Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: f9v5    16/11/2020    1 recensioni
[Joint Training Battle Arc; Spoiler per chi non legge il manga] [Classe 1-A vs 1-B... probably] [Raiting alzato ad arancione perchè vi saranno scene un pò pesanti ad un certo punto]
Allora, diciamo che questa saga del manga è quella che più mi ha lasciato l'amaro in bocca, per varie ragioni. Ho deciso quindi di provare a riscriverla a modo mio, non so cosa ne uscirà fuori, possiamo definirlo un esperimento.
-----------------------------------
Le due classi passarono alcuni secondi a lanciarsi intensi sguardi, sembrava che le schermaglie pre-lotta avessero avuto inizio.
Izuku francamente non sentiva i calori della fantomatica rivalità, ma passò un considerevole lasso di tempo a studiare attentamente tutti loro.
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3° Giorno, ore 00:15
Awase era certo che non servisse essere dei geni per comprendere quello che ormai, nella sua testa, era divenuto un assunto imprescindibile: Momo Yaoyorozu era geniale!
L’aveva vista analizzare la situazione, gestire ogni avversario con la metodologia giusta e cogliere l’occasione ogni volta che questa si era presentata.
-Bene, direi che per stasera possiamo prenderci del meritato ristoro, ragazzi. Kaminari e Rin, potete recarvi alla zona sicura, gli orari li conoscete già. Komori, ricongiungiti a noi, presta la massima attenzione, mi raccomando.- comunicò prima di staccare l’auricolare.
Un colpetto di piedi per spingere indietro la sedia, il suono delle rotelle sulla fredda pietra riecheggiò meno del previsto, smorzato da tutti i macchinari che ormai ostacolavano l’eco.
Una stiracchiata con le braccia portate in alto, il petto che si gonfiava in un’inspirazione soddisfatta, con Awase che dovette distogliere lo sguardo imbarazzato, e un sorriso conscio dei risultati ottenuti e desideroso di replicarli ancora.
Ai tempi del festival sportivo non aveva prestato attenzione a quella ragazza, da tutti presentata come un talento inavvicinabile ma che venne spinto facilmente fuori dal ring da un corvo fatto d’ombra, nello sbalordimento generale.
Poi, durante il campeggio estivo aveva intravisto qualcosa di diverso: non era una divenuta una leader, non aveva improvvisamente maturato un senso di comando inaspettato.
Aveva semplicemente fatto del suo meglio per proteggere tutti.
Fu da allora che capì che forse in lei c’era di più e ora si stava sempre più convincendo di ciò.
Awase Yosetsu era certo di avere dinanzi un diamante grezzo in attesa di essere lavorato e liberato dalle impurità.
Era una questione di fiducia in sé stessi, pura e semplice.
-Scusa, Yaoyorozu, solo una domanda.-
-Si, chiedi pure.-
-Perché non hai voluto che Kaminari prendesse anche Jiro? Sarebbe stato un punto in più per noi.- disse lui, inconsapevole delle sue ragioni, ma era certo che vi fossero.
La mora non avrebbe corso mai questo rischio, lasciar andare un avversario così, non senza avere una linea generale di azione, era dunque ovvio che avesse eccome un perché nel giustificare il suo agire.
-Dimmi Awase: cosa ci hanno detto i professori in merito agli altri team, sul come considerarli?-
Il moro portò una mano sotto il mento in segno di riflessione.
-Che per ogni team gli altri devono essere considerati villain.-
-Esattamente!- confermò la ragazza.
La osservò mentre passava in rassegna i vari schermi della loro base improvvisata, ormai non più tanto improvvisata, perfino in quel momento stava riflettendo sulle loro prossime mosse.
-Vedi, è un punto di vista interessante: ognuno è l’eroe della propria storia e chi lo ostacola viene automaticamente concepito come villain. Mi sono ritrovata a riflettere su questo: dal momento che saremo i villain imprescindibilmente per gli altri, perché allora non agire come tali?-
-Vuoi… ricorrere a metodi scorretti?-
La ragazza portò una mano davanti alla bocca per nascondere un risolino, si rese conto che, detta in quella maniera, poteva effettivamente apparire esagerata la sua dichiarazione.
-No, no, mi sto un po' troppo immedesimando, scusami. Intendo dire che dobbiamo pensare come dei villain, adottare stratagemmi che si avvicinino al loro metodo d’azione, seppur non dobbiamo spingerci oltre dei giusti limiti.-
Awase era sinceramente stupito: un concetto tanto basilare quanto ovvio.
Chissà che non fosse anche questo nei piani degli insegnanti: dicendo di considerare alla stregua di villain chiunque fosse estraneo al proprio team, di fatto era come se ti istigassero a considerare metodi più… coercitivi.
