non si arrendesse di fronte alla tua forza? Qualcuno che ammirasse il tuo isolarti dagli altri? Beh, eccomi qui! Sono tutto tuo!
Ehm… come ti chiamo? Non lo so… ma stai pur certo che per domani di avrò trovato un nome adatto a te!
«Andiamo, cucciolo. È l’ora di fare sul serio.»
Beh, mi sono aperto la testa in due, direi che ho già fatto sul serio. Perché in questi ultimi giorni mi alleni tanto di più, Darko? C’è forse qualcosa di particolare in programma?
Dio, quanto non ho voglia oggi… vorrei solo stare col mio Tsagon.
Ehi, ma che Diavolo…? Brutta mocciosa, allontanati subito dal mio Tsagon! Lui è mio, chiaro? Vattene, e smettila di dargli da mangiare quelle schifezze, gli rovinerai la linea!
«Darko?» Meglio se mi concentro su di te, va’, che sennò la spezzo in due a quella stramba. Sai cosa dice agli altri cuccioli? Che gli umani non sono male, che non sono troppo diversi da noi! Quella è tutta matta… non rimbecillirà mica il mio Tsagon con le sue scemenze?!
«Che c’è?»
«Se fossi morto, dici che si sarebbe dispiaciuto?» Beh, puoi anche non rispondere, non importa più. La tua espressione parla da sola. Ma sai cosa? Non gli darò questa soddisfazione!
Conquisterà il mio Tsagon, diventerò il migliore in tutto, e lui potrà solo guardarmi con timore e rispetto quando gli aprirò la gola.


Decise di chiamarlo Crono, come il mitologico signore dei Titani. Lo trovava un nome adatto a lui, così fiero e possente, ma non ha mai avuto la possibilità di comunicarglielo. In realtà, non ha proprio più avuto la possibilità di vederlo.
Il giorno dopo averlo scelto, infatti, sarebbe stato il suo terzo compleanno, e per lui arrivò inevitabilmente il momento di iniziare il suo vero allenamento. Quando poi riuscì a fare ritorno, sorprendendo tutti quanti per il poco tempo impiegato e per le vittime che si lasciò alle spalle, scoprì con dolore che forse a suo padre sarebbe dispiaciuto se fosse morto, perché, in sua assenza, lo Tsagon che si era scelto e che l’aveva disarcionato era finito sulla sua tavola.
Quel recinto vuoto e dimenticato adesso non fa altro che ricordargli quel brevissimo momento di felicità, quando trovò qualcuno che, agli occhi di un bambino di soli tre anni, poteva comprenderlo perché simile a lui. Il solo ricordo di quegli occhi smeraldo che lo fissavano intensamente, che lo sfidavano a domarlo, gli fanno battere un poco il cuore, per poi pugnalarlo dolorosamente.
Per un brevissimo istante sente che potrebbe vomitare, tanto è forte ed improvviso quel dolore antico, ma è giusto un istante.
Respira a fondo con il naso e drizza maggiormente la schiena, mentre lo sguardo gli si indurisce involontariamente. Deve mantenere la calma, altrimenti potrebbe non avere le capacità di occuparsi di chi, forse, ha traumi ben peggiori dei suoi.
Rivolge quindi lo sguardo a Sherry, trovandola intenta ad avanzare con sguardo vuoto. Lui, al contrario di Radish, non ha bisogno di alcuno sforzo per capire a cosa stia pensando, perché la maggior parti di quegli strazianti eventi li ha visti di persona. Quante volte ha silenziosamente fatto sparire qualcuno che le aveva mancato di rispetto o l’aveva attaccata? Quante volte ha immerso il muso nel sangue per vendicarla e difenderla? Non che ne avesse realmente bisogno, poiché capace di difendersi a dovere praticamente da tutti… ma quante volte transitava casualmente sulla via di Jäger per farlo smettere, per indurlo a cambiare strada? Quante volte ha dato parte del suo cibo a chi si occupava di lei, così che non morisse di fame? Lei non lo ha mai visto, non sospettava assolutamente di nulla, ma adesso sa che i suoi interventi sono stati a dir poco decisivi.
Ma adesso come può difenderla? Non ha accesso alla sua mente, non ha modo di estirparle quei dolorosi ricordi. Può solo provare a lenire quel dolore standole vicino, aiutandola al massimo delle sue capacità lungo questo nuovo percorso, ma sa bene che non sarà sufficiente. L’unica persona che potrebbe realmente fare la differenza, che potrebbe realmente calmare il suo cuore in subbuglio, è solo Radish, ma lei non vuole dargli ascolto. Non costringermi a farlo per te, Sherry.
La ragazza, dal canto suo, lascia che tutti quanti la sfiorino mentre avanza, continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
Un numero angosciante di volti le passano davanti agli occhi come un fiume in piena. Volti giovani, volti allegri, volti provati, volti morenti. Erano tutti accomunati da un unico sogno: vivere un altro giorno. Per molti è un qualcosa di sciocco, forse addirittura insensato, ma loro sapevano quanto fosse alta la probabilità che la loro vita venisse stroncata in qualsiasi momento, quanto fosse probabile che chiudessero gli occhi e poi non li riaprissero mai più.
Rivede il volto di Olivia. Era così gentile, la piccola Olivia…
Il più delle volte si rannicchiava contro la sua schiena durante la notte, così da provare a scaldarsi. Ricorda che si metteva spesso e volentieri una sua ciocca di capelli attorno alla gola, quando il freddo diventava insopportabile.
Era gentile, la piccola Olivia… troppo gentile, incapace di farsi rispettare, di reagire sul serio, di non farsi portare via ciò che si era guadagnata.
Era una fredda mattina di fine Agosto quando svegliandosi Sherry la trovò morta di stenti contro la propria schiena. Aveva chiuso gli occhi per l’ultima volta, ed il suo sogno era andato in frantumi.
Rivede il volto di Sai. Era così buffo e vivace, provava sempre a far ridere gli altri. Sembrava scioccamente convinto che con una risata i loro problemi sarebbero volati via, ma la verità è che si sentiva solo e voleva farsi accettare in ogni modo. Abitava nel piccolo alloggio sopra al suo, ed ogni singola mattina scendeva in tutta fretta per chiamare lei e Bree.
Morì tentando di saltare il ponte. Non riusciva più a sopportare gli abusi, la fame ed il vuoto lasciato dai suoi genitori, così decise di andare a cercare fortuna in superficie. La freccia di Daryl però fu più veloce, e lo trafisse al ventre prima che riuscisse a saltare. Sherry lo vide da lontano mentre precipitava in basso, urlando con una disperazione tale che non riuscì più a dormire per i giorni seguenti. Fu solo la volontà di portare avanti il proprio sogno, quello di vivere un altro giorno, se alla fine si convinse a dormire di nuovo.
«Ti prego, aspetta!»
Ricorda anche Brigitte. Quanto era carina… Bree aveva una cottarella per lei, lo ricorda bene. Era tanto carina quanto avventata però, e la sua ossessione di sopraelevarsi a tutti loro l’ha portata a compiere un errore madornale.
«Sherry, aspetta!»
Successe ad una ventina di chilometri da dove si trova adesso, nei pressi del territorio di caccia che Jäger spesso occupava con i suoi. Sherry andò lì per vedere se per caso ci fossero degli avanzi in giro — che lasciassero incustodito a lungo il territorio, infatti, era anche più improbabile —, e sentì le sue grida. Non era decisamente al massimo della forma, e Bree, che l’aveva voluta seguire ad ogni costo, stava anche peggio, ma decisero comunque di dare un’occhiata, alle volte si fosse trattato di qualcuno semplice da battere.
Non lo era. Anzi, non lo erano.
Glielo avevano detto chissà quante volte di tenersi alla larga da loro, che mai e poi mai avrebbero nutrito abbastanza interesse per un Segugio dei bassi fondi, ma Brigitte non li ha mai ascoltati, e loro due si sono ritrovate a vedere il frutto dei suoi sforzi.
Tra i sei che le erano addosso, riconobbe solo il volto di Bruce, uno tra i più grandi nel piccolo branco ed anche uno dei più ossessionati da Jäger. Il bel volto di Brigitte, invece, non riuscì a vederlo. Riusciva solo a sentirne le urla e i lamenti di dolore.
