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Autore: FairyCleo    02/01/2021    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Punti di vista
 
“Giuro su Dio che se lo fa di nuovo, io… Io…”.
“Io che cosa? Eh? Razza di idiota… Cerca di chiudere il becco e stare buono. Non è il caso di mettersi a fare gli eroi… Non abbiamo voce in capitolo, lo sai perfettamente… Smettila di pensare cose che non diventeranno mai realtà”.
 
Nel tornare verso casa, Vegeta aveva deciso di passare dalla piazza del paese. Camminava lento, il principe dei saiyan. I suoi passi erano diventati pesanti e stanchi, e la schiena, prima ben dritta a simboleggiare una fierezza interiore, era stata piegata dal peso della fatica e delle responsabilità che aveva dovuto assumersi. Ma camminava con lentezza anche per un altro motivo, lo stesso per cui aveva deciso di passare dalla piazza: avvicinarsi alle guardie cittadine nella speranza di capire come si organizzassero quegli idioti vestiti di metallo. I gendarmi erano soliti camminare a coppie, armati sino ai denti, sepolti nelle loro armature nere come la notte, ma a viso scoperto, per mostrare gli sguardi minacciosi incorniciati dalla folta barba che sfoggiavano con orgoglio e superbia.
Il principe si era ritrovato a pensare che anche lui doveva aver avuto un aspetto simile, che anche lui aveva dovuto emanare quell’aria di supponenza e strafottenza da padrone indiscusso del mondo. Quel pensiero lo aveva irritato profondamente, ma non riusciva a comprenderne pienamente il motivo. Cosa lo infastidiva? Il fatto che non fosse più simile a loro, o il fatto di essere stato come loro? Non era riuscito a darsi una risposta e di certo non avrebbe provato a trovarne una in quel momento. Era troppo impegnato a seguire le guardie senza dare troppo nell’occhio. Certo era che non avessero delle menti brillanti, ma erano ottimi segugi dotati di un invidiabile istinto, e questo poteva rappresentare per lui un serio problema.
Non era certo che, seguendoli, avrebbe scoperto qualcosa. Purtroppo non aveva una pista precisa da seguire, e non sapere cosa cercare con esattezza gli aveva solo fatto perdere del tempo prezioso. Il punto era che quella sua ricerca si basava sulle parole pronunciate da quelle bestie che avevano cercato di fare dal male a lui e ai ragazzi. Ne aveva un ricordo confuso, frammentario, ma doveva bastargli: era arrivato il momento di fare qualcosa di concreto.
 
“Hai visto la nuova arrivata?”.
“Chi? La rossa con delle tette grosse come meloni?”.
“Mai vista una così…”.
“Perché è dentro?”.
“Stava facendo qualcosa su uno di quegli uccelli di ferro…”.
“No! Un’altra strega? Assurdo… Ma che hanno queste maledette? Sono tutte luride amanti del demonio… Spero che la brucino al più presto!”.
“Credo che ci scalderemo davanti alla sua pira prima di quanto immagini”.
“Non vedo l’ora”.
 
L’ennesima esecuzione. Vegeta non era nuovo a quel tipo di pratica, lui per primo aveva più volte posto fine all’esistenza di innumerevoli essere viventi, ma la tendenza degli umani a spettacolarizzare la morte era qualcosa che proprio non capiva. Le donne erano le vittime predilette: considerate vere e proprie streghe, adoratrici di Satana o di qualcosa che non gli era ancora del tutto chiaro, finivano al rogo con una frequenza spaventosa. Il loro peccato era quello di provare a mantenere i ricordi della loro vita precedente, quelli persi del tutto dagli individui di sesso maschile.
Era un qualcosa che proprio non riusciva a comprendere: per quale ragione si ostinavano a considerare le donne una minaccia, invece che un modo per tornare indietro, per riavere la vita di prima? Era un ragionamento assurdo e incomprensibile. Ed era questo, insieme a tutte le altre cose, che lo rendeva estremamente confuso e anche timoroso. Non amava nascondersi, ma non aveva scelta: era l’unico essere di sesso maschile oltre ai bambini a ricordare quello che era accaduto, cosa sarebbe potuto accadergli se gli altri se ne fossero accorti? Meglio non saperlo, probabilmente. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva raccomandato a quelle due pesti di chiudere il becco, soprattutto durante le ore di lezione. Sarebbe bastato un niente per mettere a repentaglio le loro vite: una parola sbagliata, anche solo un’allusione a qualcosa che il resto della popolazione maschile riteneva “sbagliata”, e sarebbero finiti al rogo. Quella gente non guardava in faccia nessuno. Proprio come aveva fatto lui non troppo tempo addietro.
 