-Se ci pensi non è un’esagerazione: i villain si fanno forse scrupoli, indipendentemente da chi hanno davanti? Ovviamente no, ricorrono ad ogni mezzo. Noi, in quanto futuri Hero, dobbiamo comprendere dunque il loro modo d’agire e preventivamente porgli freno. E qual è il modo migliore di imparare qualcosa?- l’ultima domanda era ovviamente sarcastica.
-Beh, attraverso l’esperienza.- rispose il ragazzo grattandosi distrattamente una guancia.
-Per l’appunto. Dobbiamo riuscire ad anticipare il ragionamento di un villain quando siamo sul campo, e il modo migliore per farlo è anticipare questi ragionamenti provando ad attuarli in prima persona ora, durante le esercitazioni.-
Awase non si era mai ritenuto un esperto calcolatore ed era sicuro fosse un fatto, non una sua semplice considerazione.
Perché ora che guardava quella ragazza si rendeva conto che certe elucubrazioni la sua mente non le avrebbe mai concepite, non senza istigazione esterna e diretta almeno.
Quell’esame era stato molto sibillino su quell’argomento, non era mai stato accennato il concetto di “pensare come dei villain”.
-Tornando dunque alla tua prima domanda: l’eliminazione di Todoroki era essenziale, oltre ovviamente perché è equivalso all’estromettere uno degli elementi più forti dall’equazione, anche perché ha lasciato il suo team senza una figura che ricoprisse il ruolo di leadership.-
E, era una cosa ben nota, un simile vuoto, giunto con tale mancanza di preavviso, lasciava la squadra disorientata e in balia degli eventi.
-Un team senza una figura salda a coordinarlo… è facile da manovrare!- continuò lei, accarezzando con disinvoltura i contorni metallici della sua postazione, come se ne stesse contemplando il perimetro con malcelato compiacimento.
-Verranno assaliti dall’insicurezza, avranno paura di come adattarsi a questo insperato scenario, cercheranno un appiglio a cui restare saldi, anche esterno se necessario.- proseguì nel suo discorso, voce ferma e pacata, celatrice di un piano tutto suo ma di facile intuizione.
-E dunque, chi siamo noi per “negargli” quell’appiglio. Conosco Kyoka molto bene, so le giuste argomentazioni per portare lei e gli altri a considerare il suddetto appiglio che gli forniremo come l’unica ancora di salvezza possibile. Li convinceremo a fare quello che vogliamo e… agiremo di conseguenza.- concluse con un dolce sorriso.
Awase per un istante pensò seriamente di essere al cospetto di una villain ormai esperta, conscia del metodo per farsi strada nella malavita.
Deglutì ammirato, Yaoyorozu si stava rivelando sempre più sorprendente.
-Oh cielo, scusami, mi stavo di nuovo immedesimando troppo.- aggiunse poi, coprendosi le gote arrossate per l’imbarazzo, era così disdicevole per lei assumere certi atteggiamenti minacciosi.
Lui la trovò semplicemente stupenda.
-Esci con me, ti prego!-
-Come?!-
-Esci con me, ti prego, così andiamo incontro a Komori! Questo volevo dire, ma ho pensato subito che sarebbe stato stupido lasciare il rifugio incustodito e non ho terminato.- si giustificò prontamente con una scusa improvvisata, cercando di non dare a vedere di essere arrossito.
Si era decisamente salvato all’ultimo.
Momo voltò leggermente lo sguardo, spaesata, poi lo rivolse a lui nuovamente.
-In effetti hai ragione, meglio non rischiare.-
Se l’era bevuta sul serio, che fortuna.
 
 
3° Giorno, ore 00:30
Le urla preoccupate di Shiozaki erano un eco lontano, sovrastato dalle voci nella testa che gli promettevano morte e distruzione.
Il bruciore al cervello veniva ignorato a fatica, cedere alla pressione in quel momento sembrava futile, non finché non avesse trovato un posto tranquillo.
Le gambe avevano cominciato a far male, anch’esse volevano istigarlo a rinunciare a tutto, sembravano invitarlo ad accogliere ciò che era diventato il suo tormento interiore, a non opporglisi.
Ma tutto era schiacciato dal senso del dovere e dal desiderio di tenere tutti al sicuro.
Izuku correva a perdifiato, non importava cosa avrebbero pensato di lui, non importava cosa sarebbe successo a lui, ma fintanto che quelle visioni si facevano più vivide allora era necessario stare lontano da tutto e tutti.
Liberarsi dalle liane di Shiozaki era stato semplice grazie al One For All, alcune spine, come un monito atto a non fargli dimenticare, erano ancora incastrate tra le pieghe del costume dopo il tentativo di tenerlo con loro e non lasciarlo.
“Stai facendo preoccupare i tuoi compagni!” questo sembrava volessero comunicargli.
