Parte seconda
“Sopravvivrà?”
“La Haruno sta
facendo il possibile, ma non è sicuro.”
“È molto
grave?”
“Penso di
sì. Ha affrontato due volte
Kyuubi in poche ore.”
“E
Uzumaki?”
“Lui è
fuori pericolo. Quel ragazzo è una roccia.”
Voci ovattate. Di nuovo.
Erano lontanissime. Lontanissime e fievoli, provenivano
dal buio.
Luce. Voglio anche io
un po’ di luce, fatemi uscire di qui.
Itachi?
“No, Sakura. Sono Sakura.”
…Va bene lo
stesso, credo.
Sei tu, mamma?
Un singhiozzo.
“Stai calma, Sakura…”
“Non so cosa fare, Ino.
Non so cosa fare, la febbre non scende! Continua a peggiorare!”
C’era qualcuno che piangeva, da qualche parte.
“Su, ti ha soltanto scambiata per sua
madre…”
Non fa ridere, Yamanaka. Specie di oca.
“Mi senti, Sas’ke?”
Lo sentiva, sì. Naruto aveva una voce talmente
squillante da dar noia a un sordo, e in quel momento gli si stava conficcando
nella tempia come un chiodo.
“Senti, Sakura-chan, qui,
è un po’ preoccupata. Lei, non io, che sia chiaro, eh! Quindi,
magari, uh, svegliati. Ok?”
Parlava troppo forte. Troppo forte, troppo, troppo.
“Insomma, non è il caso che fai il figo anche stavolta, svegliati e basta, cavolo!”
Con quel tono squillante stava aprendogli un buco in
testa. Non era sicuro di volere che se ne andasse, ma voleva che la smettesse
di urlare.
“Cioè, io mi s…”
“E sta’…zitto, dobe!”
Un silenzio siderale.
“RAZZA DI TEM…eh?
…Eeeeh! SAKURAAA! Sakura, si è
svegliato!”
“Ma non si era svegliato?”
“Naruto, zuccone, sì. Ora sta dormendo
normalmente, perché è sfinito. La capisci la differenza o devo romperti
il muso?”
“Ehi, calma! Che ne so io, mica sono un
medico!”
Lei ridacchiò rabbonita, con uno sbuffo.
“Lasciamo perdere,” sospirò
stancamente. “Non è più in pericolo, per fortuna,”
mormorò accorata.
“E tu ora puoi fare cose tipo mangiare o dormire.
Sai cosa? Andiamo veloci a prenderci un ramen. Offro io, eh!” propose
Naruto, allegro.
“Non so…” borbottò lei, ritrosa.
“Eddai, Sakuraaa… Solo cinque minuti, cosa vuoi che
succeda?” insistette lui, accattivante.
“Uffa, e va bene. Ma vedi di non ordinare sei porzioni
e impiegarci due ore, Naruto!” lo ammonì lei severa.
Si allontanarono in un chiacchiericcio vivace. I loro
passi frusciarono sempre più piano sul pavimento, fino a lasciare
silenzio.
Un momento. Da
quand’è che pranzano insieme, quei due?
La luce era chiara. Poteva sembrare scontato, ma dopo un
sonno di giorni era una scoperta di una certa importanza.
Sasuke sbatté ripetutamente le palpebre, gli occhi
feriti da tutto quel bianco chiarore. La stanza era troppo candida, troppo
luminosa. E lui aveva qualcosa di fastidioso sul naso, una specie di scatola.
Quando provò a muoverla gli fece male. Molto. Prima perché
cercò di sollevare la mano sinistra e il suo polso gemette di dolore,
poi perché, quando provò a ripetere l’operazione con la
destra, fu il naso stesso a protestare vigorosamente.
Come risveglio prometteva malissimo.
Il naso e il polso erano rotti, ricordò Sasuke
truce. Il polso gliel’aveva quasi staccato Zetsu,
strappandogli via di mano la katana. Il naso l’aveva spaccato Sakura con
un pugno, prima di consegnarlo alle autorità di Konoha.
All’anima dell’amore eterno.
Osservò con astio la parete di fronte a sé.