“Vorrei capire che cosa diamine sono queste cose di ferro che spuntano di tanto in tanto dal terreno…”.
“Ehi! Ma che dici? Da quando ti interessa quella roba?”.
“Frena! Non ho detto che mi interessa quella strana roba! Vorrei solo sapere che cosa sono. Sul fatto che siano oggetti maledetti non ho alcun dubbio. Solo gli uccelli volano! Quelle sono creature del demonio!”.
“Già... Davvero non capisco cosa abbiano in testa alcune di loro…”.
“Sono adoratrici di Satana… Dovresti averlo capito, ormai! Pensa a cosa è successo nella casa nel bosco…”.
“Quella pazza avrà quello che si merita. Tutte avranno quello che si meritano. Così, alla fine, capiranno chi comanda”.
“Sì… Alla fine capiranno”.
 
Non si era avvicinato abbastanza per capire ogni singola parola del discorso delle guardie, ma aveva capito quanto bastava per farsi qualche idea. O meglio, per farsi ulteriori domande.
Avevano parlato della casa nel bosco… Non sapeva perché, ma la sua mente aveva rielaborato quell’informazione, riconducendo tutto a quello che aveva vissuto in prima persona diverse settimane addietro. Che stessero parlando della donna che li aveva aiutati a fuggire poteva essere plausibile… Durante la fuga non si erano imbattuti in altre case nascoste nel bosco e, da quello che aveva potuto sentire e intuire, quei bastardi che volevano consegnarlo dovevano aver passato un brutto quarto d’ora. Però, era trascorso diverso tempo da quell’episodio: se fosse stata lei, la donna di cui parlavano, sarebbe stata giustiziata in pubblica piazza senza alcun ripensamento, ed era certo di non aver visto la sua esecuzione, per quanto dovesse ammettere di non aver fissato bene in mente i suoi lineamenti.
Avrebbe tanto voluto fare domande, ma non voleva esporsi. Non con quei brutti ceffi, almeno.
 
“Cerchi rogne, forse?”.
 
Panico. Che lo avessero scoperto a origliare i loro discorsi?
 
“Parlo con te! Guarda che faccia… Vuole farci fessi, eh?”.
“Ma di che cosa…?”.
 
Non aveva fatto niente per farsi scoprire, niente, e loro non sembravano così intelligenti da averlo potuto sorprendere con le mani nel sacco.
Solo dopo qualche istante si era reso conto che non si stavano rivolgendo a lui ma a un povero disgraziato che aveva avuto la sfortuna di incrociare lo sguardo di una delle guardie.
 
“Dite a me, signore?”.
“E a chi dovremmo dire? Eh? Razza di fesso! E tu spostati!” – aveva urlato, scansando bruscamente un Vegeta attonito – “Vieni qui! Che volevi fare, eh? Stavi origliando! Dillo che stavi origliando! DILLO!”.
 
Aveva afferrato quel poveretto pelle e ossa per un braccio e glielo aveva torto dietro la schiena, facendolo piegare in avanti dal dolore.
 
“Per favore… Per favore… Mi fate male… Per favore…”.
 
Forse, per la prima volta in vita sua, il cinico principe dei saiyan aveva avvertito un qualcosa di simile a uno slancio di altruismo, e aveva dovuto placare quel sentimento a lui così estraneo con una generosa dose di autocontrollo: non poteva andare ad aiutarlo. Quello, nel frattempo, veniva strattonato e continuava a lamentarsi per il dolore e per la paura.
 
“Per-per favore, signore… Io… Mi fate male…”.
“E te ne farò ancora di più se non mi dirai perché ci stavi ascoltando!”.
“Ma non vi stavo ascoltando!”.
“Ah no? NO? Ti farò passare la voglia! VIENI! Sono sicuro che una volta arrivato in cella, ti passerà la voglia di fare l’idiota!”.
“I-In cella? Ma perché?! NO! Abbiate pietà! NOOOOO!”.
 
Lo aveva visto andare via, trascinato di forza verso il carcere, mentre si dimenava come un forsennato e volgeva lo sguardo disperato dietro di sé, verso l’angolo della strada, proprio a pochi passi da dove si trovava Vegeta, proprio a pochi passi dal posto in cui due bambini di poco più di cinque anni, sporchi e spaventati, guardavano forse per l’ultima volta il loro papà.
 