Izuku, tra un ansimo e l’altro per la corsa, malgrado tutto, non rimpiangeva ciò che aveva fatto.
Era semplicemente più forte di lui: aveva cercato di rendere gli altri più partecipi, sapeva di poter contare su di loro, ma la loro sicurezza veniva più di tutto il resto.
Si fidava di loro ciecamente, ma il One For All era un potere tanto eroico quanto maledetto, e se quello che stava vivendo era il prezzo da pagare per detenere una simile eredità, allora doveva gravare solo sulle sue spalle.
Che fosse solo la sua di vita a venirne consumata, avrebbe stretto i denti e sopportato, era abituato, ma non era giusto che anche altri se ne facessero carico.
Dove stava andando adesso? Aveva una metà? Sarebbe davvero cambiato qualcosa tenendo tutti a distanza?
L’eco dei passi che calpestavano il terreno si univa ai gemiti soffocati in un concerto tetro e sfiancante, tragica sinfonia di quella che stava diventando sempre più la sua normalità.
La sua testa era in confusione, non capiva più niente, non sapeva più cosa pensare in quel momento.
Voleva solo stare lontano da tutto e tutti, voleva avere un po' di pace.
Una radice sporgente causò il suo inciampo e la conseguente caduta a terra, faticò anche solo a rialzarsi sui gomiti.
“E dire che tutto questo sta avvenendo solo perché sei testardo.” ora lo tormentava anche da sveglio, davvero stupendo.
-Lasciami stare… smettila! Non intendo ascoltarti!- mormorò a denti stretti, sputando terra ed erbacce.
Poi non sentì più niente, che se lo fosse immaginato? Che stesse impazzendo sul serio?
Rialzatosi in piedi cominciò a brancolare fino ad una zona leggermente più spoglia del bosco, trovò un albero più largo degli altri e vi si appoggiò.
Izuku rimase in quello stato per chissà quanto.
“Ma cosa sto facendo?” pensò, se solo avesse avuto anche la risposta giusta.
Un forte rumore altisonante rimbombò nelle sue orecchie, alzò lo sguardo al cielo e ciò che vide fu il nero opaco delle nubi temporalesche in avvicinamento.
Sospirò, rimettendosi in piedi e mettendosi al centro dello spiazzo erboso.
Allargò le braccia in attesa delle prime gocce, in attesa forse di lavare via i suoi dubbi e le sue incertezze, in attesa magari di una risposta nella pioggia.
Una risposta che sapeva non avrebbe trovato lì.
E quando la pioggerellina si trasformò in acquazzone e i lampi e i fulmini divennero la colonna sonora che il crollo avvenne.
Izuku gridò, un grido rabbioso e frustrato, capace di risaltare perfino in quel tonante concerto.
Era arrabbiato con quei maledetti incubi che ormai lo tormentavano da giorni, da ciò che essi simboleggiavano.
Un altro grido.
Era arrabbiato con quella voce che cercava di condizionarlo, di renderlo un mostro vendicativo che si faceva guidare dai suoi impulsi egoistici.
Un altro grido, ancora più forte.
Era arrabbiato con sé stesso, perché non riusciva a concepire di coinvolgere gli altri, perché doveva proteggerli, anche a costo di non considerare cosa volessero loro.
Ancora gridò, ancora con più enfasi.
Ed era arrabbiato con la causa dei suoi tormenti.
Era infuriato con colui che aveva reso la sua vita un Inferno per oltre dieci anni, con colui che lo aveva condizionato al punto da convincersi di contare meno degli altri, con colui che, per una mera questione di forza, lo aveva picchiato, denigrato e portato a credere di essere davvero indegno di vivere; colui che era indirettamente la causa della sua paura di confidarsi con gli altri, di accettare che potessero tenere a lui.
Era furibondo con quell’essere che per tanto tempo, prima di All Might, prima del One For All, lo aveva costretto ad adottare una maschera sorridente e di falsa determinazione per nascondere a tutti che stava morendo dentro.
E doveva per giunta convivere col fatto che quell’essere fosse sempre a due passi di distanza, sempre pronto a sputare su di lui o sminuire i frutti del suo impegno, solo per soddisfare il suo ego, solo per la sua incapacità di concepire il bene di qualcuno che non fosse sé stesso.
“Avanti, dillo! DILLO!”
E Izuku lanciò un altro grido, che superò in fragore ogni fulmine di quella tempesta, perfetta rappresentazione di come si sentiva, di ciò che era in quel momento il suo animo.
-BAKUGO! IO TI ODIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!-
E le scintille nere si scatenarono.
 
 
 
3° Giorno, ore 00:52
Osservava le gocce scivolare sul corpo del suo allievo, martellanti.
