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Autore: DarBk Angel    07/12/2020    1 recensioni
È straziante, il mio cuore dilaniato viene trafitto dai singhiozzi di paura e dalle grida di rabbia di quel corpo esile, ancora pieno di vita e speranza. Non sento più le gambe, il resto che il mio corpo percepisce è tortura che cancella la ragione.
Il soccorritore con movimenti fulminei scarica il suo peso su di me, nel tentativo utopico di potermi salvare, di poter far una corsa contro il tempo.
So che è inutile, per me non esisterà più il tempo.
Da quel corpo tremante e disperato, lacrime amare cadono sulle mie labbra quasi fredde.
Consapevolezza per entrambi.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shisui Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Cieca Catarsi

Rilassai le mie membra, il tempo pareva essersi congelato. 
Credetti di avere trovato la pace, mentre precipitavo.
Pensai di poter toccare la fine eterna con un dito, senza soffrire.                                                                                                                                                   
Avevo illusioni e ingenuità sufficienti per affrontare la paura dell’ignoto.                                                                                                                                                               
Mi tranquillizzai dicendomi che dopotutto, morire non sarebbe stato così spaventoso.
Sarebbe stata questione di attimi.

Questo attraversò la mia mente e cadevo nel vuoto, ancora non avevo toccato il fondo del baratro.
Ma tutto giunge ad una fine e anche la mia caduta libera trovò il suo triste capolinea.
Ci fu lo schianto col fondo del dirupo e il mio corpo infranse la superficie dell’acqua.   
L’impatto fu tremendo.                                                                                                                                                             
Il mondo divenne dolore e il mio respiro cominciò a bruciare, fino a perdersi nell’oscurità dei flutti.                              
La ragione fu offuscata da pensieri, ricordi e sentimenti intrappolati, confusi: una carrellata di forti emozioni esplose nel mio petto.
Lo sciabordio del fiume travolse la diga del mio coraggio, lasciando scorrere nella mia mente, debole e umana, l’attanagliante terrore nato dalla consapevolezza che, presto, mi sarei dovuto confrontare con la mia fine.
 
Spalanco le cornee vuote sott’acqua: nessuna luce per me, nessuna pace e fine immediata.
Una morte dannata per colui che in vita si è macchiato dei crimini più atroci.
il mio corpo riemerge dal fondo, sballottato da potenti correnti contro i massi che seguono il corso del fiume.                                                                                                                                                                                  
Sono qui, portato alla deriva, la mia ragione ferita dal dolore: percepisco tutto come attraverso un velo squarciato, un velo rosso di sangue, di follia, di desiderio.
Desiderio che tutto finisca il prima possibile.
‘Che qualcuno mi uccida’
Unica voce martellante che ancora mi tenga aggrappato alla mia umanità, sono incapace di formulare qualsiasi altro pensiero: ‘che qualcuno mi uccida’.
È la morte ciò che ogni singolo nervo del mio corpo anela con affanno e disperazione, scosso da spasmi e convulsioni.              
                                                                                                                                   
Un folle desiderio, che quasi soffoca l’angoscia per la paura dell’ignota fine.
Vorrei gridare, ma dalle mie labbra si riversano solo sangue e acqua.

Un essere vuoto che marcirà sul fondo del fiume di questa città assassina.
Ecco cosa sono.

“Resisti!” Sento una voce lontana che martella i miei timpani frantumati.
Non vedo il suo viso, non percepisco il suo odore, respiro e tossisco solo il sangue che gorgoglia nei miei polmoni, nella mia gola, nel mio naso.


Liquido dolciastro che dipinge la terra paludosa attorno a quel che resta di me, si mescola con il fango e l’acqua che impregnano i miei vestiti strappati.
Il fiume mi ha portato sulla riva.