*
 
Era tornato a casa con lo stomaco in subbuglio e la testa piena di pensieri. Quello che aveva vissuto per strada lo aveva scosso, non riusciva a negarlo a se stesso, e stava diventando ancor più difficile provare a nasconderlo ai ragazzi.
Nello stesso istante in cui aveva messo piede in casa, Goten aveva notato che qualcosa in lui era diverso, che sembrava “agitato”, e lui aveva cercato di sviare il discorso, imponendo a se stesso di non incrociare lo sguardo dei ragazzi: nei loro occhi continuava a vedere quelli dei bambini rimasti orfani di padre.
Se fosse capitato a loro? Se fossero stati Trunks e Goten a rimanere completamente soli? Cercava di ricacciare indietro quei pensieri con tutte le sue forze, ma di energie credeva di non averne poi più così tante. Dove si trovava la soluzione di quel rebus? Dov’erano le risposte?
Per la prima volta, nella mente del principe dei saiyan, aveva preso forma l’idea che non ci sarebbe stato alcun modo per tornare indietro, alle loro vite precedenti. Goku, ovunque fosse, avrebbe assorbito ogni singola creatura presente nell’universo e sarebbe rimasto da solo, o forse sarebbe esploso, carico di un’energia vitale che non sarebbe stato più capace di contenere.
Il solo pensiero lo disgustava, ma più passava il tempo, più gli sembrava plausibile. Non aveva i mezzi per evitarlo, non aveva gli strumenti. Aveva solo mani callose e sentiva la vitalità che scivolava via da lui a una velocità che non era capace di gestire.
Odiava quegli alti e bassi, odiava passare dall’azione alla disperazione in meno di un battito di ciglia. Era partito con ottime intenzioni, si sentiva carico, pronto a entrare in azione, ma quella scena, la scena maledetta a cui aveva assistito, lo aveva segnato in maniera irrimediabile.
Doveva mollare? Doveva rinunciare a sistemare le cose?
 
“Non vuoi mangiare, stasera, Vegeta?”.
 
Goten non aveva lasciato il suo fianco neanche per un istante. Lo guardava speranzoso, desideroso di compiacerlo, di mostrargli il proprio affetto. Era lì, e Vegeta aveva come l’impressione che ci sarebbe stato per sempre. Come poteva esistere un essere così piccolo eppure così colmo di affetto e devozione? Come poteva, quel bambino, tenere a lui in quel modo? Aveva fatto per Goten molto più di qualsiasi altro uomo, lo sapeva bene, ma non lo riteneva sufficiente per meritarsi un sentimento così puro e sincero. Era qualcosa che andava oltre rispetto al bene che gli dimostrava Trunks. Non che il suo non fosse importante o non fosse un bene che in qualche maniera aveva saputo guadagnarsi, ma con Goten… con lui era diverso. E questo gli metteva addosso paura e un fortissimo senso di responsabilità, più grande di quello che già provava. La lontananza palesata da suo figlio, poi, era un’ulteriore coltellata al petto. Non si aspettava di vedere il sangue del suo sangue diventare improvvisamente schivo, sospettoso e taciturno. Qualcuno avrebbe potuto obiettare che fosse un lato del carattere che aveva ereditato proprio da lui, da Vegeta, ma egli stesso non si era mai comportato in quel modo con le persone in cui aveva riposto un briciolo di fiducia. Cominciava a temere di aver perso completamente quella di suo figlio, che Trunks lo ritenesse un incapace, un buono a nulla, che il mito del “valoroso principe dei saiyan” si fosse sgretolato come una fragile statua di sale. Poteva permettere che ciò accadesse? Poteva lasciare che suo figlio lo considerasse un gigante dai piedi di argilla? Non avrebbe retto a quell’ennesimo colpo… Sapeva perfettamente cosa significava perdere la fiducia nel proprio padre. Lo aveva sperimentato sulla sua pelle quando era molto, molto più piccolo di Trunks, e non riusciva ad accettare di poter far vivere la stessa cosa a quel bambino.
 
“Ceniamo e andare a letto…” – aveva detto, serio – “Domani c’è scuola e non voglio che vi addormentiate sui banchi”.
 
