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Autore: Bloody Wolf    28/12/2020    0 recensioni
Ciao!
Questa storia è una sorta di fix-it dopo la serie TV, non mi sembrava possibile che Geralt stesse lontano dal nostro amabile ed inutile bardo ma nello stesso modo sappiamo benissimo che i guai sembrano seguire Jaskier quindi è uscita questa storia.
E' la mia storia sulla saga ed è una Geraskier, spero di non aver combinato guai e spero che voi la leggiate e che vi piaccia, grazie di cuore.
Genere: Angst, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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| 5194 Parole |

"Se dovessimo incontrare il windigo non sarà facile distruggerlo, non con le temperature che calano così drasticamente durante la notte ma posso usare la magia e neutralizzarlo."

La maga si chiuse nello spesso cappotto di lupo che la avvolgeva, sorridendo alla giovane Ciri che, come spesso accadeva, se ne stava in silenzio ad ascoltarli, stranita da tutta la situazione ma affascinata dai loro discorsi.

"Devo solo ferirlo in modo che sia lui a condurmi dalla strega."

Yennefer allungò le mani verso il fuoco scoppiettante, inarcando le sopracciglia verso l'alto e parlando con tono scontato.

"Perché è facile ferirlo, giusto? A maggior ragione se ha una potente guida alle sue spalle. Il semplice fatto che sia riuscita a comandarlo a suo piacimento dimostra quanto è potente quella donna."

Lo strigo ringhiò silenziosamente, increspando il labbro superiore e sbuffando dal naso.

Era pericoloso e rischioso ma doveva riuscire a liberare il mondo da quella nuova minaccia, era il suo compito e continuava a ripeterselo come un mantra eppure …

Eppure il pensiero di ritrovare il bardo era un macigno legato al suo cuore, era qualcosa che andava ben oltre al suo mestiere e a ciò che aveva sempre fatto per vivere.

Più i minuti e le ore scorrevano e più il suo sguardo si perdeva nell'ambiente circostante, immaginando la sagoma di Ranuncolo che cantava e suonava il suo liuto per intrattenere tutti quanti.

Chiuse gli occhi con dolore di fronte a quella specie di visione, aggrottando le sopracciglia ed emettendo un sibilo frustrato.

"Quanto è importante per te questo bardo?"

La voce pacata e giovanile di Ciri obbligò il Witcher a girare la testa verso di lei, aprendo gli occhi per puntarli in quelli azzurri della ragazzina, ritrovandosi a ragionare sulle sue parole, incapace di trovare una risposta.

Aprì la bocca per rispondere, ritrovandosi a chiuderla subito dopo riportando lo sguardo verso il bosco.

Era Jaskier quello che parlava tra di loro, era lui quello bravo con le parole e con le rime, era lui che gli dava i consigli e che l'aveva portato a vedere il mondo sotto un'altra visuale.

Cosa era per lui il bardo?

Era tutto ed era niente. Era una piccola ombra che si era insinuata nella sua oscurità, facendosi sempre più presente ed ingombrante, apparentemente invisibile ma palpabile.

Non aveva mai avuto paura di lui, era stato il primo essere umano che si era approcciato spontaneamente e senza avere bisogno dei suoi servigi nonostante sapesse chi fosse, incurante delle voci e del terrore che generava solitamente negli animi umani.

La voce di Yennefer lo risvegliò dai propri pensieri, tendendo l'orecchio e guardandola con la coda dell'occhio.

"Ciri, Jaskier è l'unica creatura che è riuscita a fare innervosire Geralt innumerevoli volte, ma nonostante questo è stato anche l'unico che non ha mai avuto paura a seguirlo, a tormentarlo oserei dire. Se non fosse uno strigo direi quasi che ci sia amore tra loro, sai una certa elettricità."

Indurì i lineamenti, incapace di contraddire la donna o anche solo di pensare a qualcosa che non fosse la sua nuova missione: salvare quel maledetto bardo e chiarire con lui.

"E se non fosse più vivo?"

Le parole della ragazza scesero dolorose lungo la sua schiena, si srotolarono toccando ogni singolo nervo portandolo a raddrizzare la colonna vertebrale e a sbuffare infastidito dal naso.

"Fino a quando non avrò il suo cadavere sotto agli occhi, non crederò che l'idiota si sia lasciato ammazzare tanto facilmente."

Fissò gli occhi in quelli della ragazzina portandola ad abbassare i propri.