Di lei, alla fine, non rimasero che dei brandelli…
Con lo stomaco che le si ribalta al ricordo di quel fragile corpicino dilaniato da quelle bestie, qualcuno le afferra con decisione un polso, pentendosene però subito dopo ed indietreggiando goffamente davanti al suo sguardo.
«Io… io non— non so se ti ricordi di me, Sherry…» È una donna poco più grande di lei, con dei brillanti capelli biondi lunghi fino alla vita e dei dolci occhi castani resi lucidi dalle lacrime mal trattenute. È per la lunga cicatrice lungo la linea della mascella se la riconosce, facendole così ricordare l’ennesimo brutto momento vissuto nelle sue stesse terre.

«Guardate come si dimena, la stronza!»
Ho sentito le tue parole per puro caso, ed ora non riesco a distogliere lo sguardo. Non conosco quella ragazza, ma come potrei? È umana, lo capisco dall’odore del suo sangue terrorizzato.
Non posso fare a meno di provare una pena infinita per lei. Cosa vi ha fatto? Cosa vi può mai aver fatto?! Ha rifiutato le vostre attenzioni? Ha capito che siete bestie dell’Inferno ed ha preferito la compagnia dei ragazzi della sua specie? COSA?!
Non la smette di scalciare, mentre tenta disperatamente di non lasciarsi invadere la gola dall'acqua e soffocare come un topo.
Cosa vi ha fatto? E voi, là della guardia, perché non intervenite? Dannazione, guardateli! La stanno affogando! Perché non fate qualcosa?! È una fottutissima umana, e questa non è una caccia! Questo è un gioco sadico e perverso, perché non fate qualcosa?! Papà Spettro non vuole che li uccidiamo, che li schiacciamo come insetti. Perché non fate niente?!
«Ehi, ragazzi, abbiamo compagnia.»
Pensate di farmi paura? Voi, miseri scarafaggi, pensate davvero di spaventarmi? Tsk… ho a che fare col Diavolo in persona da sempre. Pensate forse di essere più spaventosi?
Dolore vicino all’occhio.
Umido.
Caldo.
Il dolore sparisce.
Il calore rimane.
C’è un sasso, vicino al piede destro.
La vostra amica, da quella sporgenza, mi ha tirato un sasso. Sicuramente mirava all’occhio, ma è evidente che abbia ancora molto da imparare.
«Vattene, bastarda! Questa è roba nostra!»
Non posso salvarti, ragazza. Se anche riuscissi ad ucciderli tutti, tu non usciresti comunque da qui. C’è però una cosa che posso fare per te, anche se mi rendo conto non sia molto. Mi basterà questo sasso spigoloso. Spero che tu, ovunque andrai, potrai apprezzare il gesto…
«Brutta stronza!»
«Le hai trafitto il cuore, maledetta! Ora non è più divertente!»
Già, ora non è più divertente… ma quando lo è stato?


Non fu certo l’ultima volta che se si rigirò contro. In genere aspettava il momento più propizio per infierire in qualche modo, e le si teneva poi alla larga quando non era in compagnia della sua cricca. Faceva parte dei giovani lupi di alto lignaggio, e non erano in pochi i ragazzi che le davano attenzioni. Guardandola adesso, però, Sherry capisce che quelli sono solo tempi andati, e che negli ultimi anni non ha contato niente.
La fissa dritto negli occhi, cercando di ritrovare la sua arroganza, riuscendo però a scorgere solo una profonda angoscia. La teme, è evidente, ma Sherry capisce in pochi secondi quale sia la reale fonte di tale timore.
«So di non essermi comportata bene con te, Sherry… mi dispiace, io—ti supplico, ti scongiuro! Loro non c’entrano niente! Ti prego! Apophis li avrebbe uccisi non appena venuti al mondo, almeno tu dammi la possibilità di crescerli!»
Apophis aveva assunto il vizio di sbarazzarsi dei bastardi che disseminava in giro in modi creativi, fantasiosi e sorprendentemente macabri, e non erano rare le volte in cui eliminava pure la madre dopo essersi divertito. Aveva una specie di harem in realtà, ma erano davvero poche le ragazze che si offrivano volontariamente a lui. Lei, per quanto da piccola avesse provato un tiepido sentimenti nei suoi confronti, non era tra quelle, ed ha passato gli ultimi due mesi nel terrore di vederlo arrivare nella sua piccola tana per sbarazzarsi anticipatamente di tutti e tre.
Sherry è a conoscenza di questa sua abitudine, sia perché era riuscita ad azzannarlo, sia per il fatto che queste sono il genere di voci che si spargono più in fretta, e adesso non può fare a meno di chiedersi non tanto che genere di Spettri stanno crescendo nel suo grembo, tanto come reagirà una volta che verranno al mondo. Se non li accettasse e li uccidesse? Non le andrebbe certo bene. Se invece li scartasse e basta? Qualcuno sarebbe disposto a prendersi cura dei figli bastardi di un demonio come Apophis?
«Ti prego…»
Spera di non sbagliarsi, lo spera davvero, ma da come si avvolge la pancia con le braccia, da come piange e supplica per loro, le pare di capire che l’idea di separarsene non l’abbia mai sfiorata.
«Da quanto non dormi? Non dovresti affaticarti troppo.»
«Ehm— I-Io—»
«Vedi di farti una dormita. Quando avrò un compito adatto a te, ti manderò a chiamare.» S’incammina di nuovo, inconsciamente diretta verso l’unico luogo che dovrebbe solo evitare.
«Posso tenere i miei bambini?» Domanda con voce sorpresa la donna, mentre nuove lacrime le rigano le guance. Non riesce a credere che le stia davvero dando la possibilità di scegliere, che stia affermando di fronte a così tanti testimoni di voler lasciare in vita i figli di un uomo che tanto odiava. Se fossero stati i figli di un nemico di Jäger, o anche solo di una persona che a pelle non gli andava particolarmente a genio, non avrebbero avuto neanche una minima possibilità.
«È una tua scelta, lancia pietre.» E con queste parole, che un poco la fanno rabbrividire, Sherry si allontana definitivamente da tutti loro.
Non vuole vedere nessuno.
Non vuole sentire nessuno.
L’unica cosa che sente di volere, adesso, è di isolarsi dal mondo intero proprio come da ragazzina, quando tutto diventava troppo da sopportare e lei si rifugiava in qualche angolo, con la vana speranza che almeno qualcosa si sistemasse.
Ma lei sa bene che niente si sistemerà, stavolta. Non c’è più nessuno a minacciare la sua incolumità, non c’è più nessuno da temere, da respingere o uccidere. La sua parte razionale lo sa, e tenta di convincere anche la parte istintiva. Glielo urla con forza, prova disperatamente a farglielo capire, ma questa non ascolta, non ci riesce, e, seppur a fatica, continua a far sentire la propria voce, instillandole il dubbio e la paura.
Ti farà del male. Sai che è così. Sai chi è. Ti farà del male, lo farà senza neanche pensarci. Loro si sbagliano. Tu ti sbagliavi, non ti saresti dovuta fidare. Ti farà del male! CACCIALO!
Si porta di scatto le mani attorno alla testa, stringendola con forza nel disperato tentativo di bloccare il flusso di pensieri, ed inconsciamente accelera la falcata. Sente in lontananza la voce di Everett, che afferma con tono affabile che ha bisogno di acclimatarsi e che lui, Radish, Blackwood, Nike e Darko, risponderanno con piacere ad ogni loro domanda.
Non credeva davvero di potergli essere ancora più grata, ma evidentemente si sbagliava.
Una scossa le attraversa la spina dorsale, su fino al cervello, folgorandola.
La gola le brucia come se ci fossero dei tizzoni ardenti nell'esofago che le impediscono di respirare correttamente. Il suo cuore vibra, le ossa le fanno male, la pelle si tende e i denti si fanno sempre più lunghi e acuminati.
Non lo controllo più!
Si butta in avanti, protendendo le braccia, e quando tocca di nuovo il suolo ghiacciato è su quattro zampe, e subito si lancia all’inseguimento di qualcosa di indefinito.
Corre senza guardare dove mette le zampe, senza sapere chi la stia vedendo, cosa possano pensare di lei. Se fosse lucida, penserebbe che in ogni caso hanno avuto Re assai peggiori di lei, che semplicemente si sta facendo una corsa nel suo territorio.