*
 
Quella notte non aveva dormito granché. Aveva continuato a girarsi e rigirarsi nel letto nella speranza che il sonno sopraggiungesse, ma non c’era stato verso di cadere tra le braccia di Morfeo. Un pensiero fisso lo tormentava, ed era stato a causa di quel tarlo che la mattina dopo, di buon ora, si era recato presso la maestosa fortezza, chiedendo di poter far visita alla prigioniera di cui tanto aveva sentito parlare.
Forse era completamente impazzito: quello che stava facendo era terribilmente rischioso, ma aveva studiato a lungo il comportamento che gli uomini assumevano con le donne condannate a morte per stregoneria, e aveva scoperto che potevano far loro visita per deriderle e torturale come preferivano, in modo da poterle umiliare e, perché no, portarle a confessare i presunti crimini commessi.
Non gli andava particolarmente a genio l’idea di comportarsi da farabutto, ma non aveva scelta: o questo, o non avrebbe mai saputo se la donna che avevano arrestato e condannato fosse la stessa che aveva salvato lui e i ragazzi dalla furia omicida di quella famiglia di balordi.
Così, Vegeta aveva indossato la maschera di sadico torturatore e si era incamminato presso l’ingresso di quel luogo infernale. Certo era che l’aspetto e l’odore di quel posto mettevano addosso un’angoscia non indifferente, ma avrebbe dovuto farsi coraggio e fare affidamento alla sua forza di volontà e al buon senso che, saltuariamente, tirava fuori. O quello, o non avrebbe mai saputo la verità.
 
“Che sei venuto a fare qui?”.
 
La guardia che aveva incontrato all’ingresso della prigione non era molto diversa da quelle che pattugliavano la cittadina. Nulla a che vedere con il variopinto esercito di Freezer: sembravano prodotte in serie, quasi come se, oltre alle armi e all’uniforme, venisse offerto loro un trattamento per renderle simili nel volto e nello sguardo spietato. Quell'energumeno puzzava di alcol e formaggio scadente, aveva i denti ingialliti dal tabacco e le mani grandi, callose e dalle unghie sudice. Era disgustoso, ma Vegeta non avrebbe potuto fare lo schizzinoso-
 
“Sono qui per vedere la tizia del bosco… Vorrei… Scambiare due paroline con lei”.
 
Ed eccolo lì, il sorriso sadico che tante volte aveva fatto tremare gli abitanti dei pianeti che aveva dovuto assoggettare. Eccolo lì, lo sguardo da psicopatico bastardo disposto a fare qualsiasi cosa pur di raggiungere il proprio scopo.
 
“Vuoi pensarci anche tu, eh? Il villaggio è pieno di cittadini ligi al dovere… Ultima cella in fondo al corridoio di destra… Se ti fermano, puoi dire che ti ho fatto passare io. E, mi raccomando… Falla cantare! Quando è in vena, intona melodie dolcissime”.
 
Aveva faticato a mantenere la calma, nell’udire quelle parole così disgustose. Sperava quasi che non si trattasse della donna che lo aveva aiutato. Certo, non che se si fosse trattato di un’altra sarebbe stato meno grave pensare e fare una cosa del genere, ma con lei… Era peggio. Non poteva negarlo. Certamente, nessuno avrebbe potuto considerare Vegeta un sentimentalista, ma quello era eccessivo anche per uno come lui, che aveva commesso orribili crimini, ma non aveva mai osato spingersi fino a quel punto. Lo stomaco gli si era aggrovigliato a causa dello schifo, ma aveva sorriso e aveva proseguito, confuso e incerto, ma sempre desideroso di scoprire la verità.
 
Più si addentrava nelle viscere di quel luogo, più l’odore peggiorava. L’umidità aveva completamente avvolto le pareti e un coro di lamenti sommessi riecheggiava tra le volte e le colonne di pietra nuda.
Quali orrori si nascondevano lì dentro? Quali sofferenze?
Ma non era solo quello ciò a cui Vegeta stava pensando. Era andato lì per sapere se lei fosse la lei che credeva, era andato lì per porre domande e avere risposte, ma quali domande avrebbe dovuto farle, se avesse avuto la conferma sulla sua identità? Non ci aveva davvero pensato, prima di andare lì… Pensava di riuscire a improvvisare, ma ora che stava per accadere il tutto, la lucidità in cui tanto aveva riposto fiducia stava per venire meno… Che avrebbe fatto? Lo avrebbe scoperto subito dopo, perché i pensieri lo avevano distolto dalla realtà facendolo muovere come un automa, conducendolo davanti alla porta della cella che tanto aveva cercato.
 