Sentiva solo in parte le grida, le parole erano coperte da lampi e tuoni, ma erano straziate e furiose, una rabbia covata dentro per troppo tempo, che aveva nascosto anche a lui.
E lui che non era stato in grado di vedere quella sofferenza… come poteva definirsi un valido maestro se non era stato neanche capace di percepire quel dolore?
E quelle scariche nere, ciò che successe dopo, furono solo la conferma definitiva dei suoi peggiori presagi.
L’assenza di Aizawa in quel momento poteva essere tanto una manna quanto una complicazione, avevano i turni per la notte così che tutti potessero riposare.
Toshinori Yagi si prese la testa tra le mani, soffocando un singhiozzo pieno di risentimento.
-Mi dispiace, ragazzo. In cosa ti ho cacciato!-
 
 
3° Giorno, ore 06:31
Gocce di rugiada appese sulle foglie riflettevano le prime luci dell’alba, quei pochi raggi di vita riusciti a penetrare attraverso i pochi spiragli concessi dal letto di nuvole grigie creavano su di esse magnifici giochi di colori.
In un istante alcune cadevano e si infrangevano al suolo, la magia di un secondo, piccoli cristalli brillanti dalla durata irrisoria.
Fu uno di essi che, trovandosi nella coincidenza di posizione giusta, baciò gentilmente il naso ad Izuku Midoriya in quella fresca mattinata di tardo Autunno.
Un senso di pesantezza fu la prima percezione una volta sollevate le palpebre, persino quella sembrava un’azione faticosa, magari solo frutto del breve stordimento causato dal dormiveglia.
Stancamente una mano sfilò il guanto del costume all’altra affinché andasse a strofinarsi su di esse.
Dolore alla schiena, intorpidimento totale, una notte passata all’aperto sotto un acquazzone non era certo favorevole alla salute.
La mano andò a tastare la fronte, nessun segno di calore sintomo di possibile febbre, poteva dirsi fortunato almeno in questo.
-Ti sei destato!-
Troppo stanco persino per preoccuparsi, Izuku si limitò a voltare lievemente lo sguardo all’indirizzo della voce.
Un familiare occhio grigio-azzurrino contornato da un caschetto argentato lo stava analizzando.
-Immagino… che stare qui… mi abbia reso… un bersaglio facile.- sospirò a malincuore.
Reiko aveva la maschera abbassata in quel momento, la sua espressione non variò minimamente.
Per quanto fosse normale per lei, il pensiero che stavolta fosse ben altro il motivo si insinuò nella mente del ragazzo.
-Non… mi hai catturato.- aggiunse, non notando nastri di sorta avvolti sul suo corpo.
I suoi occhi captarono anche la presenza di alcune fronde, ricoperte di goccioline, staccate vicino a loro, fece un rapido collegamento coi suoi abiti meno zuppi del previsto e arrivò ad una deduzione: Yanagi era stata in sua compagnia più di quanto avesse preventivato.
-Quando… quando mi hai trovato?-
-Le due.-
Ed era rimasta con lui tutto il tempo?! Ma… il resto del suo team?!
Emily andò a sedersi accanto a lui e Deku ebbe il presentimento che lo stesse tenendo sotto analisi con quel suo sguardo atono solo all’apparenza.
-Cosa c’è?- le chiese, cercando di spostarsi un po' per assumere una posa più comoda sul tronco dell’albero.
Lei gli afferrò delicatamente il viso e gli fece alzare lo sguardo.
Lo spettacolo di quella zona di foresta totalmente scarnificata lo fece rabbrividire.
L’assenza di bruciature sulla legna escludeva quirk esplosivi, Bakugo di sicuro non era passato da lì; no, era come se quegli alberi fossero stati letteralmente sradicati fin alla radice, altri tronchi erano come spaccati in due, come fossero stati stretti in una presa ferrea.
-Quando… quando sei arrivata c’ero solo io qui?-
Lei si limitò ad annuire, incrementando le paure del suo animo.
La scorsa notte era stato completamente privo di controllo, aveva scaricato la rabbia e la frustrazione tenute dentro.
Era convinto che la sfuriata dello scorso pomeriggio all’indirizzo del suo ormai ex-bullo avesse svolto il ruolo di deterrente almeno per i suoi complessi nei suoi confronti, ora si stava rendendo conto che il danno psicologico si era propagato molto più a fondo nel suo animo perché bastasse così poco per farlo svanire.
Qualcosa di ben più di un’irritazione esteriore che poteva essere lavata via da qualche grido e invito alla maturazione.
Ma questo andava a cementare la convinzione che il One For All fosse fuori controllo, le visioni degli incubi si trasmigravano sempre più in condizioni reali.
Lo sguardo di Yanagi era inquisitorio, voleva spiegazioni.
-Non so cosa dirti, ad un certo punto per me è stato solo un susseguirsi di rumori senza chiarezza. Dico davvero.- e stavolta la sua mancanza di specificità era sincera.
