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Autore: hart    16/11/2020    1 recensioni
L'ultimo giorno di riprese riserverà delle sorprese per Jennifer e Lana.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Jennifer Morrison, Lana Parrilla
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jennifer era indecisa. Lo era da mezz'ora. O da una vita intera, si disse sbuffando. Avevano lasciato a lei il compito di scegliere cosa avrebbe indossato Emma quel giorno. Maglioncino nero e giacca rossa o maglia bianca e giacca blu? Sbuffò ancora una volta, e i lunghi capelli biondi svolazzarono intorno al suo viso. No, non c’era verso che quella mattina riuscisse a decidere. Ci aveva già messo mezz’ora a scegliere tra espresso e mocaccino. Afferrò le grucce e fece l’unica cosa che le venne in mente: andare a rompere le scatole all’unica altra attrice sveglia a quell’ora.
Burnaby Central Park era già pieno di vita, nonostante fosse praticamente ancora notte fonda. Le luci della troupe illuminavano le radure tra gli alberi. Adoperandosi per riuscire a tenere tutto senza far cadere i vestiti, bussò con una serie di piccoli calci alla porta della roulotte. Attese, i muscoli delle braccia contratti per sostenere il peso delle giacche di pelle, i glutei per stare in bilico sugli stretti scalini di plastica e alluminio.

 

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Era in ritardo, lo sapeva bene, doveva essere sul set già da dieci minuti e voleva essere puntuale, come sempre, ma quella mattina la sua schiena aveva deciso di farla impazzire. Si era svegliata con un dolore lancinante proprio al centro della colonna vertebrale.

«Arrivo» disse sentendo bussare alla porta. Era un parolone. Nonostante la roulotte non fosse molto grande, quei pochi passi che le servivano per arrivare alla porta le sembravano chilometri. Prese un respiro profondo e, gemendo di dolore, arrivò alla maniglia.

«Lo so, sono in ritardo...» si bloccò nel realizzare che c’era Jennifer di fronte a lei. «Ehi... Ciao.»

 

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Jen aggrottò la fronte. Lana era un’attrice straordinaria, eppure poteva sempre leggerle ogni minima emozione negli occhi. E ora stava soffrendo, era evidente.
«Ciao... Sì, sei in ritardo, ma non è per questo che sono qui, sono in ritardo anche io» disse velocemente mentre con lo sguardo la studiava. «Che ti è successo?»

Lana la guardò per qualche istante, poi il suo viso ancora struccato si contrasse in una smorfia sofferente, una mano che correva alla schiena.

«Entra, io devo stendermi» riuscì a dire prima di arrancare malamente fino al letto e stendersi gemendo.

Jennifer la seguì all'interno e chiuse la piccola porta alle sue spalle. Appoggiò i vestiti sulla sedia e la seguì, fermandosi in piedi accanto al letto.
«Ma come hai fatto a farti male?» le chiese prima di sedersi sul materasso accanto a lei. «Ho un’aspirina nella roulotte se vuoi, ma non penso possa essere di grande aiuto...» commentò poi tra sé.

Lana scosse la testa.
«Vorrei poter dire che è il risultato di una notte di fuoco, ma in realtà mi sono svegliata con questo maledetto mal di schiena.»

La fronte di Jen si increspò ancora di più.
«È la vecchiaia, Lana» disse poi con un sorrisone che tentò in tutti i modi di far sembrare allegro. Notte di fuoco… Proprio non voleva quell’immagine nella testa di prima mattina.

Lana le lanciò un’occhiataccia.

«Ti odio. Lo sai, vero?»

Una risata acuta ma lieve si sprigionò dalle sue labbra.
«Dai, rilassati, posso farti un massaggio. Ti passerà tutto» disse sporgendosi verso di lei.

«Non ce n’è bisogno. Sto bene» rispose l’altra sollevando leggermente la testa. «Perché sei venuta qui?»