In un primo momento non aveva avuto veramente coscienza di quello che aveva davanti a sé: sembrava una cosa a metà tra un cumulo di vestiti sporchi e un sacco di patate, ma solo dopo aver osservato attentamente si era reso conto che quell’ammasso informe si muoveva, e quei movimenti indicavano il ritmo di un respiro non troppo regolare.
Era una persona, quella che stava rannicchiata sul pavimento, una persona ridotta a uno scarto umano, un relitto, un fantoccio irriconoscibile, la marionetta di quella che non troppo tempo addietro doveva essere stata una donna, una creatura che respirava, e cantava, e lavorava, e giova, e soffriva e viveva.
Come potevano averla ridotta in quel modo? La cattiveria umana poteva portare a tanto? Ma era davvero solo cattiveria, quella che aveva spinto degli uomini ad abusare così violentemente di un essere quasi del tutto indifesa? Si era quasi sentito venire meno, Vegeta, perché so era immedesimato non solo nei panni del crudele carnefice, ma anche in quelli della povera vittima, dello schiavo umiliato, martoriato, deriso da chi si era sentito superiore in razza e forza.
Era lei? La donna che lo aveva aiutato? Non sarebbe stato capace di capirlo se lei non avesse fatto di tutto per farsi riconoscere.
 
“Sei venuto a riscattare la tua parte?” – aveva detto con un tono di voce molto più deciso di quanto si aspettasse – “O sei venuto a ricambiare il favore che ti ho fatto, nel bosco?”.
“Tsk! Quindi sei davvero tu” – aveva asserito, pacato e calmo anche se solo in apparenza.
“E chi altri dovrebbe essere, sennò?” – era stata la piccata risposta che di lei – “Chi poteva essere così scema da riporre la propria fiducia in un uomo?”.
“Stento a capire cosa vuoi dire”.
 
Quel ragionamento non aveva molto senso: casomai, era stato lui a fidarsi di lei, non viceversa. Che cosa voleva dire?
 
“Vi ho aiutati a scappare, e poi ho fatto in modo di nascondere quello che avevo fatto… È stata la cosa peggiore che io abbia mai fatto, più brutta dell’aver sparato, fidati… Però vedo che stai bene… Quindi, alla fine, non ho commesso un errore nello scegliere di aiutare te e i tuoi figli. O meglio, tuo figlio e il suo amico”.
“TSK! E tu come fai a sapere questa cosa? Maledizione, donna, non farti sentire, o…”.
“Non c’è nessuno qui. Quando venite a trovarci, le guardie vanno via. Sai, vogliono lasciarci un po’ di privacy…”.
 
Come riusciva a ridere di quello che le facevano, Vegeta proprio non riusciva a capirlo. A giudicare dall’aspetto fisico, dalle guance smunte, dal colorito della pelle e dalla sporcizia, doveva trovarsi lì da tempo e doveva averne patite di ogni. Un dolorosissimo nodo aveva preso forma nella sua gola, e deglutire sembrava un gesto impossibile. Per un attimo, aveva immaginato la sua Bulma al posto di quella donna e si era chiesto per quale ragione gli dei risultassero così indifferenti alla sofferenza umana.
 
“Non sono qui per…”.
“Che fai? Arrossisci? Eppure, non mi sembri affatto un ragazzo timido…”.
“Smettila” – aveva detto lui, rosso d’imbarazzo. Non riusciva proprio a giocare a quel gioco, era inutile. Si sentiva profondamente a disagio, ma non poteva lasciare che quel sentimento prevalesse. Doveva riprendere il controllo e fare quello per cui era venuto. Solo allora avrebbe potuto tranquillizzarsi un po’.
 
“Perché sei venuto?”.
 
Il tono di voce della donna che lo aveva aiutato era diventato improvvisamente serio. Zoppicante, si era avvicinata alle sbarre, afferrandole con le dita nere a causa del freddo pungente e dello sporco che le avvolgeva. Il suo sguardo, apparentemente spento, sembrava essersi nuovamente acceso: la curiosità la stava divorando come una bestia affamata.
 
“Come sei finita qui dentro? E come fai a sapere di Goten?”.
 
Diretto, schietto, Vegeta non aveva usato giri di parole.
 
“Mi hanno presa mentre aspettavo che il tuo amico tornasse. Quando dico tuo amico, parlo di quello che assorbe le persone… il padre di Goten: Goku”.
 
La terra si era aperta sotto i piedi di Vegeta e lo aveva inghiottito. Neanche lui sapeva quanto tempo avesse trascorso senza proferire parola. La lingua si era incollata al palato, secca, e aveva cominciato a tremare di rabbia. Come aveva fatto a trovarla, quell’idiota di Kaharot?
 
