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Autore: JennyPotter99    21/12/2020    0 recensioni
Storia basata sulla fotografia “Bacio di Times Square” di Alfred Einsenstaedt
La fotografia più famosa di Alfred Eisenstaedt rappresenta un marinaio americano che bacia una giovane donna, il 14 agosto 1945, a Times Square. Poiché Eisenstaedt scattò numerose fotografie durante le celebrazioni del V-J Day, non ebbe la possibilità di dare un nome e di fornire dettagli su questa foto, il che ha portato a una serie di voci incompatibili. Inoltre, siccome in questa foto non si riesce a capire con esattezza chi siano i due personaggi che si baciano dato che hanno il viso parzialmente coperto, per molto tempo coppie di persone si sono presentate alla redazione del Life rivendicando di essere loro i protagonisti del bacio. Almeno tre uomini e due donne divennero famosi nel corso della storia come i protagonisti del bacio, ma nel 2012, dopo molte bufale, studi più o meno campati in aria e controlli sulle altre foto scattate, pare che finalmente si sappia in definitiva chi fossero i due nella foto: tali George Mendonça e Greta Zimmer Friedman, in realtà nemmeno un'infermiera, ma un'igienista dentale.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
Capitoli:
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1 Maggio 1975
 
La guerra era finita.
Di nuovo.
Questa volta però, non c’erano stati né vincitori né vinti.
L’America e il Vietnam avevano semplicemente deciso di stabilire la pace.
Erano quasi due anni che George era tornato alla sua fattoria.
L’unico rimasto era suo padre Arsenio, mentre gli altri figli avevano già lasciato il nido.
George venne congedato con onore e poté riposarsi sulle colline del Connecticut, facendo sì che le ferite guarissero.
Ma sì sa che certe ferite non guariranno mai.
La metà della giornata, George la trascorreva con gli animali, però, del resto, non smetteva di pensare a Greta.
Che cosa facesse, se stesse bene.
Molte volte aveva pensato di andare a New York, ma pensò che prima dovesse prendersi del tempo per se stesso.
Sulla spalla era rimasta una lieve cicatrice che gli avrebbe sempre fatto ricordare cosa fosse successo.
Un giorno, George andò in soffitta e frugò tra le vecchie cose di sua madre e, con grande sorpresa, dentro una scatola, trovò il famoso carillon a forma di conchiglia.
Ci soffiò via la polvere e l’aprì lentamente, pregando che funzionasse ancora.
Era così.
La ballerina girava piano in tondo dentro la conchiglia e la melodia che ne uscì gli fece venire gli occhi lucidi.
George era andato parecchie volte alla tomba di sua madre per raccontarle di Greta e lo stesso aveva fatto con suo padre.
Arsenio aveva visto i suoi occhi brillare e aveva capito che a quella donna ci tenesse davvero.
Di fatti, anche se con fatica, per via della sua età, Arsenio salì in soffitta: alto come suo figlio, con i capelli bianchi, le rughe sul viso e una barba appena tagliata.
-Papà, che fai qui?- gli domandò George, aiutandolo a salire.
Arsenio notò il carillon.- Ah, ti piaceva un sacco quell’aggeggio! Ci mancava solo che ci facessi il bagno!-
George ridacchiò.- Mi ricordava tanto la mamma.-
L’altro fece un ghigno.- Lo so io chi ti ricorda!- esclamò, dandogli una pacca sulla spalla.- Perché sei ancora qui? Perché non vai da lei?-
George chiuse il carillon e abbassò lo sguardo.- Non lo so. Insomma…Cosa ho da offrirle? Lei era abituata al lusso, agli oggetti preziosi, io ho solo due mucche e un po' di paglia.-
-Caro ragazzo, non sono io a doverti spiegare che la cosa più preziosa che abbiamo da dare è il nostro cuore. Se lei ci tiene davvero a te, le basterà.- commentò Arsenio.
George alzò lo sguardo verso la finestra e per un attimo se la immaginò ballare nella sua fattoria e bere il latte appena munto.
Però aveva anche paura.