Ciri era il suo destino e ne era consapevole, ma era solo una bambina a cui era stato strappato tutto ciò che aveva. Il suo fato era proteggerla non amarla, non ci sarebbe mai riuscito e lo sapeva, lo avvertiva come una pugnalata al cuore.

"Ora riposatevi un po'."

Geralt si alzò e prese le proprie spade per poi incamminarsi lungo il bosco, soffiando dal naso incurante dell'ora e del sole che ormai aveva lasciato spazio ad una timida luna.

L'umidità della notte si faceva sentire su di lui, la avvertiva sulla pelle ma non gli dava fastidio, era una sensazione quasi piacevole.

Una piccola increspatura delle labbra deformò il suo volto in una sorta di sorriso leggero, una smorfia apparsa dopo i ricordi che, semplici, erano passati nella sua mente.

Ricordi di nottate passate all'aria aperta, il fuoco ormai spento e il corpo di Jaskier vicino al proprio, il suo volto immerso nella sua schiena alla ricerca di un contatto fisico e caldo.

Aveva provato nei primi periodi a spostarsi e ad allontanarsi ma quell'uomo fatto di insicurezze e di note musicali riusciva sempre ad avvicinarsi a lui, a trovare conforto nella sua presenza.

Quando riuscivano a trovare un'osteria per passare la notte, Jaskier suonava per raccimolare qualche moneta extra per poi aiutarlo a riempire il catino di acqua calda e aiutarlo ad eliminare ogni traccia di sporco dai suoi capelli o dal suo corpo. Quando lui aveva bisogno gli spalmava il balsamo sulle ferite aiutandolo a rigenerarsi senza l’aiuto di medici o maghi.

Jaskier era un uomo dal cuore immenso, non gli aveva mai chiesto nulla in cambio, il loro era diventato un patto silenzioso: Jaskier copriva i silenzi pesanti e malinconici di Geralt e lui si impegnava a proteggerlo dai mostri e dai mascalzoni che volevano fargli del male.

Tornò in sé quando si sentì osservato, i suoi sensi sviluppati lo portarono a girarsi verso una roccia poco distante, si voltò soltanto con la testa sorridendo prima di parlare con tono basso ma amichevole.

"Vattene lupo, non sono qui per te."

La grossa bestia aveva un folto pelo grigio ed aveva un paio di occhi azzurri che sembravano sondare l’anima dello strigo; se ne stava tranquillo sulla roccia con il muso appoggiato tra le zampe, l’attenzione rivolta a lui mentre muoveva le orecchie in diverse direzioni, curioso.

Geralt mosse un passo in avanti per poi girare il capo e continuare a camminare lungo quel sentiero che sembrava non essere battuto da tempo.

Il leggero rumore di un passo silenzioso alle sue spalle lo portò a girarsi nuovamente, trovando l'animale ad un paio di metri da sé. Seduto immobile a fissarlo con curiosità.

"Vattene, c'è un mostro nella zona e io devo ucciderlo, non voglio farti del male e non voglio diventare la tua cena."

L'animale raddrizzò le orecchie, voltando il muso verso destra, portando lo strigo ad estrarre la spada e a mettersi in guardia in quella direzione, piegando le ginocchia pronto a combattere.

Ad un centinaio di metri da loro c'era il Windigo, si trascinava per il bosco producendo un suono poco chiaro, un rumore che sembrava quasi che stesse trascinando qualcosa ma nello stesso tempo si stesse lamentando. Dava loro le spalle quando si bloccò per tirarsi sulle due zampe, annusare l’aria ed emettere una sorta di gemito soffocato, iniziò a correre, allontanandosi da Geralt e portando il suo fetore lontano dal bosco.

Geralt si girò verso il lupo scoprendo che non c'era più, sbuffò dal naso iniziando a correre all'inseguimento della creatura.

Era rischioso cercare di uccidere una creatura che poteva essere uccisa solo sciogliendogli il cuore, ma si decise a seguirlo correndo con passo sicuro ma silenzioso.

Le pupille dei suoi occhi si allargarono immagazzinando più luce per permettergli di vedere meglio in quella nottata fatta di una luce tenue che non permetteva, ad un umano normale, di vedere oltre pochi metri.

Corse fino ad una piccola radura, convinto di averlo di fronte per poi scoprire che la creatura si era volatilizzata, non c'era più alcuna traccia del windigo e lo strigo ringhiò infastidito.