Dopo un periodo di tempo che non è decisamente in grado di definire, trova quello che il suo lupo stava ardentemente cercando: una cavità all’interno della parete rocciosa. Con i loro sensi non sono cose difficili da trovare, ed è proprio così che sanno perfettamente dove andare a scavare e quanto, ogni volta senza causare problemi.
Mettendo quanta più forza può nelle zampe posteriori, spicca un salto in alto, riuscendo ad aggrapparsi alla roccia con l’ausilio degli artigli, e da lì prosegue arrampicandosi senza particolare sforzo. Va sempre più in alto, sempre più lontano da qualsiasi possibile forma di vita e, una volta giunta all’altezza desiderata, non le ci vuole molto per aprirsi un varco.
Un tempo deve essere stata la tana di qualcuno, considerando che all’interno trova delle pesanti, vecchie e logore coperte usate come giaciglio, ed un lungo coltello un poco arrugginito.
Qualcuno deve aver avuto i miei stessi problemi… e deve anche essere stato beccato dallo Spettro sbagliato, pensa mentre osserva l’alone scuro di sangue versato sia sul suolo che sulla parete alla sua destra, ed un leggero brivido le attraversa la schiena. Il suo istinto, in fondo, non sta facendo altro che urlarle che sarà proprio quella la sua fine.


Le opzioni, per Everett, erano ormai più che scarse: o alzava le sue nobili chiappe e andava a recuperare di persona Sherry, o ci avrebbe pensato Radish. La seconda opzione non era di certo raccomandabile. Lo sapeva lui così come lo sapeva il Saiyan, che da ore è costretto a sentire a distanza quel tumulto di preoccupazione e dolore che avvolgono il cuore della sua compagna, senza poter fare niente per aiutarla, mentre la sua nuova — e non troppo gradita — posizione gli impongono di rimanere ad ascoltare ciò che hanno da dirgli tutti gli altri, così che possano un minimo conoscerlo ed abbassare le loro giustificate difese.
Ma adesso, con la luce che si fa sempre più flebile, Everett non può più aspettare, ed ha convinto Radish ad andare in quella che d’ora in poi, quando vorranno passare del tempo nel loro territorio, sarà la loro stanza.
È meglio se ci vai adesso, non pensi? Il tuo è un odore piuttosto forte e, dal momento che gli altri sono stati così gentili da cambiare le imbottiture dei mobili e la biancheria, dovrebbe essere più semplice, per te, sovrastare quel che rimane di quello di Jäger. Pensaci, Saiyan: quanto potrebbe giovarle entrare nella vostra nuova camera da letto e trovarla impregnata del suo odore?"
Non che fosse davvero necessario convincerlo, non quando pure lui pareva sul punto di una crisi — che fosse nervosa o di pianto, Everett curiosamente non avrebbe saputo dirlo —, ma si è sentito più tranquillo nell’affidargli un compito preciso. Un po’ come Radish si è sentito più tranquillo che fosse lui ad andare a gestire quello che sente bene essere un problema non indifferente.
Radish però aveva ragione solo per metà. Se infatti è sì vero che non sarebbe stato realmente in grado di gestire una simile situazione, soprattutto una volta capito dove è andata a rifugiarsi, è anche vero che pure Everett non la prenderà particolarmente bene. Non si tratta però del luogo in sé, lo stesso in cui corse ad una velocità che neanche sapeva di poter raggiungere pur di salvarla, ma per come la trova. E con cosa.
Un’ondata di rabbia lo travolge in pieno, e per trattenersi si conficca d’istinto gli artigli nei palmi delle mani, stringendo i pugni con una tale forza da farsi sbiancare totalmente le nocche. Si impone però di calmarsi immediatamente, perché arrabbiarsi adesso sarebbe quanto di più controproducente possibile.
Deve però fare qualcosa, perché questa particolare vista gli sta facendo battere il cuore in modo allarmante. Se fosse venuto Radish, penso che la situazione sarebbe davvero degenerata…
«Sherry…» La richiama con voce gentile ed un poco incerta, continuando la sua avanzata.
Lei però non si scompone, rimanendo immobile sul grosso sasso sulla quale si è appollaiata da quasi un paio d’ore, il grosso coltello un poco arrugginito stretto in una mano, lo sguardo vuoto che continua a fissare ossessivamente un particolare punto per terra.
«Tranquilla, piccola Sherry: non ti farò male.» Quelle parole lascive le risuonano nuovamente nelle orecchie, stordendola e terrorizzandola proprio come allora «Non ho intenzione di lasciare a quel rammollito di Everett la possibilità di averti per primo.»
Stringe di nuovo le ginocchia al petto, mentre con le dita della mano libera si sfiora lentamente il labbro inferiore. L’ultima persona alla quale avrebbe mai pensato o desiderato di dare il suo primo bacio era proprio lui… e invece è successo proprio il quel punto.
«Dammelo, forza.»
Pensava che le avrebbe fatto molto più male quel posto. Pensava che, in qualche strano modo, avrebbe avuto la forza di schiacciarla e annientarla, ma stranamente si rende conto che non ha più tutto questo potere. Forse era proprio lui a non avere più tutto questo potere, non dopo l’arrivo di Radish.
Stringe la mano sull’impugnatura del coltello, adirata e amareggiata dall’idea che sia stata la sola presenza dell’uomo che tanto ama a determinare il suo destino. La presa di Everett sulla sua mano però si fa più forte, costringendola a mollare la presa.
«Preferirei non vederti più maneggiare un coltello, dopo l’altro giorno. Soprattutto se sei da sola.»
Sospira forte, Sherry, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Vorrebbe davvero controbattere qualcosa di pungente e arguto, ma si rende conto di non averne alcun diritto.
«Falla finita, Ret.» Si limita a questo, sperando che capisca da solo che non vuole ancora affrontare la questione.
Il fratello, però, non è decisamente dello stesso parere. E come potrebbe? In un certo senso è riuscito a provare più paura in quel momento che non durante lo scontro. Allora sapeva che sarebbe potuta correre via e che tutti le avrebbero fatto da scudo senza pensarci un attimo, ma in quel determinato frangente tutto dipendeva solo ed esclusivamente da lei, insopportabilmente a pezzi. Non si vergogna per niente ad affermare che ha pianto, non si vergognerebbe neanche davanti a Radish, Vegeta o chicchessia.
«Come posso farla finita, dopo quello che hai fatto? Spiegamelo, forza.»
«Everett, sono seria: basta. Ho avuto un piccolo crollo emotivo, ora sto bene.»
«E io sono un docile agnellino.» Brontola a mezza bocca, lanciando il coltello nella tiepida pozza scarlatta davanti a loro. Non sono soliti disperdere le cose nell’ambiente, ma per una volta sente di poter fare un’eccezione.
«Se non la smetti, ti sacrifico a qualche divinità pagana!» Scherza prontamente Sherry, sperando di riuscire un poco ad ingannarlo e quindi calmarlo. Ma Everett non è uno che si lascia facilmente abbindolare da un dolce sorriso, di sicuro non quando è con i nervi tanto a fior di pelle, e per questo Sherry tenta un approccio diverso, più diplomatico «Il branco è tranquillo?»
«Tranquillo è un parolone, però non ci sono problemi.» Ammette con sollievo, ancora sorpreso dalla loro incredibile capacità di adattamento. Per quanto alcuni si siano mostrati poco lieti di avere uno straniero come Re e di dover interagire amichevolmente con quelli che hanno sempre considerato dei nemici, nessuno ha fatto storie. In fondo, pensa, per loro deve essere una novità troppo bella non essere governati da pazzi sadici privi di pietà e autocontrollo, quindi non si sogneranno neanche di alzare la cresta, col rischio di ricaderci. Se ce la giochiamo bene, potremmo anche pensare di togliere le tende in tempi molto brevi! «Sono molto incuriositi da tuo marito, ed un po’ anche da Blackwood. Senza contare quei Sudisti che si sono legati ad alcuni dei nostri e adesso interagiscono con le loro famiglie. Immagino poi che sia inutile dirti che quei quattro screanzati si stanno dando da fare per controllare tutto ciò che li circonda, neanche fossero dei cuccioli sotto anfetamine. Tutto sommato, però, è uno spettacolo interessante, ti divertirebbe.»