Si sentiva male, sotto più punti di vista: stava facendo tutto quello che un Vero Eroe non avrebbe dovuto fare, sentiva come se stesse sbagliando tutto.
Reiko volse lo sguardo alle nuvole in cielo, si stavano facendo più fitte, molto probabilmente avrebbe piovuto ancora quel giorno, non le piaceva quel pensiero.
Contrariamente a quanto molti credessero, la pioggia non le andava a genio, smorzava il piacere di una giornata trascorsa in camera a navigare su internet per depistare il sole.
-Qualcosa di nefasto avverrà oggi!- sperava di sbagliarsi.
Ignorò lo sguardo bramoso di chiarimento di Izuku, poteva avere anche lei i suoi segreti, e poi di rado faceva previsioni… anche se spesso si avveravano.
Ricordava una volta che disse ad Awase che questi avrebbe sperimentato ciò che provavano le donne e questi alla fine della giornata aveva lo stesso livello di isteria di Kendo quando arrivava ad affrontare una certa complicazione che purtroppo loro dovevano sopportare… non era un bello spettacolo in “quel periodo”, Itsuka Kendo.
Beh, pensandoci un po', era probabile fosse stato il modo in cui lo disse che lo portò ad un tale livello di paranoia da sembrare una versione meno manesca di Bakugo.
Poteva dunque darsi che fosse solo condizionamento psicologico involontariamente causato da lei stessa.
Ora però sapeva solo una cosa: voleva la sua rivincita contro Midoriya!
E quello che aveva accanto ora era solo una pallida imitazione.
Che apparisse presuntuoso o meno da parte sua, era convinta di aver conosciuto Izuku Midoriya in quelle giornate in cui, durante le pause pranzo, avevano conversato placidamente sul terrazzo.
Quello che ora stava accanto a lei sembrava l’ombra del ragazzo timido eppure determinato con cui aveva passato piacevoli discussioni a senso unico (parlava quasi sempre e solo lui), non era colui che l’aveva sconfitta alcuni giorni addietro, non c’era la scintilla che lo aveva portato alla vittoria.
Combattere ora che senso avrebbe avuto?
No, voleva uno scontro alla pari, a prescindere dall’esito.
Voleva confrontarsi con un altro aspirante eroe che aveva dimostrato di possedere lo spirito per farcela, anche per sé stessa, per verificare quanto anche in lei tale spirito fosse presente.
Perché sapeva di avercelo, o non sarebbe mai entrata alla U.A d’altronde.
E voleva che i loro animi entrassero in collisione come due fantasmi che, in una sorta di giustapposizione ai vivi, potevano interagire e comprendersi solo tra loro.
La ragazza sospirò e portò un braccio di Izuku attorno alle sue spalle, facendo lo stesso col suo, per poi iniziare ad alzarsi.
-Ehm, che stai facendo?-
-Zona sicura.-
-Ehm, veramente ci sarebbero già…-
-Immagino.-
Izuku recepì, voleva appunto ricongiungerlo con la squadra, doveva essersi resa conto subito che si era staccato dal gruppo, per quanto non volesse parlarne.
-Oh, in… in effetti era ipotizzabile. Tu perché sei sola? I tuoi compagni sono stati tutti eliminati?-
Lei alzò indice e medio con la mano destra.
Due eliminati e due ancora in gioco; poi alzò un sopracciglio al suo indirizzo, rendendogli il quesito.
-Noi siamo ancora tutti e cinque.-
Lei si limitò ad annuire.
Non poteva negare di provare un po' di fastidio, indirettamente la stava battendo, ma era una sfida aperta contro di tutti a conti fatti.
-Parla con loro!-
La paura si fece presto padrona di lui nuovamente; parlare con loro, il pensiero che lo spaventava anche quando riusciva a restare lucido, per tutto ciò che esso comportava.
-Non posso coinvolgerli. È un problema che riguarda me.-
Con Reiko provava sempre quella strana sensazione, indipendentemente dalla situazione o dalla consapevolezza di conoscersi da poco, la prospettiva di confidarle le sue insicurezze si faceva più flebile.
Era come se inconsapevolmente avvertisse che non sarebbe mai stato vittima di giudizi da parte sua, o, più correttamente, non sarebbe mai stato ignorato.
Stava di fatto che il pensiero di dirle che stava nascondendo qualcosa a tutti non lo intimoriva; semplicemente, Reiko riusciva a capire.
Lei non insistette oltre, ennesima conferma.
Poi gli rifilò un colpetto sulla fronte e riprese a camminare.
-Stupido.- gli dedicò però un lieve sorriso pieno di comprensione e, al tempo stesso, invito ad essere più disposto al dialogo per quanto concerneva la sua condizione, qualunque essa fosse.