Così, Sakura l’aveva tradito. Aveva ucciso Madara,
il suo obiettivo finale, il compimento della sua vendetta. Poi l’aveva
steso e l’aveva dato in pasto ai vermi del Fuoco, quei parassiti ipocriti
che corrodevano la nazione. Era una di loro, evidentemente. E Naruto? Si era
venduto anche lui alle schiere di Danzo?
No, Naruto l’aveva ucciso, Danzo; forse non
l’avrebbe fatto davvero, se lui stesso non avesse dato una spintarella
alla Volpe, ma solo perché era troppo buonista. Però aveva
dimostrato di volerlo aiutare davvero. Come sempre: del resto, era di Naruto
che si trattava.
“Ohilà, Sas’ke,” esordì
in quel momento il jinchuuriki, facendo capolino dalla porta. Sorrideva con una
contentezza struggente, sembrava emozionato come un bimbo piccolo. Sasuke
dovette sforzarsi, e non poco, per impedire alle proprie labbra di distendersi
a loro volta in un sorriso.
“Dobe.”
“Stai meglio, no?” continuò Naruto,
addentrandosi nella stanza. Andò dritto verso di lui e si sedette sul
bordo del materasso, come se fossero stati fianco a fianco fino al giorno
prima. “Kakashi sensei è appena diventato Hokage. Sistemerà
tutto. Bentornato, teme,” aggiunse, radioso.
Lui lo osservò con vago stupore e un sollievo che
cercò con tutto se stesso di non provare, invano. Kakashi sensei avrebbe
sistemato tutto. C’era da crederci; dubitava che il ninja copia lo
lasciasse marcire in prigione, o decapitare. Non che fosse importante, al punto
in cui stavano le cose, ma comunque.
Certo, i nukenin sono feccia spregevole.
Il ricordo di quella frase di Kakashi lo aggredì
proprio mentre l’alleggerimento cominciava a diventare una bolla
confortevole, allargandosi fina a buttar fuori dalla sua testa Madara, Orochimaru, Itachi. Si sentì sbattere a
terra bruscamente e deglutì in silenzio.
“Se lo dici tu,” commentò asciutto.
Naruto lo guardò ad occhi sgranati, poi
scoppiò a ridere.
“Viva l’allegria, eh, teme?”
sghignazzò, per poi farsi serio di botto. “Mi mancavi.”
Anche tu. Anche tu, dobe, anche tu. Le parole grattavano nella gola, che però rimase
chiusa ermeticamente.
“Mh.”
Naruto ridacchiò di nuovo.
“Lo so,” commentò sornione. “Ah,
Sakura è andata a prendere altre bende, erano finite. Poi ti rifà
le medicazioni.”
Le labbra di Sasuke si serrarono con freddezza.
“Non voglio che mi curi Sakura,”
esclamò ruvido. “Mandami un altro medico.”
Naruto lo guardò ancora allibito, con la bocca
semiaperta.
“Ma cosa vai blaterando? È la migliore di
tutti! Se non ci fosse stata lei…”
“Cos’è, sei in combutta anche
tu?” ringhiò Sasuke, sospettoso. Era ovvio, in effetti: Naruto era
innamorato di Sakura e lei l’aveva tirato dalla loro parte. E dire che, se c’era una persona che era sicuro
sarebbe rimasta incrollabilmente dalla sua parte, oltre appunto a Naruto, era
Sakura. Ecco cosa succedeva a fidarsi delle donne.
“Eh?” guaì l’altro,
esterrefatto. “Certo che si vede che hai ancora la febbre, eh,” lo
schernì, ilare.
Sasuke sbuffò sprezzante, proprio mentre la kunoichi faceva il suo ingresso nella stanza con un
carrello.
“Sas’ke-kun…”
mormorò sognante: vederlo sveglio era decisamente meglio che vegliarlo
incosciente, perché poteva tuffarsi nel nero profondo delle sue iridi.
“Ipocrita,” sbottò lui, con la rabbia che
saliva nello stomaco.
Sakura sgranò gli occhi, ferita, mentre Naruto
spostava lo sguardo dall’uno all’altra.
“Mi sono perso qualc…?”
“Ti ho detto che voglio un altro medico,”
ringhiò Sasuke, torvo.