Camminò con passo leggero, respirando con calma, assaporando ogni odore che permeava l’aria, avvertendo ogni singolo suono che la natura gli stava fornendo, ogni creatura che sostava nell’arco di alcuni metri da lui, riusciva a percepirla tranne quel maledetto Windigo.

Era sparito, forse risucchiato da qualche portale.

Geralt rifoderò la spada in argento, sbuffando prima di tornare sui suoi passi, ripercorrendo il bosco e fermandosi dove aveva visto la creatura, piegandosi sulle ginocchia per analizzare il terreno.

Seguì le orme lasciate dalla bestia ritrovandosi però con un pugno di mosche quando, raggiunta un’altra piccola radura, la traccia era scomparsa, quasi che fosse apparso dal niente.

“Merda.”

Tornò sui suoi passi, raggiungendo la locanda dove sarebbero rimasti. Doveva trovare un modo per venire a capo di quella situazione al più presto possibile.


 

Il rumore di una folla inferocita obbligò lo strigo a spalancare gli occhi per poi scendere dalle scale, armato e pronto a combattere.

La gente era accalcata intorno alle stalle e Geralt si fece spazio tra le persone con fatica, pensieroso per la sua vecchia Rutilia.

“Che succede qui?”

Lo stalliere si riparò, terrorizzato dalla vista dello strigo, cadendo in ginocchio ed implorando pietà.

“Qualcuno ha liberato e sparpagliato i cavalli nel bosco e nella radura qui vicino! Alcuni sono stati attaccati dagli animali selvatici! Il guardiano si deve essere addormentato, vi chiedo perdono! Non mi faccia del male!”

Strinse i denti e ringhiò, socchiudendo per alcuni attimi gli occhi per poi riaprirli, calmandosi mentre respirava dalle narici.

Ignorò l’uomo dirigendosi fuori dalle mura protettive, camminò con passo deciso mentre Yennefer lo seguiva a ruota, tenendosi il lungo vestito con le mani in modo da alzarlo da terra e poter camminare con più facilità.

“Ciri dorme e ho applicato un incantesimo protettivo sulla porta. Tranquillo.”

Geralt le lanciò uno sguardo minaccioso prima di tornare a seguire i segni di ferri lasciati dagli svariati cavalli che erano usciti dalla cittadina.

Andavano in direzioni diverse, spesso cambiavano direzioni come se fossero spinti da qualcosa, come se fossero stati condotti da qualcosa.

Ringhiò frustrato.

Raggiunse la prima carcassa notando che aveva un manto nero, sospirando di sollievo mentre alle sue spalle Yennefer sogghignava, dicendo ciò che le passava per la mente.

“Tieni di più ad un cavallo che alle persone, ne sei consapevole?”

Gli occhi dorati di Geralt si puntarono verso di lei, silenziosi e parzialmente minacciosi, Rutilia era una giumenta fedele e pacata, era l’unica oltre a Jaskier ad averlo accettato come era, senza fare domande o senza pregiudizi.

Raggiunsero una piccola radura dove stazionavano almeno sei dei cavalli fuggiti, indossavano le briglie ma tra di loro Rutilia non c’era. Nel bosco si intravedevano altri cavalli così Geralt si incamminò, tallonato dalla maga che curiosa lo inseguiva senza parlare.

Una seconda carcassa si stagliò sul loro cammino ma, anche se aveva il pelo marrone, non era Rutilia.

Geralt afferrò l’elsa della spada in maniera istintiva, camminando fino al piccolo fiumiciattolo che scorreva lì vicino.

Camminarono seguendo il segno degli zoccoli che, nella morbida ghiaia che contornava il rigagnolo, erano chiari.

“Yennefer, preparati, c’è qualcosa che non torna in questo posto.”

Il medaglione vibrava leggermente, indicandogli che c’era un mostro potente nelle sue vicinanze[1].

“Sì, lo percepisco.”

Camminarono per alcuni minuti, con passi cauti e silenziosi. Gli occhi vigili e scattanti, pronti a percepire ogni più insignificante movimento che avveniva intorno a loro.

Giunsero ad un piccolo stagno, contornato da una piccola cascata che cadeva per alcuni metri d’altezza creando un continuo rombo d’acqua, il vento mulinava alzando il liquido e sparpagliandolo anche a metri di distanza.

Il muschio cresceva di un color acceso e quasi luminoso sulle rocce limitrofe mentre il colore della pozza era celestiale, si potevano contare le singole scaglie della trota che nuotava pacifica lì dentro.