Jennifer ignorò platealmente il suo rifiuto e posò una mano sulla sua schiena, all’altezza delle scapole, e spinse delicatamente. Dio, quant’era calda! Ogni volta che aveva un contatto con lei, era come toccare il fuoco stesso. Soprattutto in casi come questo, dove le sue mani erano congelate dalla permanenza all’esterno, lì a Vancouver, di notte. Con il giaccone invernale addosso, in effetti, iniziava a sentire un po’ di caldo ormai.
«Non ti muovere. Che vorresti fare, interpretare Regina come se avessi un palo legato alla schiena?» le chiese mentre si alzava per sfilarsi la giacca. La lanciò sulla sedia. Be’, l’intento era quello. In realtà cadde miseramente a terra. Lo ignorò e tornò a sedersi sul letto.

 

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Lana sentì un brivido al contatto con sua mano. Ed era vestita. Chissà cosa avrebbe provato se avesse toccato la sua pelle... Chiuse gli occhi e cercò di allontanare quei pensieri dalla sua testa. Non doveva pensare a lei in quel modo.
«Non sei una massaggiatrice professionista, non vorrei che tu facessi più danni...» rpovò a dire per scoraggiarla. Jen roteò gli occhi.
«Ho fatto un corso a Los Angeles, faceva parte di un programma di autoconsapevolezza tramite lo yoga e ... lascia stare, storia lunga. Comunque so fare massaggi, fidati. Devi solo rilassarti» la rassicurò mentre si toglieva gli stivali neri con le punte dei piedi. Dio, a volte sembrava davvero Emma Swan.

«Che stai facendo?» le chiese allarmata. «Jennifer, davvero, non è il caso... Chiamerò il medico e risolverà tutto in un minuto» provò a dire cercando di afferrare il cellulare, ma ridendo sommessamente la bionda le afferrò il polso e con le stesse dosi di delicatezza e decisione lo tenne piantato contro il materasso mentre si metteva a cavalcioni sopra di lei, senza toccarla se non tramite la mano. Lana sentì il cuore saltarle in gola.

«Un cerotto antidolorifico non risolverà un bel niente, Lana, qui è tutta questione di rilassare questi muscoli. Ora sta’ ferma e lasciami lavorare.»

Lana deglutì vistosamente. Jennifer era sopra di lei, e non stava sognando questa volta. «Jennifer... non...» Socchiuse gli occhi e prese un respiro. «Non dovresti...»

 

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Quante volte ripeteva il suo nome... E quanto le piaceva sentirlo pronunciare da lei, con quell’accento da ragazza di Brooklyn, che non nascondeva mai quando non c’erano fan o esterni accanto a loro, intrigante, quasi pericolosa. E, conoscendola, lo era. Lo era davvero, perché era un rischio starle così vicina. Rischiava di lasciarsi andare. Liberò il suo polso sottile e posò le mani sulla parte bassa della schiena. Sentì i muscoli duri come rocce sotto i palmi. La flanella morbida e calda del suo pigiama era l’unica cosa a separarla dalla sua pelle. Rimase ferma così per almeno un minuto. Sapeva cosa avrebbe dovuto chiederle, ma non trovava il coraggio per farlo.
«Te ne stai approfittando solo perché non posso reagire» disse Lana, riportandola alla realtà.

Jennifer premette le labbra tra loro. Provò a sorridere, e con sua stessa sorpresa ci riuscì.
«Oh ci puoi scommettere! E ora ti prego dimmi che hai il reggiseno addosso perché se non ti levi questo pigiama extra-large sarà difficile che io riesca a farti il dannato massaggio!» esclamò cavalcando l’onda dell’ironia della collega.

«Se ti dico che non lo indosso ti toglierai da sopra di me?»

Si morse il labbro inferiore, osservandola dall’alto. I suoi capelli corti, ricci, ancora arruffati. Provò l’irrefrenabile desiderio di affondare le dita in quei corti boccoli. Strinse i pugni per trattenersi.
«Solo se è la verità.»

«Va bene, lo porto» ammise Lana sbuffando. «Ma, davvero, non c’è bisogno che tu lo faccia. Siamo già in ritardo... Le persone inizieranno a spettegolare.»

Jennifer arrossì violentemente. Pettegolezzi. Se c’era una cosa che odiava, erano quelli. E le insinuazioni.
«Ci manca solo che arrivi la voce a qualche fan...» mormorò tra sé mentre sollevava l’angolo della parte superiore del pigiama della donna.

«Appunto. So quanto la cosa ti infastidisca.»