Per quanto riguarda il Quartetto, non è affatto sorpresa. Quelli riuscirebbero a trovare qualcosa di interessante ovunque, ed anche ad usarlo come nuovo improbabile passatempo in attesa di qualche nuovo stimolo, quindi era inevitabile che adesso si esaltassero così tanto. Inoltre, per quanto riesce a ricordare, i genitori di Mord e i nonni di Maj erano proprio del Nord, quindi non la sorprenderebbe sapere che si sentono particolarmente a loro agio.
In realtà, neanche la generale curiosità nei confronti di Radish la sorprende più di tanto, non dal momento che si tratta certamente della creatura più forte con la quale si siano mai rapportati, oltre ad essere l’unico ad aver mai dato una possibilità di scelta agli Omega. Per quanto potranno mai essere spaventati da te, penso proprio che si getterebbero volentieri tra le fiamme anche solo per saperti felice e fiero di loro… bel colpo, fustacchione.
«Ascolta, non voglio che ti preoccupi di niente, capito? Finché non sistemeremo questa situazione, mi occuperò io di tutto, come abbiamo già stabilito.» Afferma poi Everett, incatenando lo sguardo nel suo.
«Ti devo ricordare che sono io la Regina, qui?» Risponde a denti stretti, mentre gli occhi le si tingono del loro nuovo color ametista come ammonimento.
«E io sono tuo fratello maggiore, Sherry. Non pensare di impressionarmi così, perché con me proprio non attacca.» Controbatte senza remore, accendendo d’istinto i propri occhi per sottolineare il concetto. Se ne pente immediatamente però, perché l’ultima cosa della quale Sherry può aver bisogno adesso è proprio che le si dia contro. Ha bisogno di calma, di spazio per riflettere e capire come muoversi. Quando imparerai a darmi ascolto, ragazzina? «Hai mangiato?»
Si lascia andare ad un profondo sospiro, stufa di sentirsi porre tanto spesso la solita domanda. È vero, ha perso parecchio peso, ma ciò non vuol dire proprio niente. Ha faticato tantissimo negli ultimi tempi, non ha riposato abbastanza ed era così nervosa da arrivare a chiudersi dolorosamente lo stomaco. Chi, nelle sue condizioni, non avrebbe perso peso? Ora sarà solo questione di tempo, checché ne dica Darko!
«Prima. Qualcosa.»
«Mi pare evidente che non sia sufficiente.» Borbotta infastidito mentre le osserva il costato leggermente sporgente. Se sapesse che il branco la considera un po’ troppo gracile cambierebbe qualcosa, o peggiorerebbe solo la situazione? «Andiamo, forza. Devi mangiare e poi riposare.»
«Non—»
«Si sono dati molto da fare per il tuo arrivo, non sarebbe carino da parte tua rifiutare le loro premure.»
Colpo basso. Colpo bassissimo, veramente da carogna.
Per quanto infatti sia loro reale intenzione comportarsi al meglio con il branco, così da risollevarlo dal baratro in cui l’intero Nord è stato gettato e costretto per secoli, Everett ha suggerito — anche a Radish — di sforzarsi al massimo delle loro capacità per rendere il loro ingresso quanto migliore possibile, così da non sollevare il minimo malcontento, che non solo in futuro renderebbe le cose più difficili, ma anche — e soprattutto — darebbe ragione a troppi dubbi generali.
Sherry non ha alcuna intenzione di guardare tutti loro negli occhi e di scorgervi quel senso di appagamento per aver avuto ragione, misto alla compassione che arriverebbero a provare per lei, e per questo ha affermato con sin troppa convinzione che non avrebbe dato a nessuno anche solo un motivo per poterla paragonare ai precedenti Re. Se adesso si mostrasse troppo fredda ed indisponente nei loro confronti, si darebbe solo la zappa sui piedi da sola.
In silenzio, quindi, scende dalla roccia e s’incammina col fratello al proprio fianco, chiudendosi sul petto la lunga giacca di pelliccia che le ha appoggiato sulle spalle. Se qualcuno vedesse quanto effettivamente il suo corpo sia provato e stanco, potrebbero sorgere dubbi e preoccupazioni che davvero preferirebbe evitare.
«Pensi che riusciremo a riposare là dentro?» Domanda con voce incerta dopo una decina di minuti, continuando ad osservare l’imponente magione della famiglia reale. Aveva pensato di farla abbattere, di liberarsene una volta per tutte e di costruire per loro una diversa abitazione per le volte in cui decideranno di passare del tempo da quelle parti, ma le è stato caldamente suggerito il contrario.
Se proprio non ci vuoi abitare, potresti farla diventare qualcos’altro. Le magioni sono il simbolo della casata reale: abbattendole, abbatteresti anche ciò che esse rappresentano. Un domani forse sarà un qualcosa di attuabile, ma voi volete portare già troppi cambiamenti, ed è quindi bene che alcune cose rimangano invariate.” Sente di colpo l’insopportabile desiderio di correre da Greywind per prenderlo a pugni al solo ricordo di quello sguardo indagatore e, almeno un poco, accusatore, quasi la situazione lo riguardasse direttamente, ma la voce del fratello riesce a farla calmare.
«Sì, perché ho chiesto ad Alana qualcosa per dormire. Va preso a stomaco pieno perché faccia effetto, quindi ti toccherà mangiare.»
Sulle prime gli scocca un’occhiataccia, trovandolo insopportabilmente serio e composto come sempre, ma bastano un paio di secondi perché entrambi si lascino andare ad una risata, che finisce poi con Everett che la stringe dolcemente a sé con un braccio.
È così che vorrebbe sempre vederla, felice, allegra e quanto più spensierata possibile. È solo il suo ostinarsi a credere ad un qualcosa che lui non è certo possa accadere se non ci riesce. Non costringermi, ragazzina. Davvero, non farlo!
«Sai essere davvero odioso, te l’hanno mai detto?»
«Mh, forse qualcuno.»


Per quanto poco tempo abbia trascorso qui dentro, devo ammettere che casa mi era mancata.
Mi era mancato il letto mezzo rotto, mi erano mancati gli stupidi addobbi natalizi — che spero spariscano alla svelta —, mi era mancato il salotto pieno di gente, la cucina dove c’è sempre qualcuno ad abbuffarsi…
Mi era proprio mancato questo posto, il calore che emana, il suo odore.
Però, dannazione, c’è questo rumore di sottofondo che mi urta il sistema nervoso… e mi mette anche in uno strano stato di agitazione.
«Lo sentite anche voi?» Tanti occhi luminosi cominciano a fissarmi di colpo, neanche avessi detto la più grande idiozia del mondo. Micah infine scuote la testa in segno di diniego, guardandomi davvero come se fossi pazzo. Non me lo sto immaginando, dannazione! Lo sento, viene da lontano. Perché voi non lo sentite con i vostri stupidi sensi da lupo? Riuscite a sentire sempre tutto quanto, e ora non sentite questo… questo… non so, richiamo? Non capisco cosa sia in realtà, ma ha tutta l’aria di essere uno dei vostri richiami.
«Vado a controllare.» Già, ma controllare cosa? Non so neanche da dove provenga… e non riconosco neanche questo posto. Dov’è il bosco? Da dove arriva tutta questa neve? Mi sono spostato solo di una cinquantina di metri… dove sono finito? E da dove viene questo maledetto rumore? Dove sono finiti gli altri? Sher, dove ti sei cacciata?
Neve. C’è neve dappertutto. Solo ed esclusivamente neve a perdita d’occhio. Però non sento freddo. Perché non sento freddo? Dovrei congelare a queste temperature, no?
Ehi, Willem! Dove stai andando? Dove state andando tutti? È impossibile che non vi siate accorti di me, niente può nascondersi al vostro fiuto. Perché non mi guardate?
Non riesco a chiamarvi, non riesco a parlare. Perché non parlo? Dannazione, guardatemi! Sono qui, non mi vedete? E dove state andando così di corsa?
Aspetta… perché quelli che sono passati per primi, adesso non li vedo più? Dove sono spariti? Non c’è un posto dove nascondersi, qui… non c’è proprio niente, solo la neve.
Aspetta… cos’è questo odore? È buono… è davvero buono. È questo che state seguendo? Sapete dirmi cos’è? Cosa emana un odore del genere? Cristo… è come se mi andasse a fuoco il cervello, e il cuore mi batte così forte da farmi male. È fantastico! Ditemi dov’è, ne voglio di più!