Paura che Greta si fosse rifatta una vita.
Vedendo che suo figlio non rispondeva, Arsenio prese uno scrigno di ferro arrugginito e da dentro tirò fuori qualche banconota.
George capì subito che gli stesse prestando dei soldi.- Papà, no, ti prego…-
-Sì invece, prendili.- insistette, mettendoglieli in mano.- Va da lei.-
Lui gli sorrise, abbracciandolo.- Grazie papà, ti voglio bene.-
George preparò uno zaino con dei vestiti, entusiasta di partire.
Avrebbe usato la metà dei soldi per un treno di 2 ore per arrivare a New York.
Chiamò un taxi che lo avrebbe portato alla stazione quando, sul lato della strada, vide una figura conosciuta.
-George! Ciao George!- gridò Ben, salutandolo con la mano.
George mise giù il finestrino e ci uscì fuori con il busto.- Ciao Ben!-
-Dove vai?!-
George gli sorrise.- A vivere!-
***
5 maggio 1975
 
Erano 15 minuti che Greta si guardava allo specchio, nel suo trucco pesante, con le calze bianche che stringevano alle gambe.
La danza era da sempre stata la sua passione, ma le mancava qualcosa di fondamentale.
Aveva lavorato tanto per quel saggio, però sembrava non ricordarsi più nemmeno i passi.
Non era l’ansia da prestazione, no, aveva già fatto dei saggi da piccola, perciò era abituata al pubblico che la fissava.
Anche se la danza la faceva sentire bene, Greta aveva la sensazione che non avrebbe mai superato tutto quello che le era successo.
La morte dei genitori, la prigione, la morte di sua sorella, quella di Quan e George.
Morte, morte e solo morte.
Buffo se pensava che sarebbe stata proprio lei a danzare, al centro del palco, durante la morte del cigno.
Di fatti, il suo costume era interamente nero, tranne per le scarpette, le calze e il diadema sul capo.
I capelli raccolti in una cipolla e il rossetto scuro sulle labbra.
Il lago dei cigni era un balletto fin troppo famoso da farlo sembrare facile da eseguire.
Ma Greta ci aveva lavorato tanto e niente poteva andare storto.
Il Majestic Theatre era pieno per metà, ma dagli applausi, lo spettacolo stava piacendo al pubblico.
Perciò Greta fece un bel respiro e andò sul palco per l’ultimo atto.
Il suo volto triste era perfetto durante la danza.
I suoi piedi ben allenati.
Si lasciò andare tra le braccia del ballerino che interpretava il principe come una piuma.
Fece alcune piroette verso l’angolo del palco, per poi accasciarsi al suolo elegantemente, dando uno sguardo al pubblico.
E fu allora che lo vide.
Un uomo in bretelle, con i capelli scuri ed ingelatinati, la stava guardando dalla terza fila del teatro con occhi brillanti.
Per un attimo crebbe di esserselo immaginato, ma no, era proprio lui.
George le sorrise appena, ammaliato, prima che il sipario si chiudesse.
Le mancava il fiato e non perché avesse eseguito il balletto alla perfezione, con tutte le sue energie.
In un attimo rivisse gli anni passati.
Qualcosa che non avrebbe mai pensato che sarebbe successo.
Qualcuno che non pensava avesse mai rivisto.
Si alzò lentamente dal palco, con la testa che le girava.
Il sipario si sarebbe presto riaperto per gli inchini finali, però Greta non sapeva se ne fosse in grado.
Sarebbe potuta morire lì, come il cigno, se lo avesse visto di nuovo.
Si unì insieme agli altri ballerini quando il sipario si aprì e gli spettatori si erano alzati per applaudire.
Tra di loro, anche George: quella era la conferma che Greta non se l’era affatto immaginato.
Si inchinò come il resto della troupe e poi vide dei giornalisti avvicinarsi con le loro fotocamere.
Il rumore e i lampi degli scatti la accecarono, tanto da non farle notare che George si era alzato e stesse uscendo dal teatro.
Non poteva lasciarlo andar via senza prima parlargli.
