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Autore: Saigo il SenzaVolto    20/12/2020    1 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore' e de 'La Battaglia di Eldia'
Il Villaggio della Foglia ha una lunga serie di precedenti nella formazione di alcuni dei più pericolosi e famigerati Ninja Traditori che abbiano mai messo piede sulla Terra: Orochimaru, Kabuto, Obito, Itachi, Sasuke... era solo questione di tempo quindi prima che ne producessero un altro. Ma nessuno, specialmente Naruto, si era aspettato che il prossimo Nukenin sarebbe stato Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha. Questa è la conclusione della sua storia, e di tutto ciò che ha generato. Una nuova Guerra sembra aleggiare inevitabilmente all'orizzonte. La Quinta Guerra Mondiale.
Una Guerra per porre fine a tutte le Guerre.
Uno scontro tra Bene e Male. Tra Luce e Oscurità. Tra Shinobi e Guerrieri. Tra Famiglia e Famiglia.
Riuscirà Naruto a rimettere insieme la sua famiglia spezzata? Oppure la sua storia terminerà così, schiacciata sotto la morsa crudele ed implacabile del Destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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OPERAZIONE KARA




01 Giugno, 0022 AIT
Terra dei Fiumi, Valle senza Nome
Nascondiglio Segreto di Saiken
08:03

Due ore prima dell’inizio del capitolo precedente

Nonostante l’estate fosse ormai vicina, la pioggia cadeva incessantemente sopra di lei. Himawari la accolse in silenzio, senza nemmeno tentare di mettersi al riparo. Dopotutto, lei per prima dubitava che quest’alluvione tropicale potesse lavare via l'atmosfera intricata e disperata che attanagliava lei ed i suoi amici.

Alzando lo sguardo in alto, posò i suoi occhi azzurri sotto al cielo scuro e cinereo.

Nonostante l’aria attorno a lei fosse calma e silenziosa, un certo sentimento persistente le attanagliava l’anima da diverso tempo.

La sensazione di essere osservata.

Himawari ne era certa. Non sapeva perché, non sapeva come, ma ne era certa. Nel momento in cui era uscita dall’accampamento, i suoi sensi allenati avevano percepito un distintivo paio di occhi puntarsi su di lei. All'inizio aveva pensato che fosse solo una paranoia… ma mano a mano che il tempo passava e i suoi sensi si estendevano, il suo animo diventava sempre più sensibile allo sguardo, fino a convincerla definitivamente della sua esistenza. Qualcuno, da qualche parte e in qualche modo, la stava osservando.

Ma chi?

La sensazione che si sentiva addosso non era per niente piacevole. Era feroce, malevola, opprimente. Una sensazione che sapeva di rabbia e di vendetta. Qualcosa di molto più oscuro e feroce di quanto non avesse mai percepito prima, nemmeno nello sguardo oscuro ed infestato di suo fratello. Questo, questo era molto peggio.

E questa cosa la spaventava.

Rimase ferma in mezzo alla foresta, il suo corpo completamente immerso sotto la pioggia. Aveva pensato che allontanandosi dal campo si sarebbe sentita meglio, che sarebbe riuscita a trovare un attimo di respiro, ma così non era. La sensazione non cessava. Lo sguardo puntato su di lei non diminuiva. E lei se lo sentiva dentro con una certezza indomabile.

Con un ringhio di frustrazione, si allontanò dalla foresta e si diresse nuovamente all’accampamento.

Poi, di colpo e all’improvviso, si fermò.

Dopo aver fatto a malapena cinque passi verso il luogo dove si trovavano i suoi amici, i suoi occhi vennero accolti da uno spettacolo inaspettato.

Sopra al ramo di un abete secolare, fradicio di pioggia ma apparentemente incurante dell’acqua, un gufo nero e delle proporzioni immense stava appollaiato in attesa di qualcuno. La cosa inquietante?

Gli occhi gialli del volatile erano puntati su di lei.

La ragazza esitò, prima di fare un respiro profondo ed avvicinarsi tentativamente all’animale. Due secondi dopo, come se le avesse letto nel pensiero, il gufo emise un suono sordo dal suo becco, sollevandosi dal ramo e svolazzandole dinanzi in mezzo alla pioggia.

Himawai sgranò gli occhi con stupore. "Che cosa diavolo...?"

Una lettera nera era legata alla zampa del gufo.
 


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01 Giugno, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Campo di Addestramento n°14
12:00

Shikamaru fece una smorfia mentre sentiva il sapore amaro del tabacco sulla lingua. La sigaretta che stava fumando era stretta tra i suoi denti talmente forte che si stava schiacciando. Respirò meccanicamente, dentro e fuori, ad un ritmo costante, perché sapeva che se non lo avesse fatto avrebbe inconsapevolmente respirato a malapena fino a quando non avesse perso la pazienza in un impeto di rabbia.

La situazione era tesa. La guerra puntava a favore del nemico, e come se questo non fosse stato abbastanza, adesso era persino successo l’impensabile. Naruto e Sentoki erano scomparsi. Erano svaniti nel nulla. La loro presenza e la loro segnatura di chakra erano completamente scomparse. E questo non poteva significare nulla di buono.

“Sei sicuro che sia questo il luogo?” domandò nervosamente.

Accanto a lui, l’Ottavo Hokage annuì, fissando il campo di addestramento e la natura che li circondava con sguardo attento. I suoi occhi, solitamente neri e scuri come la notte, adesso erano diventati gialli e dalle pupille allungate, con le palpebre avvolte da chiazze di energia color arancio. Gli ANBU e i Jonin presenti perlustravano i dintorni con la massima serietà mentre il neo Hokage scandagliava il campo con la sua Modalità Eremitica dei Rospi, allungando i sensi alla ricerca della più piccola pulsione di chakra.

“Non ci sono dubbi,” rispose Konohamaru. “La strana interferenza energetica che abbiamo percepito poco fa proveniva da qui. Così come il chakra di Naruto e Sentoki.”

Il Nara posò lo sguardo verso tutto ciò che gli capitava sott’occhio. “Ma non sono più qui?” pressò ulteriormente.

“Non sono più qui,” confermò l’Ottavo. Serrò le dita mentre la sua fronte cominciava a sudare copiosamente. In meno di un battito di ciglia, si voltò di scatto e prese a sbraitare ordini ai loro uomini affinché comunicassero lo stato d’allerta per tutto il Villaggio. Se Naruto e Sentoki erano scomparsi – Naruto e Sentoki, tra tutti – allora l’intera Konoha era in pericolo.