Dal momento che non mi volete guardare o parlare, vi seguo. Da qualche parte andrete per forza, e sicuramente mi condurrete a questo odore. Non ve lo lascerò tutto a voi, ingordi bastardi!
Non ci avevo mai fatto caso, ma è davvero bello correre. Mi fa sentire insolitamente libero, come sei avessi avuto la forza di spezzare ogni possibile catena. La sensazione del vento sulla faccia, del cuore che pompa più sangue, dei muscoli che si contraggono per spingermi sempre più avanti, sempre più veloce… perché non l’ho mai provato prima?
E perché voi non mi guardate ancora? Che vi ho fatto? Dai, sono qui in mezzo a voi, come potete non vedermi?
Aspetta… come faccio a stare in mezzo a voi? Non si può semplicemente correre in mezzo a voi, non con questa facilità.
Ma che cazzo… Ragazzi?!
Non è vero. No. Non potete essere spariti. Non è possibile, cazzo! Eppure un attimo prima c’eravate, e l’attimo dopo siete spariti, dileguati, dissolti. Non ci capisco più niente… che sta succedendo? Sto forse sognando? Aspetta, che mi aveva detto Pip sui sogni? Dovrebbe essere facile da ricordare, considerato quanto poco abbiamo parlato da quando ci conosciamo…
Okay, niente panico, va tutto bene. Devo respirare, calmarmi e pensare. Cosa ha detto Pip? Quando ha degli incubi, deve riuscire a fare una cosa, e con quella cosa capisce se sta sognando… ma cosa? Cosa fa di particolare? Ricorda dei numeri, credo…
Il richiamo si fa sempre più forte, e con lui anche l’odore tanto buono… no, devo concentrarmi. Pip controlla una cosa, e riguarda anche dei numeri. Ma cosa? Dai, forza… forza… che diceva Pip? “Negli incubi in genere se ne ha uno in più”… ma cosa?! Pip, dannazione! Fatti vedere e ripetimelo un’altra volta. Solo una, dai!
DOVE CAZZO SIETE?! HO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO, DATEMI UNA MANO!
Aspetta… sì! SÌ! La mano! Devo controllare il numero delle dita, perché di solito se ne ha uno di più! Grazie, Pip, ti devo un favore.
Mh… forse non occorreva controllare il numero delle dita. Anche se non penso di poterla considerare davvero come una prova. Le dita sono sempre cinque, anche se adesso sono davvero molto diverse. Questa stranezza però potrebbe spiegherebbe perché non mi hanno calcolato: non mi hanno riconosciuto e si sono semplicemente tenuti alla larga. In fondo chi mi assicura che uno di quei quattro imbecilli non mi abbia voluto fare "lo scherzone”? In passato li ho sentiti borbottare che “sarebbe un sacco forte” chiedere a Shenron di trasformarmi per un giorno, quindi no, non è una prova del tutto accettabile.
Dannazione! Che sta succedendo? Non ci capisco più niente, e questo odore mi sta fottendo il cervello.
«Radish…»
SHERRY! Sei qui, grazie a Dio!
Guardami, Sher! Guardami! Sono io! Sono come te! Non me ne ero accorto, ma sono come te! Guardami! Sono bello, vero? Ammettilo, forza! E vedi anche di esagerare quando lo racconterai agli altri, soprattutto con River! Voglio che schiatti d’invidia sapendo quando sono bello su quattro zampe!
Ehi, perché non mi sembri felice? Andiamo, possiamo fare tutte quelle cose che fai con gli altri! Vuoi correre con me, Sher? Una bella corsa solo io e te verso quell’odore tanto buono, che ne dici? Sai, ora capisco perché ti piace tanto andare a correre, ti fa sentire così libero… ehi, dove vai? Non ti piaccio così? Non ti piace la mia idea?
«Sherry…?»
Corri via, e io corro con te, ma stavolta non mi sento più libero. Sento anzi che queste strane zampe affondano nel terreno, rallentandomi, mentre tu sembri quasi volare.
Aspettami, ti prego! Non puoi lasciarmi indietro, non a questo punto!
L’odore si fa sempre più forte, e con lui il richiamo. Mi stai conducendo lì? Hai bisogno del mio aiuto per qualcosa?
Smettila di correre così, cazzo! Non lo vedi che sto rimanendo indietro?!
Oddio… che razza di suono ho appena emesso? Dio… sembrava una bestia morente… anche se, a conti fatti, sono una bestia. Ho le zampe, la coda, il mio corpo è ricoperto di peluria nera. Mi domando come sia la mia faccia — il mio muso! — adesso…
«Aspetta, cretina!»
Oh, andiamo! Non dirmi che te la sei presa perché non ci credo. In genere usiamo vezzeggiativi assai più coloriti, e non mancano le volte in cui a letto dico di peggio. Per uno stupido “cretina” te la prendi così tanto? Okay, mi spiace, non te lo dirò più, ma adesso smettila di comportarti come una mocciosa suscettibile e viziata, e vieni qui!
Aspetta, cos’è quella nebbia? Perché è così grigia? Per caso si trova al Nord, o nelle distese ghiacciate sulla Terra? In questo caso non le avevo notate, prima… tu, però, vedi di starci lontana, okay? Non mi piacciono, hanno un che di sinistro.
«SHER!»
Ti fermi, finalmente, e ti volti a guardarmi. E, giuro su Dio, non potresti farmi più male di così. Cos’è quello sguardo? Perché mi guardi come se fossi un orribile mostro pronto a farti a pezzi? Lo so, è strano vedermi così, ma sono io! Possibile che tu non mi riconosca? Sono io, dannazione!
Mi ringhi contro, snudi le zanne, e nel frattempo indietreggi. Stai andando verso la nebbia… stai andando verso quei richiami.
So che sei orgogliosa, ma voglio aiutarti. Lasciami vedere cos’è che ci sta chiamando, cos’è che pare aver richiamato tutto il fottuto branco. Giuro che ti lascerò fare da sola, se non correrai dei rischi seri. Contro quell’altro psicopatico ti ho lasciata fare come mi avevi chiesto, no? Sai che posso trattenermi, se m’impegno!
Più avanzo, più tu indietreggi, lasciandomi comunque capire che non ti faresti problemi a saltarmi alla gola. Lo faresti davvero, bimba? Perché? Sai che non ti farei mai del male, in nessuna circostanza. Perché tu invece sembri pronta a staccarmi la testa a morsi? Che ti ho fatto?!
Quella strana nebbia ormai ti ha inglobata totalmente, e io non riesco più a vederti. Pensi forse di aver vinto? Pensi che ti lascerei andare così, senza lottare? Beh, ti sbagli di grosso! Per quanto non mi piaccia, ti seguirò anche all’interno di quella strana nebbia, e, che tu lo voglia o no, mi dirai cosa ti prende!
Perché non riesco ad entrare? La nebbia non può essere solida, no? O forse al Nord sì? No, non è possibile e basta. È nebbia, cazzo! Non un fottuto muro! E allora perché non riesco a passare? Cos’è, per caso sei tu che mi stai tenendo chiuso fuori? Non è possibile, non puoi controllare una cosa simile… però come mai sento le voci degli altri, oltre a questa specie di barriera? Perché loro sono lì dentro con te, mentre io sono costretto qui fuori?
«Mi fai entrare?»
L’odore mi sta invadendo pure il cuore, tanto è dolce e invitante. Mentre quel richiamo si è affievolito. Strano. Adesso mi sembra come… non lo so. Non riesco a capirlo. Un suono allegro, direi, come se la creatura che lo stava emettendo fosse di colpo felice, al sicuro. Chi c’è lì con te, Sher?!
«Bambolina, non è divertente. Fammi entrare!»
Se qualcuno mi vedesse adesso, dritto su queste strane zampe a graffiare con gli artigli questa strana barriera… quanto mi prenderebbero in giro? Tanto. Troppo. E non potrei neanche difendermi, perché pure io mi rendo conto che sia un’immagine esilarante.
