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Autore: Manu_00    19/11/2020    5 recensioni
[Hazbin Hotel]
Ex agente della polizia segreta comunista e ora anima dannata all'inferno, Mihaela Funar è solita accettare incarichi dalla natura non particolarmente pacifica per arrivare a fine mese e mantenere l'affitto nell'unico appartamento disposto ad accettare i suoi soldi.
Questa volta però sarà la richiesta di una sua stretta conoscenza a farla scendere in campo ed a scatenare la sua natura di demone radioattivo contro qualche povero sfortunato.
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III


Come ogni altro giorno, il cielo di Pentagram City si presentava rossastro, attraversato da nubi nerastre e colmo di inquietanti satelliti a forma di pentagramma, pentagramma che oltre ai satelliti appariva anche sulla volta celeste, sovrastando la città come una cupola malefica.
Sommersa in quel panorama desolante, Mihaela camminava a testa bassa lungo il marciapiede disastrato, ignorando le erbacce che si arrampicavano fra le lastre di cemento rovinate, e gli alberi che si inframezzavano nelle zone dove la copertura del marciapiede era stata rimossa da tempo.
A suo agio anche nel percorso dissestato, la donna schivava facilmente gli ostacoli senza rallentare il proprio andazzo, a differenza di quando si trovava nel proprio appartamento e la politica da adottare era “fare meno danni possibile”, incenerire qualche albero o casa lungo la via non costituiva decisamente un problema.
Ormai lo aveva imparato da tempo, in qualche modo il suo potere doveva uscire fuori, l'importante era che lo facesse nella misura di non danneggiarla, aveva cambiato residenza troppe volte negli ultimi quarantaquattro anni!
E se per la sua stabilità abitativa doveva squagliare qualche lampione lungo la via, la cosa aveva il suo benestare.
Come ogni altro giorno, le strade erano invase di rifiuti, materiali e umani (o demoniaci?), decine fra imp e anime dannate se ne stavano sedute o sdraiate sul marciapiede, nei vicoli e su qualche tetto, oltre la metà di loro non aveva una casa in cui stare, o a causa delle continue guerre fra overlord e bande, o semplicemente non l'avevano mai avuta.
Tutte future vittime del prossimo sterminio di massa che vivevano alla giornata, bevendo, sballandosi e dormendo senza curarsi di essere calpestati o uccisi da qualche killer di passaggio, nella speranza di una rapida fine delle loro esistente od in qualche nuovo overlord bisognoso di crearsi un seguito senza impegno od in qualche banda in cerca di disperati da reclutare.
A guardarli, stesi e annichiliti in mezzo ai passanti, Mihaela non poteva fare a meno di chiedersi se passargli sopra e scioglierli fosse da considerarsi un atto di pietà.
Nel dubbio li lasciò lì dov'erano, che fosse per lei o per gli angeli quelle povere anime erano ormai condannate.
Parlando di non avere un tetto sopra la testa, sperava che l'appartamento non fosse collassato dopo la sua ultima discussione con il vicino.
Era ancora dolorante per l'atterraggio di prima, ma considerando che in quel momento Innozenz si trovava probabilmente sotto un intero piano di detriti, poteva considerarsi vincitrice fino al giorno dopo.
Forse, abituati com'erano a vederli battibeccare, non sarebbe stato assurdo pensare che qualche inquilino avesse preso a segnarsi il punteggio su una lavagnetta.
Se la cosa era da considerarsi divertente o triste non la sapeva neanche lei.
In ogni caso, non era quella merdina nazista ciò a cui doveva pensare.
Continuò a camminare lungo una via che aveva ormai imparato a conoscere bene, specie durante le sue uscite notturne, dove le tenebre offrivano una parziale schermatura allo squallore che regnava sovrano per le strade.
La sua camminata proseguì fino a quando il marciapiede non divenne sempre meno disastrato e la quantità di barboni iniziò a diminuire sensibilmente, così come la quantità di furti e aggressioni che avvenivano poco accanto a lei (l'inferno non è proprio un bel posto dove mettersi a fare una passeggiata).
Presto fu nel quartiere giusto, e a quel punto fece l'unica cosa che poteva fare: aspettare l'orario di apertura.
Il posto dove stava andando apriva di notte, per quel che ne sapeva, e per quanto la lettera suggerisse una certa urgenza, dubitava fortemente che la persona che cercava si sarebbe trovata sul posto.