Izuku si fece sfuggire una risatina divertita, condivideva le sue gentili prediche e sperava davvero di riuscire a trovare il coraggio (e la metodologia, il One For All restava comunque un argomento tabù) di ammettere a sé stesso che non valeva meno degli altri, che poteva chiedere il loro sostegno, perché i suoi compagni tenevano davvero a lui e non gliel’avrebbero mai negato.
Come d’altronde stava facendo Reiko proprio in quel momento.
Izuku per quei momenti trascorsi con l’amica (poteva definirla un’amica ormai, no?) si sentì il cuore un po' più leggero.
-Già, lo sono decisamente. Però, insomma, non c’è bisogno che tu mi sorregga, sono solo un po' indolenzito, posso camminare tranquillamente.-
Lei, comicamente annoiata, gli indicò le borse sotto il suo di occhio.
Messaggio recepito: ti ho fatto la guardia tutta la notte, ora per giunta ti accompagno dalla tua squadra, ma tu dovrai fare lo stesso con me!
-Oh, scusa, hai ragione, però poi cerca di dormire, mi sento già in colpa.-
Lo fisso di nuovo.
-Non ricominciare.- non era palesemente un rimprovero vero, era solo un sussuro, lo fece pure sorridere di nuovo.
 
 
3° Giorno, ore 07:18
Jiro addentò l’ennesimo pezzo di barretta proteica con evidente fastidio.
Gabbata in pieno da Kaminari, questa non se la sarebbe scordata per tutta la vita.
Oltretutto l’alquanto… imbarazzante contesto della situazione in cui erano rimasti coinvolti la sera prima era ancora stampato a fuoco nella sua testa e, quando ci ripensava, si diffondeva prepotentemente tramite il rossore sulle guance.
Già qualche occhiatina sospetta da parte di Kodai c’era stata, quella ragazza aveva qualcosa di inquietante: sempre zitta, eccezione fatta per brevi mugugni o risposte monosillabiche, e quello sguardo apparentemente bloccato sulla completa atonia (a differenza di quello di Todoroki era palese che non nascondesse un’ingenuità sociale di fondo quasi imbarazzante), in realtà atto a nascondere una costante sorveglianza delle persone che la circondavano come a voler scandagliare le loro anime.
Non pericolosa, ma inquietante appunto sì.
-Allora, ragazzi, ora come dobbiamo comportarci?- chiese gentilmente Sato, maschera in quel momento levata, mentre beveva un sorso d’acqua.
Già, bella domanda, pensò la giovane musicista.
Todoroki l’aveva effettivamente eletta sua seconda in comando, ma quando mai avrebbe potuto prevedere che uno degli elementi più forti del dipartimento di eroismo sarebbe stato eliminato così presto.
Oltretutto le avevano riferito che pure Honenuki risultava tra gli eliminati della precedente giornata, il che equivaleva a dire che, su quattro studenti entrati tramite Raccomandazione, la metà era già stata tolta di mezzo.
Non sapeva se ritenere ciò come un segno di poca serietà nello svolgimento dei suddetti esami o se, più semplicemente, non fosse stato un errore di valutazione di molti di loro.
Alla fine, ora che ci pensava, un esame di Raccomandazione, almeno per come la vedeva lei, premiava il talento, ma nel resto si trattava di studenti come tutti, con rispettivi punti di forza e punti deboli.
Un errore che molti con Todoroki avevano commesso ai primi tempi, in effetti, era stato quello di considerarlo una sorta di Predestinato inarrivabile; medesimo errore fatto con Bakugo.
Poi al festival sportivo era rimasta a dir poco stupita dalla prestazione di Midoriya, ed era certa fosse il pensiero di tutti.
Certo, alla fine l’esito era stato quello che tutti avevano preventivato, ma nessuno avrebbe potuto immaginare che un ragazzino timido, imbranato socialmente, con una strana fissa per i quirk, incapace di utilizzare il proprio senza spaccarsi le ossa avrebbe messo alle strette il figlio dell’attuale Eroe numero 1, portandolo vicino alla sconfitta.
Kyoka cominciò a sospettare in quel momento che superare l’esame di Raccomandazione non equivalesse ad una superiorità assoluta.
L’impegno ed il duro lavoro ripagavano, era la lezione che Midoriya aveva lasciato a molti di loro.
Ma ciò nondimeno non cancellava il fatto che Todoroki era, a rigor di fatti, il più forte della loro squadra, il loro leader, e adesso lo avevano perso.
La ragazza, in quel momento seduta su di un tronco, portò i gomiti alle ginocchia e poggiò il volto sui palmi, in riflessione.
Come comportarsi, Sato aveva fatto benissimo a domandarselo, perché lo stava facendo anche lei.