Ecco perché Shikamaru era alle prese con la rabbia e il terrore in quel momento. Conosceva Naruto da una vita, e dopo tutte le esperienze passate con Sentoki, sapeva che quel vecchio monaco era una persona di cui poteva fidarsi. Per cui, se quei due erano scomparsi, la situazione era grave. Non avrebbero mai potuto andarsene dal Villaggio senza una valida ragione, men che mai senza avvertire nessuno. Non così, non in questo modo. E la strana pulsione di energia oscura che Konohamaru aveva percepito pochi minuti fa non faceva altro che alimentare i suoi sospetti.

Era successo qualcosa. Qualcosa di terribile. Su questo, Shikamaru era pronto a scommetterci.

Konohamaru si voltò nervosamente verso di lui. “…credi che sia opera di Boruto?” domandò, facendo la fatidica domanda.

“Indubbiamente,” sibilò il Nara. Mentre rispondeva, fece del suo meglio per trattenere la rabbia che gli incendiava il cuore. Non c’erano dubbi nella sua mente sul fatto che all’origine della scomparsa del Settimo Hokage e dell’Abbate del Tempio del Fuoco ci fosse lo zampino del Kurokage. Nessuno al mondo poteva essere tanto folle da colpire quei due se non lui. Naruto e Sentoki non solo erano potenti, ma erano anche gli unici al mondo capaci di fronteggiare Boruto senza timore di perdere la vita. Per cui, se erano scomparsi, se erano stati in qualche modo costretti ad abbandonare il Villaggio, non poteva che essere opera sua.

Il Sarutobi appassì visibilmente. “Che cosa possiamo fare, Shikamaru?”

Shikamaru lo guardò con tristezza. Quella domanda gli era uscita fuori con un tono di voce basso e disperato, come se fosse completamente perso. E lui non poteva biasimarlo per la sua tensione. Konohamaru, giovane com’era, era in realtà un buon leader. Che fosse per via del suo retaggio, per via dei suoi predecessori, o per via di chi avesse finalmente deciso di essere; era un buon Hokage. Shikamaru lo sapeva, e lo stava vedendo sempre di più. Lui e Konohamaru avevano a cuore le stesse cose, e quest’ultimo era molto più propenso ad agire e ragionare a mente fredda rispetto a quanto lo fosse stato Naruto. Eppure a volte, proprio come adesso, il Sarutobi faticava molto sotto al peso della leadership, probabilmente a causa dell’inesperienza.

L’unica cosa che poteva fare era restargli accanto e consigliarlo al meglio delle sue possibilità. Shikamaru lo sapeva. Era il suo dovere di consigliere, di amico, e di tutore. Konohamaru era, dopotutto, il nipote del Terzo Hokage, nonché di Asuma, il suo vecchio sensei. Un uomo che per lui era stato un secondo padre in tutto, e che gli aveva insegnato il significato vero di ciò che rappresentava essere uno Shinobi. Per cui, non poteva abbandonare questa responsabilità.

“Allertiamo la Divisione di Sicurezza,” enunciò il Nara. “Raddoppiamo i turni. Mobilitiamo gli ANBU e il Dipartimento di Tortura. Tutti gli Shinobi del Villaggio – o almeno tutti quelli dal rango Chuunin in su – devono sapere ciò che è successo. Devono sapere che siamo in pericolo.”

Konohamaru annuì. Ritornò ad assumere un’espressione solenne, proprio come si addiceva al suo ruolo di Ottavo Hokage. “Manderò un messaggio anche agli altri Kage. Ormai sono partiti tutti per la Capitale assieme all’esercito, ma faremmo ugualmente meglio a dire loro la verità. Se Naruto è scomparso, prevedo brutte cose per tutti noi.”

Shikamaru sospirò, sputando a terra la sua sigaretta. “Dovremo avvisare anche Hinata ed il clan Hyuuga. Hanno il diritto di sapere,” aggiunse.

Il neo Hokage lanciò un’occhiata alle guardie che li circondavano. Il silenzio cadde ancora una volta mentre tutti gli ANBU svanivano nel nulla, affrettandosi ad ubbidire agli ordini. Una volta rimasti da soli, Konohamaru posò ancora una volta gli occhi sul suo consigliere. “E Sakura?” domandò a quel punto. “Dobbiamo avvisare anche lei?”

I denti di Shikamaru si serrarono ancora di più. Per quanto odiasse ammetterlo, ciò che era appena successo era più preoccupante di quanto potesse sembrare. “Sì,” rispose. “Inviamo immediatamente un falco messaggero. Sakura, Sarada, Himawari e mio figlio devono sapere a loro volta. Non possiamo rischiare, arrivati a questo punto.”

“E se decidessero di tornare?” chiese ancora l’altro.

“Non lo faranno,” dichiarò il Nara, deciso. “Glielo ordineremo espressamente. Forse Sakura deciderà di tornare lo stesso, visto il suo carattere, ma se gli altri abbandonassero i Bijuu per tornare al Villaggio, i Kara non esiterebbero a catturarli come hanno fatto in passato. Non possiamo rischiare una cosa del genere. Devono restare lì, per quanto io stesso detesti quest’idea. E così dovranno fare anche i Kage.”

Konohamaru trasalì come se fosse stato colpito. “V-Vuoi che Mei, Yurui e tutti gli altri continuino a restare nella Capitale?!” esclamò. “Ma perché?”

Un rivolo di sudore cadde lungo la fronte di Shikamaru. “È solo una mera ipotesi, ma se durante l’assenza di Naruto e Sentoki Boruto dovesse giungere qui… è meglio tenere lontano da lui l’esercito e i nostri alleati. Non possiamo rischiare di perdere anche loro.”

Gli occhi dell’Ottavo si sgranarono a dismisura. La sua mente non ci mise molto a realizzare cosa stava implicando il Nara con quelle parole. “Vuoi dividere le nostre forze,” sussurrò, serio. “Così da avere comunque un fronte di difesa nel caso in cui Boruto decidesse di attaccare Konoha. Ma… Ma questo è-”

“Non abbiamo scelta, Konohamaru,” disse lui, amaro.