Ma questo non conta, non ora. Voglio solo entrare qui dentro, quindi se qualcuno passasse di qui e mi vedesse, andrebbe anche bene, perché lo spingerei ad aiutarmi ad entrare. Dov’è quello stronzo di Vegeta quando mi serve? ‘Fanculo…
Ehi! Cosa stridula dietro la barriera! Lo sento che sei più vicina adesso, lo capisco dal tuo odore! Perché non mi aiuti e mi lasci entrare? Devo scambiare quattro chiacchere con quella cerebrolesa che pensa davvero di potermi seminare!
Sì, bene, così, continua ad avanzare! Però, cazzo, quanto sei lento… che fai, ti trascini tipo lombrico? Un po’ di vita, su! Muoviti e fammi entrare, veloce!
Ah, bene, ti stai decidendo ad uscire, finalmente! Basta con questa scemenza, ne ho davvero piene le palle. Vieni qui e dimmi perché ti sei comportata così. Ti prometto che non m’incazzerò, okay? So che sei stressata e tutto, così mi farò bastare una spiegazione breve, okay? Forza, ti aspetto.
E dai! Smettila di mostrarmi le zanne, cretina! Vieni qui, siediti vicino a me e parliamone da adulti quali siamo.
«Sh—»
«CAZZO!» Urla con rabbia, Radish, sobbalzando nel letto per poi issarsi a sedere, massaggiandosi con energia il fianco. Non è la prima volta che Sherry gli fa involontariamente male a causa di qualche incubo, ma è di sicuro la prima volta che, svegliandosi, non è più al suo fianco.
Si volta per cercarla nell’oscurità di quella stanza per lui tanto estranea, trovandola raggomitolata in un angolo. Lo sta fissando a sua volta, sfoggiando i suoi nuovi ed un poco inquietanti occhi, e questo lo mette un poco in allarme. Mai una sola volta lo ha guardato così, come se fosse una feroce bestia pronta ad aggredirla, neanche quando le mostrò ciò che aveva sognato che la vedeva come vittima sua e di Nappa. Come nell’incubo
Accende la debole abat-jour per poterla vedere meglio, si alza lentamente dal letto, senza mai interrompere il contatto visivo esattamente come si dovrebbe fare con un animale pericoloso, e le si avvicina poi con cautela per provare a calmarla. Ad ogni passo gli pare sempre più evidente che abbia pianto, probabilmente mentre dormiva e veniva assalita da chissà quale spaventosa realtà partorita dal suo provato subconscio, e il cuore gli si stringe nel vederla raggomitolarsi maggiormente su sé stessa. Il modo in cui stringe le ginocchia al petto, poi, è come uno schiaffo in piano volto, perché gli dà la totale certezza che teme delle ripercussioni fisiche da parte sua.
«Ehi, bambolina…» Si inginocchia a poco meno di un paio di metri di distanza, in attesa che rimetta insieme i pezzi, capisca chi ha realmente di fronte e che non corre alcun pericolo. In fondo non è la prima volta che vive un episodio di questo genere, quindi sa riconoscere la gravità della situazione ed anche come agire.
Sperava che, con la morte di Jäger, gli incubi sarebbero finalmente cessati, che non si sarebbero più dovuti trovare in questi spiacevoli frangenti e che, finalmente, avrebbero potuto dormire sogni tranquilli fianco a fianco. Lo sperava davvero, ma una parte di lui sapeva di non poterci sperare troppo.
Durante tutta questa pesantissima giornata non ha avuto altro che prove su prove che le cose non sarebbero tornare al loro posto da un secondo all’altro, che quel luogo maledetto non le avrebbe permesso facilmente di vivere in modo spensierato e felice come entrambi desiderano, e che ci sarebbe voluta pazienza e forza per non lasciarsi scoraggiare. Gli bastava vedere il suo sguardo vuoto, sentire il dolore che le stritolava il cuore… come avrebbe potuto dormire sogni tranquilli?
Un’ulteriore prova, poi, l’ha avuta proprio prima di andare a dormire.
La cena si era svolta in modo piuttosto calmo, con una moltitudine di Spettri che andavano e venivano da tutte le parti per portare loro — ed alla numerosa famiglia reale del Sud, loro ospite — doni di accoglienza, che per lui altro non erano che subdole tangenti per comprarsi la loro benevolenza. Il Quartetto, assieme a dei poveri malcapitati finiti tra le loro tossiche grinfie, sono riusciti a rimediare dei vecchi strumenti musicali, e non hanno perso tempo per provare a ravvivare un po’ la serata e strappar loro una risata. Mordecai, in particolar modo, è riuscito involontariamente a conquistarsi la simpatia di Greywind, rimbalzando Rose con una delicatezza inumana: “non sono gay, ma posso sempre imparare”. Le lacrime della ragazza, sulle prime, hanno fatto temere al trio che l’alleanza potesse incrinarsi subito, ma quando hanno sentito la risata di Greywind e il successivo “te l’avevo detto!”, hanno tirato un sospiro di sollievo, e la serata è proseguita tra una bevuta e un’altra.
Sherry gli era sembrata insolitamente distante, quasi infastidita qualora entrassero fisicamente in contatto, ma non ci ha voluto badare.
È nervosa”, si diceva, “è stanca, ha bisogno di risposare e staccare il cervello”. Così si è lasciato trascinare da quegli esuberanti Spettri che ormai davvero considera amici, così da farsi presentare a tutti quelli con cui sono riusciti a legare, tranquillizzandosi a sua volta. Di tanto in tanto le lanciava qualche occhiata, trovandola intenta a parlare con Everett, Blackwood, Nike e qualche Spettro abbastanza coraggioso da avvicinarsi a loro, e gli dava l’impressione di essere quasi in pace. Questo, decisamente, gli ha fatto male, ma non quanto il momento in cui sono andati a dormire.
La loro stanza è qualcosa che Radish neanche s’immaginava. Spaziosa quanto il piano terra di casa loro, con una mobilia assai scarsa ed un numero impressionante di pellicce di ogni genere, colore e dimensione. L’unica cosa che ha trovato vagamente allettante sono state le candele. Un numero imbarazzante di candele poggiate sul cornicione della finestra, sui comodini, su appositi elaborati candelabri, sopra al letto. Ovunque. Sulle prime ha pensato che Jäger non sapesse di avere la corrente elettrica e che non avesse idea che, con un numero tanto elevato di candele e pellicce, rischiasse di appiccare un incendio, ma alla fine ha semplicemente sorvolato.
Quando si sono trovati finalmente da soli, non ha pensato che sarebbe stato meglio darle i suoi spazi, non quando fino al giorno prima si rotolavano tra le lenzuola, e quindi l’ha tempestivamente catturata tra le braccia per potersi godere quel contatto che bramava da tutto il pomeriggio. L’ha stretta a sé, l’ha baciata lentamente e con passione, sfiorandole la schiena fino a raggiungerle le natiche, ma si è ritrovato costretto ad interrompersi quando lo ha un poco allontanato perché aveva bisogno di una doccia.
Non l’ha capita, ma si è voluto aggrappare all’idea che quel luogo l’avesse scombussolata più di quanto avesse immaginato, e così ha pensato bene di sfruttare una parte di quelle candele per creare un’atmosfera più intima, con la speranza non tanto che si lasciasse andare a dolci effusioni quanto che semplicemente gli permettesse almeno di abbracciarla senza irrigidirsi. Quando però è uscita dal bagno, ha capito chiaramente che la sua è stata solo fatica sprecata.
«Attento alla manovella della doccia. Basta un millimetro di troppo e passi o alle temperature della fusione del tungsteno, o allo zero assoluto.» Credeva che si fosse calmata, dal momento che era in vena di scherzare, ma non appena le ha sorriso e l’ha presa per un fianco per poterla baciare ancora, si è ritrovato con le sue mani premute sul petto mentre voltava la testa dall’altra parte, con una tale insofferenza nello sguardo da fargli fisicamente male.
«Non stasera. Sono davvero stanca.» Così, con da una parte la voglia di costringerla in un modo o in un altro a parlare, e dall’altra quella di implorarla di dirgli dove avesse sbagliato, quando l’abbia ferita tanto, si è semplicemente buttato sotto la doccia indemoniata e poi si è coricato al suo fianco.
Sapeva quindi che la possibilità che avesse uno dei suoi spaventosi incubi era elevata, gli sarebbe anzi sembrato strano il contrario, ma non capisce perché lo guardi così.