Si fece spazio nella folla, correndo di fuori, dove le nuvole erano cariche d’acqua e davano segno di pioggia imminente.
Spalancò le porte e corse in strada, con il rischio perfino di venir investita.
Guardò a destra, a sinistra, dall’altro lato del marciapiede, però lui non c’era.
Che vigliacco, pensò, essersene andato via così.
Iniziò lentamente a odiarlo e questo le fece inumidire gli occhi.
Sono perfino uscita con questo freddo, rimuginò tra se e se.
-Sigaretta?-
D’un tratto, una voce familiare le venne da dietro le spalle.
George era poggiato al muretto del teatro, accendendosi una sigaretta.
Era davvero lui in carne ed ossa, vestito anche per bene.
Egli si strinse nelle spalle.- Non sono riuscito a smettere.-
-Sei vivo…- bofonchiò Greta, con gli occhi lucidi per la gioia.
-Rivedere te era l’unica cosa che mi faceva rimanere vivo.- aggiunse lui, tirando via la sigaretta per avvicinarsi a lei. -Sei molto brava.-
Greta alzò un sopracciglio.- Avevi dubbi?-
Lui ridacchiò appena.- No.-
Greta gli accarezzò dolcemente la guancia, capendo che era lui, dritto davanti a se.
Con la sua altezza e i suoi occhi verdi.
-Quindi…Sono passati 16 anni e che ci fai qui?- gli chiese.
-Volevo vedere se stessi bene, come andasse la tua vita…-
-Spenta. Sento costantemente che mi manca qualcosa.- spiegò Greta, prima che si sentisse un tuono in cielo.
-Per me è la stessa cosa.- aggiunse George, annuendo.
Greta lo guardò in attesa: sperava che la prendesse tra le sue braccia e che finalmente la baciasse, una volta per tutte.
Cosa era venuto a fare, allora?
George la scrutò.- Perché sembra che ti aspetti qualcosa da me?-
Quella frase non le piacque molto.- Io? Da te? Assolutamente niente!- replicò, incrociando le braccia.
L’altro si accigliò.- Invece sembra proprio così.- ribatté, sotto il suono di un altro tuono.
Greta alzò gli occhi al cielo.- Il solito presuntuoso.-
-La solita viziata!- esclamò George, assottigliando gli occhi.
-Io ti ho salvato la vita!-
-E allora? Credi che ci sia un premio? Una specie di trono sopra la quale ti siederai?!-
-Sì!- gridò Greta, singhiozzando. -Dopo 16 anni!- ripeté, mentre iniziò a piovere a di rotto.- Chi credi che ti abbia salvato il culo?! Per 13 anni sono stata dietro ad ogni militare che incontravo per implorarlo di venirti a prendere in quella maledetta prigione! Non il destino, non il tuo Dio, io!-
Le labbra di George presero a tremare, come se ancora non lo avesse realizzato.- Sei stata tu…?- mormorò.
Greta si asciugò la pioggia sulla guancia e tirò su col naso.- Sì e mi aspettavo un po' di-
-Sta zitta.-
Di scatto, George le prese il viso tra le mani e fiondò le labbra sulle sue, baciandola con passione.
Era proprio così che se l’era sognato.
Ogni sua previsione era giusta, poiché lo avevano già fatto.
Fu come tornare a casa: le stesse labbra calde e la stessa forte presa.
Aveva paura di aprire gli occhi e risvegliarsi dal sogno, ma non fu così.
***
Ormai zuppi per la pioggia, Greta e George ricorsero ai ripari dentro un palazzo, probabilmente quello in cui viveva la ragazza.
George venne trasportato da lei attraverso le scale e poi giunsero ad una porta.
-Ma dove sei stata?! Sei scappata dal teatro!- esclamò una donna in soggiorno.- Non è un comportamento ragio- In quel momento, vide i due bagnati sulla soglia della porta.- nevole.-
-Belle, lui è George.- le disse Greta.- George, mia sorella Belle.-
La ragazza sgranò appena gli occhi, sorpresa, porgendogli la mano.- Ah, tu devi essere il famoso George. Piacere.-
George gliela strinse.- Piacere mio.-
Greta alzò un sopracciglio verso la sorella.- Visto? E’ vero, non me lo sono inventato.-
Mentre Belle fece un sospiro, Greta trascinò George nella sua camera e gli diede un asciugamano per asciugarsi.