Rutilia se ne stava lì, brucava pacifica alcuni ciuffetti d’erba vicino alla cascata, lontana dal frastuono ma non troppo.

Accucciato vicino a lei c’era il lupo grigio che Geralt aveva incontrato la notte prima. Lo strigo allungò le mani per fermare la maga da qualsiasi intento.

“Posso scacciare il lupo e salvare la tua amata giumenta, Geralt.”

L’uomo negò, non riuscendo a distogliere gli occhi dal maestoso animale.

“Rutilia sembra non averne paura, guardala, è rilassata e scuote la coda e la criniera. Non è sotto incantesimo.”

L’animale brucava, scuotendo di tanto in tanto i crini sbuffando dal naso e sbattendo lo zoccolo posteriore sulla ghiaia per scacciare le odiate mosche. Il lupo se ne stava lì, a meno di un metro da lei, osservandola con la bocca aperta, ansimando lentamente.

Si alzò dopo pochi secondi dirigendosi verso la pozza per bere. Passò con disinvoltura sotto al muso della giumenta che, come se niente fosse, nitrì, seguendo il predatore prima di puntare il lungo muso verso Geralt ed emettere un suono sommesso e felice.

Trotterellò verso di loro, con le orecchie ben tese, fermandosi solo quando fu di fronte allo strigo.

“Calma, Rutilia. Va tutto bene.”

La testa dell’animale si appoggiò sul suo petto spingendolo leggermente indietro, obbligando l’uomo ad arretrare e a sorridere. I suoi occhi passarono dal cavallo al lupo che, immobile, si era seduto dove era. Li fissava, così come aveva fatto la notte prima con lui.

Quegli occhi sembravano chiamarlo, sembrava che il lupo avesse voluto condurli lì.

Il predatore abbassò le orecchie ed alzò il muso verso il cielo, emettendo un profondo ululato, un suono che vibrò nelle loro membra facendogli quasi mozzare il respiro per via della sua intensità, un richiamo che una volta finito portò Geralt a camminare istintivamente verso la sua fonte.

“Geralt quello non è un lupo normale… Ho sentito la magia scorrere al suo solo ululato…”

“Lo so ma vuole mostrarmi qualcosa, resta qui.”

Il lupo si alzò da lì, camminando restando sempre qualche passo avanti rispetto allo strigo, fermandosi di tanto in tanto e voltandosi, come per accertarsi che lo stesse veramente seguendo.

Dopo alcuni minuti la figura di una cascina si stagliò nel bosco, leggera e sfuocata, coperta sicuramente da incantesimi.

Il lupo fermò la sua avanzata, girandosi a guardarlo un’ultima volta per poi scomparire nel cancello socchiuso della casa mezza distrutta.

Geralt si bloccò, piegandosi sulle ginocchia e analizzando ciò che aveva di fronte. Il suo medaglione vibrava incontrollato contro la sua pelle. Quella strega aveva eretto delle potenti barriere intorno alle rovine, le percepiva anche senza averle varcate, si era inconsciamente inginocchiato dove il lupo si era fermato poco prima.

Era abbastanza lontano da non avvertire la strega della sua presenza, l’animale era scaltro nonostante tutto.

Il cancello si mosse di poco e Geralt afferrò l’elsa della spada, appiattendosi quanto possibile tra l’erba che gli arrivava al polpaccio.

Una bambina sbucò da lì, era magra e tremava terrorizzata. Aveva i capelli biondi e gli occhi verdi, veniva sospinta delicatamente dal muso del lupo che le appoggiava la testa alla schiena e la spingeva verso Geralt.

La bimba lo raggiunse e, non appena vide lo strigo, gli si fiondò tra le braccia mentre il lupo tornava alle rovine, uscendone con un’altra bimba e poi con un’altra ancora.

Le stava facendo scappare da lì.

La prima bimba si era fiondata da lui mentre le altre sembravano maggiormente terrorizzate, non si avvicinarono a lui, incapaci di trattenere le lacrime ma senza emettere alcun suono.

Gli occhi di Geralt si fecero dubbiosi, cosa avevano dovuto sopportare quelle bambine per essere ridotte in quello stato?

Il lupo ne portò fuori in totale cinque, con calma, rispettando i loro tempi.

Si fermò a guardare il gruppo con le orecchie tese, fissando poi i propri occhi verso la bambina che aveva fatto uscire per prima.