Lei chinò lo sguardo con un’ondata di
malessere, sentendosi svuotare dall’energia. Chiuse per qualche istante le
palpebre, vinta, ma poi strinse un pugno e lo guardò dritto in faccia.
“Mi dispiace, sei uno dei pazienti che sono stati
assegnati a me. Dovrai fartene una ragione,” rispose con sfida,
nonostante il groppo in gola.
“Penso che me ne andrò e vi lascerò
soli, adesso,” asserì vago Naruto a mezza voce, alzandosi.
“Non mi piace l’aria che tira in questa stanza,”
borbottò, guadagnando la porta.
Sakura rimase ferma in mezzo alla stanza, cercando di
mantenere la calma. Sasuke fissava freddamente un angolo del muro, arroccato
nella sua alterigia. Le sembrò che a separarli ci fosse ancora
l’identico vuoto di sempre.
“Hai ancora la febbre un po’ alta,”
iniziò con fare professionale, avvicinandosi bende alla mano.
“Può darsi che nei prossimi giorni salga ancora, ma non è
grave. Soltanto, cerca di tenerlo presente, se ti vengono in mente cose
strane.”
“Stai dicendo che deliro?”
l’aggredì lui, tagliente.
“Comincio a chiedermelo,” rispose Sakura
sottovoce, aspra. Respirò a fondo, per non perdere la pazienza, e si
produsse nel miglior sorriso alla Sai della sua collezione. “Hai qualche
ematoma, una leggera commozione cerebrale e qualche frattura. Il tuo
polso…”
“Cosa sai dirmi, invece, del naso?”
Sakura sussultò colpevole, chinando lo sguardo.
“Mi dispiace. Non volevo, in quel momento avrei
colpito chiunque.”
“Guarda caso, me.”
“Non è che ci fosse tanta altra
gente.”
Sasuke spostò uno sguardo indignato su di lei,
incontrando la trasparenza cristallina dei suoi occhi smeraldini. Curiosamente
gli venne in mente che erano veramente belli, il che era inquietante.
È la febbre.
“Se ti vengono in mente cose strane, è la febbre”.
L’ha detto lei, eh.
Sakura lo vide rimanere impalato a fissare il vuoto e lo
considerò un armistizio, quindi si risolse a cominciare a cambiargli le
medicazioni. Lo fece delicatamente, perdendosi nella sensazione che le dava sfiorare la sua pelle. Curava
feriti ogni giorno, ma non era la stessa cosa se si trattava di Sasuke. Con lui
tutto diventava commovente, anche il modo in cui la fasciatura avvolgeva la sua
mano.
“Immagino che anche consegnarmi a Konoha non sia
stato un gesto rivolto contro di me personalmente,” commentò lui,
caustico.
Sakura s’irrigidì di scatto sollevando di nuovo
gli occhi, ora feriti e tremanti. Di delusione, ma Sasuke la scambiò per
rabbia.
“Per te! L’ho fatto per te! Quando ho sentito
quell’uomo parlare di Itachi e di Danzo ho desiderato soltanto ucciderlo,
per te! Ti ho riportato a Konoha per te! Qui c’è Kakashi,
c’è Naruto, le cose torneranno a posto. Per te, Sas’ke, ho
fatto tutto per te!” sbottò a voce alta, sbattendo il pugno sul
materasso.
E Sasuke pensò suo malgrado che sarebbe stato
fantastico se fosse stato vero. Doveva essere ancora la febbre, non c’era
altra spiegazione possibile, ma per qualche istante si crogiolò in
quella piacevole sensazione. Poi Sakura si alzò di scatto, voltandogli
le spalle tremanti.
“Ti mando un altro medico,” annunciò
con voce rotta, prima di allontanarsi di fretta.
Sasuke avvertì una strana sensazione di malessere,
come uno strappo seguito da un vuoto amaro. Rimase a guardare la porta cercando
di dominarlo, mentre realizzava i fatti.
No, quella non era febbre. Era molto, molto peggio.
Abbandonò il capo sul cuscino, sbuffando inquieto.
Si stava già quasi addormentando quando la ragazza che sostituiva Sakura
si avvicinò incerta per proseguire il lavoro.