Ma purtroppo per lei, quel piccolo diverbio con il vicino aveva rovinato i suoi piani di poltroneria fino a tarda sera, e adesso si trovava con una spropositata quantità di tempo libero che non aveva idea di come impiegare.
Sollevò un sopracciglio.
Questa per lei era una sensazione familiare, quante volte nella sua vita passata era stata costretta a sopportare snervanti attese?
Più di quante ne ricordava, eppure da quando era all'inferno non le era mai capitato.
Beh, poteva dire di aver appena trovato uno dei lati positivi del vivere all'inferno.
Certo, cosa aveva da attendere all'inferno? Niente, dormiva, mangiava, accettava qualche lavoro richiesto sulla base delle sue “capacità particolari” e per il resto del mese tirava avanti a cibo a basso costo e dormite in camera sua con serate al locale quando aveva soldi da buttare.
Il che era un po' triste, ma se non altro non doveva preoccuparsi della propria stabilità abitativa, problemi radioattivi a parte.
Si fermò davanti ad un parco, se così si poteva chiamare, un postaccio malandato stretto in pochi metri quadri da una recinzione tagliata in più punti, con il terreno dominato perlopiù da terriccio scuro tappezzato da qualche occasionale macchia d'erba.
Sembrava il posto perfetto per le mire di qualche pedofilo, e forse era per questo che non c'erano bambini nei paraggi.
Meglio così, meno persone a cui sarebbe apparsa patetica.
Entrò, certa che nessun maniaco sessuale o serial killer di bambini si sarebbe avvicinato a lei anche mentre dormiva, e presto, sulla panchetta in legno meno disastrata fra quelle disponibili, aspettò di addormentarsi.
Purtroppo la cosa non avvenne, sia perché aveva già passato le prime tredici ore della giornata a dormire sia perché quella panchina era scomoda come l'inferno.
Sospirò con amarezza.
Tutto sommato non le sarebbe dispiaciuto essere aggredita da qualche killer, avere qualcosa contro cui lottare (in maniera fortemente unilaterale) e difendersi appariva preferibile allo starsene seduta in silenzio.
Purtroppo per lei questo era ciò che la giornata sembrava riservarle, pertanto afferrò un bastoncino caduto dall'unico albero sul piazzale, ignorò l'inquietante cigolio dell'altalena vicina provocato dal vento, e prese a disegnare cerchi sulla sabbia.

Era già buio quando finì di consumare la cena.
Dopo aver passato ore ad annoiarsi sulla panchina e disegnare cerchietti con il bastone, alla fine si era addormentata di nuovo, poi una volta sveglia si era resa conto di avere urgentemente bisogno del bagno.
Pertanto era entrata nel primo locale che aveva trovato sulla strada, un minuscolo ristorante asiatico gestito da uno sgradevole demone mantide dotato per chissà quale assurda legge della natura di una folta peluria sotto la bocca, che andava a comporre un'ancora più sgradevole barba.
Mancavano ancora un po' di ore all'apertura, e siccome le pareva sgradevole usare il bagno senza prendere nulla, aveva provveduto subito ad ordinare del ramen, un piatto che aveva provato non troppo tempo fa dopo essere stata all'oscuro della sua esistenza malgrado fosse in circolazione da... beh all'inferno probabilmente da sempre, comunque si ricordava che le era piaciuto.
Il problema è che anche dopo averlo finito mancava ancora del tempo, e siccome non ci teneva ad abbandonare la sua postazione per tornare ad aspettare fuori, ma le sembrava ancora più sgarbato rimanere a scroccare il posto a sedere (per quanto fosse l'unica cliente al suo interno), provvide ad ordinarne un altro, ma il problema si ripresentò più tardi, e quindi...
Niente, se il suo corpo radioattivo faceva il suo lavoro avrebbe digerito senza problemi ciò che a molti altri demoni avrebbe dato una forte indigestione.
Del resto qualche vantaggio oltre all'accorciare le file il suo corpo doveva pur averlo, certo c'era da dire che aveva speso tre volte quanto premeditato.
Forse doveva farsi meno problemi e minacciare di sciogliere il proprietario.
In ogni caso, aveva risolto il problema dell'attesa, del bagno e dell'appetito, pertanto si alzò e, pagato il conto (sul serio, dovrebbe approfittarsene di più), si incamminò verso il locale.