La bambina teneva tra le mani una moneta che allungò istintivamente allo strigo.

Geralt si ritrovò a fissare la bambina e la moneta, guardandola negli occhi alla ricerca di una spiegazione.

La piccola non emise alcun suono, ma nel cervello dell’uomo si delineò quasi perfettamente la situazione, alzando subito gli occhi alla ricerca della figura del lupo.

Scomparso.

Per la seconda volta in meno di una giornata, la creatura era scomparsa ma questa volta non c’era un windigo a distrarlo ma una semplice bambina.

“Vi riporto dai vostri genitori.”

Non era bravo con le parole ma si alzò, arretrando con passo svelto fino a dove aveva abbandonato Yennefer e la giumenta.

“Geralt cosa?”

“Jaskier è vivo. Il suo spirito è legato al lupo grigio che ci ha condotti fino a qui, ne sono certo.”

Gli occhi di Yennefer si spalancarono sbalorditi guardando l’uomo dai capelli bianchi, negando mentre sorrideva timidamente alle bambine.

“Se fosse vero, sarebbe un incantesimo potente da spezzare. Servirebbe il consiglio e potebbero non riuscirci nemmeno.”

Geralt si ritrovò a girarsi verso il luogo dove pochi minuti prima l’animale se ne stava tranquillo vicino a Rutilia, lasciò che i propri occhi scorressero sulla vegetazione e sui sassi, alla ricerca di qualcosa che non sapeva nemmeno lui.

“Allontaniamoci da qui, muoviamoci.”


 

“Torpe!”

Raggiunsero la cittadina, lasciando che alcune bambine si fiondassero verso la propria casa, verso il luogo dove sapevano esserci dei genitori che le avrebbero accolte ed amate.

Il mercante mollò il sacco che aveva saldo tra le mani per lanciarsi ad afferrare la figlia ed iniziare a piangere, devastato dalla gioia e dalla felicità di poterla riabbracciare sana e salva.

Gli occhi di Geralt passarono di volto in volto ritrovandosi ad emettere un basso sospiro pregno di tutto il tormento che lo affliggeva.

“Perché Rutilia lo ha seguito?”

L’uomo inarcò il labbro in una leggera risata prima di sbuffare e parlare.

“Rutilia conosce Jaskier, anche se ora è un lupo, lei ha riconosciuto la sua anima e si è fidata.”

Le aveva condotte fuori dalla loro prigionia usando i cavalli come scusa, si era ingegnato per fare in modo che Geralt lo trovasse e il suo piano aveva funzionato. Jaskier era un uomo pieno di risorse in fondo.

“Yennefer mi accamperò appena fuori dalla città, se il lupo ha fatto ciò che ha fatto contro il volere della strega, lei non sarà felice.”

La donna annuì, in viso una smorfia di preoccupazione. 

Lo strigo si girò dandole le spalle quando le mani di una bambina gli afferrarono l'indice e il mignolo della mano sinistra, portandolo ad abbassare lo sguardo sulla figura della piccola Torpe.

Aveva grandi occhi terrorizzati ma in essi ci lesse un grande cuore e una forza immane.

La piccola aprì la bocca per parlare, negando con la testa e chiudendola nuovamente, incapace di parlare.

"L… lupo… salva."

Geralt alzò lo sguardo verso la famiglia della piccola ed emise un leggero sbuffo, solo un lieve alito di vita che lo portò ad annuire, sorridendo debolmente alla bambina.

"Ci proverò, te lo prometto."


 

Geralt accese un piccolo fuocherello.

Si sedette a gambe incrociate, decidendo che era meglio prepararsi ad un'eventuale battaglia.

Sganciò le spade, portandole ad appoggiarsi sulle proprie gambe, accarezzandole con dedizione.

Rilasciò un leggero sbuffo perché il silenzio, da quando Jaskier non era più con lui, era diventato pesante da sopportare.

Mai avrebbe pensato che passare del tempo con qualcuno di così fastidioso come Ranuncolo lo avrebbe cambiato in modo così radicale e intimo, mai avrebbe immaginato di scansare una donna perché il suo pensiero era perso nella salute di un bardo qualsiasi.

Afferrò con una mano tre boccette che teneva gelosamente riposte nella tasca attaccata alla cintura. Se li passò tra le mani appoggiandoli a terra prima di togliersi i guanti neri ed iniziare, una dopo l'altra, ad aprirle ed ingurgitarne il contenuto, sorso dopo sorso.