Doveva restare calma. Sas’ke aveva ancora la febbre
e quella brutta commozione cerebrale, non sapeva quello che diceva e la sua
percezione della realtà ne risultava alterata. Doveva esserci un disegno
d’insieme ben confuso nella sua testa, al momento.
Ma lei era perfettamente sana e non era più una
bambina. La cosa migliore da fare, anche a livello terapeutico, era non badare
alle sue assurdità e comportarsi naturalmente, senza assecondarlo.
Sì, avrebbe fatto così, fingendo che
l’episodio di poco prima non si fosse verificato. Forse lui avrebbe
finito per ucciderla, ma valeva la pena di provare.
Sorrise tra sé, determinata.
Ino, dalla poltroncina di
fronte, le lanciò uno sguardo perplesso.
“Come hai
potuto fare una cosa del genere?” sbottò Sasuke, stizzito. Sakura
non si curò del suo sguardo minaccioso, ma sorrise con dolcezza,
stringendosi nelle spalle.
“Vedi,”
iniziò, tormentandosi delicatamente le mani. “È che c’è
una cosa che non sai. Mentre tu non c’eri, noi… Naruto,
vieni!” chiamò, voltandosi verso la porta, da cui filtrava una
luce bianca.
Il jinchuuriki la
varcò immediatamente, sorridendo scanzonato.
“Dattebayo! Allora gliel’hai detto, Sakura-chan?” chiese allegramente, affiancandola.
“Detto
cosa?” intervenne Sasuke, spostando dall’una all’altro uno
sguardo diffidente.
“Aspettavo
te,” rispose Sakura all’indirizzo di Naruto, ignorandolo. E
l’altro, ridacchiando, le prese la mano.
“Vedi, teme, si
dà il caso che adesso Sakura sia innamorata di me,”
annunciò, strofinandosi goffamente la mano libera sulla nuca.
Ridacchiò, ilare. “Chi l’avrebbe detto, eh?”
Sasuke sgranò
gli occhi, allibito, e arricciò le labbra con rancore, deglutendo
pesantemente.
“Che idiozia!
Non essere ridicolo,” sibilò, gelido.
“No, è
la verità,” lo contraddisse Sakura, appoggiandosi al fianco del
jinchuuriki. “Noi abbiamo scoperto di amarci e adesso pensiamo di
sposarci.” Arrossì lievemente, con un sorriso comprensivo.
“Non c’è più posto per te, capisci?”
continuò, con quella sua voce tanto carezzevole.
“C…cosa?”
“Tu ormai mi
sei solo d’intralcio, teme. Per me rappresenti una minaccia, e devi
sparire. Senza offesa, eh, ma dopotutto sei tu che te ne sei andato, mica io,”
continuò Naruto col suo fare leggero, stringendosi nelle spalle.
“Esattamente.
Quindi, dobbiamo eliminarti,” aggiunse Sakura candidamente.
Lui li osservò
impietrito, con il cuore che picchiava in gola.
“E’ la
cosa migliore, Sas’ke,” concluse Naruto bonario, mentre i loro visi
si facevano sempre più nebulosi. “La migliore per tutti.”
“Non abbiamo
più bisogno di te,” affermarono in sincrono, svanendo in una
coltre buia.
“NO!”
Sasuke si rizzò a sedere di scatto, sgranando gli
occhi. Aveva il fiato rotto, gli tremavano le mani e il suo battito cardiaco
risuonava rapido contro le tempie. Sentì un brivido di freddo, poi si
guardò intorno con la vista appannata. Era in una stanza
dell’ospedale di Konoha, chiara e luminosa, in un letto immacolato. Non
c’era nessuno, era solo.
E solo sarebbe rimasto.
Itachi era morto, come Juugo, e Suigetsu e Karin se ne
sarebbero andati. Aveva abbandonato Konoha, Kakashi lo odiava e Sakura e Naruto
volevano farlo condannare a morte. La sua esistenza non aveva più nessun
significato, per quel poco che avesse mai potuto averne.
Nemmeno suo fratello poteva più fare niente per
lui. Madara era morto, non per mano sua, e non aveva
più nessuno scopo. Tanto valeva, in effetti, seguirlo prima possibile.