Tempo due minuti e si fermò davanti ai cinque gradini dell'entrata, così ben tenuta da apparire come una dichiarazione di guerra allo squallore circostante.
Mihaela alzò lo sguardo, lasciandosi illuminare il viso da un'intensa luce al neon.
Sopra di lei, una grande e luminosa insegna dai caratteri in corsivo splendeva di un neon violaceo che di notte si avvicinava al cremisi:
“Lusten Club”
Un sorriso nervoso sfuggì alla donna, di solito non entrava in questo posto... alla luce del sole, ma quello non era il caso.
Non che ci fosse nulla di cui vergognarsi in questa vita, che potevano farle, ucciderla?
Scosse la testa e salì i gradini, raggiungendo l'ampia entrata del locale fino ad arrivare alle porte, nere e dai vetri scuri e trasparenti, con cui far intravedere l'interno quel tanto che bastava per rendere il locale appetibile a qualche demone di passaggio che avesse avuto con se abbastanza soldi da spendere per la serata.
Varcò l'ingresso, e quando la porta si chiuse dietro di lei, poté constatare che era ancora viva e vegeta.
Nero e fucsia, questi erano i colori del Lusten, in netto contrasto con lo squallore della strada, il bar e night club più frequentato di quella parte della città si presentava come un locale curato, malgrado la sua clientela fosse tutto meno che di alta classe.
Tutt'altro, gli avventori erano gli stessi barboni che avrebbe potuto incontrare il giorno dopo e il giorno prima a chiedere l'elemosina sulla strada, con la sola differenza che questi avevano i soldi per entrare.
Ampio e accogliente, l'assenza di finestre e la presenza di vetri oscuranti all'entrata impediva alla luce solare di entrare, e la luce al neon, unica fonte di illuminazione, faceva in modo che il locale sembrasse immerso nell'oscurità ventiquattrore su ventiquattro, dando l'impressione ai suoi avventori di essere entrati in un sogno.
Un sogno dominato dai fumi dell'alcool, e in senso più letterale dai fumi di varie sostanze stupefacenti che venivano consumate regolarmente tanto dagli avventori quanto dallo staff del locale.
Come ogni notte, la clientela se ne stava ammassata attorno ai tavoli dove si agitavano le ballerine, eccetto per chi era più interessato ad annegare i propri dispiaceri che a guardare la squadra di avvenenti demoni che si agitavano intorno al palo.
Oppure aspettavano solo la carica giusta per farlo.
Ma non solo per stare a guardare, ma per fare molto di più.
Il Lusten, night club e bordello, attività che a Pentagram City non avrebbe mai sofferto di assenza di clientela, o di manodopera.
<< Hic! E così mi ha supplicato di non mangiargli la testa “Scusami! Se sapevo che facevi il culo a tutta la mia banda assalivamo qualcun altro, non uccidermi ti prego!” Hic! >>
Un suono di schianto seguitò da un sonoro rutto (e da un applauso) echeggiò per il locale, segno che qualcuno aveva appena mandato giù una quantità di birra superiore al sangue che aveva in circolo.
Cercando la fonte del rumore con lo sguardo, gli occhi di Mihaela si posarono su due demoni sedute al bar:
La prima, quella che aveva battuto il pugno sul bancone (e che pareva aver buttato giù una quantità d'alcool superiore al sangue che aveva in circolo), si presentava come una procace demone dalla pelle scura e violacea, dai cui corti capelli a caschetto, sempre viola ma accesi, spuntavano fuori due antenne da cavalletta.
Il suo aspetto a parte quei colori improponibili era perlopiù umano, eccezion fatta per le antenne, i denti decisamente troppo seghettati per un essere umano, per non parlare poi di quelle appendici consistenti in due lame affilate che di tanto in tanto fuoriuscivano dal sotto dei suoi avambracci, collegate ad essi da una strana struttura chitinosa, per poi estendersi in avanti.
Mihaela non aveva mai visto niente di simile, forse l'immagine più immediata che poteva richiamare alla mente era quella di una mantide, e di certo non si augurava di infilare il suo collo sotto quelle lame spaventose, splendenti di un'inquietante aura violacea.