Era sempre una sensazione strana per lui, estranea ma conosciuta, piacevole e meno piacevole.

Le erbe che componevano quei composti acuivano i suoi sensi, lo miglioravano ed affinavano le sue tecniche letali.

Ripose i tre contenitori nella sacca e si rimise i guanti, muovendo il collo e chiudendo gli occhi mentre muoveva il fuoco per spegnerlo con la terra.

La luce del fuoco tra poco gli avrebbe dato solo fastidio, i suoi occhi avrebbero faticato a sopportare tutta quella luce rendendolo vulnerabile.

Bastarono alcuni minuti prima che i soffusi rumori del bosco diventassero un frastuono fastidioso nelle sue orecchie, li percepiva chiaramente nonostante non avesse gli occhi aperti, li vedeva muoversi spostando le foglie secche o i fili d'erba, sentiva ogni singola creatura che componeva quel luogo.

Era normale per lui, ci aveva fatto l'abitudine ma il pensiero di Jaskier continuava ad affollargli il cervello, distraendolo continuamente.

Digrignò i denti emettendo un mugugno infastidito, accarezzando le spade e perdendosi nel leggero rumore della propria pelle che scorreva sul metallo duro e forgiato da mille battaglie.

Alzò il volto al cielo aprendo gli occhi sentendoli pizzicare di fronte alla luna che, immensa e luminosa, faceva bella figura di sé anche da dietro le leggere nuvole che disseminavano il cielo.

Le erbe avevano fatto effetto, percepiva la sua pelle più fredda e i suoi occhi vedevano perfettamente nell'oscurità che lo circondava. I tizzoni che ardevano ancora erano punti bianchi nei suoi occhi ma non gli davano troppo fastidio.

Mugugnò, espirando l'aria dai polmoni e rimanendo immobile, in attesa che succedesse qualcosa.

Rimase calmo, pronto a morire per salvare la città ma soprattutto era pronto a tutto per recuperare Ranuncolo.

Non si curava del tempo che passava, potevano essere passati minuti o intere ore, non aveva importanza.

La collana dello strigo si mise a vibrare poco prima che una risata fredda e macabra si levasse nella notte, la donna era apparsa dal niente tramite un varco magico che si era richiuso subito alle sue spalle.

Geralt mantenne gli occhi chiusi, voltando solo leggermente la testa verso destra, pronto a scattare ma curioso di avere più informazioni; non c’erano altri rumori nelle vicinanze ma sapeva che sarebbe bastato un solo secondo per permettere alla strega di evocare il windigo.

I lenti passi della donna lo colpirono all’udito sensibile, ne seguì la scia unita al leggero fruscio delle sue vesti, mentre lui digrignava i denti.

“Povero Witcher. Quello stupido lupo ti ha aiutato a trovare le bambine, mi avete ingannato, bravi.”

Il passo si era arrestato e Geralt aprì gli occhi puntando le iridi nere in quelli chiari della donna che aveva a pochi metri da sé.

“Stai tranquillo, la mia creatura sistemerà il lupo, lo annienterà. Mi chiedo solo se ti sarà fedele fino alla fine.”

Lo strigo si alzò lentamente in piedi, si mosse evitando movimenti bruschi, ascoltando le parole della donna che, fin troppo sicura di sé, stava parlando.

Doveva uccidere la strega e andare a salvare il bardo.

“Non puoi salvare la città e il tuo amico. Ammetto che all’inizio volevo usarlo solo come compagnia ma si è rifiutato di suonare per me, aspettava che io uscissi dalla villa per strimpellare quel liuto per allietare le bambine, così l’ho maledetto.”

Se si trattava di una maledizione, Geralt aveva bisogno di sapere come distruggerla, come fermarla per poter far tornare Jaskier nella sua forma originale.

Il pensiero della necessità che sentiva nel cuore di averlo vicino faceva quasi male, era come avere degli aghi piantati nella carne che ad ogni movimento scavavano più in profondità.

Si rese conto che tutte le volte che aveva cercato di allontanarlo erano state inutili, Jaskier era un fifone ma nessun mostro lo avrebbe allontanato dal suo Witcher.

Il mostro peggiore si era dimostrato lui, era lo stesso che Ranuncolo guardava con ammirazione e con una scintilla che lui non era mai riuscito a decifrare.

“Parli di una maledizione e sai che non sopravviverò a questa impresa, quindi dimmi, strega, come posso spezzarla?”