“Come puoi dirlo? Vuoi letteralmente usare il Villaggio come esca! Non possiamo mettere in pericolo gli abitanti della Foglia!”

“E cos’altro possiamo fare?” ribatté il Nara, secco e deciso. L’Ottavo Hokage esitò dopo quella risposta brusca, restando in silenzio mentre l’altro continuava a rispondergli a tono. “Non lo capisci? Senza Naruto e Sasuke non abbiamo speranza di resistere all’Impero. Non c’è nessun altro capace di tenere testa a Boruto. Sarada potrebbe farcela, forse, ma non possiamo chiederle di tornare qui ed abbandonare il Rokubi (Esacoda) e il Nanabi (Eptacoda) al loro destino. Perciò, se vogliamo resistere, se vogliamo salvare l’unica speranza che ci rimane per vincere questa guerra, dobbiamo tenere l’esercito lontano dal nemico. Se cadesse anche quello siamo fottuti, Konohamaru!”

Il giovane Sarutobi strinse i pugni con così tanta forza da far quasi fuoriuscire il sangue. “E i civili? Non possiamo metterli in pericolo,” dichiarò a denti stretti.

Shikamaru annuì. Sapeva bene anche questo, ovviamente. “È per questo che mobiliteremo lo stato d’allerta. In questo modo i civili e tutti coloro che non fanno parte del Corpo di Difesa potranno abbandonare il Villaggio. Possono trovare rifugio nella Capitale, o nelle città più vicine. È la mossa più sicura che ci rimane se vogliamo proteggerli davvero.”

Konohamaru serrò impotentemente i denti. “Non è abbastanza,” sibilò. “Non ci sono garanzie. Non sappiamo nemmeno se Boruto attaccherà il Villaggio o meno. Cazzo, per quanto ne sappiamo, potrebbe benissimo prendere di mira la Capitale o qualsiasi altra città della Terra del Fuoco!”

“Non lo farà,” ribadì invece Shikamaru, senza perdere la calma. “Fidati di me, lo so per certo. Ciò che Boruto vuole si trova nella Foglia, e lo sa anche lui. Per cui, se dovesse attaccare davvero… lo farà qui.”

L’Hokage esitò dopo quelle parole, visibilmente colto alla sprovvista. Ciò che Boruto vuole si trova nella Foglia? Che cosa voleva dire Shikamaru con quella frase? Che cosa stava nascondendo?

Incerto su cosa pensare, Konohamaru non riuscì a proferire parola. Si limitò ad annuire, abbassando la testa con rabbia, le sue braccia che tremavano letteralmente per la furia che gli scorreva nelle vene.

Shikamaru sospirò, ingoiando il suo panico. Tirò fuori dalla tasca il suo pacchetto di sigarette. “Andiamo,” disse allora, accendendone una con moto disinvolto. “Dobbiamo escogitare un piano di difesa. Non possiamo lasciarci cogliere impreparati.”

Il Nara poté solo pregare affinché tutto potesse andare per il meglio.
 


01 Giugno, 0022 AIT
Terra dei Fiumi, Valle senza Nome
Nascondiglio Segreto di Saiken
15:15

"...e questo è probabilmente quello che sta pensando il nemico."

Sarada, Sakura, Himawari, e tutti gli altri membri della guardia dei Cercoteri ascoltarono in silenzio mentre Shikadai finiva di leggere ad alta voce il contenuto della lettera. Una lettera scritta in fretta e furia, appena inviata dal Villaggio della Foglia meno di due minuti fa. Si erano radunati tutti attorno a lui, nervosi e solenni, il loro accampamento posizionato come sempre vicino alla tana del Rokubi (Esacoda), nel bel mezzo di una valle immersa nella foresta tropicale. Dietro di loro, le immense e possenti figure di Saiken e Chōmei – per la prima volta riuniti fisicamente assieme – torreggiavano a loro volta, fissandoli dall’alto in basso con attenzione mentre discutevano delle notizie appena apprese.

“Probabilmente, i Kara useranno la scomparsa del Settimo e Sentoki come occasione per tentare di assaltare il Villaggio,” concluse amaramente il giovane Nara. Non mancò di notare nessuna delle espressioni gelide che i suoi compagni gli stavano rivolgendo. “Ma secondo mio padre, quest’azione potrebbe anche essere un diversivo per attaccare i Bijuu. L'importante, perciò, sarà prestare attenzione a ciò che sta accadendo nella direzione opposta a Konoha… ovvero qui."

Ora che la notizia era arrivata, la tensione e la rabbia invasero tutti i presenti come un fiume in piena. I volti di tutti erano freddi, tesi e spaventati, illuminati solo dai fasci di luce filtrati dalle fronde degli alberi che circondavano l'accampamento. E non appena Shikadai finì di riferire il contenuto della lettera, un brusio nervoso iniziò ad aleggiare tra i loro ranghi.

"Ehi, Shikadai… pensi davvero che dovremmo ubbidire agli ordini questa volta?" chiese a quel punto Inojin, fissandolo con uno sguardo aspro.

"Siamo di cattivo umore?" esalò Chocho.

"Piantala di scherzare, Chocho! La situazione è seria!"

Il giovane Nara guardò Inojin mentre rispondeva a tono verso la ragazza, ma anche se il suo sguardo era fisso sui suoi compagni di Team, pronunciò le parole successive pensando solo a Sarada e Himawari, le quali erano rimaste completamente in silenzio fino ad ora.

“Non abbiamo altra scelta. Se Boruto e i Kara dovessero davvero assaltare Konoha, ci penseranno mio padre e l’Ottavo a gestire la situazione. Conoscendo il mio vecchio, a quest’ora avrà già escogitato un piano di difesa ed evacuazione per i civili e la sicurezza. In ogni caso, il nostro compito è chiaro: dobbiamo proteggere Saiken e Chōmei,” i suoi occhi guizzarono verso i due Demoni codati alle sue spalle. “Dovremo affidare la salvezza della nostra casa agli adulti, e per quanto il solo pensiero di ciò sia, per me in primis, terribile… questa volta non possiamo correre alcun rischio. Vi prego di esserne consapevoli."

Himawari e Sarada, che avevano entrambe visto la rabbia di Boruto durante lo scambio di Temari coi Kara, sembrarono credere che sarebbe stato difficile.