«Perché non torni a letto? Il pavimento non mi sembra molto comodo.» Tenta così, abbozzando un lieve sorriso che però muore nel momento esatto in cui, accecata da chissà quale timore, arriccia il labbro superiore per mostrargli i denti come avvertimento.
Una delle cose che più gli dà fastidio in questo momento — o, più in generale, in tutti questi momenti —, è che un tempo non si sarebbe fatto tanti problemi a mandarla affanculo, sbarazzandosi così di un qualcosa di evidentemente tanto, troppo problematico. Probabilmente avrebbe retto al massimo un mese, giusto il tempo di essere sufficientemente appagato sessualmente, e poi l’avrebbe allontanata dalla propria vita per sempre. Perché è difficile stare con lei. Sono tanti, forse troppi, i momenti in cui è difficile capirla, seguirla, sopportarla. Adesso, invece, non è tanto che non possa allontanarsi da lei, perché dopo ben due fughe sa bene di poterlo fare, ma è proprio che non vuole. Non vuole rinunciare a lei, a quello che gli dà in quei dolci momenti in cui le cose vanno bene, a quel futuro che sa deve ancora arrivare, a quei momenti di folle felicità che devono ancora vivere. Non vuole rinunciarci come invece ha spesso rinunciato a tante cose, perché sente che ne varrà la pena.
Per quanto vada contro alla sua indole Saiyan, decide di arrendersi di fronte ad una terrificante evidenza, ovvero che la sta spaventando e che non gli darà modo di avvicinarla, e che di conseguenza c’è solo una persona alla quale chiedere aiuto.
Ho faticato troppo per mandare tutto a puttane e vanificare ogni sforzo con qualche avventato colpo di testa!, pensa mentre esce dalla stanza, dirigendosi a grandi falcate verso la zona dove sono situate “le stanze del Beta”. Da quel che ha capito, non solo il Beta ha degli alloggi privati dove può vivere assieme alla famiglia, ma in realtà per il Re e la Regina non era una pratica poi troppo comune quella di dormire insieme, e che erano poche le coppie realmente monogame che condividevano il letto. E lo ha scoperto grazie a quegli Spettri che gli hanno gentilmente e minuziosamente mostrato la sua nuova seconda abitazione, come gli ha più volte ribadito, finanche le stanze private della Regina. Nel momento esatto in cui gliele hanno mostrare, inconsapevoli di ciò che loro potevano o meno volere, si è sentito avvolto da una non indifferente ansia: e se lei volesse davvero stare lì, anziché con lui?
«Sono le tre passate, Radish.» Sobbalza appena nel sentire la voce di Everett e, voltandosi, lo trova seduto a cavalcioni sul cornicione di una finestra, mentre Blackwood armeggia con un grosso secchio «Come mai non sei a letto?»
«È meglio se vai da Sherry. Credo che abbia qualcosa che non va.»
A causa dell’oscurità Radish non può essere sicuro della propria impressione, ma gli pare davvero che sia un poco sbiancato. Di sicuro, però, lo ha messo profondamente in allarme, perché non ha fatto in tempo a finire la frase che già era tornato con i piedi per terra e si stava incamminando.
Tutto in lui vorrebbe andargli dietro, fosse anche solo per vedere come fa a calmarla per sapersi muovere in futuro, o per sentirgli dire con la sua boccuccia velenosa che lui non le farebbe mai del male, ma sa bene che è meglio se evita. Lo sente dentro che la cosa migliore che può fare per lei, per loro, è proprio starsene lontano per qualche ora, così da farla calmare come si deve.
Potrei andare nelle stanze della Regina, anche se la sola idea mi dà il vomito…
«Nottataccia, eh?» Domanda con un sorriso gentile Blackwood, pulendosi le mani con uno straccio. Radish sa che il fatto che vi lasci sopra una traccia color vomito dovrebbe come minimo insospettirlo, ma l’ultima cosa alla quale riesce a pensare adesso è proprio cosa possa avere o meno intenzione di fare.
«Tu non dormi mai?» Preferisce infatti rispondergli così, domandandosi se sono i membri del suo branco originario ad essere strani e dormire troppo, o se sono lui ed Everett ad avere qualcosa di strano.
«Poco. La vita è troppo breve per passarla a dormire, non trovi?»
Gli viene da sorridere, perché gli sembra davvero tanto una delle classiche uscite di Mordecai. Se ci ripensasse un poco di più, si renderebbe conto che è una cosa che davvero gli ha detto, il giorno che si è ricongiunto con Sherry dopo la loro “rottura”.
«Anche per passarla chiuso in qualche istituto perché sei uscito di testa.» Controbatte poi con gli angoli della bocca leggermente piegati in alto, lo sguardo un poco più morbido. Per quanto gli sembri assurdo, soprattutto considerando quanto sono diametralmente opposti, la sua compagnia non gli dispiace per niente. Pare sempre sul punto di fare qualcosa di irrimediabilmente assurdo e/o stupido, e questo certo lo mette in un leggero stato d’ansia, ma è comunque un uomo brillante, a suo modo gentile, e sicuramente disponibile ad ascoltare e dispensare consigli laddove gli è possibile. Di sicuro è quel genere di persona che a Radish può fare comodo, oltre a strappargli una risata quando l’unica cosa che vorrebbe fare è spaccare tutto quanto per la frustrazione.
«Dai, forza! Dammi una mano qui.» Afferma con entusiasmo, mentre si affretta a sollevare da terra il misterioso secchio ed incamminarsi verso la stanza prescelta. Pure in quell’oscurità Radish riesce a notare che all’interno potrebbe esserci qualsiasi cosa all’infuori di semplice acqua, e questo un poco lo allarma.
«Cosa vorresti fare?» Domanda non poco titubante, senza però smettere di seguirlo. In fondo deve passare il tempo fino al momento di mettersi a tavola per la colazione, e sicuramente dopo saranno tutti tesi per l’atteso arrivo dei suoi amici, quindi tanto vale provare a svagarsi un minimo.
«Niente di particolare, solo svegliarli.»
«Passo.» Ecco, svagarsi sì, ma rischiare di compromettersi tanto gli pare una mossa un poco azzardata. Anche se, volendo attaccarsi a qualche stupido cavillo, sono entrambi Re, quindi è improbabile che qualcuno avrà troppo da ridire.
«Scherzi? Non puoi perderti mia madre! In questi momenti prende le sembianze di Morticia Addams dopo essersi spaccata di crack!»
«Non ti viene mai in mente che, un giorno, i tuoi figli potrebbero fare lo stesso a te e Nike? E poi scusa, tu non rompi le palle solo a tuo padre?»
«Cosa? No, certo che no. Mamma e Hart sono delle vittime perfette!» Sia chiaro, a Blackwood e ai suoi fratelli Hart piace, ha insegnato loro tanto e li ha sempre trattati con una dolcezza incredibile, quasi fossero anche figli suoi, ma questo di certo non lo tiene al sicuro dai loro scherzi. Sono le “squinzie di papà”, quelle molto giovani degli ultimi anni, ad essere totalmente fuori dal loro radar, perché proprio non le considerano degne neanche di una banale conversazione.
«Per quanto riguarda i miei figli, invece, è ovvio che lo faranno anche loro, visto l’esempio che gli do costantemente, e a quel punto sarà una guerra a furia di colpi bassi come questo qui. Che vuoi che sia?» In realtà lui e Nike non vedono l’ora, e già stanno preparando la controffensiva, come, per fare un esempio, le loro fotografie più imbarazzanti.
«Forza e coraggio, Re del Nord! Tanto che hai da fare di meglio?»
Di meglio sicuramente niente, dal momento che i suoi amici si stanno godendo del meritato riposo con i loro cari, e lui non conosce il territorio — e neanche ha voglia di visitarlo così, da solo e di notte —, ma di certo qualcosa da fare potrebbe anche trovarla.
«Pensavo di fare un qualcosa che possa sollevare l’umore generale.» Cosa non lo sa, non ne ha assolutamente idea, ma è certo che qualcosa ci sia. Gli basterebbe pensare a come Sherry ed Everett soffermavano con dolore gli sguardi su determinati posti, per esempio, e su quelli cominciare a lavorare in qualche modo.
«Quello generale o quello di Sherry?»
Nella sua famiglia la toccano sempre pianissimo, non c’è che dire.