<< Potrei mettermi a ridere, se non fosse solo la quinta volta che lo racconti! Mi sto pentendo di non averti uccisa prima. >>
Accanto a lei, un ugualmente procace (ma anche più agghindata, a differenza della compare il cui abbigliamento si riduceva a dei pantaloni neri attillati e un top rosso vivace) demone leonessa, sembrava in lotta con se stessa per non mettere le mani sul collo della compagna di bevute.
Tutta ricoperta da un manto di pelliccia bianca, come bianchi erano i fluenti capelli legati in un turbine di trecce bianche, l'altra demone scrutava con fare fra lo stoico e l'irritato la compagna di bevute.
Se a prima vista il suo aspetto le era parso meno assurda, Mihaela dovette ricredersi quando intravide i suoi occhi, intenti a scrutare con ostilità quella demone che non si capiva se fosse una sua amica o la sua futura vittima.
Un occhio era celeste, con la pupilla verticale bianca, l'altro invece era giallo, e la pupilla era assente, di contro gli occhi dell'altra demone erano verdi.
Difficile dire chi fosse la più bizzarra delle due, se la cavalletta viola o la leonessa vestita con mimetica e pantaloncini corti ed il seno fasciato, come una militare in qualche giungla desolata.
<< Piuttosto, mi dici perché ti hanno attaccata? >>
La cavalletta alzò le spalle e tirò giù un altro bicchiere.
<< Urlavano qualcosa sul non entrare in questo locale, io ho risposto facendoli entrare in una bara. >>
Per festeggiare la propria vittoria ordinò di nuovo da bere, il numero dei bicchieri vuoti accanto a lei superavano di tre volte quelli della compagna.
Mihaela decise che non aveva bisogno di ascoltare altro, e fece per andarsene, ma purtroppo per lei un demone particolarmente alticcio ebbe la bellissima idea di tentare un approccio con le due, mettendosi dietro di loro e allargando le mani sui loro fondoschiena.
Risultato?
Nemmeno il tempo di arrivarci che il demone si trovò proiettato dall'altra parte del locale, investendo una Mihaela che aveva avuto sì la prontezza di voltarsi prima della tragedia ma la sfortuna di essere rimasta nella traiettoria sbagliata.
Il demone (morto o vivo che fosse) le finì addosso con una forza micidiale, e lei venne sparata in avanti, scontrandosi contro una folla intenta ad ammirare delle prosperose ballerine esibirsi attorno ai pali e mandando gambe all'aria non poche persone.
Per fortuna il volo fu breve, e cadde sul pavimento prima di schiantarsi contro qualche muro (merito di tutte le persone a cui era andata addosso), finendo con il ritrovarsi faccia a terra, circondata da almeno una decina di demoni messi peggio di lei.
<< Fan... culo. >>
Intontita dai ripetuti schianti e dal borbottio di fondo, Mihaela iniziò a sollevarsi dal pavimento tenendosi la fronte, per fortuna una delle ballerine parve intervenire in suo aiuto.
<< Tutto bene, dolce- >>
<< Sì, graz- >>
Appena alzò lo sguardo, le parole le morirono in gola.
Davanti a lei, con una delle tante braccia attaccate al palo, un'avvenente demone ragno dal pelo bianco ricoperto di macchiette viola come viola erano i suoi occhi (a cui si aggiungevano varie decorazioni a forma di occhio, sempre rigorosamente viola), le stava porgendo la mano con fare incerto per aiutarla a rialzarsi.
La demone emergeva fra le altre ballerine per la sua grande altezza, intorno ai due e settanta, di cui venti centimetri li doveva alla lunga coda di cavallo su cui correva una linea viola che la divideva in due parti uguali,
Ma il dettaglio su cui Mihaela si stava soffermando in quel momento era il fatto che la ballerina non stesse indossando nient'altro che un paio di mutande, quelle e l'elastico che le teneva il codino, decorato con una familiare vedova nera e fiori vari.
La donna non poté fare a meno di soffermarsi sul corpo della ballerina, in particolare sotto al petto, dove si estendeva una macchia a linee scure che doveva essere più di una semplice voglia.
Però no.
Non era il fatto che fosse nuda la cosa sconvolgente, considerando il tipo di locale in cui Mihaela era entrata e in cui era già stata più volte di quanto avrebbe mai ammesso, no, la cosa sconvolgente era che lei quella ballerina la conosceva bene, ed il pensiero andò subito alle banconote custodite nella cassaforte.
Le banconote che le due avevano guadagnato qualche giorno fa dopo una delirante avventura con quel patetico imp.