“Voglio uscire da qui,” ringhiò con
voce strozzata, strappandosi via il lenzuolo di dosso. Poggiò i piedi a
terra di scatto issandosi in piedi, ma le gambe non lo ressero e rovinò
contro la parete evitando all’ultimo una brutta caduta. Gli girava la
testa e faceva un caldo soffocante, ma cercò lo stesso di trascinarsi
verso la porta.
“Sas’ke-kun!”
trillò in quel momento una preoccupata voce femminile, ed era quella di
Sakura. “Ma ti ha dato di volta in cervello? Non ti devi muovere, nelle
tue condizioni!” aggiunse materna, avvicinandosi. Fece per sorreggerlo ma
il genio si divincolò rabbioso.
“Levami le mani di dosso,” sibilò
glaciale.
“Sta’ calmo…” mormorò
dolcemente lei, afferrando il suo braccio con una forza che al momento lui non
avrebbe potuto contrastare in alcun modo. Lo strattonò verso il letto,
spingendolo sul materasso. Sasuke si accasciò con un tremore, voltandole
le spalle.
“Mi farai condannare?” ringhiò,
ostile.
Sakura lo osservò ad occhi sgranati, esterrefatta.
Decisamente, sarebbe morta dieci volte piuttosto che permettere che gli venisse
torto un solo capello. Non ora che l’aveva di nuovo lì, vicino. Evidentemente
Sasuke stava ancora delirando, era solo molto scombussolato e quella che aveva
appena formulato costituiva una delle idee assurde che lei doveva ignorare.
“Oh, cielo…” mormorò, sfiorandogli
la fronte. “Guarda qui, ti è di nuovo salita la febbre. Sdraiati,
sciocco, devi dormire,” suggerì bonaria, spingendo giù le
sue spalle con delicatezza perché si stendesse.
“Tu e Naruto volete che muoia,”
sentenziò lui, altero, mentre gli rimetteva il lenzuolo sulle gambe.
“Non essere imbecille, sono tre anni che ti
corriamo appresso,” lo riprese lei, esasperata. Prese un respiro profondo
per restare calma e lo osservò ancora, lasciandosi riempire dalla
premura.
“Cercando di uccidermi,” insistette Sasuke
pomposo.
“Oh, Sas’ke-kun, mi
dispiace. Non volevo romperti il
naso, ma tu ne stai facendo una tragedia.” Sakura ridacchiò con
tenerezza, sistemandogli il guanciale. “Stai delirando. Te l’ho
detto, è la febbre che ti fa pensare cose strane. Dormi e basta, va
bene?”
“No.”
“Sas’ke!” sbottò lei, severa.
Sospettava che la febbre non c’entrasse molto con
quella testardaggine congenita.
“Non sposerai il dobe.
È assolutamente fuori discussione,” continuò Sasuke,
bizzoso.
Sakura emise un risolino esterrefatto, lusingata e totalmente
incredula. Si chinò un poco verso di lui, tendendo una mano tremante ad
accarezzargli leggermente la testa per calmarlo. Sasuke rimase immobile, le
palpebre che calavano lentamente sugli occhi. Scottava.
“Perché no?” chiese Sakura esitante,
dopo qualche istante di silenzio.
Sasuke si accigliò, sbadigliando.
“Perché io…sono tornato,”
bofonchiò brusco.
Sakura trattenne a stento un lamento d’euforia,
mentre il cuore le sbatteva in gola e tutto il suo corpo si scioglieva in
un’estasi di gioia. Le si inumidirono gli occhi mentre allungava una mano
indietro alla cieca, tirando lo schienale della sedia verso di sé per
poi sedersi di schianto, nel timore che non la reggessero le gambe.
“E…quindi?” cinguettò, stridula.
“Quindi non sposerai il…dobe,”
biascicò lui, risoluto.
“E chi devo sposare?” chiese Sakura senza
fiato, sottovoce.
Sasuke fece per parlare, ma poi spalancò le
palpebre di scatto con la fronte aggrottata, un breve barlume di
lucidità negli occhi.
“Cosa stai cercando di farmi dire?” chiese, asciutto.
Sakura sussultò arrossendo, colta in fallo. Fece
per chinare lo sguardo vergognosa ma poi strinse le labbra decisa, rialzando la
testa.
