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Autore: JennyPotter99    05/01/2021    0 recensioni
[Film drammatico]
[Film drammatico]Ispirato ai personaggi di Henry di “Battlecreek” ed Ellen di “Fino all’osso” di Bill Skarsgard e Lily Collins.
-Mi piacerebbe molto avere il tuo numero.- intervenne Henry.
Allison frugò nella sua borsetta bordeaux. -Non ho la penna, per caso ne hai una tu?-
Henry si tastò le tasche velocemente, come per paura che scappasse.- No, neanche io. Ne vado a chiedere una dentro, non muoverti!-
Henry si precipitò dentro e afferrò la prima penna che vide sul tavolino.
Allison sembrava davvero quella giusta, dopo tanto tempo di ricerca.
Gli sembrava quasi impossibile.
Era stato quasi un colpo di fulmine.
Poi, improvvisamente, un lampo di luci l'accecò e un furgone che stava trasportando pollame e correva tutta velocità, decise di investirla in pieno.
Fu allora che Henry riaprì gli occhi.
Stesso sogno, puntuale come un orologio.
Eppure, ogni volta, sembrava fare più male.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una strana melodia svegliò Henry il giorno dopo.
Aprì gli occhi e sentì della musica provenire dal piano di sotto.
Strano, di solito non c’era musica se non quando Luke vedeva i musical.
Si infilò le pantofole e scese di sotto, aspettandosi che fossero tutti intorno al tavolo, quando invece erano in soggiorno, con una canzoncina pop, a ballare.
Perfino Lobo.
-Ciao Henry, fammi gli auguri!- esclamò Kendra, alzando le braccia.
-Non sapevo fosse il tuo compleanno!- replicò lui, abbracciandola.
-Le ho fatto scegliere qualcosa da fare e lei ha scelto questo.- intervenne Lobo, muovendo i fianchi divertita.
Le ragazze, tutte intorno, si stavano scatenando senza pudore: Henry non le aveva mai viste così.
Tuttavia, si ritrovò un po' imbarazzato, dato che non sapeva ballare.
Si limitò a muovere un po' i piedi, quando Ellen le si avvicinò con sguardo ammiccante e si strinse a lui, poggiando la testa sul suo petto.
Henry l’abbracciò e le baciò la fronte, dondolando insieme a lei.
Improvvisamente, Ellen barcollò.
-Ehi, stai bene?- le domandò Henry.
La ragazza si massaggiò la tempia.- Sì, forse ho esagerato.- bofonchiò.
Anna sgranò gli occhi verso di lei.- Ellen, stai sanguinando!-
Ellen si sentì bagnata sotto il ventre e, in effetti, notò che stesse sanguinando per tutte le cosce. -C-Cazzo.-
Alzò lo sguardo su Henry, spaventata.
Lobo spense subito la musica e afferrò il telefono. -Henry, che le hai fatto?!-
Henry la prese in braccio, mentre lei fece dei versi di dolore.- I-Io…N-non lo so…- balbettò, non sapendo cosa dire.
Lobo l’aveva avvertito che sarebbe potuto succedere, solo che la passione era più forte di qualsiasi altra cosa.
-Ti avevo avvertito Henry, dannazione!-
La voce di Lobo e la sirena dell’ambulanza gli risuonarono nella mente, senza dar conto che, questa volta, Henry stava tenendo in braccio una ragazza sanguinante, con i capelli rossi.
Un improvviso déjà-vu gli attraversò la testa e tremò dalla paura.
Prese però un bel respiro e cercò di reprimerla, affrontarla.
Ancora una volta, senza accorgersene, Henry uscì di fuori, alla luce del sole e poggiò Ellen sulla barella.
Lobo salì sopra con lei ed Henry vide andar via la macchina per strada, fino a che non diventò un piccolo puntino nell’orizzonte.
***
Non era nemmeno riuscito a farsi una doccia: si era sciacquato la faccia per riprendersi e aveva iniziato a fare sue giù per il soggiorno.
Una volta si era seduto sull’ultimo scalino delle scale, ma non era riuscito a rimanerci, era troppo nervoso.
Erano trascorse due ore da quando Ellen era stata portata in ospedale e, allo scoccare delle due ore e venti, William varcò la porta della casa.
-Come sta?- gli domandò, di getto.
-Sta meglio, non ti preoccupare.- gli rispose William, mettendogli una mano sulla spalla.
-Non dirmi che è stata colpa mia, ti prego.- bofonchiò Henry, passandosi una mano nei capelli.