Tirò la stoffa quasi con reverenza, le gote in fiamme sotto al trucco. Non le era mai capitato di spogliarla, se non nella sua mente. Deglutì, tesa.
«Sai che mi hanno creato problemi con House...» borbottò, cercando di distrarsi.

«Lo so» replicò Lana, girando leggermente la testa per poterla guardare. «Per questo abbiamo mantenuto le distanze dopo i primi tempi...» le ricordò con una leggera irritazione nella voce.

Jennifer evitò il suo sguardo e tirò più su il pigiama.
«Vuoi deciderti a spogliarti?» chiese, quasi stizzita. Odiava quell’argomento. Odiava affrontarlo con lei.

«Non lo faccio alla prima uscita» replicò Lana, divertita, per poi cercare di sollevarsi la maglia. «Fa male» sbuffò. «Toglimelo tu.»

Trattenne senza fatica una risata. Era talmente tesa che tra poco il massaggio sarebbe servito di più a lei. Si sporse su di lei facendo forza sulle cosce e sui glutei e le sfilò il pigiama, attenta a non tirarle i capelli. Lo depose distrattamente sul letto accanto a loro mentre il suo sguardo veniva inevitabilmente catturato dalla pelle scoperta della donna. Jennifer esitò ancora un istante prima di posare i palmi sulla parte bassa della sua schiena, appena sopra le natiche su cui ormai faticava a non appoggiarsi. Fu come una scossa elettrica. Iniziò a fare pressione sui muscoli bloccati, rigidi.

 

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Lana gemette non appena sentì le sue mani sulla schiena. La pelle sembrò prendere fuoco lì dove la toccava. Chiuse gli occhi e strinse le lenzuola.

Jen mosse le dita, applicando più pressione proprio dove le faceva più male, scaricando la tensione con movimenti rapidi e circolari.

Strinse le lenzuola facendosi diventare le nocche bianche. Quelle maledette mani la stavano facendo impazzire.

«Jennifer...» sussurrò con voce roca, pentendosene un attimo dopo.

 

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Si fermò di colpo. Sentiva il suo stesso battito cardiaco premere tra le gambe, e un’imbarazzante umidità, per fortuna nascosta dai jeans spessi.
«Ti... ti sto facendo male?»

La vide scuotere la testa. Deglutì l’eccitazione che sembrava averle tolto il fiato e riprese a massaggiare quella schiena forte e liscia. Cercò inutilmente di isolarsi, di convincersi che quella sotto di lei non fosse Lana, ma la sua pelle, il suo profumo, tutto di lei era inconfondibile.

Si concentrò sui movimenti che sapeva di dover fare. Focalizzò i punti di pressione e cercò di alleggerire quella tensione che sentiva sotto le dita.

 

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Le mani di Jennifer erano incredibili, così forti e delicate allo stesso tempo. Si muovevano lentamente e con decisione su e giù sulla schiena facendola impazzire. Non riuscì a trattenere un ulteriore gemito che uscì prepotentemente dalla sua bocca, inarcò la schiena per quello che poteva visto che la donna le stava sopra, e arrossì sentendo il suo corpo premuto contro il suo.

Jennifer sobbalzò. Le sue dita si fermarono.

«Jen» disse, cercando di controllare la sua voce che comunque uscì bassa e roca, piena di desiderio. «Non... mi rendi le cose facili.»

 

 

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«Di che parli?» le chiese, anche se la sua mente era altrove. Era rimasta al suono quasi raschiante della sua voce. Era così calda e bassa... I muscoli dentro di lei si contrassero. Dio solo sapeva come avrebbe fatto a restituire quei jeans, perché era sicura di averli appena bagnati.

«Lascia stare» mormorò Lana. «Grazie per il massaggio

Sentendola agitarsi sotto di sé si spostò da lei, lasciandole lo spazio per muoversi, preoccupata dalla possibilità di averle fatto male in qualche modo.
«Lana che succede?» le chiese, confusa, la mente annebbiata dall’eccitazione.

«Niente» rispose lei, nascondendo il viso con il braccio. «Sto bene... Sto bene.»