“Sei tu che hai detto di non sposare Naruto,
pensavo avessi in mente una valida soluzione alternativa,”
ribatté, innocente.
Sasuke rimase fermo; sembrava riflettere intensamente ma
il suo sguardo si faceva sempre più vacuo. Gli occhi gli si richiusero
di nuovo, lentamente.
“Me,” borbottò d’improvviso,
insonnolito. Non se ne rese nemmeno conto.
Il che lo portò poi a chiedersi - per tutta la
vita - quale inspiegabile ragione in quel momento avesse spinto Sakura a
lanciarsi verso di lui e baciarlo con foga, senza nessun motivo apparente,
affondando le dita tra i suoi capelli. Se la sentì soltanto planare
addosso.
Lei non poté in alcun modo trattenersi. Col cuore
che traboccava respirò dalle sue labbra e si beò della morbidezza
della sua pelle, della sensazione straordinaria di essere addosso a Sasuke,
finalmente, con la certezza totale che non l’avrebbe lasciato andare mai
più.
Sapeva che quello che stava facendo era profondamente
immorale, per un medico e per una donna, perché stava approfittando in
modo ignobile dello stato confusionale di un malato. Era terribilmente
meschino, vergognoso.
Ma, ehi, è di
Sas’ke che si tratta…
Il fine giustifica i mezzi, carina.
And so it began…
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E questi sono i generosissimi voti
2^ classificata :
Anuk Ite - di suni
Giudizio di Ainsel:
Correttezza grammaticale: 9/10
Originalità: 8/10
IC dei Personaggi: 9.5/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 35.5
So che per qualche oscuro motivo che esula dalla mia comprensione tu odi questa
fiction, ma secondo il mio umile giudizio è brillante. Il genere comico
è notoriamente sottovalutato perché, per usare le parole di mia
madre, i giovani amano il tragico; tuttavia io l’ho sempre amato e
considerato uno dei più difficile da trattare. Senza togliere nulla alla
capacità di commuovere o far piangere lo strappare una risata alla gente
è davvero quanto di più complicato ci possa essere, e tu sei
anche riuscita ad unirlo ad una buona dose di drammaticità. Velata,
perfino grottesca se vogliamo, ma indubbiamente presente.
Devo ammettere che ci sono rimasta particolarmente male per la fine che hai
riservato al team Hebi, Juugo in particolar modo, che
non ha avuto neppure il diritto a qualche scena strappalacrime, ma per una
Sakura che dà dell’imbecille a Sasuke con una tale noncuranza
posso anche perdonartelo.
Potrei anche non commentare l’IC dei personaggi, tanto dovresti essere
fusa come Sasuke che scambia Sakura per la sua mamma per non renderli
perfettamente azzeccati. Perché, al di là del comico, io ci vedo
davvero lei come una maniaca repressa – dobbiamo anche cercare di
capirla, è da quando ha otto anni che si trattiene – che
abuserebbe un poco del suo status di medico; e lui, per quanto cerchi in tutti
i modi di far credere il contrario, in fondo non aspetta davvero altro che di
riavere il suo posto al villaggio, una volta concluso con vendette varie.
Giudizio di Annaky:
Correttezza grammaticale: 9/10
Originalità: 8.5/10
IC dei Personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9.5/10
Totale: 36
Ho amato questa fanfiction.
Mi ha coinvolta dall'inizio alla fine, sin dallo strano nome, mai più
azzeccato, sia dal debutto alquanto sconvolgente, con una sakura
"fuori dal comune", quasi irriconoscibile, sia dal finale strano,
quasi comico, ma estremamente dolce.
Sasuke in perfetto stile IC, ero convinta non si arrivasse a nulla di buono,
neanche alla fine. Invece, mi ha davvero fatto piacere scoprire di essermi sbagliata.
Quel finale mi ha dato un vero senso di calore, come se ne fossi io coinvolta
in prima persona.
Insomma, in conclusione, è una fanfiction che
consiglio di leggere sia agli amanti del tragico/avventuroso che del
comico/romantico
Media: 71.5
Grazie ancora alle organizzatrici. E a voi
lettori che fedelmente mi avete permesso, come affermato nella presentazione (sì,
è vero) di arrivare alla mia
100ª fic su EFP.
Hasta.