-Tua sorella credeva che non esistessi?- le domandò, passandoselo sui capelli.
-Praticamente sì: le dava fastidio che pensassi a te.- rispose lei, sfilandosi il vestito, le calze e le scarpette.
George rabbrividì alla vista delle sue gambe scoperte, ma scacciò qualsiasi pensiero.
-Sai che fine hanno fatto le guardie?-
-Sono state tutte giustiziate.- affermò Greta, storcendo la bocca: anche se erano colpevoli, probabilmente lei era contraria alla morte. -Anche chi non se lo meritava…- sussurrò poi.
-Sono venuti in piena notte su degli aerei, ci hanno salvati quasi tutti, tranne quelli che sono morti di fame.- raccontò, abbassando lo sguardo.
-Han non era tra di loro…-
-No, infatti, è rimasto lì.- continuò George, stringendo i pugni.- Stavo per ucciderlo.-
Greta si voltò verso di lui.- Cosa?!-
-Avrei voluto vendicarmi, ma poi non l’ho fatto, perché ho capito che altrimenti sarei stato uguale a lui.- spiegò. -Perciò sono tornato a casa mia, nella mia fattoria, tra i miei animali.-
Greta gli sorrise, togliendosi il diadema e gli orecchini.
-Mio padre mi ha praticamente obbligato a venire qui.- ridacchiò.
-Ah sì?-
-Diceva di vedermi triste e che sarei dovuto venire a cercarti.-
Greta gli si avvicinò lentamente, accarezzandogli il ciuffo. -Mi hai cercato?-
George annuì appena, guardandola negli occhi.- Disperatamente…Fin che non ho visto il manifesto del saggio.-
Greta si sciolse i capelli, adagiandoli lungo le spalle e poi spinse il ragazzo a sedersi sul letto.
Calò un tombale silenzio, che di sottofondo aveva solo la pioggia che continuava a cadere incessante.
Greta si mise davanti a lui e si sfilò dall’alto la canottiera.
Staccò il reggiseno bianco dai gancetti e lo tirò sulla sedia nell’angolo.
George sentì il proprio cuore battere a mille.
Con grazia e quasi eleganza, si mise giù anche gli slip, venendogli in contro.
Dapprima poggiò la fronte sulla sua e poi lo baciò lentamente, mettendogli le mani sul proprio corpo.
George passò le dita all’interno del suo seno e del ventre, stringendole successivamente i fianchi.
Greta gli slacciò le bretelle e sbottonò lentamente la camicia.
Ogni bottone portò George all’eccitazione che aumentava.
-Ti ricordi quando in infermeria mi chiesi che cosa stessi pensando in quel momento e io ti ho detto Niente?- mormorò, accarezzandole il labbro con il pollice.
-Sì…-
-Pensavo a questo.-
Con decisione, George la prese in braccio, facendo aderire le sue gambe al proprio bacino e poi la poggiò delicatamente sul materasso.
Greta prese ad ansimare leggermente, guardandolo negli occhi.
Era vero che stare con lei era come tornare a casa dopo tanto tempo.
I loro corpi si unirono come lo erano stati da 20 anni, aspettandosi l’un l’altro.
La pioggia forte coprì il loro gemiti creando una dolce atmosfera.
George intrecciò le dita alle sue, lasciando baci per tutto il suo corpo.
Nonostante facesse freddo, le loro fronti erano sudate come ci fossero 30 gradi in quella stanza.
Qualche ora dopo, Greta poggiò la testa sul suo petto, coprendo entrambi con il lenzuolo.
Toccò appena la cicatrice sulla sua spalla, osservandola.
-Certe cicatrici non se ne vanno mai veramente, vero?- gli chiese.