Sospirò, indecisa. Provò a fare mezzo passo verso di lei ma la sensazione degli slip che scivolavano su di lei, del tessuto bagnato dei jeans contro la pelle, la fermò. Piuttosto terrorizzata dall’idea che fosse visibile guardò in basso. Dal suo punto di vista non si vedeva nulla, ma non era sicura che fosse lo stesso per Lana. In fondo, era ancora sdraiata.

 

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Spostò leggermente il braccio sentendola muoversi.

«Stai bene?» chiese notando uno strano sguardo sul suo viso.

Jen rialzò di scatto gli occhi su di lei, rossa in viso.
«Ahem... s-sì.» balbettò.

Provò ad alzarsi, e così scoprì che il dolore era ancora presente, anche se era diminuito. «Maledizione.» Riuscì a sedersi a fatica. Jennifer si accosciò accanto a lei.
«Scusa, il massaggio non era finito» disse posando una mano sul suo ginocchio destro.

Il respiro si fece più rapido sentendola nuovamente vicino a sé. Era mezza nuda nel suo letto con Jennifer. La sua mente era andata in tilt, incapace di pensare.

 

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Cercò timidamente il suo sguardo. La dolorosa consapevolezza della propria attuale condizione fisica era imbarazzante abbastanza da impedirle di ragionare lucidamente. Cercò ostinatamente di ignorare il fatto che la parte superiore del corpo della donna fosse coperta solo dal reggiseno nero e rosso. Cristo. Cercò di concentrarsi sul suo viso per istinto di sopravvivenza.
«Stai bene?» le chiese, la voce totalmente incontrollata. Grande, JMo. Davvero un’ottima attrice.

«No» sospirò Lana.

«Posso andare a vedere se la farmacia ha aperto...»

«Non vuoi andare sul set? Si staranno chiedendo dove sei... Devi girare l’ultima scena, vero?»

L'ultima domanda piantò un macigno sul suo cuore. L’ultima scena. L’ultima volta che avrebbe indossato i panni di Emma Swan. E, sì, era stata una sua decisione. La più difficile della sua intera vita.
Guardò la donna che le stava di fronte. Era così bella che faceva male percorrere con lo sguardo i suoi lineamenti. Era così bella che aveva dovuto rinunciare a lei per sempre per sopravvivere.

«» sussurrò, gli occhi lucidi. Lana sostenne il suo sguardo, e Jennifer credette di vedere un po’ di risentimento nei suoi occhi castani.

«Non credevo che te ne saresti andata» ammise la donna, sdraiandosi nuovamente. «Credevo che avremmo concluso questo viaggio insieme.»

Jennifer dovette battere furiosamente le palpebre. Ringraziò mentalmente le lunghe ciglia finte che nascondevano bene i suoi occhi quando abbassava lo sguardo, come ora, e pregò che la colla reggesse. Un sorriso nervoso tirò verso l’alto gli angoli delle sue labbra sottili.
«Già, lo speravo anch’io» mormorò, un attimo prima di rendersi conto di aver pensato ad alta voce. Arrossì.

«Allora perché stai andando via? È successo qualcosa?» Lana allungò la mano sfiorando la sua.

Jennifer rialzò gli occhi su di lei. Le venne quasi da ridere. Se fosse successo qualcosa, in fondo, non se ne sarebbe mai andata. Scosse piano la testa, diede una scrollata di spalle, evitando nuovamente il suo sguardo.
«No, sai... Sei anni a fare lo stesso personaggio, e poi... insomma, Emma ormai è diventata quasi... Non lo so» si strinse di nuovo nelle spalle. «Non è più la stessa cosa.»

«No, non lo è... Non mi piace come l’hanno fatta diventare» concordò Lana, sorprendendola. «Prima era forte, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno e… mi manca il suo modo di interagire con Regina.»