Seduta accanto a sua figlia, la matriarca del clan Uchiha sospirò e fece schioccare le dita. "La questione puzza, ma fondamentalmente è la scelta più logica. Non possiamo mettere a rischio la sicurezza di Konoha, quella dei Bijuu e quella delle nuove generazioni tutte in un colpo solo. Per cui, voi dovrete restare qui."

Tutti quanti si voltarono verso la donna con uno sguardo allibito. Solo Sarada, con sommo stupore di Shikadai, non sembrò per niente sorpresa dalla dichiarazione di sua madre.

Fu Sumire a dare voce allo stupore generale. “Sakura-san… lei vuole tornare indietro?” domandò.

Sakura annuì. “Ho già visto la mia casa venire distrutta una volta. Non permetterò che accada di nuovo,” rispose, fissando il mondo con rabbia. I suoi occhi verdi erano aggrottati e pieni di gelida e muta furia. “Esattamente come Shikamaru, affiderò a voi giovani la difesa dei Bijuu. Siete la speranza di questo mondo, e non possiamo mettere a rischio anche voi. Non dopo tutto ciò che è successo.”

“Ma… una cosa del genere-”

“Sarada sarà con voi,” dichiarò con forza la rosa, mettendo una mano sulla spalla di sua figlia ed interrompendo qualsiasi cosa Shikadai stesse cercando di dire. “Se è riuscita a tenere testa a Boruto, sono certa che non avrà difficoltà a gestire qualsiasi situazione. Per quanto io sia preoccupata, mi fido di lei, e so che in circostanze estreme come questa non c’è posto per i sentimenti personali. Perciò, mi fiderò di lei, e mi fiderò anche di voi. La mia decisione è presa.”

Shikadai e Himawari si scambiarono un’occhiata. Poi il Nara posò lo sguardo su Sarada e, vedendola annuire a sua volta con decisione, sentì la sua risposta morirgli in gola. Sapeva che non c’era nulla che potesse dire o fare per convincere Sakura a cambiare idea. Quella donna era letteralmente imprevedibile, anche se avrebbe dovuto aspettarselo. Non solo era stata l’allieva di Tsunade Senju, ma era anche il terzo membro dell’originale Team 7 della Foglia. Vivere fianco a fianco con dei mostri della natura come Naruto e Sasuke avrebbe reso indomabile lo spirito di qualunque persona, indubbiamente.

“…d’accordo,” sospirò allora Shikadai. “Allora noi resteremo qui, come ha richiesto mio padre. Lei invece, Sakura… si prenda cura della situazione laggiù.”

Sakura gli rivolse un sorriso feroce. "Non temete, andrà tutto bene. Lasciate a noi adulti il compito di proteggere Konoha da Boruto. Non possiamo lasciargli fare quello che vuole."

Sarada, Shikadai e gli altri le risposero con un sorriso ironico.

“Comunque, non ci sono prove certe del fatto che il Villaggio sarà attaccato,” soggiunse a quel punto Inojin. “L’Impero ha già i suoi occhi su di noi. Boruto potrebbe usare tutta questa situazione come diversivo per prendere di mira noi giovani e i Bijuu al posto della Foglia."

Shikadai esitò, ma ritrovò il suo coraggio non appena vide Himawari, Sumire e Chocho aggrottare la fronte con orrore. Sarada e sua madre, invece, non reagirono. “Non c’è modo di dirlo, ma se c’è una cosa di cui siamo certi è che Sarada può tenere testa a Boruto," disse allora con decisione. “La sua abilità di previsione è stata indispensabile durante l’ultima battaglia, per cui dovremmo stare sul sicuro. Dubito fortemente che Boruto sia riuscito a trovare un modo per sopraffarla in così poco tempo. Attaccarci di nuovo adesso… non avrebbe senso. Non così, perlomeno.”

"Ma è comunque rischioso... non è vero?" domandò la diretta interessata, i suoi occhi neri che ardevano ferocemente.

“Lo è. Ma come ha già detto tua madre, non abbiamo altra scelta," rispose il Nara in assoluta serietà.

All'improvviso, Chocho parlò come se avesse appena ricordato qualcosa. "A proposito, sei sicuro che difendere Saiken e Chōmei contemporaneamente sia la scelta giusta?” chiese con circospezione. Gli occhi di tutti si posarono sul Rokubi (Esacoda) e sul Nanabi (Eptacoda) che torreggiavano su di loro. “Non sarebbe stato meglio tenerli divisi come prima?"

Shikadai scosse la testa. “Ciò avrebbe diviso inutilmente le nostre forze. Se il nemico riuscisse a sopraffare anche solo una delle nostre linee di difesa, sarà tutto finito. Per cui, farli ricongiungere qui e unire le nostre forze assieme a loro è la scelta migliore."

I due Demoni annuirono solennemente in assenso con le loro teste animalesche. Un gesto che, francamente, non si addiceva per niente al loro aspetto bestiale. “Sono d’accordo.” disse Saiken. “Non temete. Potremo difenderci meglio se saremo insieme. È la scelta migliore per tutti.”

“Il piccolo umano dice il vero,” aggiunse anche Chōmei, la sua voce grave. “I nostri fratelli sono caduti in mano al nemico perché erano da soli. Boruto è riuscito ad isolarli, e per questo li ha colti di sorpresa ed ha avuto la meglio. Noi non commetteremo lo stesso errore.”

Uno ad uno, i giovani annuirono. Se anche i Demoni codati la pensavano così, allora si sarebbero fidati. Avrebbero collaborato assieme per difendersi, e per liberare i loro fratelli intrappolati. Di questo erano certi.

“Più di ogni altra cosa, però, non dobbiamo abbassare la guardia,” riprese a quel punto Shikadai. “Boruto è astuto e pericoloso. Anche se lo abbiamo sconfitto una volta, non possiamo lasciarci cogliere impreparati. Ciò che ha fatto al mio clan… dovrebbe bastare a dimostrare quanto sia pericoloso e spietato,” la sua voce rischiò quasi di spezzarsi, ma il giovane riprese il contegno subito dopo. “Aspettatevi sempre il peggio, e tenete gli occhi aperti.”

Alla menzione della strage del clan Nara, l'umore nella aria divenne teso all’istante. Inojin e Chocho aggrottarono le sopracciglia, e persino Himawari si irrigidì. Shikadai fu il primo a notarlo.