Se Yaomomo (l’eliminazione di Todoroki era stata palesemente opera sua) aveva deciso di fare sul serio allora sì che avevano da preoccuparsi.
La sua intelligenza superiore era un dato di fatto, non era da escludere che mettere Todoroki fuori dai giochi fosse prestabilito, anzi, era chiaramente ciò che la mora voleva.
Magari ancora tentennava sotto pressione, ma se lasciata libera di pensare ed organizzarsi, Yaomomo era pericolosissima, molto probabilmente la più pericolosa tra tutti gli studenti rimasti.
Un sospiro fu tutto ciò che le uscì di bocca, così, su quattro e quattr’otto non le veniva in mente nulla.
Limitarsi a stare nascosti e colpire di sorpresa chi avessero incrociato?! Nulla di disonorevole in questo, una volta divenuti Pro non avrebbero certo dovuto farseli certi dilemmi con i villain.
Ma si trattava comunque di un’idea generica che voleva il requisito di non essere avvistati per primi a loro volta.
-Ah, diamine, senza più la potenza di fuoco, in tutti i sensi, di Todoroki, non abbiamo a tutti gli effetti un combattente dalla lunga distanza.-
-Tu potresti sempre usare le tue onde sonore per compensare, Jiro.- commentò Kaibara.
-Certo, qui non ti do torto, il problema è che maggiore è la distanza più smorzato è l’effetto. Funzionano bene come distrazione e per destabilizzare, ma diciamo che devo essere a distanza ravvicinata per infliggere danni seri.-
Quindi il combattente a distanza non lo avevano.
-Sentite, intanto direi di metterci in una zona più appartata, magari una grotta o magari andando su una delle montagne, in alto avremmo una miglior visuale e quindi sarebbe più semplice.-
Un rimbombo in lontananza cancellò quell’ipotesi.
Le nubi erano ammassate ormai dalla sera precedente, l’acquazzone era stato a dir poco violento.
La loro costante presenza rendeva altamente probabile il verificarsi di ulteriori precipitazioni nell’arco di quella giornata.
-Come non detto, l’ultima cosa che ci serve è che qualcuno si becchi la polmonite.-
Ad un certo punto i jack fremettero, un suono, una sorta di ronzio in avvicinamento.
Dalle fronde della foresta sbucò fuori un drone.
Kyoka strinse i denti ma fece cenno a tutti di non muoversi.
-Yaomomo, che avrà architettato questa volta?-
Era decisamente sospetto, però: i droni della sera precedente erano stati totalmente silenziosi, al punto tale da cogliere tutti di sorpresa, elemento che giocò sicuramente un grande ruolo nella loro sconfitta.
Quel prototipo invece emetteva un verso udibile anche ad un orecchio normale, era praticamente impossibile non udirlo, a meno di non essere sordi.
Sembrava quasi volontario, e aveva la convinzione che fosse proprio il caso.
Sul lato inferiore del macchinario si aprì poi un piccolo pannello e, per lo stupore generale, ne uscì fuori quello che sembrava essere un piccolo aggeggio con schermo, come un tablet, collegato tramite un cavo al drone.
“Quand’è che Yaomomo ha deciso di darsi agli oggetti più… vicini a noi in termini proprio storici?”
Quando poi l’apparecchio si accese fu proprio quest’ultima ciò che apparve dall’altro lato dello schermo.
O più correttamente, due parti lei.
-Salve, Jiro, vo… A-Awase…la telecamera, alzala, cortesemente.-
Ed ecco che subito non riuscirono a prenderla sul serio.
-Oh cacchio, scusa, ti giuro, non l’ho fatto apposta.- poterono sentire l’impacciato tentativo di giustificazione del ragazzo anche loro.
La visuale si alzò e mostrò interamente il viso di Momo; la ragazza, ancora in imbarazzo, si schiarì la voce per recuperare la serietà perduta, per poi mettere su un enigmatico sorriso.
-Ricomincio… Salve, Jiro e compagni, voglio fare un gioco con voi… no, Kaminari, ti chiedo perdono, ma non posso recitare questo script, sembrerei una persona mentalmente disagiata che si macchia di sequestro e tortura di innocenti.-
-Ma dai, Yaoyorozu, recitalo, ti garantisco che così li facciamo cacare sotto.-
Jiro serrò comicamente gli occhi, perché aveva già da prima il sospetto che simili cavolate potesse partorirle solo la mente di quel biondo senza neuroni?!
-Mi dispiace ma devo astenermi dal farlo, capisco che è stato arrangiato frettolosamente, ma non giustifica l’adopero di certi estratti linguistici.-
-Ma dai, ti dico che va bene.-
-Komori, per favore, portalo via.-
-Subito.- si poté sentire in sottofondo il gran numero di proteste di Kaminari che, evidentemente, stava venendo portato via, a distanza di sicurezza, forse con la minaccia di fargli spuntare funghi in posti poco piacevoli.