Jennifer la guardò. Un piccolo, insistente dubbio si insinuò nella sua mente. Il suo tono, forse, o il modo in cui la stava guardando, le diceva che Lana non stava parlando del personaggio, ma di lei. O forse era solo paranoia. Eppure era vero, irrimediabilmente, terribilmente vero: il loro rapporto era cambiato. Da che passavano le serate nella roulotte dell’altra a parlare e bere, Lana almeno, che non sembrava risentire degli effetti dell’alcol la mattina dopo, oppure a guardare film insieme a Ginny e poi anche con Josh, adesso si vedevano a malapena, e solo sul set. Erano almeno due anni che Jennifer non metteva piede in quella roulotte. Il loro rapporto, ad un certo punto, si era incrinato. Sarebbe stato impossibile il contrario. Lana si era innamorata di Fred, e da allora non era stata più la stessa. O forse sì. Forse era stata lei a cambiare, ad allontanarla. Ci aveva riflettuto tante volte, ma non aveva mai trovato la risposta.
«Sì, be'...» si umettò le labbra, a disagio. «Anche Regina è cambiata molto. Non so come tu faccia a sopportarlo. Voglio dire...» Si strinse nelle spalle, guardandola solo a tratti. «Non ho sopportato la parte con Robin» confessò. «Da quando si fa trattare così, dai!»

 

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«E come Emma si fa trattare da Hook?» Lana si mise sulla difensiva intuendo che il discorso che stavano affrontando andava oltre la serie e i loro personaggi. Le mancava Jennifer, i primi tempi sul set erano stati magici ma poi la donna aveva iniziato a frequentare Sebastian e lei si era rifugiata tra le braccia di Fred…

Jennifer aprì la bocca per risponderle, ma poi forse capì che non poteva.
«Lo so!» esclamò. «» sbottò, sfogandosi con lei al riguardo per la prima volta. «Cazzo, non è tornata neanche con Neal, e ora si fa infinocchiare da Killian? Adoro Colin, ma la storyline ha dei buchi che fanno paura!»

Sorrise leggermente, era raro vederla perdere le staffe.

«E tu hai ragione per quanto riguarda Robin, solo un’idiota tornerebbe con uno che l’ha tradita mettendo incinta la sorella.»

Jennifer sorrise. Un sorriso aperto e sincero, che le sembrava di non vedere da anni.

Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e tornò a guardarla.

«Finisci di farmi il massaggio, così possiamo tornare al lavoro.» Voleva risentire per l’ultima volta le sue mani sulla sua pelle, ne aveva bisogno, perché poi Jennifer se ne sarebbe andata, sarebbe tornata a Los Angeles e, forse, non l’avrebbe più rivista. Si sdraiò.

 

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Jen esitò per un istante, poi si sedette accanto a lei, l’anca a contatto con la sua. Sorrise mentre posava di nuovo le mani sulla sua schiena.
«Dai ordini ora? Guarda che non devi interpretare la regina oggi...»

«Forse mi manca farlo... E forse, se tornassi ad essere la Regina di un tempo, tornerebbe anche Emma...»

Jennifer la massaggiò piano tra le scapole per cercare di farla rilassare.
«Purtroppo non dipende da noi» mormorò. «Ma, Lana, devi staccarti da questa serie. Sta affondando, sarebbe un peccato se andassi giù con lei.»

«Sono già andata a fondo.»

La fronte di Jennifer si increspò.
«Non mi pare. Sei tu che tieni a galla tutto.»

 

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«Non parlavo della serie» disse sentendo i muscoli della schiena rilassarsi. «Hai delle mani fantastiche» le sfuggì prima che potesse fermarsi. La sentì irrigidirsi.

«Di che parlavi allora?» La sua voce era incerta, esitante. Non se la sentì di mentirle.

«Della mia vita» le confidò. «Non smettere... non ancora» aggiunse un attimo dopo, perché l’ultima cosa che voleva era parlarne con lei. Le dita di Jennifer ripresero a muoversi, ma erano pressioni distratte, prive di calore.

«Ma che dici? Cos’ha la tua vita che non va? Tutti ti adorano!»

Lana rise amaramente. Sentì la pressione sugli occhi aumentare, la vista sfocarsi appena.

«Sì, certo, mi adorano così tanto che mio marito mi ha tradito e l’ho buttato fuori di casa!» Le parole le scivolarono via di bocca come acqua corrente. Era la prima volta che lo diceva ad alta voce. Non faceva così male come aveva pensato.