"…mettiamocela tutta," disse alla fine la giovane Uzumaki. Era la prima volta, finalmente, che apriva bocca durante l’incontro. "Di questo passo mio fratello... diventerà ancora più forte. Dobbiamo riuscire a sconfiggerlo."

Ogni membro della guardia posò lo sguardo su di lei.

Le sue parole esprimevano ciò che tutti loro avevano già intuito da sempre.

Boruto stava diventando sempre di più un mostro. E quel mostro doveva essere fermato ad ogni costo.

Shikadai e tutti gli altri deglutirono con nervosismo.

"Non temere, Himawari. Fermeremo tuo fratello anche se fosse l'ultima cosa che facciamo,” annunciò solennemente Sakura, sorridendole con decisione. “Abbi fiducia in noi. Ed abbi fiducia anche in tuo padre. Ovunque sia finito, sono certa che è vivo e vegeto. Niente al mondo potrebbe fermare quello zuccone. Fidati di me, lo so per certo.”

Himawari annuì, abbozzando un sorriso, ma i suoi occhi azzurri tradirono un velo di preoccupazione immenso. Le sue mani e le sue braccia tremolarono sommessamente. Shikadai la osservò in silenzio. Era come se fosse incerta su qualcosa. Anzi no, non incerta. Distratta. Ecco, quella era la parola giusta. Era distratta. Come se la scomparsa di suo padre e la minaccia di suo fratello non fossero ciò a cui stava pensando. Come se la sua mente non fosse realmente posata su ciò di cui stavano discutendo, ma su qualcosa di interamente diverso.

Shikadai assottigliò gli occhi mentre osservava il sorriso falso sulle labbra della sua ragazza.

La faccenda puzzava. E lui voleva vederci chiaro.

Che cosa stava nascondendo Himawari?
 


02 Giugno, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
11:00

"Abbiamo sei possibili vie di accesso al Villaggio," disse solennemente Boruto, il suo occhio sinistro puntato solo ed unicamente alla mappa posata sul tavolo dinanzi a lui. Assieme a lui, Urahara, Toneri e l’intera organizzazione Kara – tranne Lucy, che non era presente per ragioni ovvie – erano radunati tutt’attorno al tavolo, intenti ad osservare ed ascoltarlo.

Dopo aver ottenuto quante più informazioni possibili sul Villaggio della Foglia e sistemato temporaneamente l’Hokage e l’Eremita, il Nukenin aveva diligentemente copiato con cura su una pergamena la mappa completa dell’intera città. La stessa mappa che adesso era stata stesa sul tavolo in modo che il giovane potesse usarla per spiegare il piano ai suoi amici.

"Secondo le nostre spie e le marionette umane di Kumo – oltre che alle informazioni che ci ha fornito Annie-sensei – ci sono sei ingressi principali nella Foglia. Questi ingressi, ovviamente, si trovano tutti al di là della zona centrale e del distretto commerciale. Gli ingressi sono rispettivamente a Nord-Est, Nord-Ovest, Ovest, Sud-Ovest, Sud-Est ed Est,” riferì, con un dito guantato che tracciava la mappa mentre si spostava di porta in porta. Mikasa, Sora e gli altri rimasero immobili, fissando la mappa.

"Il piano è semplice: entreremo in ciascuna di queste sei porte e ci dirigeremo separatamente verso il Distretto Centrale. E nel mentre, ovviamente, dovremo sfondare tutte le difese nemiche che tenteranno di ostacolarci."

"Con 'sfondare' intendi quello che penso?" chiese Gray, la sua voce che grondava di anticipazione e brama di sangue.

Il biondo annuì. "Sì," rispose. “Shikamaru e l’Ottavo Hokage stanno rafforzando le loro difese. Non appena metteremo piede lì dentro, probabilmente non saremo in grado di evitare uno scontro diretto, se non per pochi minuti al massimo."

Un pesante silenzio di tomba cadde sul gruppo di giovani a quel punto.

Urahara, Toneri, Mitsuki e Kumo rimasero ugualmente zittiti. Nonostante loro quattro non avrebbero partecipato all’assalto, dato che avevano un altro obiettivo a cui puntare, sapevano bene quanto fosse pericolosa la missione dei Kara. Boruto ed i suoi amici condividevano un terrore unanime mentre immaginavano l'imminente combattimento che sarebbe esploso, e ne avevano piene ragioni. Il Villaggio della Foglia era stato sin da sempre il loro obiettivo finale. L’ultimo ostacolo che sapevano di dover sormontare per porre fine all’egemonia degli Shinobi. L’unica, sola e terribile calamità che impediva al loro Impero di prendere possesso e controllo del mondo. L’ultimo ostacolo alla loro Pace.

Perciò, la loro ansia era giustificata, in un certo senso.

"...se abbiamo intenzione di farlo davvero, allora per prima cosa dobbiamo prendere il maggior numero di precauzioni possibili,” dichiarò lentamente Juvia, i suoi occhi puntati sulla mappa. “Senza contare i Ninja e gli Shinobi, la mossa più saggia sarebbe prendere di mira i civili e gli innocenti.

Mikasa guardò Boruto di sbieco. “È questo quello a cui stai pensando, Boruto?”

Il loro leader annuì. "Esatto," confermò. “Come ha suggerito Juvia, se vogliamo dividere le linee di difesa del nemico e seminare il panico tra i loro ranghi, colpire i civili sarebbe la mossa più azzeccata. Questa tattica forzerebbe i nostri avversari a focalizzarsi su di loro e li metterebbe sulla difensiva, permettendoci di mantenere la scala dei combattimenti il più piccola possibile. Inoltre, la bomba che ho piazzato ieri mattina nel Villaggio è ancora in posizione. Potremo sfruttarla per generare panico e confusione.”

“Questo, ovviamente, solo fino a quando non avremo recuperato ciò che cerchiamo, vero?” esalò Shirou, mortalmente serio.

Boruto e tutti gli altri annuirono solennemente.

“Ma funzionerà davvero?” chiese a quel punto Sora. Boruto si voltò verso di lui, trovandosi faccia a faccia con gli occhi azzurri del suo migliore amico. “Sei certo che ciò che cerchiamo sia davvero nelle mura di Konoha?”