L'altra demone rimase a guardarla interdetta, poi sorrise compiacente.
<< Sai, non pensavo fossi tipa da donne! >>
<< INFATTI NON LO SONO! >>
Quando i demoni circostanti si voltarono verso di lei, Mihaela comprese che forse, forse, aveva risposto a voce più alta di quanto fosse necessario.
<< C-comunque, buona serata! >>
Senza dare il tempo alla demone ragno di replicare, si rialzò su quattro zampe e prese lo slancio in avanti, allontanandosi a velocità sostenuta verso un corridoio, incurante delle fiammelle radioattive che lasciò dietro di se sul pavimento e su altri avventori, prontamente estinte dai membri dello staff.
Dopo un iniziale smarrimento, un sorriso furbetto comparve sulle labbra della ballerina.
<< Credo mi prenderò cinque minuti di pausa. >>
Con nonchalance, scese dal palchetto, avanzando senza pudore in mezzo alla platea di demoni disorientati.
Ciò non impedì ad un tarchiato demone dalle fattezze taurine di andarle dietro a prenderle la mano.
<< Ehi tesoro, sei libera? >>
Un sorriso malevolo affiorò sulle labbra della donna.
<< Sono in pausa, cerca un'altra ragazza. >>
Cercò di andarsene, ma l'avventore non pareva intenzionato a mollare l'osso.
<< Ma io non cerco un'altra ragazza... >>
A questo puntò la demone liberò la mano con forza e schioccò all'interlocutore un'occhiataccia più intensa di una pugnalata.
<< Se hai tanta voglia, ficcati un remo nel culo e vedi come ti passa! >>
Il cliente recepì il messaggio e si allontanò, e adesso che il cugino brutto del minotauro si era levato dalle palle, la demone poté dirigersi verso il corridoio con passo ondeggiante.

<< Hai il- >>
<< Prendi! >>
Sbattuto il biglietto VIP sul petto dell'immenso buttafuori con una pressione tale da lasciargli involontariamente una bruciatura a forma di mano sul petto, Mihaela aprì con forza la porta biancorossa e si chiuse all'interno della stanza.
Una volta da sola, iniziò a inspirare profondamente.
Che dire, non era un incontro che si era aspettata, certo, Sherry le aveva detto che spesso lavorava ballando (e non solo) in vari locali, ma chi l'avrebbe mai detto che fra tutti i bordelli e night club della città, sarebbe andata a ballare lì proprio quella specifica sera!
Non che ci fosse nulla di male, assolutamente, eccetto per la sua reazione.
Nel senso, non c'era nulla di male se una persona che conosceva la vedeva in quel locale, e non c'era niente di male se lei vedeva una persona nuda che conosceva ballare sul palco.
Ah, quarantaquattro anni senza stare in intimità con nessuno la rendeva una frana nei rapporti sociali, beh, avrebbe trovato spiegazioni in un secondo momento, adesso doveva aspettare quella persona.
Era certa di essere nella stanza giusta, non quella VIP ovviamente, ma il biglietto oltre alla stanza dei clienti più affezionati apriva le porte anche per l'ufficio del gestore.
C'era da dire che il termine ufficio era parecchio improprio, la stanza altro non era che una stanza da letto particolarmente larga, non certo il posto perfetto per viverci dentro ma abbastanza per consumare una notte di passione con qualche partner ben disposto.
Si trovò a deglutire, pensando che quello era un dettaglio di cui aveva già fatto esperienza, e nel pensarci non si accorse della porta che si aprì alle sue spalle e poi si richiuse, proprio non si accorse di avere qualcuno appena dietro di lei fino a quando la sua nuca non iniziò ad avvertire una familiare sensazione di morbidezza.
Appena se ne accorse, la demone sbarrò gli occhi e saltò in avanti, come scottata, mentre una voce per lei molto familiare le arrivò all'orecchio sotto la forma di una risatina malefica.
<< Che cattiva che sei, non si scappa così dalle persone. >>
Mihaela si girò, ma ancora prima di farlo sapeva già bene chi si sarebbe trovata davanti.