“Come sarebbe a dire che lui… Che lui… TSK! Maledizione! Spiegati, ragazza. Basta con questi misteri!”.
 
Marylin aveva sfoderato uno sguardo risentito e duro. Non meritava di essere trattata in quel modo e sapeva che il suo interlocutore ne fosse pienamente consapevole. Nei suoi confronti non nutriva rabbia o sentimenti affini. Era consapevole di aver fatto la scelta giusta, quando aveva deciso di rinnegare la sua stessa famiglia e aiutarlo a fuggire con quei bambini, ma proprio non riusciva ad accettare di farsi trattare in quel modo.
 
“Se non ti avessi dato una mano, ora saresti tu da questa parte delle sbarre, e io starei a guardarti dalla tua stessa angolazione. Non mi pento di quello che ho fatto, non è da me, ma ti chiedo di non rivolgerti a me in questo modo. Presto sarò morta, quindi non sarò più un problema per questa società misogina e retrograda, ma pensavo di poter essere ricordata almeno da chi ho avuto a cuore… Invece…”.
 
Punto nel vivo, aveva volto il capo dall’altra parte per non dover affrontare il suo sguardo. Era debole… Uno stupido, debole essere umano.
 
“Puoi raccontarmi quello che ti è successo?” – e aveva esitato, prendendo un lungo respiro – “Per favore”.
 
Con quell’ultima richiesta, tutto quello che era stato un tempo, era stato spazzato definitivamente via. Lui, un principe, uno spietato assassino, si era ritrovato a chiedere “per favore” a una prigioniera, a una debole terrestre.
Ma aveva dovuto ammettere che quel pensiero non fosse esatto, che non le rendeva giustizia. Lei non era debole, affatto- Aveva dimostrato di essere forte come un drago. Lei non gli era inferiore, ma era una sua pari: un essere umano che aveva lottato con le unghie e con i denti per uscire dalla condizione di schiavitù che gli era stata imposta.
 
“Se non avessi fatto quello che ho fatto, tu e i tuoi figli avreste subito una sorte simile alla mia, se non peggiore, come ti ho già detto. Sono tempi bui quelli in cui siamo piombati”.
“Che cosa sai tu, a riguardo?” – aveva detto, avvicinandosi alle sbarre per non farsi sentire da orecchie indiscrete.
“Prendi le chiavi che trovi alla parete alle tue spalle ed entra qui dentro… Non possiamo destare sospetti, dovrai darti da fare. O fingere di farlo, se preferisci”.
 
Eccolo lì, di nuovo, il rossore comparso sulle gote. Perché quella donna era così schietta e spudorata? Suo malgrado, Vegeta aveva ubbidito, eseguendo gli ordini impartiti dalla prigioniera con estrema precisione, trovandosi finalmente faccia a faccia con lei.
 
“Lo sai che non mordo, vero? Denti me ne hanno lasciati davvero pochi… Vieni qui, dai…”.
 
Si era seduto accanto a lei, sul lurido pagliericcio, incurante dell’odore e dei topi che gironzolavano indisturbati. Vista da vicino, oltre le sbarre, aveva notato che fosse messa ancor peggio di come gli era parsa a primo impatto. Eppure, qualsiasi cosa le avessero fatto, non l’avevano spezzata. Piegata forse sì, ma non spezzata, e Vegeta si era sentito estremamente simile a lei.
 
“Io ricordo tutto. Ricordo tutto quello che era stato non troppe settimane addietro, e sono sicura che anche le donne che vivono in questo villaggio lo ricordano. Gli uomini, invece, pensano che gli aerei siano strumenti del demonio e che qualsiasi cosa esuli dalla loro comprensione sia dovuta all’operato di noi streghe, serve sempre del suddetto demonio. Ignoro il perché ciò sia successo, così come ignoro il perché tu, i bambini e Goku non abbiate subito la stessa sorte degli altri”.
“Fidati, non sei la sola ad aver pensato a queste cose”.
“Me ne compiaccio. Ma credo sia giunto il momento di capire il perché. Tu sai qualcosa, no? O, almeno, devi averla intuita… E chi ti ha detto che mi avresti trovata qui? E come siete venuti al villaggio? E sai che fine ha fatto quell’idiota di Goku? Giuro che se lo trovo…”.
“Tsk! Ero venuto a fare domande, ma a quanto vedo, la situazione si è invertita…”.
“Sì, hai ragione…”.
“Ma figurati!” – aveva ironizzato lui, alzando le mani in segno di resa – “Sono abituato queste cose…”.
“Tua moglie?”.
 