 

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Jennifer strabuzzò gli occhi. Aveva sentito bene? Fred, quel Fred, adorato da Lana, l’uomo perfetto che le portava champagne ogni sera, quell’Alfredo che sembrava l’anima gemella di Lana, l’aveva tradita. E lei lo aveva cacciato di casa. Dopo il matrimonio. Il matrimonio perfetto, intimo, solo con gli amici e i parenti più stretti. Quel Fred lì. Non era possibile. Come... La guardò. Ma come cazzo si poteva tradire una donna così? Sentì il sangue ribollirle nelle vene.
«Che cazzo ha fatto quel coglione?» quasi ringhiò, furiosa, contro ogni aspettativa. Era come se stesse per esplodere.

Lana si contrasse sotto di lei.

«È successo un mese fa, almeno da quando l’ho scoperto. Lui sta cercando di farsi perdonare ma... non penso di riuscirci.»

Jennifer scattò in piedi.
«E non devi farlo! Come cazzo si è permesso di fare una cosa del genere?!» sbottò. Provava molta più rabbia di quanto si aspettasse, neanche fosse stato suo il matrimonio, invece che di Lana. Era furiosa, indignata.

 

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Lana sospirò e chiuse gli occhi. Non era una conversazione che voleva affrontare, soprattutto non con lei.
«Non lo so. Forse sono stata troppo impegnata al lavoro e non mi sono resa conto di averlo trascurato...»
«Cosa?» squittì Jennifer. «Lana, tu non hai fatto niente di male, non puoi darti la colpa!»

«La colpa non è sempre di uno solo ma di entrambi. So che ho fatto degli errori...S to valutando la situazione, ma non riesco più a guardarlo negli occhi.»

Il letto cigolò appena sotto al peso di Jennifer quando tornò accanto a lei, poi Lana sentì il calore della sua mano sulla spalla.

«Lana è normale! Ti prego, per il tuo bene, se ami te stessa, non perdonarlo. Lo dico per te. Ti ha tradita una volta, lo farebbe ancora...»

«È difficile mettere fine ad un matrimonio, ammettere di aver sbagliato... Mi sento un’idiota, sapevo che non dovevo sposarlo dal primo istante ma era l’unica cosa che potessi fare per dimenticarmi di...» si bloccò prima di compromettersi del tutto e scosse la testa.

 

 

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Jennifer corrugò la fronte, presa alla sprovvista.
«C-come sapevi di non doverlo sposare? Credevo lo amassi...» disse in un soffio.

La vide sorridere amaramente.
«Mi sono imposta di amarlo. Era la cosa giusta da fare.»

Jennifer strabuzzò gli occhi, incredula. Per tutto quel tempo credeva che lo amasse. Per tutto quel tempo Lana era stata infelice.
«Giusta per chi?»

«Per me. L’amore può fare tanto male... E così sapevo di non soffrire, adesso sono ferita per le bugie ma il mio cuore sta bene.»

Jen era incredula, confusa. Era impazzita?
«Lana ma di che stai parlando? Tu hai accettato di sposare un uomo che non amavi!» Anche mentre lo diceva, le sembrava assurdo. Lana era sempre stata quella che viveva la vita appieno, senza compromessi, con gioia. Ogni volta che la guardava, vedeva una donna libera, forte, sicura e consapevole di se stessa. Possibile che si fosse sbagliata per tutti quegli anni? Possibile che non la conoscesse affatto?

«So bene cosa ho fatto!» Il suo tono ora era irritato, nervoso. Ricordò quando aveva riso, un giorno, scherzando sulle sue origini latine e sul “sangue caldo” che aveva nelle vene. Da come la stava guardando ora, Jennifer avrebbe giurato che volesse tirarle un pugno sul naso. «Non è un problema tuo, non lo è mai stato vero?»

Si ritrasse.

«Ma di che stai parlando?!»

«Di niente. È questo il problema.» I suoi occhi sembravano più scuri, come quando interpretava la Regina Cattiva. La vena sulla fronte era gonfia, dettaglio allarmante considerando che conosceva le arti marziali, a differenza sua, che a malapena sapeva tirare pugni a un sacco senza lussarsi un polso. «Vattene per favore.»

Jennifer rimase per qualche istante in un silenzio offeso. Poi le voltò le spalle e riprese con rabbia i vestiti di Emma dalla sedia prima di andarsene via dalla roulotte, sbattendo la porta dietro di sé.
   
 
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