-No, tu non potevi saperlo: l’aspirale che aveva inserito le stava lacerando le pareti vaginali e per questo ha sanguinato. Lo hanno rimosso e adesso le stanno facendo delle trasfusioni.- spiegò.
Henry fece un sospiro di sollievo e si sedette sul divano.- Non sarei mai dovuto…Insomma, ci sono andato piano.-
Will si piegò alla sua altezza.- Lo so, Henry, lo so.- affermò, abbassando lo sguardo.
Allora, in quel momento, Henry capì che non gli stesse dicendo tutto.- C’è altro?- gli chiese, in fretta.- Will, c’è altro?-
L’uomo si tirò su, poggiandosi al bracciolo della poltrona.- Facendole delle analisi, hanno visto che due delle tre valvole del cuore non funzionano bene. Ha bisogno di un trapianto entro pochi giorni, altrimenti, con i diminuire del peso, non reggerà più.-
-Cazzo!- esclamò Henry, dando un calcio al mobile della televisione.
-Henry, quel cuore arriverà: è la prima della lista, andrà tutto bene.- ribatté William.
Henry si voltò verso di lui, guardandolo male.- Andrà tutto bene? Sai quante volte ho sentito questa cazzo di frase?! Megan ha avuto un aborto, il cuore di Ellen sta per cedere, Pearl è morta!- sbottò, con gli occhi lucidi. -Pearl è…- singhiozzò, poggiando la fronte sulla parete. -Non l’ho neanche pianta…Non sono andato al suo funerale.-
-Pearl ti voleva bene, Henry…Hai fatto tutto il possibile per lei.-
Henry abbassò lo sguardo, tirando su col naso.- L’ho fatto?- mormorò, guardandolo.
William gli strinse la mano sulla spalla.- Sì.-
Henry si era sempre fidato di lui: lo aveva accolto quando non aveva un posto dove andare ed era grazie a lui che ora stava meglio.
-Le visite sono fino alle 16, ma…-
-No, vado ora.- affermò Henry, uscendo subito dalla porta.
Stavolta non lo avrebbe fatto senza accorgersene, ma doveva farlo e basta.
Mise prima una mano fuori e il sole caldo l’attraversò.
Prese un bel respiro e mise in avanti prima una gamba e poi l’altra, fino a che la luce non gli arrivò fin sopra la testa.
Era una piacevole sensazione, che lo fece sorridere.
Sentiva finalmente di esser guarito.
Fece una veloce corsa verso l’ospedale, dove tutte le altre ragazze erano già arrivate per andare a trovare Ellen.
-Ragazze, ciao, che bello, siete venute.- gli disse Ellen, sorridendogli.
Sapeva, ovviamente, che non avrebbe trovato Henry.
Ellen era pallida, con l’ossigeno nel naso e le occhiaie sotto le palpebre.
Anna l’abbracciò.- C’è una sorpresa per te, lì, di sotto.- le disse, indicandole la finestra.
Confusa, Ellen si alzò dal letto e fece capolino dalla finestra.
Da lì, si vedeva il parcheggio dell’ospedale ed Henry, sotto il sole, con le braccia in aria.
Ellen sgranò gli occhi, scoppiando a ridere.- Non ci credo!-
Henry strizzò un occhio per via del sole, sorridendole.- Ora ci devi credere che sei bellissima!-
Mentre Henry prendeva l’ascensore per raggiungere il piano, ripensò alla sua condizione.
Per avere un cuore, la povera ragazza avrebbe dovuto aspettare un incidente, un suicidio, o una morte per vecchiaia.
E se poi sarebbe stato troppo tardi?
Ellen doveva avere un cuore a tutti i costi.
Perciò, un pensiero gli balenò nella mente, qualcosa che nessuna persona normale avrebbe mai pensato.
Inoltre, capì di amare davvero quella ragazza.
Perché se pensava a come salvarla, magari rischiando se stesso, allora voleva dire che l’amava.
Henry sapeva che anche Megan era ancora in ospedale e sarebbe uscita a giorni.
Bussò alla porta della sua stanza per farle una sorpresa.
Di fatto, quando Megan lo vide, non poté crederci.- Henry! C-Come sei arrivato?-
-A piedi, in realtà ho corso, forse puzzo un po'.- rispose lui, correndo ad abbracciarla.
-Non ci posso credere, sei uscito!- continuò, prendendogli il viso tra le mani e notando la bruciatura sul collo che era guarita.- Tesoro, sei bellissimo.-
Henry arrossì timidamente.- Volevo solo dirti che mi dispiace per tutto quello che è successo, avrei voluto aiutarti di più…-
Megan scosse la testa.- Will diceva che ti saresti sentito in colpa, ma non devi. Henry, io sono viva grazie a te. Sono in pace con me stessa.-
Henry si sentiva quasi orgoglioso e commosso.