Con loro enorme sollievo, il Ninja traditore li rassicurò con un sorriso. “Sì, potete starne certi. Annie me lo ha confermato personalmente. Inoltre, non abbiamo ricevuto alcuna informazione sulla loro posizione… il che ovviamente non fa altro che rafforzare la mia ipotesi,” confermò con certezza.

Kairi fissò la mappa con uno sguardo penetrante. “Gli anelli dell’Akatsuki sono nascosti là dentro,” sussurrò.

I giovani si scambiarono qualche occhiata tra loro, restando nervosamente in silenzio. Recuperare quegli anelli era un obiettivo prioritario per loro. Non potevano in nessun caso evitare di riprenderseli. Non solo perché erano uno strumento indispensabile per la salvaguardia del Sigillo dell’Occhio della Tempesta e dei Bijuu confinati al suo interno; ma anche perché erano un valore simbolico per loro. Quegli anelli erano andati perduti durante l’attacco del Settimo Hokage e di Sasuke Uchiha all’Astro Celeste. Erano il simbolo, la prova, il ricordo schiacciante della loro sconfitta per mano del nemico. Recuperarli, perciò, avrebbe finalmente dimostrato la loro rinascita come famiglia, come Organizzazione, e come Impero. Avrebbe dimostrato il loro nuovo inizio ai loro nemici, ai loro seguaci, e al mondo intero.

Simbolicamente e non.

Alla fine, però, Boruto scrollò le spalle ed emise un sospiro. “Comunque sia, vi invito nuovamente a tenere gli occhi aperti durante questa missione,” li esortò, fissandoli uno ad uno. “La maggior parte dei civili verrà inevitabilmente evacuata tra oggi e domani, il che ci lascerà meno libertà d’azione di quanto potremmo pensare. Una volta dentro, dovremo essere estremamente cauti. I Ninja della Foglia… sono pericolosi. Non dobbiamo sottovalutarli.”

Mikasa, Sora e tuti gli altri annuirono.

Boruto si rivolse alla sua ragazza. “Anche tu, Mikasa,” disse ancora, parlandole senza giri di parole. “Sei il secondo in comando, quindi dovrai essere estremamente attenta. Potrai usare il tuo Potere da Titano, ma solo se sarà estremamente necessario.”

La nera gli rivolse un sorriso deciso. “Starò attenta. Lo prometto,” giurò.

Il guerriero annuì, abbozzando a sua volta un sorriso, prima di tornare immediatamente serio. “Adesso che questo è stato messo in chiaro, passiamo a voi,” disse allora, rivolgendo la sua attenzione a Urahara, Mitsuki e Kumo.

I tre in questione si fecero solenni all’istante.

Boruto li fissò con serietà. "Ne abbiamo già discusso, ma voglio che anche voi stiate attenti durante la vostra missione. Anche se non saremo fisicamente assieme, i nostri obiettivi sono complementari. Senza di voi la nostra missione potrebbe fallire, così come potrebbe fallire la vostra senza di noi.”

“Lo sappiamo, Boruto,” lo rassicurò Mitsuki con un cenno del capo.

Quello annuì, prima di rivolgersi al suo maestro. “Sensei, specialmente tu. Il tuo compito sarà indubbiamente il più arduo di tutti.”

“Ragazzo mio, non temere,” ridacchiò allegramente l’uomo col cappello. “Fidati di me, andrà tutto bene.”

“Sai che mi fido di te, ma voglio essere assolutamente chiaro. Il tuo compito è distrarre Sarada Uchiha," continuò imperterrito il Nukenin, serio come la morte. “Data la tua situazione attuale, sei il più adatto a questo ruolo. E vorrei che facessi quanta più attenzione possibile. Non devi combatterla, non devi affrontarla seriamente, ma solo distrarla. La sua Abilità Oculare è pericolosa persino per me, per cui dovrai essere estremamente cauto. Posso contare su di te?"

Gli occhi di tutti erano puntati sullo spadaccino. Urahara annuì, sentendo i suoi palmi farsi viscidi per il sudore.

"Te lo prometto, Boru-kun. Non mi lascerò cogliere impreparato."

"…molto bene. Mi fido. E per favore, cerca di non esagerare."

Urahara fece uscire una risata dalle labbra mentre Mikasa, Sora e gli altri membri della sua famiglia continuavano a guardarlo. Poi annuì di nuovo, allargando le spalle con moto deciso.

Boruto posò la sua attenzione su gli altri due. “Per il resto, Mitsuki e Kumo si occuperanno di Shikadai, Himawari ed i loro compagni,” dichiarò infine l’Uzumaki, la sua voce bassa e priva di emozione come sempre. “Con le vostre abilità non dovreste avere problemi contro di loro. Tuttavia, Shikadai e mia sorella sono degli avversari pericolosi. Non dovrete in nessun modo permettere loro di avere la meglio. Intesi?”

I due scienziati grugnirono un assenso.

“Tuttavia, ciò che conta davvero per la riuscita della missione è quella marionetta umana,” aggiunse a quel punto Toneri, grattandosi il mento con disinvoltura. I suoi occhi indecifrabili si posarono sul volto scarno di Kumo. “Presumo dunque che sia tutto pronto, vero?”

Il Ragno della Sabbia annuì meccanicamente. “Affermativo. Il corpo di Danzo Shimura è pronto e funzionale ad entrare in scena in qualunque momento,” gracchiò con voce roca. “Così come i suoi Sharingan.”

Il Nukenin annuì. “Bene. Molto bene. Il vostro obiettivo è la cattura del Rokubi (Esacoda) e del Nanabi (Eptacoda). Perciò, fintanto che Urahara terrà occupata Sarada e voi mettiate gli altri fuori gioco, non dovreste avere problemi a sottomettere quelle bestie grazie allo Sharingan.”

Mitsuki sorrise, fissando l’anello di Zetsu posto lungo il suo anulare sinistro. “Non falliremo, Boruto. È una promessa,” disse a sua volta.

Boruto sentì le sue labbra tirarsi in un sorriso invisibile. “Molto bene. Allora iniziamo a prepararci.”
 


02 Giugno, 0022 AIT
Terra dei Fiumi, Valle senza Nome
22:30

Himawari rimase immobile, i suoi piedi radicati completamente al terreno. Accanto a lei, il suo coprifronte giaceva immobile a terra, brillando sotto la luce della luna. Si era persino dimenticata di indossarlo, a dirla tutta. Ma ormai non aveva più importanza, a quel punto.