Le mie mani si impiastrano di melma, la mia testa accasciata su un sasso.
Stanchezza, un dolore acuto, grida nel mio cervello: vorrei dormire e dimenticare tutto questo, ma non posso; le mie palpebre pesanti si abbassano sulle orbite vuote e buie, senza provare sollievo.
Sono cieco.
Improvvisamente un corpo si spinge con disperazione sul mio petto, schiacciando la cassa toracica a intervalli regolari.
“non lasciarmi Shisui, reagisci!”
 È straziante, il mio cuore dilaniato viene trafitto dai singhiozzi di paura e dalle grida di rabbia di quel corpo esile, ancora pieno di vita e speranza. Non sento più le gambe, il resto che il mio corpo percepisce è tortura che cancella la ragione.

Il soccorritore con movimenti fulminei scarica il suo peso su di me, nel tentativo utopico di potermi salvare, di poter far una corsa contro il tempo.
So che è inutile, per me non esisterà più il tempo.

Da quel corpo tremante e disperato, lacrime amare cadono sulle mie labbra quasi fredde.
Consapevolezza per entrambi.

Giungerà la Notte.

Cerco di alzarmi per poter sfiorare il viso della persona più cara per me, almeno un’ultima volta, ma dal braccio abbandonato lungo il mio fianco, solo un tremolio dell’indice è ciò che ottengo.
Non penso l’abbia notato.
La solitudine e l’impotenza avvolgono il mio petto: non potrò dirgli addio e tale consapevolezza mi annienta.
Quel corpo vivo smette di concentrare le sue forze per farmi il massaggio cardiaco: ha compreso che non apparterrò più a questo mondo, che è questione di istanti. Si avvinghia a me, affondando le dita nelle mie spalle e sporcandosi del mio sangue.
Lo sento gemere per il dolore che gli sto procurando, vedendomi in queste condizioni. Lo sento gridare, piangere, supplicare. Poi vi è silenzio.
Non sono un uomo che merita salvezza, pietà o miracoli, eppure qualcosa, o qualcuno, mi aiutò nel mio ultimo desiderio; lo stomaco si contrasse, le testa scattò di lato e vomitai sangue e altri liquidi, impastando la terra e l’acqua che mi circondavano.

Rantolai faticosamente e poi uscì un bisbiglio dalla mia bocca spezzata, un filo di voce piccolo, impercettibile, pieno di paura non celata.
“Perdonami.” 
 
Che senso avrebbe avuto fingere di non aver paura? Negare la debolezza, quando tutto quello che restava di me e della mia vita, non era che il mio corpo, presto cadavere? Avevo perso tutto, stavo perdendo tutto.
“Ho paura.”

Voltai il viso verso la persona giunta a me, che ora non potevo e che mai più avrei potuto vedere. Egli mi prese la mano e la posò sulla sua guancia.
Era fredda e bagnata.
“Sshhh” la sua voce da ragazzo, rotta dal pianto, rimase impressa nel mio petto come un marchio di fuoco.
Sentivo già bruciare la mia anima ancor prima di esser giunto all’inferno.
O forse vi ero sempre stato, all’inferno.

“Shisui” il ragazzo mi strinse a sé singhiozzando il mio nome “non doveva finire così”.
Sta tremando: “non voglio”, ha la voce spezzata, “non voglio perdere…”
Il suo respiro si fa affannoso, mentre il mio rallenta, inesorabile.
“Nemmeno io” ho le labbra secche, la lingua impastata “non voglio…”.
Rantolo e tossisco, consapevole che per me è arrivato il momento di andarsene da questo mondo impregnato di morte.
“Addio Itachi”
“Shisui, no!”
Una lacrima scende dalla mia orbita vuota.
“Anche io”.

Il rombo della cascata coprì le grida di Itachi, spezzato, folle di dolore, condannato alla solitudine e a macchiarsi del sangue caldo dei suoi fratelli, vivo ma solo per adempire al proprio destino, suo carnefice.

L’acqua del fiume divenne tomba di Shisui, pieno di rimpianti, di rimorsi, sogni annegati nel sacrificio di una vita innocente, annegati nella disperazione di un amore che mai conoscerà né inizio, né pace.

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Ormai è molto che non scrivo più, questa è una ff risalente al 22/01/18 che non ho mai pubblicato. Spero possa piacervi.
 
 
   
 
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