L’abbracciò ancora una volta.- Devo andare via per un po', Megan…- le disse, con gli occhi lucidi. -Ti prometto che ci rivedremo, però.-
La ragazza gli sorrise, accarezzandogli la guancia.- Allora ci vediamo presto, tesoro.-
Henry le baciò la guancia e chiuse la porta, dirigendosi nella stanza di Ellen.
Dopo averla salutata, le altre ragazze li lasciarono soli.
Henry la guardò, togliendole una ciocca di capelli dal viso e poi guardò il sole, capendo che non ci fosse alcuna differenza.
Anche Ellen sapeva essere raggiante come l’alba.
Solo guardandola negli occhi, capì che la scelta che aveva fatto, fosse quella giusta da fare.
-Sono davvero orgogliosa di te.- esordì Ellen.
-Non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto.- replicò Henry, poggiando la mano sulla sua.
Ellen arrossì.- No, io non ho fatto niente.-
-Sì, invece, mi hai amato come non mi ha mai amato nessuno.- le disse, guardandola negli occhi. -Come io, adesso, amo te.- mormorò.
Ellen si commosse e gli diede un piccolo bacio sulle labbra.
-Perciò, adesso devo ricambiare.-
-Henry, tu…-
-Devo.- affermò, con voce decisa. -Io non ho niente da perdere, Ellen, tu sì: hai una madre, un padre, degli amici che ti vogliono bene. Tu devi vivere.-
Ellen fece un piccolo sorriso.- E come farai? Chiederai alla tua amica luna se ti regala un cuore?-
Henry le strinse la mano.- Avrai quel cuore, te lo prometto.-
Successivamente, vedendola molto debole, decise di sdraiarsi accanto a lei ed Ellen si poggiò al suo petto.
-Starò via qualche giorno, okay? Voglio tornare a casa, ma poi tornerò da te e staremo insieme per sempre.- continuò, mettendo le dita nei suoi capelli.
Ellen alzò lo sguardo su di lui.- Sempre sempre?-
Henry annuì.- Sempre sempre.- sussurrò, prima di baciarla dolcemente.
Rimasero lì, in silenzio, solo con il bip delle macchine di sottofondo, fin che Ellen non si addormentò.
***
Henry mise nello zaino un paio di vestiti e se lo caricò in spalla.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto la sua camera, perciò impiegò qualche minuto per guardarla bene.
Decise di lasciare i disegni di Allison e quello senza il colore rosso, sul letto di Ellen, per quando sarebbe tornata.
Si guardò un’ultima volta allo specchio e notò che le bruciature erano quasi sparite.
Quando scese di sotto, tutti lo stavano aspettando per salutarlo.
Anna gli andò in contro e lo abbracciò di scatto.- Torna presto, va bene?-
Henry le passò una mano sulla schiena, sorridendo.  -Certo, Anna.-
Kendra gli diede un pugnetto sulla spalla.- Ricordati che mi devi ancora dei pancakes.-
Lui ridacchiò.- Lo terrò a mente.-
Henry sentì Lobo piangere silenziosamente e ne fu sorpreso.
-Scusa, è che…6 mesi sai…Sono tanti.- bofonchiò, pulendosi gli occhi.
Henry le sorrise, stringendo anche lei. -Lo sapevo che sotto sotto eri un pezzo di pane.-
Tracy gli si avvicinò timidamente.- Henry, io…-
Sapevo cosa gli stesse per dire, dato che Ellen gli aveva rivelato tutto.
-Lo so.- affermò. -Vedrai Tracy, un giorno troverai qualcuno che ti amerà davvero.- le disse, baciandole la guancia.
Henry aprì poi la porta, li salutò con la mano, un sorriso e si avviò per la sua strada.
Era da tanto tempo che non vedeva una strada urbana, che camminava vicino alle altre persone, attraversando semafori e passando accanto ai negozi.
Un aereo per Battlecreek non costava tanto e, dato che aveva dei risparmi, decise di tornare a casa.
Ebbe la fortuna di avere un posto accanto al finestrino e così di guardare le nuvole e il sole.
Il quartiere in cui abitava non era molto affollato, tant’è che si ricordava i nomi di quasi tutti i proprietari delle case che c’erano sulla propria via.
Ricordava che erano tutti gentili, quando faceva dolcetto o scherzetto, vestito da vampiro, riusciva a racimolare sempre molti dolci.