Non aveva risposto, si era limitato ad annuire, cercando di non apparire eccessivamente cupo. Parlare di Bulma gli faceva troppo male, non aveva alcuna voglia di aprire con Marylin quell’argomento, e lei sembrava averlo capito perfettamente.
 
“Tu eri come lui? Dimmi la verità…”.
“In che senso?”.
“Lui non è di questo mondo… E neanche tu, vero?”.
“Diciamo che veniamo da lontano…”.
“Oddio… Ma-ma certo! Mi ricordo di te! Ricordo dove ti ho visto la prima volta… Tu sei quello venuto dallo spazio per ucciderci! Sei un alieno! E Goku ti ha sfidato per proteggerci! L’ho visto in TV! E ti ho visto pure nello scontro contro Cell! SEI TU! NON HO ALCUN DUBBIO!”.
“TSK! Ma la smetti di urlare o no? Non c’è pericolo che tu abbia perso la memoria, insomma. Anzi… A quanto vedo, ti sono stato d’aiuto. Dovresti ringraziarmi”.
“Ringraziarti? Ma se volevi sterminarci!”.
“Non è corretto: volevo solo schiavizzarvi e rivendervi al miglior offerente”.
“Certo, perché così suona meglio, no? Sei un… un…”.
“Un mostro? Puoi dirlo… Sono consapevole di quello che ho fatto. Devo dirti che non so se me ne pento o meno, ma quella parte della mia vita è esistita e non si può cancellare. Siamo qui per parlare di questo, adesso?”.
 
Lo sguardo di lei era colmo di sentimenti confusi: un misto tra rabbia, disgusto, ma anche di pietà. Aveva visto che gli occhi dell’uomo che aveva davanti non somigliavano per niente a quelli dell’essere che aveva cercato di invadere e conquistare il pianeta diversi anni addietro. Aveva ragione, non erano lì per parlare di quello, ma di altro, di qualcosa di molto più importante.
 
“Tu sei entrato in contatto con Goku? Se è così, mi spieghi come fai a essere ancora qui? Io l’ho tenuto a debita distanza, pure tu lo hai fatto?”.
“Tsk! Non esattamente… Ma fidati, non ho mai avuto intenzione di avere contatti con quel decerebrato. Anzi…”.
“Posso intuire il perché… Ma senti… Hai pensato al fatto che, forse, tu non sei morto perché hai quelle strane abilità o perché sei un alieno? Oddio, non so se è il termine corretto, ma...”.
“Come hai detto?”.
“Sì, insomma…”.
“Caspita, ragazza, possibile che tu non capisca? Potresti aver ragione almeno su questa parte… Lui ci ha prosciugati ma non ci ha uccisi perché sono un saiyan. E lo stesso vale per i ragazzi, anche se lo sono per metà. Questo ha perfettamente senso… Ma perché gli uomini rimasti hanno perso la memoria? Non sono entrati in contatto con lui e va bene, ma loro sono convinti che le cose siano da sempre andate in questo modo, mentre voi donne sapete che la faccenda è ben diversa… Questo da quando è cominciato? Pensiamo… Subito dopo il bagliore, no?”.
“Sì… Subito dopo quello stupido bagliore, è cambiato tutto… Ma tu sai di cosa si è trattato? Ne hai individuato la fonte?”.
“Sarei qui, altrimenti?”.
“Touché…”.
 
Tra i due era calato il silenzio, un silenzio rotto dall’ennesima domanda del principe.
 
“Come ti ha trovato, Goku?”.
“Stava cercando i suoi figli… E te e Trunks, naturalmente… Trovo impressionante la somiglianza tra lui e il piccolo Goten… Comunque, è rimasto con me per qualche giorno, avremmo dovuto venire a capo di questa faccenda insieme, ma mi ha abbandonata, e poi mi hanno presa… Hanno provato in tutti i modi a farmi dire perché avevo ammazzato quei bastardi, ma non ho ceduto. Non potevo tradire un padre e i suoi ragazzi… Meglio morire”.
“Lo sai che accadrà presto, se non torna tutto come prima, no?”.
“Lo sai che queste domande retoriche ti rendono estremamente sexy, paparino?”.
 
A quel punto, un pomodoro sarebbe parso pallido a confronto delle gote del principe dei saiyan.
 
“Così grosso, così forte, eppure così timido e impacciato… Tua moglie deve essere la donna più fortunata dell’universo, Vegeta… Spero che tu, un giorno, possa riaverla con te”.
 