<< Melanie... mi hai fatto chiamare. >>
Davanti a lei si ergeva una demone dalla bellezza statuaria, al di sopra di qualsiasi ballerina presente nel locale:
Alta, e parecchio più di Mihaela, con un gradevolissimo corpo a clessidra dalle curve ben evidenti, la proprietaria del Lusten si muoveva con fare leggiadro per la stanza, senza curarsi di chiudere la porta (nessuno avrebbe osato entrare senza permesso), squadrando la demone radioattiva con i suoi ipnotici occhi da predatrice, dalla sclera grigio scura, l'iride più chiara, tendente al bianco e la pupilla fucsia luminosa, per poi sedersi comodamente su un divanetto vicino.
Mihaela non aveva dubbi sul perché fosse la più richiesta ma allo stesso tempo la più irraggiungibile del locale, la donna, in fatto di fattezze, somigliava ad un comune essere umano, ma comune lei non lo era per niente.
I suoi capelli, fucsia accesi con alcune ciocche nere, scendevano fino a sfiorarle il fondoschiena, mentre qualche ciuffo le scendeva sui seni e, al massimo, sul viso, vicino al suo naso dritto e appuntito, come appuntito era il suo mento.
La sua pelle era semplicemente priva di imperfezioni, si presentava come bianca e liscia, ma in alcune parti assumeva alcune sfumature azzurrine più o meno intense di zona in zona.
Non c'era dubbio che fosse lei la proprietaria di un locale che significava “lussuria”, ogni parte del suo corpo sembrava un'allusione al piacere, dai seni generosi, le curve abbondanti e le labbra carnose color azzurro scuro.
A questa bellezza naturale si aggiungeva certamente una grande cura per il proprio corpo, il viso, dalle sopracciglia eleganti alle ciglia degli occhi, folte e lunghe di color fucsia scuro.
Malgrado il corpo fosse quasi totalmente privo di tratti sovrannaturali, i suoi occhi, ipnotici, severi e predatori allo stesso tempo e la sua altezza statuaria le conferivano un'invisibile aura di pericolo anche quando se ne stava mezza sdraiata sul divano.
Come se la natura non l'avesse resa abbastanza seducente, ad aumentare il suo sex appeal contribuiva il suo body attillato, che ben si curava di evidenziarle le forme generose, lasciando scoperta un'ampia scollatura e la zona dell'ombelico, mentre nella zona delle gambe l'unico indumento era rappresentato da calze nere dai contorni fucsia che le lasciavano scoperte la parte superiore delle cosce e parte del piede, fra cui le dita.
A completare l'opera, dei lunghi guanti neri che le coprivano le braccia, terminanti in una folta pelliccia rosa chiaro.
<< Ti ho fatta chiamare, sì, avrei bisogno di aiuto per una faccenda delicata, ed ho pensato: perché non approfittarne per dare lavoro ad una mia cara amica? >>
Un'altra risatina, sempre con quel tono fra il serio ed il seducente che rendeva alla demone radioattiva impossibile decifrare le sue intenzioni, con quella donna era difficile capire quando voleva solo parlarti e quando cercava di sedurti, sempre se per lei non fosse la stessa cosa.
<< Siediti, da brava, e serviti pure. >>
Mihaela si sedette su una poltrona un po' troppo grande per la sua stazza, e notò solo allora di avere affianco un tavolino con qualche snack, gentilmente offerto dalla padrona del locale.
<< Scusa, che maleducata, non ti ho chiesto come stai, ammetto che mi ero un po' preoccupata quando ho saputo che un certo albergo non poco lontano da qui aveva perso buona parte del piano terra, ma sono felice di vedere che stai bene, dolcezza. >>
Un brivido attraversò la mano di Mihaela mentre afferrava un bicchiere pieno di brandy che evidentemente era stato piazzato sul tavolino in attesa che entrasse lei.
<< Vedo che sei ben informata... allora, per quale motivo hai dovuto mandarmi una lettera? Voglio dire, facevi prima con un messaggio... >>
Melanie rispose stiracchiando le braccia e posizionandosi in modo, se possibile, da apparire ancora più seducente, e questo, Mihaela lo sapeva, era il suo modo per dirle, “non fare domande stupide, sciocchina”.
<< Overlord, di questi tempi non puoi mai sapere chi legge i tuoi messaggi, poi non volevo che non lo leggessi perché ti si era sciolto il telefono. >>
Il ragionamento non aveva tutti i torti, Mihaela lasciava sempre il cellulare a casa come se fosse un telefono fisso, o almeno faceva così dopo il terzo che le si era sciolto addosso, il vestito resisteva pure al suo calore e alle radiazioni... ciò che gli veniva messo dentro no.