Kyoka in quel momento voleva solo sbattere la testa al muro.
“Sul serio siamo stati fregati da questi?!”
 
 
3° Giorno, ore 08:12
Se vedere Midoriya andare loro incontro sorreggendosi a Yanagi poteva ancora non essere considerato un segnale negativo, per Tsuyu e Setsuna lo fu il costante rifiuto di guardarle in faccia da parte di quest’ultimo.
La ragazza dai capelli argentati dovette rifilargli pure una gomitata ed una lieve spinta verso di loro.
Fu una fortuna che stessero attraversando il pontile per tornare all’arena proprio mentre loro stavano arrivando, aspettare lì in campo aperto sarebbe stato un grande rischio.
Ma se il numero di eventi preoccupanti si fosse limitato a quello avrebbero quasi potuto soprassedere, dopo tutto Midoriya non aveva parlato, nei minuti successivi, di attacchi, imboscate o simili, quindi si poteva dare per buono che il team contasse ancora tutti i suoi componenti.
Yanagi e Midoriya avevano chiaramente stabilito una sorta di tregua temporanea (la ragazza aveva pure dichiarato un conciso -Solo per stavolta.- al suo indirizzo, lui per risposta le aveva augurato di riposare quando i suoi compagni sarebbero usciti) quindi, per rispetto, l’avrebbero lasciata in pace quella volta.
L’evento che fece intendere che qualcosa di storto, di enormemente storto, era in atto, fu l’accoglienza che Kamakiri e Shiozaki riservarono al verde quando il gruppo si ricongiunse al solito laghetto nel bosco.
-Oh, cazzo, questa volta te lo scordi che soprassiedo. Puoi trascorrere anche il resto delle giornate ad insultare Bakugo dalla mattina alla sera, mi farebbe ridere tanto, ma comunque non cancellerebbe il fatto che sono incazzato con te.- furono le prime parole che i tre sentirono.
E non c’erano dubbi sul fatto che il ricevente fosse Midoriya.
A quel punto, tanto per Tsuyu quanto per Setsuna, divenne palese che qualcosa di preoccupante era successa per forza.
Shiozaki non nascondeva l’apprensione nel suo sguardo, una Ashido riuscita a scampare alla “mattanza” degli eliminati era seduta poco più in là, nuovamente con le braccia legate, che lasciava trasparire solo una sincera confusione, comprensibile data la sua ignoranza nella questione, e Togaru non si fece problemi a rilasciare il misto di fastidio e principio di arrabbiatura che in quel momento lo stava cogliendo.
Le due ragazze volsero a loro volta l’attenzione al leader del gruppo, l’imbarazzo era leggibile in ogni centimetro della sua persona, dallo sguardo basso alle spalle strette.
-Midoriya, che sta succedendo?-
-Direi che ci devi una spiegazione, kero.-
Le nuvole scure si addensarono in cielo, non si prospettava una bella giornata.
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Allora, so che forse ci sto andando giù pesante con Izuku, che magari lo sto mettendo in una posizione pessima e che potrei star premendo forte l’acceleratore in merito all’odio verso Bakugo, ma diciamoci la verità: Izuku è un essere umano, si, ok che è un ragazzo dal cuore d’oro che non serba rancore verso nessuno e che darebbe a chiunque una seconda occasione, ma un essere umano rimane.
Anni e anni di bullismo e sevizie, nella completa noncuranza di una società circostante che addirittura copre il bullo che ti tormenta (e guai a chi mi dice che non è vero che a Bakugo paravano il c**o) il segno lo lasciano a livello psicologico, e un Izuku che si rifiuta di confidarsi con gli altri perché non si ritiene degno della loro considerazione è molto più canonico di quanto non possiate credere.
Gli ultimi capitoli del manga lo dimostrano: Izuku non si preoccupa minimamente di sé stesso (colpa di Bakugo, ma questo il mestruato si è “dimenticato” di dirlo ad All Might) perché, psicologicamente, la sua sicurezza è un dettaglio non secondario, ma inesistente. Sì, eroico lo è sempre stato, ma c’è differenza tra il mettere la sicurezza degli altri prima della propria e non avere minimamente a cura sé stessi.
E, cosa che tanto Horikoshi non ci farà mai vedere, Izuku prima o poi lo doveva avere un crollo psicologico e sfogarsi e dopo oltre dieci anni non ne bastava certo uno solo.
Fortuna che c’è Reiko, che ormai ho eletto a sua confidente di fiducia oltre che rivale, che lo tiene un po' a bada, ai prossimi capitoli la sentenza: la ascolterà e cercherà di aprirsi col suo team, il nostro Izuku?
Non aggiungo altro.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: f9v5