George scosse la testa, baciandole la nuca.- No.- sussurrò.- Ce lo ricorderemo per sempre.-
Vide Greta versare una lacrima da un occhio e asciugarsela subito.
In quell’istante, George notò qualcosa che non aveva visto prima: Greta aveva un anello alla mano sinistra, sull’anulare.
Era molto bello, con un diamante splendente sopra.
Si iniziò a chiedere che cosa significasse.
-E’ una bella pietra.- commentò, prendendole la mano.
Greta la ritrasse di scatto, alzando il busto, come se non gliene volesse parlare.
George si accigliò, confuso.- Che cosa significa?-
Greta si passò una mano nei capelli, abbassando lo sguardo.- Tra due settimane mi sposo.-
Il cuore di George si fermò.
D’un tratto, tutta la vita felice che si era immaginato con lei fu solo un vago ricordo.
-Magari avresti dovuto dirmelo prima di…-
Greta gli afferrò le mani.- Ascolta, io ti amo…- singhiozzò, con le labbra tremanti. -Ho accettato solo perché non sapevo se fossi ancora vivo.-
-Cos’è? Un politico, un soldato, un riccone?-
-Un militare…-
Allora George si ricordò del discorso che aveva fatto con suo padre: anche se avesse potuto amarlo, non avrebbe mai sopportato di vederla rintanata in una fattoria per il resto della sua vita, infelice.
Magari il proprio amore non era abbastanza da dare.
Iniziò a rivestirsi, sospirando.
-Ti prego, non te ne andare di nuovo! Se mi dici che mi ami anche tu, annullerò tutto, non mi importa!- continuò lei.
George si mise le mani sul viso.- Dio Greta, come posso lasciartelo fare? Come posso chiederti di rinunciare a tutta la tua vita per stare con me?-
Greta si aggrappò alla sua camicia.- Non mi importa!-
-Adesso non ti importa! Ma a 60 anni, quando ti ritroverai a scannare galline e a bere latte appena munto, non voglio essere io quello che vedrà sul tuo viso l’insoddisfazione.- replicò George, rimettendosi gli stivali. -Non lo capisci che siamo due persone completamente diverse? Lo capisci che non potrà mai funzionare?-
Greta lo guardò negli occhi e il suo silenzio gli fece capire che fosse d’accordo con lui, ma che allo stesso tempo non voleva esserlo, proprio come George.
-Perciò sposa il tuo militare, sii felice Greta: era questo che volevo per te.-
La ragazza versò un’ultima lacrima.- Ma io ti amo.-
George le prese il viso tra le mani.- Anche io ti amo ed è per questo che devo lasciarti andare.- le sussurrò, baciandole la fronte.
Si avviò verso la porta il più presto possibile, prima di cambiare idea.
Trovò Belle seduta sul divano in soggiorno, come se lo stesse aspettando.
-Hai fatto la cosa giusta.- commentò.
George fissò la porta alla pari della bocca di un mostro gigante che presto lo avrebbe inghiottito.- Lo so, ma perché fa male lo stesso?- mormorò tra se e se, girando la maniglia.
Scese le scale e andò in strada, chiamando un taxi con la mano.
In quel momento, sentì delle scarpette col tacco scendere di sotto.
Greta corse fuori dal portone, con indosso una vestaglia rosa e gli saltò addosso, poggiando le labbra sulle sue.
George la strinse a se come fosse ossigeno, più che poteva, fin che non gli mancò il fiato.
-Non dimenticarmi mai, promettimelo.- gli disse, guardandolo negli occhi.
George ricambiò con gli occhi lucidi.- Te lo prometto.-
La adagiò sul suolo e poi salì in macchina, senza mai guardarsi indietro.
Solo qualche anno prima, dettata da Dan, Greta trascriveva su un foglio: E un giorno saremo in tutte le cose, io e te: nel cibo, nell’aria, in un bacio dato di sfuggita sotto la pioggia autunnale, con le stelle che brillavano in cielo. Così, quando riguarderemo in alto, ci ricorderemo dei nostri cuori uniti e di come stupenda è stata la nostra storia d’amore.
   
 
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