<< E anche se fosse? Devo dedur- >>
Non poté finire che l'avvenente proprietaria del Lusten le sorrise, come si sorride ad una bambina che ha risolto un problema elementare.
<< Che il nostro nemico è un overlod? Probabile. >>
Mihaela deglutì, non amava prolungare una discussione più del necessario, Melanie la fissò alzando un sopracciglio.
<< Potresti essere più loquace ai nostri incontri, sai, mi piacerebbe fare un po' di conversazione ogni tanto... >>
La demone radioattiva sospirò.
<< Scusami, è stata una brutta giornata, sai... il piano terra. >>
<< Oh, scusami tu, spero allora che questa missione non sia un... >>
Mihaela scosse la testa.
<< Nessun problema, infliggere dolore a qualcuno che se lo merita è un ottimo modo per sfogare lo stress. >>
<< Perfetto cara! >>
Melanie si mise in piedi quasi di scatto, e poi incrociò le braccia ed iniziò a camminarle attorno a passetti più o meno veloci.
<< Vedi, sai che questo locale ha un certo ruolo negli equilibri di poteri in questa città, non credo serva spiegartelo. >>
Mihaela annuì, il Lusten si trovava circondato da più territori appartenenti ad overlord vari o piccole bande, e malgrado lo “scacchiere politico” della città fosse soggetto a continui cambiamenti, la posizione del Lusten negli ultimi tempi, se non dalla sua creazione era rimasta più o meno la stessa: quella di una zona franca in mezzo a tanti potentati locali, dove membri di tutte le fazioni potevano andare a divertirsi, o incontrarsi per negoziare alleanze e tregue senza timore di trovarsi a fare una fine bruttissima.
Sinceramente, Mihaela ignorava come mai nessun overlord si fosse preso la briga di rivendicare questo locale per se, forse conveniva a tutti avere un porto franco dove negoziare a svagarsi, ma qualcosa le diceva che sotto c'era ben più di questo.
Fatto sta che il locale apparteneva soltanto alla sua proprietaria, e che il suo flusso di guadagni certamente poteva fare gola a molti.
<< Ecco, diciamo che da qualche settimana a questa parte qualcuno ha deciso che la nostra attività non gli va a genio, certo, nessuno ha osato attaccare al locale, farebbe una fine orribile prima ancora di salire i gradini. >> nel dirlo, Melanie ridacchiò con una certa soddisfazione, tanto da far pensare a Mihaela che quell'eventualità dovesse già essersi verificata qualche giorno fa.
<< Ma fuori dal locale, i nostri clienti sono vulnerabili, e di recente qualche banda si diverte a terrorizzarli e... ucciderli con qualche arma angelica di contrabbando, e questo non fa bene agli affari, oltre a rendermi davvero triste. >> simulò un broncio.
Mihaela in tutto questo rimaneva ad ascoltarla in silenzio, incapace di staccare lo sguardo dalla figura che le camminava vicino.
<< Immagino tu abbia capito dove voglio arrivare, dolcezza. >>
<< Devo trovare queste persone, e ucciderle? >>
<< Brava bambina, esatto, sono certo che basterà a far capire al loro mandante, perché sono certa non sia opera di qualche banda da due soldi, che con il Lusten non si scherza, capisci, preferisco non andare in giro per vicoli a dare la caccia a questi criminali, ciò non gioverebbe all'immagine del locale. >>
La proprietaria si fermò dietro la poltroncina della demone radioattiva, appoggiando le mani sullo schienale per poi mettersi a sussurrare con tono seducente.
<< Che ne dici? >>
<< Accetto, dimmi dov- >>
<< Grazie dolcezza! >>
In un attimo le braccia della demone le si avvolsero attorno alle spalle, mentre la guancia della proprietaria finì attaccata alla sua, in quel momento Mihaela poteva sentire il proprio calore corporeo aumentare vertiginosamente, mentre un inquietante suono di sfrigolio proveniva dal volto di Melanie, che però sembrava non risentirne affatto.
Tutt'altro, la proprietaria accostò le labbra all'orecchio della sua ospite, sussurrandole con voce maliziosa mentre le sue dita si posavano sulle braccia della donna radioattiva.
L'indice destro iniziò a disegnarle cerchietti immaginati sul braccio della divisa.