Vorrebbe dirgli di farsi gli affari suoi — o “stare nel suo”, come ha sentito spesso dire al Quartetto —, ma qualcosa dentro gli suggerisce di sfogarsi un minimo con un uomo che, almeno lo spera, ha più esperienza nelle relazioni amorose, nel matrimonio, e così si lascia un poco andare: «Non capisco cos’abbia… e non so cosa fare.»
Per l’imbarazzo non lo guarda neanche in faccia mentre lo dice, tenendo gli occhi fissi fuori dalla finestra e sul paesaggio da cartolina adesso placidamente addormentato che gli si presenta. Sherry non sbagliava di certo quando diceva che qui tutto appare enorme…
«Ti sembrerà un consiglio stupido, ma ti conviene aspettare.» Ammette con amarezza il maggiore, più che consapevole di quanto questa situazione possa fargli male. Seppur per motivi assai diversi, pure lui e Nike hanno passato momenti di crisi.
«Aspettare, dici?»
«Esatto.» Blackwood e Nike, alla fine fine, non sono poi troppo diversi da Radish e Sherry, con lui più predisposto alla conversazione e al confronto, e lei troppo orgogliosa, dura e chiusa da preferire il silenzio per risolvere i propri problemi da sola. La differenza sostanziale tra loro, è che Blackwood e Nike si sono ritrovati legati sin da piccolissimi e sono cresciuti fianco a fianco, fatto che li ha resi capaci di smussare meglio e più velocemente quegli spigoli sulle quali Radish e Sherry, invece, continuano ad andare contro di faccia.
«I casi sono due: o l’assilli finché non scoppia, o riesci a capirlo da solo. In ogni caso, ne parlerete. Basta solo scegliere se pungolarla fino a mandarla davvero fuori di testa, e così rischiare di peggiorare davvero la situazione, o aspettare che i nodi vengano al pettine.»
Ci pensa su per qualche secondo, e di colpo si rende conto che c’è qualcosa che non va. Può sorvolare sul fatto che non gli abbia chiesto alcun approfondimento, sia perché non sono particolarmente legati sia per semplice educazione, ma non sul fatto che gli sia sembrato tutt’altro che sorpreso dalla presenza di problemi alla quale non sa far fronte.
«Perché ho l’impressione che tu sappia qualcosa che io non so?»
«Perché sto con Nike da quasi tutta la vita, amico. Semplicemente ci sono già passato.»
A questo non avevo pensato. Mi scordo troppo spesso da quanto tempo ci conosciamo, cazzo! «E tu ogni volta hai semplicemente aspettato?»
«Con una donna col temperamento di Nike è la soluzione migliore, se non si vuole fare a botte. E Sherry non mi pare poi troppo differente… giusto più focosa.»
«Come hai detto?!»
Nel vederlo scattare così, nel vedere i suoi occhi accendersi di ira e di purissima gelosia, a Blackwood viene quasi da ridere. Si domanda inoltre se anche gli altri Saiyan reagirebbero allo stesso modo per la propria donna, ma non ci metterebbe troppo la mano sul fuoco, non dopo quanto appreso su suo fratello.
«Dio, quanto sei suscettibile! Non te la prendere per ogni cosa, o non farai vita da queste parti!»
Ecco un’altra cosa della quale Radish si sorprende sempre: le sue reazioni spesso spropositate se in mezzo c’è lei. Gli basta un niente, una parola detta in modo strano, e dentro gli si attiva una specie di interruttore che lo fa scattare come una molla. Il mio amore per te continua a crescere senza che io riesca a prenderne il controllo…
«Ed ora muovi il culo, forza! Devi aprire la porta senza far rumore.»
Radish, per quanto decisamente poco convinto, ma anzi abbastanza certo di star facendo una stronzata colossale, prende un respiro profondo ed esegue, aprendo la porta lentamente, trattenendo pure il fiato quando questa scricchiola leggermente. In vita sua tutto avrebbe pensato di fare, tutto, qualsiasi cosa, eccetto che mettersi a fare questi scherzetti da idioti alle tre del mattino. Sono sempre più convinto che siano in qualche modo infettivi… Bulma dovrebbe fargli qualche esame.
Blackwood, con fare molto furtivo ed inquietantemente silenzioso, si addentra nella stanza, adesso leggermente illuminata dalla pallida luce che filtra dalla finestra ed illumina un poco il corridoio, dentro la quale Radish riesce a scorgere due figure placidamente addormentate e strette in un dolce abbraccio. Quasi gli dispiace per loro. Quasi.
Blackwood, con velocità e precisione, salta sul letto e rovescia il secchio sulla madre e il compagno, svegliandoli di soprassalto. Si dimenano per qualche secondo come anguille, annaspando in un micidiale mix di coperte fradice, capelli appiccicati alla faccia e puro schifo, finché Blackwood, con una soddisfazione ed ilarità decisamente mal trattenute, urla loro a pieni polmoni: «HA PAREGGIATO IL SANTOS, STRONZI!» Non sa neanche se sia una squadra esistente, non gli interessa e di certo non è questo il punto, che invece è, ovviamente, l’avergli fatto il verso nel loro ultimo Concilio in famiglia.
«Queste erano le news delle tre e venti, torno più tardi!»
Yvonne, dopo aver sputato qualcosa, fissa inorridita il primogenito che saltella verso la porta come un adorabile caprino felice, ed un’ondata di pura, cieca e devastante rabbia la invade da capo a piedi.
Il neo-Reo del Sud fa appena in tempo a chiudersi la porta alle spalle ed afferrare il nuovo compagno di scorribande per un braccio, prima che il suo mefistofelico urlo risuoni come un orrendo presagio di morte per tutta la magione.
«CORRI, CAZZO!»
Dal momento però che sente la porta spalancarsi, capisce che non c’è tempo per raggiungere civilmente la porta al pian terreno, e così fa ciò che gli è sempre riuscito magnificamente da che ne ha memoria: apre la finestra e salta giù, totalmente incurante su cosa potrebbe attenderlo a terra.
Radish, che certo non deve farsi di questi problemi, lo segue a ruota con una sonora risata liberatoria, improvvisamente felice di aver scelto di passare il tempo in sua compagnia. Con la sua esuberanza riuscirà di certo a non fargli pensare a quanto il freddo atteggiamento della compagna lo stia ferendo.
«Forza, Saiyan, andiamo a vedere cos’ha da offrire di bello questo congelatore gigante!»




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘
Non potete capire quanto sto in presa a male… davvero tanto! E mi scuso con tutto il cuore per aver spezzato il capitolo. Ero convinta— no, speravo di riuscire a mettere tutto in uno, ma sarebbe venuto fuori una qualcosa di davvero troppo grande — e troppo triste (mica pensate che il nel prossimo capitolo le cose andranno poi troppo meglio, ve’? Cominciate pure a pensare al peggio).
Quindi vi chiedo ancora e ancora scusa, avrei tanto voluto evitarvi un capitolo in più 😢
Comunque, per quanto riguarda il capitolo… Sherry sta al limite. Anzi, direi che ormai sta già con un piede dall’altra parte. Se non c’è ancora caduta del tutto, è solo perché si sta aggrappando con le unghie e con i denti ai ricordi più belli, al suo stesso cuore.
Radish, in tutto questo, è quello che forse ne sta pagando il prezzo più salato, ritrovandosi sbalzato in un mondo nuovo, con regole nuove, con una posizione sociale che mai avrebbe pensato di ottenere e, soprattutto, senza la persona alla quale ha davvero imparato ad appoggiarsi.
Vogliamo poi spendere due paroline anche per Everett? Sarò onesta, sono affezionata a lui in modo particolare, forse — tra i miei OC — è addirittura il mio preferito… ma allora perché gliene faccio succedere di ogni? Madonna, poverino!
Già il suo presente oscilla tra il “mai ‘na gioia” e “uccidetemi, vi prego!”, ma anche il suo passato…
A proposito, chi sarà mai stata la bambina che dava qualche leccornia al suo Tsagon?😍
E perché non vuole più vedere Sherry con un coltello in mano? Che può mai aver fatto per instillare in lui questa paura?🤔
Anche se la vera domanda è… quale sarà il peggio del prossimo capitolo?😰😈  Tenete 
anche conto che (stavolta davvero, sto già scrivendo la parte) arriverà il Team Z e co!


Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

  
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