La leggera risata tornò a colpire l’udito sensibile dello strigo. Usare la psicologia inversa era una delle tattiche che preferiva, usare la spada era l’ultima delle opzioni ma era consapevole che, in quella precisa situazione, era la prima cosa da sfoderare.

“L’ho maledetto usando la sua stessa musica, ti ha sempre visto come il lupo bianco quindi mi sono ingegnata per renderlo più uguale a te. Nel processo potrei aver scoperto una cosa e averla usata come ponte per la maledizione, scoprila se sopravviverai e forse lo salverai…”

Le parole della donna si bloccarono permettendole di sorridere, il medaglione iniziò a vibrare contro la sua pelle e Geralt capì che lo spazio dedicato alle parole era scaduto.

“Sempre se sopravviverà alla mia creatura e tu non morirai per mano mia, questa ballata sarà ricordata come un dramma, il dramma dello strigo di Rivia e del suo bardo.”

La donna attaccò con ferocia ma Geralt si mosse più velocemente di lei, schivando l’attacco rotolando sulla spalla per poi alzarsi e scagliare un fendente con la spada.

La donna aveva fatto apparire una daga con la quale aveva fermato il suo attacco, erano vicini, troppo e questa vicinanza poteva solo portare danno allo strigo.

La magia della donna si condensò tra di loro e Geralt scattò indietro prima che la fiamma si propagasse, si ritrovò a chiudere gli occhi infastidito, scuotendo leggermente la testa cercando di scacciare via il fastidio che la luce improvvisa aveva generato.

Si ricompose fermando la lama della donna, cercando di disarmarla con movimenti calcolati e con la destrezza che gli era stata insegnata ma fu tutto inutile, sembrava che la donna sapesse quando e come avrebbe colpito.

Un latrato sofferente fendette l'aria ed immediatamente Geralt alzò gli occhi verso la direzione da cui il suono proveniva, concentrandosi su di esso, commettendo un errore che il suo maestro non gli avrebbe mai perdonato: perdere di vista il nemico.

La stilettata di dolore lo raggiunse imprevista, la daga era conficcata nelle sue vesti in cuoio e nella sua pelle, all’altezza della spalla. 

La donna non aveva la forza fisica necessaria per penetrare le sue ossa ma rimaneva una valida avversaria e lui, uno strigo come tanti altri, l’aveva sottovalutata, anzi, ignorata per la preoccupazione verso un amico.

Quanti errori stava commettendo in una singola battaglia? 

“Speravo che saresti tornato per lui. L’ho pedinato per giorni prima di attaccare la carovana, è vero, mi avevano pagato per le bambine ma ho unito le due cose. La sua voce è melodiosa e le sue ballate cantano tutte di te, gli brillavano gli occhi nonostante fossero velati di sofferenza. La mia amata creatura non è un windigo, non è solo quello, così ho deciso che il tuo corpo conterrà la sua anima per l’eternità, avevo bisogno di un corpo forte ed eccoti qui.”

Geralt mugugnò di dolore mentre si estraeva la lama dalla spalla, lasciandoci scivolare sopra la mano trovando il sangue che sgorgava.

La donna aveva fatto apparire un nuovo pugnale per poi usare la magia ed incollarlo al suolo, impedendogli di liberarsi e combattere, nemmeno la sua magia e i suoi simboli sembravano funzionare. Era potente e Geralt non riusciva a muoversi mente la sua spada d’argento era lì, a pochi centimetri dalle dita della sua mano, inerme.

La strega si sedette sul suo bacino mentre dai suoi occhi scendevano lacrime scure, lacrime di sofferenza e di petrolio. Digrignò i denti cercando inutilmente di liberarsi, era troppo potente, non aveva via d’uscita.

La donna alzò il pugnale al cielo, chiudendo gli occhi e Geralt non potè fare altro che chiudere i propri, pronto ad accogliere la sua fine in quel modo così stupido e ignobile.

Aveva fallito.

Non l’aveva salvato.

L’aveva perso per sempre senza potersi chiarire.

Un rumore alla sua sinistra lo portò a spalancare gli occhi giusto in tempo per vedere il lupo grigio che saltava e mordeva con ferocia il braccio della strega, impedendole di pugnalarlo gettandola così a terra con il suo peso e lo slancio del balzo.