<< Ovviamente è prevista una ricca ricompensa, in denaro e, se avrai voglia... >>
<< Ok ok puoi passare! >>
In un attimo, la porta si spalancò, e la sagoma di Sherry entrò rapidamente in stanza, dopo essersi cautamente abbassata per non sbattere la testa contro lo stipite dell'ingresso.
Mihaela non poté fare a meno di notare che indossava ancora gli abiti da lavoro.
Sherry invece, accortasi che erano in più di due in quella stanza, lasciò morire in gola qualsiasi cosa stesse per dire.
<< Oh, scusate, vi lascio finire quello che state per fare? >>
Melanie si era già messa dritta, mentre Mihaela per la prima volta si era ritrovata a pregare, a pregare che quello che era passato per la mente di Sherry non fosse quello che aveva appena immaginato.
<< Oh no, dolcezza, entra pure, stavo giusto per farti chiamare, ti andrebbe di guadagnare qualche centone in più? >>
Non era nemmeno arrivata a metà della parola “centone” che un sorriso vi vivo interesse affiorò sul volto di Sherry, che non perse tempo ad appoggiarsi sensualmente alla parete vicina con una delle sei braccia, mentre con altre due provvide presto ad aggiustarsi il seno.
<< In quale stanza? >>
Una risatina sfuggì dalle labbra della padrona dell'edificio, Mihaela invece stava soltanto cercando di non prendere fuoco assieme alla poltrona.
<< Non è quel tipo di lavoro, potrai conservare le tue arti amatorie per la prossima volta che avremo bisogno di una ballerina, in realtà avrei bisogno che cercate delle persone e... le convinciate a non farmi i dispetti. >>
Evidentemente Sherry doveva conoscere abbastanza bene Melanie da comprenderne il gergo, perché si limitò ad annuire con complicità.
<< Chi dobbiamo ammazzare? >>
<< Delle amabili personcine che hanno deciso di mettere in discussione la nostra politica di neutralità, aggrediscono i nostri clienti e danneggiano tutti noi, un ottimo motivo per far capire a chiunque sia il mandante che certi gesti andrebbero evitati. >>
In tutto questo, Mihaela assisteva attonita alla discussione.
Era un caso, o Melanie sapeva che si conoscevano? Beh, una donna come lei poteva benissimo avere occhi ovunque... ma tutto sommato una missione in compagnia non le dispiaceva, specie se la compagnia non era quella di un merdoso nazista scorbutico con la routine quotidiana di un pensionato.
Terminato di spiegare, Melanie non si prese nemmeno la briga di chiedere se la cosa andava bene, si limitò a battere le mani, e la guardia del corpo di prima entrò in stanza, facendo molta attenzione a starsene quanto più lontana possibile dall'ospite radioattiva.
Raggiunta Sherry, le consegnò delle chiavi di una macchina, gentile da parte di Melanie prestarle un mezzo.
Ma gli occhi di Mihaela vennero subito catturati da una bizzarra figura che sembrava aspettare fuori dalla stanza, non era una guardia del corpo, ma un demone molto... strano, un essere composto da vegetali e con una testa costituita in buona parte da una grossa zucca agghindata con un largo cappello.
Se ne stava in piedi a bere, ricoperto da un trench dello stesso marrone scuro del cappello, sembrava un detective.
Questi, come si accorse di essere osservato, ricambiò lo sguardo, e Mihaela non poté che interrogarsi sulle intenzioni di quell'individuo, che non le parevano delle migliori.
<< Abbiamo un accordo allora, confido che non mi deluderete. >>
Riportò lo sguardo su Melanie.
<< Ah sì, certamente... >>
Sherry lanciò le chiavi a Mihaela, che le prese al volo.
<< Vado a cambiarmi allora, poi andiamo a calciare qualche culo! >>
La demone radioattiva sorrise, forse tutto sommato non sarebbe stata una brutta giornata.




Nota dell'autore
Il personaggio di Sherry appartiene ad
Aladidragocchiodiluce, e l'avventura più volte citata fra lei e la protagonista è narrata nella fanfic Una notte all'inferno.
Il personaggio di Melanie, e tutta l'idea relativa al Lusten Club appartengono invece a
Golden Fredbear, ringrazio caldamente entrambi per avermi prestato i loro oc, essenziali per dare una trama a questa storia, oltre che per renderla più divertente da scrivere.
   
 
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