Le nuvole alla deriva e la luce argentea della luna la illuminarono debolmente dall’alto.

E la lettera di carta nera che aveva ricevuto ieri mattina restava stretta tra le sue mani.

"Hima."

Era Shikadai.

Il giovane Nara, il suo ragazzo, la persona che aveva scoperto di amare forse più di qualsiasi altra cosa al mondo era comparso alle sue spalle. Era preoccupato. La stava osservando. Fissava il suo viso seminascosto dalla frangia di capelli bluastri.

Himawari sentì il suo cuore stringersi di dolore nel petto.

"Va tutto bene?"

"…Sì."

Rispose svogliatamente alla sua domanda, anche se sapeva che sarebbe stato inutile. Il suo ragazzo era scaltro. Sapeva che stava mentendo. Forse aveva già capito cosa aveva in mente. Forse, pensò ancora, l'aveva capito addirittura sin da quella mattina, prima della riunione. Qualunque fosse la realtà, tuttavia, non aveva importanza.

La principessa degli Hyuuga non disse nient'altro.

Il giovane non parlò a sua volta. Rimase fermo a fissarla per diverso tempo, in silenzio. Anche senza voltarsi a guardarlo, Himawari sapeva che era combattuto. I suoi occhi stavano nervosamente guizzando tra lei, il suo coprifronte a terra, e la lettera nelle sue mani. Avanti e indietro. Avanti e indietro.

Andò avanti per diversi minuti.

Poi, sommessamente, lo udì sospirare.

“Se c’è qualcosa che devi fare… non ti fermerò.”

Himawari esitò. Sentì un groppo inspiegabile serrarle d’improvviso la gola.

Shikadai rimase fermo a fissarla, prima di voltarsi a sua volta e dirigersi verso l’accampamento.

"…torna sana e salva," disse semplicemente, con voce spenta.

La ragazza sentì le lacrime colarle inspiegabilmente dagli occhi. Le sue labbra tremolarono. "…lo farò. Grazie, Shikadai. Ti amo."

Quello si fermò di colpo, esitò un paio di secondi, e serrò i pugni con forza. Abbozzò un sorriso triste con le labbra. “Ti amo anch’io, Himawari,” disse con dolcezza, prima di andarsene e lasciarla da sola in mezzo alla foresta.

L'immobilità scese ancora una volta attorno a lei.

Rimasta senza nessuno, la ragazza fece a pezzi la lettera che reggeva tra le mani. Poi alzò lo sguardo verso il cielo notturno e si asciugò le lacrime dalle guance.

“Metterò fine a questa storia.”
 


02 Giugno, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
22:30

La sua vita era sempre stata un puzzle. Un puzzle di cui Lucy non aveva mai posseduto tutti i pezzi. In effetti, il più delle volte sembrava che stesse usando pezzi di un puzzle che non appartenevano al suo. Lei e Shizuma erano sempre stati diversi rispetto agli altri Kara. Erano sempre stati strani. Quasi... fuori posto, davvero. Annoiati in modo schiacciante dal mondo cupo e spoglio che li circondava. Era stato solo nel furore della battaglia, nella frenesia dell’essere avvolti nel fuoco, nel sangue, nell'acciaio e nella morte che lei ed il suo amico defunto si erano semplicemente... dimenticati della noia.

Ma adesso, nemmeno la prospettiva della battaglia le bastava come un tempo. Le alleviava il dolore, certo, ma non la assolveva. Il dolore, aveva imparato Lucy, era diventato un pilastro della sua vita. Il dolore per la perdita della sua famiglia. Il dolore per la perdita di Shizuma. Il dolore di un amore non corrisposto. Il dolore di una vendetta negata. Il dolore di vivere. Non c'era da stupirsi che Boruto si fosse quasi soprannominato "Pain" a questo punto, come il leader dell'Akatsuki. Lucy aveva pensato che quel titolo fosse decisamente eccessivo. Ma ora? Ora... non ne era più così sicura.

Non era più sicura di niente, in realtà.

Era iniziata come una cotta, una qualsiasi cotta infantile da ragazzina. Le piaceva che i suoi uomini fossero più forti di lei. E questa cotta era cresciuta quando Boruto aveva arruolato lei e Shizuma. Dopotutto, come avrebbe potuto non provare quei sentimenti? Boruto li capiva. Era stato l’unico a leggere dentro al loro cuore e a vedere ciò che desideravano di più. A descrivere con parole esatte la sensazione di discordia e noia che Lucy e Shizuma avevano provato per tutta la loro vita: erano nati troppo tardi. E su questo ci aveva azzeccato in pieno. Poi, Shizuma era morto e Boruto era entrato ancora di più nella sua vita, come un cavaliere dall'armatura scintillante, l'unico che poteva capire il suo dolore perché anche lui aveva una sorella minore da cui era stato costretto a separarsi. E poi, infine, quella cotta era cresciuta ancora, e ancora e ancora, fino a trasformarsi da una semplice cotta infantile in qualcosa... di più.

Lucy sorrise amaramente. La sua speranza non era corrisposta. Era stata troppo cieca per riuscire a vedere che quelle di Boruto erano state solo belle parole e falsi sorrisi. Bugie, dalla prima all’ultima. Avrebbe dovuto capirlo sin dal momento in cui era venuto a confortarla. Avrebbe dovuto rigettargli in faccia le sue bugie. Avrebbe dovuto dirgli che era solo un approfittatore meschino, e che non avrebbe mai potuto capire il suo dolore perché era stata sua sorella ad uccidere Shizuma.

Lucy si era illusa fino a quel momento. Si era illusa di credere che Boruto l'avrebbe scelta. Che le avrebbe dato la vendetta di cui aveva disperatamente sete. Che le avrebbe dato il suo amore. Che avrebbe portato via la noia e reso la sua vita sopportabile.

Era stata una stupida.

Boruto non avrebbe mai scelto lei al posto di Himawari.

Boruto non avrebbe mai scelto lei al posto di Mikasa.

Boruto non le avrebbe mai dato la vendetta che cercava a costo del suo potere.

E ora, Lucy vedeva la verità attraverso le bugie. Ora, finalmente, vedeva il mostro che Boruto era diventato. Vedeva il mostro che lei stava diventando per colpa sua.

Non più, giurò.