La magia che lo teneva ancorato a terra diminuì permettendogli di afferrare la spada e muoversi, tirandosi in piedi mentre la donna feriva il lupo al collo con il pugnale e lo scaraventava verso una roccia.

Si mosse d’istinto, ruotando la spada e conficcandola nel cuore della strega, gli occhi fissi nei suoi e i denti in vista.

“Il lupo bianco…”

Le ultime parole della strega scivolarono dalla sua bocca insieme all’ultimo barlume di vita e Geralt accompagnò il suo corpo a terra, socchiudendo gli occhi arrabbiato.

Il Windigo stava correndo verso di loro, lo strigo lo percepì, nonostante i suoi poteri dati dalle erbe, stessero diminuendo. Non sarebbe mai riuscito a combatterlo, non conciato in quel modo, ferito e distrutto dalle pozioni.

Arretrò mentre guardava la direzione da dove sapeva che sarebbe arrivato, si voltò istintivamente a guardare il lupo che si era rialzato nonostante il sangue che stava perdendo. Strinse il pugno sull’elsa della spada tornando a guardare la creatura che era uscita dalla boscaglia per trascinarsi verso il cadavere della strega.

Sul collo della donna un sigillo andava sfumando, un simbolo che si dissolse nell’aria di quella nottata che stava arrivando al suo culmine.

La creatura alzò lentamente il muso verso la volta celeste iniziando a piangere e ad urlare, un lamento carico di una sofferenza che Geralt in un primo momento non riuscì a classificare.

Il windigo stava soffrendo per la morte della donna.

Geralt improvvisamente riusciva a sentirlo, lo percepiva sulla propria pelle e soffriva insieme a lui senza saperne il motivo.

Aggrottò le sopracciglia, incapace di capire il motivo di quell’improvvisa empatia. Si lasciò cadere sulle ginocchia, inondato dalla sensazione spiacevole che stava provando, sentendosi in colpa per aver tolto la vita alla strega.

Il naso freddo e umido del lupo gli colpì la guancia obbligandolo a girarsi verso di lui, trovandoselo vicino ma non sentendosi minacciato di fronte a quegli occhi che, visti così da vicino, era certo appartenessero al suo Ranuncolo.

Il lupo toccò la spada cercando di spingerla verso di lui nonostante il sangue che colava dalla ferita sul collo e sulla coscia posteriore. 

Geralt negò con la testa, voltandosi verso la creatura che piangeva il cadavere della strega.

“Vuoi che io lo liberi dalla sua condizione uccidendolo?”

Geralt si ritrovò a guardare il lupo per poi spostare lo sguardo sulla scena che gli si parava di fronte agli occhi, notando che dai piccoli occhi neri della creatura scendevano calde lacrime di sofferenza.

L’unico modo per uccidere un Windigo è fare in modo che il suo cuore ghiacciato si sciolga.

L’insegnamento del suo maestro si fece sentire forte e chiaro nella sua testa, ritrovandosi a collegare quel comportamento con le parole che la strega gli aveva detto.

La donna e la creatura erano due innamorati, un amore che lei aveva trasformato in bestia quando gli era accaduto qualcosa ed aveva cercato un nuovo involucro di carne per contenerne l’anima. 

Lanciò un ulteriore sguardo al lupo che, vivendo per un lungo periodo insieme ai due, doveva aver collegato le cose molto prima di lui.

Geralt inarcò la schiena per afferrare la spada, stringendo quel metallo perfettamente bilanciato tra le dita e trovandolo più pesante del solito.

Si mosse compiendo quei tre passi che lo dividevano dalla creatura, alzò l’arma e si ritrovò a fissarla negli occhi.

Il windigo aveva uno sguardo che sembrava ringraziarlo, una fine silenziosa insieme al cadavere della persona che si amava, un cuore che da ghiacciato aveva lasciato sgorgare lacrime calde e colme di sentimenti.

La lama perforò il costato della bestia, uccidendolo quasi sul colpo. Ritraendo la spada il cadavere cadde sulla donna trasformandosi in un uomo pieno di cicatrici e bruciature.

Un leggero tonfo alle sua spalle obbligò lo strigo a voltarsi e a rinfoderare l’arma senza pulirla dal sangue, fiondandosi verso il lupo che era crollato a terra, respirando con difficoltà.

Scattò verso di lui, raccogliendo l’animale tra le proprie braccia ed incamminandosi a passo spedito verso la cittadina e verso l’unica persona che sapeva essere in grado di curarlo.

 

To Be Continued...

   
 
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