*
 
Quando il misterioso quaderno, attirato dalla forza vitale di quel giovane così speranzoso e gioioso, aveva deciso di palesarsi, lo aveva fatto dopo aver scelto con estrema cura quale strategia adottare. Il piccolo Trunks era un bambino fuori dal comune: buono e leale, sapeva farsi coraggio nei momenti di difficoltà, ma era capace di scherzi e marachelle degni di un bambino della sua età. La sua vitalità prorompente, unita alla voglia di rendere felice il suo più caro amico, lo avevano scosso dal suo riposo, attirando l’attenzione anche delle altre creature costrette a vivere in quel buio sotterraneo dimenticato dagli dei.
Il destino aveva deciso di regalargli una gioia dopo tanto tempo, perché esso aveva voluto che Trunks si trovasse al posto giusto al momento giusto e che, tra tanti oggetti custoditi lì sotto, scegliesse proprio lui. Sapeva come attirare l’attenzione, nonostante il tempo trascorso, e sapeva come evitare di essere scoperto: doveva guadagnarsi la fiducia del giovane, esaudendo il suo desiderio quando, in realtà, non avrebbe fatto altro che esaudire il suo. Il primo passo sarebbe stato quello di mostrarsi a lui lindo e pinto, proprio come se fosse nuovo. Il secondo passo, sarebbe stato quello di ricreare un mondo a lui congeniale, un posto dove riconoscersi e poter così pensare di vivere liberamente una volta raggiunto il suo obiettivo, e lo aveva fatto. Chi avrebbe mai pensato di trovare lì, a pochi passi, un tramite straordinario come il padre del suo migliore amico?
L’energia sprigionata sotto forma di luce aveva pian piano creato quel mondo perfetto: antico, in rovina, dove gli uomini non erano altro che bestie da lavoro sottomesse alla legge del più forte e le donne… Bè, le donne erano state da sempre un problema, per lui, ma pian piano avrebbe assoggettato anche loro, lasciando che fossero gli stessi uomini a eliminare quelle maggiormente problematiche.
Aveva creato il mondo perfetto, un mondo in cui non esistevano guerrieri e in cui ogni cosa era assoggettata alla paura di un qualche essere demoniaco che sarebbe potuto venir fuori dalle viscere della terra per divorarli tutti e condannarli alla dannazione eterna.
Mancava solo un salvatore, no? Qualcuno che potesse governarli e condurli lungo la retta via.
Avrebbe dovuto aspettare un altro po’ di tempo.
Apprezzava anche l’assenza, nei paraggi, del suo futuro tramite: aveva deciso che il principe sarebbe stato il suo ultimo pasto, ma nelle condizioni attuali, Goku non sarebbe stato in grado di digerirlo, portando tutto al fallimento. Vegeta era il bocconcino più prelibato, la ciliegina sulla torta, e lui voleva che Goku lo assaporasse con calma e con gusto, fino ad arrivare al momento perfetto: quello in cui sarebbe stato lui, a digerire tutti, persino lo stesso Goku.
A quel punto, sarebbe tornato, e nessuno avrebbe potuto contrastarlo.
Neppure quel vecchio pervertito che aveva osato sigillarlo in quella grotta maledetta.
 
Continua…


Ragazze/i,
BUON 2021!!! BUON ANNOOOOO!!!
Non sapete che gioia sapere che quello scempio di 2020 se ne sia andato!! Questi ultimi mesi sono stati un autentico dramma, e non vedo l’ora di lasciarmi tutto alle spalle.
Mi sento carica, piena di energie! E spero che lo stesso valga per voi!
Perciò: auguri, auguri, AUGURI!!!
 
Ma torniamo a noi: questo lungo capitolo ci ha mostrato quanto Vegeta possa tribolare (nelle mie fic, per lui il 2020 non finisce mai) e soffrire, quanto sia dannatamente, meravigliosamente UMANO.
Vedere la sofferenza negli occhi di quei bambini, nel corpo martoriato della donna che lo ha aiutato, sentirsi affine a lei, lo ha reso più simile che mai a quella razza che tanto aveva denigrato.
E l’ultima parte… il punto di vista del Quaderno ve lo aspettavate?
;)
Che altro dire, se non grazie per avermi fatto compagnia per più di un anno? Per non avermi abbandonata nonostante i ritardi e alcuni capitoli un pochino fiacchi? GRAZIE DI VERO CUORE!
A presto!
 
Un bacino
Cleo
   
 
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