Non appena si girava per la via, c’erano il signor e la signora Lutz: quando Henry era piccolo, il marito la picchiava.
Ma poi, con il passar del tempo, si era calmato, soprattutto dopo esser stato dentro per un paio d’anni.
Henry ricordava che avrebbe voluto chiamare la polizia, ma che non avrebbero mai ascoltato un bambino.
Adesso, invece, sembravano in pace, seduti sul divano, a guardare la tv.
Alla casa accanto, la famiglia Young con il labrador bianco Klaus: credeva che non lo avrebbe visto perché probabilmente era morto, invece gli corse in contro verso il cancelletto del vialetto per fargli le feste.
-Ciao bello, quanto tempo!- esclamò, accarezzandolo per un po'.
Alla sinistra del marciapiede poi, l’officina di Arthur, l’unico adulto che aveva avuto un po' di considerazione per Henry quando Tallulah era troppo ubriaca.
Infine, quasi alla fine della strada, la propria casa.
Era l’unica con un piano solo, dove Henry era cresciuto fino a che non avesse finito le elementari.
Ad un certo punto, Henry notò che c’erano le luci accese e qualcuno al suo interno.
Era strano, perché Tallulah era sempre stata contraria nel venderla.
Confuso, salì le scalette e bussò alla porta.
Ad aprirgli, fu proprio sua madre.
-Mamma?-
Tallulah sgranò gli occhi sorridendo.- Henry! Bambino mio!- esclamò, posando velocemente il bicchiere di vino banco che aveva in mano. -Entra, entra! Lo sapevo che saresti tornato! Ti ho sognato tanto, ultimamente!-
Henry ricambiò l’abbraccio, alzando gli occhi al cielo.- Immagino.-
Tallulah si stava intrattenendo con un uomo della sua stessa età: sul tavolo c’erano le carte dei tarocchi, quindi era sicuramente un cliente.
-Va pure in camera tua, ti raggiungo a breve.- gli disse a bassa voce, facendogli un occhiolino.
Henry non voleva nemmeno sapere cosa significasse e si avviò in camera sua.
Era una casa umile, con un piccolo soggiorno, la cucina, due camere da letto e un bagno.
La stanza di Henry non aveva altro che un letto ad una piazza, un armadio e una finestra.
Però, sulla parete più larga di tutte, c’era il famoso disegno con le tonalità di rosso.
Henry lasciò lo zaino sopra il letto e vi ci sedette, guardandolo a lungo.
Avrebbe voluto farlo vedere a suo padre, ma quasi sicuramente non gliene sarebbe importato.
Qualche minuto dopo, sua madre si sedette accanto a lui con due bottiglie di birra.
Henry prima sorseggiò dalla sua e poi gliela tolse dalle mani.
Tallulah sorrise.- Sta tranquillo, sto cercando di darmi una regolata.-
-Ahn ahn, lo hai detto anche qualche anno fa.- borbottò Henry: si era completamente dimenticato del sapore, ma gli ricordava le serate passate con Tobias per i locali. -Mamma, secondo te perché papà se n’è andato?-
-Perché era un codardo…Alla prima difficoltà, ha deciso di scappare via.- rispose lei, accarezzandogli i capelli.- Ma tu non sei come lui, tu sei così coraggioso e gentile, bambino mio.- affermò, guardandolo negli occhi.- Mi ricordo quando avevi 4 anni e mezzo, dei ragazzi sfrecciarono davanti casa con le biciclette e tu vedesti un gattino camminare sulla strada che sarebbe stato investito. Allora ti buttasti con coraggio e lo acchiappasti prima che fosse troppo tardi.- raccontò, sorridendo. -Tu sei nato per aiutare le persone, tesoro mio…-
Henry si commosse.- Ma non sono riuscito ad aiutare te…O papà.- rispose, con voce spezzata.
-Non tutti possono essere salvati.- affermò Tallulah, asciugandosi l’angolo degli occhi.  -Ma dimmi, come mai sei tornato a Battlecreek?-
Henry si strinse nelle spalle.- Devo fare una cosa, mamma…Una cosa importante per una persona importante e volevo venire qui, a salutare casa mia un’ultima volta.-
La donna gli baciò la guancia.- Puoi restare qui quanto vuoi.- gli sussurrò, per poi lasciarlo solo.
Henry alzò gli occhi verso la lampada accesa sul comodino: decise di togliersi i vestiti e mettersi sotto le lenzuola, senza mai spegnerla.
Non avrebbe mai spento più la luce.
   
 
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