Era solo… stanca. Così stanca. Il dolore che provava era insopportabile. La vita era tornata ad essere desolata, incolore, proprio come un tempo. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo che passava, Lucy si sentiva come se fosse ad un passo dal collassare. Era stanca. Disperatamente stanca. E adesso, dopo tutto questo, più di ogni altra cosa, voleva riposarsi e trovare pace.

Ma non ancora, giurò Lucy.

"Ci rivedremo presto, Shizuma," sussurrò.

Aveva una promessa da mantenere.

E ancora molte miglia da percorrere prima di poter dormire.
 


03 Giugno, 0022 AIT
Terra del Ghiaccio
Tundra Abbandonata
07:00

Himawari strinse i pugni mentre camminava nella neve. Sebbene fosse quasi estate, il freddo in quella regione era gelido e pungente come d’inverno. Le era entrato nelle ossa. Le faceva intorpidire la pelle e battere i denti. Tuttavia, doveva continuare a muoversi. Doveva continuare ad andare avanti. Non poteva fermarsi, non adesso. Non quando le cose stavano andando così male. Non quando doveva necessariamente fare qualcosa per migliorarle.

Se doveva lottare per portare a termine tutto questo... l'avrebbe fatto.

Himawari si fermò in mezzo ad un campo di ghiaccio circondato da raffiche di neve.

Aveva fatto l’impensabile pur di giungere qui. Aveva disubbidito agli ordini. Aveva disertato il compito di proteggere i Demoni codati. Aveva abbandonato Shikadai, Sarada, ed i suoi amici, fuggendo di nascosto dall’accampamento. Aveva abbandonato il suo dovere di Shinobi.

E adesso, adesso ne avrebbe inevitabilmente dovuto pagare le conseguenze.

Ma non le importava.

Perché difronte a lei, c'era il suo nemico.

Era stata una sciocca a pensare che Lucy Heartphilia l'avrebbe perdonata per la morte del suo amico.

E ora, dopo la minaccia di un assalto al clan Hyuuga per via di quella donna, Himawari stava finalmente pagando il prezzo della sua scelta.

Lucy le sorrise velenosamente.
 


.

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.
 


03 Giugno, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco.
08:00

Il sole fece capolino dalle cime delle montagne. Boruto prese fiato. Non si poteva tornare indietro adesso. Era finita. Nuotare, o affondare; non c’erano altre scelte. Questo… Questo che stava per compiere sarebbe stato l’apice della sua gloria. La più grande pagina di storia decorata con il suo nome. Solo il tempo avrebbe potuto dire se sarebbe stata una pagina che lo ricordava come un eroe, un salvatore… o come un cattivo, un distruttore.

E dopo tutti i Villaggi e le vite che aveva distrutto fino ad ora… era quasi una sensazione di dejà vu, in realtà.

Adesso il mondo sarebbe cambiato per sempre. Boruto sapeva che era inevitabile. Questa sarebbe stata la sua opera definitiva. La sua tanto agognata ascesa al potere come Pain, come successore e portatore della pace sognata dall’Akatsuki. La sua dichiarazione ufficiale come leader dell'Organizzazione Kara, della Rivoluzione e dei Guerrieri, dell’Impero, e del mondo intero.

La barriera di chakra che circondava il Villaggio sbrilluccicò per un secondo mentre si dissolveva. Dietro di lui, i suoi amici e compagni erano tesi e trepidanti. "Avete tutti i vostri compiti," disse loro con decisione. “Distruggete tutto. Non lasciate nessuno in vita.”

Annuirono tutti quanti, tirandosi i mantelli sulle spalle ed indossando i cappucci oscuri sul volto.

Erano pronti.

Boruto indossò a sua volta il cappuccio ed aprì il Jougan. "Non deludetemi," disse semplicemente. Poi, insieme, i sette giovani si fecero avanti alla luce del giorno.

Era ora di iniziare.

I suoi occhi eterocromi fissarono i volti degli Hokage scavati nella montagna.
 
 








 
 

Note dell’autore!!!

Salve a tutti. Innanzitutto vi chiedo umilmente perdono per non aver più aggiornato la storia durante questi mesi. Davvero, mi dispiace con tutto il cuore, e posso solo sperare che riusciate a perdonarmi. Purtroppo sto vivendo un periodo pieno di fatica ed impegni. Anche nonostante le vacanze imminenti e la situazione di caos che stiamo vivendo in Italia, lo studio e il lavoro mi tengono impegnato quasi sempre dalla mattina alla sera, soprattutto quando sono a casa, e sto facendo sempre più fatica a trovare tempo per scrivere e portare avanti i miei programmi personali.

Vi chiedo di avere pazienza. La storia continuerà, come ha sempre fatto e come sempre farà, ma non so dirvi quando sarò in grado di aggiornarla di nuovo. Spero davvero di riuscirci prima della fine dell’anno, ma non posso garantirvi nulla. Io ce la metterò tutta come sempre, ma non so sinceramente dirvi se sarò in grado di farcela. Perdonatemi.

Il prossimo capitolo mostrerà, finalmente, l’evento che molti di voi aspettavano da tempo: l’attacco al Villaggio della Foglia. Come avete visto, ci sono molte cose in ballo, e molti personaggi avranno da mostrare qualcosa nei prossimi capitoli, e spero veramente che possiate apprezzare quello che ho in mente di mostrarvi. I prossimi capitoli sono qualcosa che avevo progettato da anni di inserire nella storia, e mi auguro davvero che possiate gradirli appena avrò tempo di concluderli e pubblicarli. Sappiate solo che saranno un vero e proprio caos, nel senso letterale del termine.

Ancora una volta, vi chiedo scusa per l’attesa che vi ho fatto sorbire. Cercherò di pubblicare il prima possibile, promesso, ma non so dirvi quando riuscirò a farcela. In caso, vi chiedo scusa in anticipo.

Vi invito, come sempre, a leggere e commentare. Se ci sono errori di grammatica nel capitolo, vi invito a farmelo notare così da poterli correggere quanto prima. Grazie mille a tutti, soprattutto a coloro che mi stanno supportando nonostante il periodo difficile che sto vivendo. Avete tutta la mia stima ed il mio affetto. E nel caso non riuscissi a pubblicare in tempo, auguri di buon Natale a tutti! Vi voglio bene!!!

Saigo il SenzaVolto
   
 
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