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Autore: Vanessa1995    08/01/2021    3 recensioni
Sasuke e Akiko Uchiha sono gli unici sopravvissuti allo sterminio del Clan Uchiha. Quella terribile notte gli ha segnati per sempre...
Cosa sarebbe successo se Sasuke non fosse stato l'unico bambino sopravvissuto allo sterminio del suo clan? Sarebbe cambiato qualcosa? Si sarebbe lo stesso unito ad Orochimaru e avrebbe lo stesso desiderato di distruggere Konoha una volta saputa la verità? E Akiko cosa si nasconde dietro al viso inespressivo di quella bambina che possiede un'abilità che non sembra aver nessun'altro ninja? Anche lei tradirà il suo villaggio? Beh, per conoscere le risposte a queste domande dovrete leggere.
Genere: Angst, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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N.A. Innanzitutto voglio ringraziare voi lettori e lettrici, ammesso che c’è ne saranno, anche solo per aver aperto questa FF. L’idea per questa storia mi è venuta dopo aver incominciato a rivedere gli episodi di Naruto. Akiko è un personaggio originale, misterioso e complicato per certi versi. Ho pensato a lungo alle sue possibili origini poi alla fine ho deciso… beh, se proseguirete nella lettura lo scoprirete.
Ringrazio Epic JP per avermi sopportato e per avermi fatto da Beta.

Konoha, la capitale del Paese del Fuoco, era la casa di Akiko. Era il posto dov’era nata e dove sperava di passare il resto della sua vita e un giorno, si spera il più tardi possibile, di morirci. Akiko era un membro del Clan Uchiha e come tutti gli altri membri possedeva l’abilità innata che li contraddistingueva: lo Sharingan.
Fumiko, sua madre, era scomparsa durante una missione. Non morta scomparsa e, per certi versi, questo era pure più doloroso. Akiko avrebbe tanto voluto avere una tomba su cui piangere poiché era convinta che la madre fosse morta perché se non fosse stato così sarebbe tornata da lei, no? Nessuna madre abbandonerebbe la propria prole. Nessuna.
In seguito alla scomparsa di Fumiko la bambina era rimasta sola e Fugaku, il capo del clan, e sua moglie Mikoto l’avevano accolta nella loro casa. Lo avevano fatto in nome dell’affetto che entrambi avevano nutrito per sua madre. I primi giorni erano stati difficili. Fugaku e Mikoto erano stati molto gentili con lei, in particolare Mikoto, ma quella non era la sua casa e loro non erano la sua famiglia. Una volta era pure scappata ed era stato Itachi, il figlio maggiore della coppia, a ritrovarla. In seguito le cose avevano iniziato a migliorare e Akiko aveva incominciato a considerare la loro abitazione come la sua nuova casa.

Due anni erano passati da quando la piccola era andata a vivere con i vecchi amici di sua madre. Voleva un gran bene a tutti: alla dolce Mikoto, al severo Fugaku che era spesso impegnato con le faccende del clan, a Itachi che sembrava ignorarla per la maggior parte del tempo e al piccolo Sasuke, con il quale ogni tanto si allenava e che consolava quando era triste. Le cose finalmente avevano preso la giusta piega ed era convinta che d’ora in avanti sarebbe andato tutto bene. Non poteva lontanamente immaginare, nemmeno nei suoi incubi peggiori, quello che stava per accadere.
Quella mattina Akiko si era svegliata un po’ più tardi del solito. Non aveva missioni in programma per quel giorno e quindi ne aveva approfittato per riposare qualche ora in più. La bambina stava scendendo le scale per raggiungere il pianterreno quando notò Sasuke in piedi dietro ad Itachi che si stava infilando le scarpe.
« Itachi, ti prego, possiamo allenarci più tardi dopo l’Accademia? » chiese il bambino che aveva pochi anni in meno di Akiko. Quest’ultima si fermò a metà scala e fissò la scena.

Digli di si, Itachi. Tuo fratello ti ammira tanto e sarebbe così felice di allenarsi con te.” pensò consapevole che Sasuke era felice di allenarsi con lei, ma che invece avrebbe preferito farlo con il fratello maggiore.
« Mi dispiace, non ho tempo oggi. » rispose Itachi sollevandosi dal pavimento. « Perché invece non ti alleni con Akiko? » aggiunse voltandosi, ma invece di fissare il fratellino concentrò i suoi occhi d’ossidiana sulla ragazzina rimasta immobile sugli scalini. La bambina finì di scendere le scale e si avvicinò a Sasuke.
« Ma mi alleno sempre con lei. Ti prego, Itachi! » supplicò il bambino. Akiko gli posò una mano sulla spalla destra.
« Sasuke, tuo fratello è molto impegnato. » disse dolcemente la ragazzina. « Se vuoi puoi allenarti con me dopo l’Accademia. » propose e le sue labbra si curvarono in un sorriso. Sasuke si voltò e posò gli occhi su di lei: erano identici a quelli del fratello.
« Va bene. » acconsentì, ma era chiaro che fosse deluso. Akiko tolse la mano dalla sua spalla e lo guardò dirigersi in cucina. Quando fu sparito alla sua vista si girò verso Itachi. Intrecciò le braccia e assunse un’espressione severa.
« Capisco che tu sia molto occupato ma è possibile che non hai nemmeno una o due ore libere da dedicare a tuo fratello? » chiese incapace di trattenersi. « Lui ti ammira. Il suo sogno è diventare come te! » continuò. A dirla tutta, il bambino era pure un po’ geloso del fratello dal momento che passava più tempo col padre che con lui e perché Fugaku sembrava avere occhi solo per il figlio maggiore. Akiko sospettava che il motivo dietro tutte quelle attenzioni fosse molto semplice: Itachi era il figlio maggiore e in quanto tale un giorno, probabilmente, sarebbe stato lui il capo del clan.
« Akiko, devo chiederti una cosa. » disse.
In quell’istante la porta della casa si aprì e comparvero alcuni membri del clan dall’aria tutt’altro che amichevole. La bambina li fissò perplessa.
« Shisui è morto. » annunciò uno di loro. Akiko si coprì la bocca con la mano sconvolta. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. « Si è suicidato ed è stato rinvenuto un suo biglietto! » continuò il tipo con tono accusatorio.
« Mi dispiace, tuttavia non capisco il vostro atteggiamento... sembra quasi che mi state accusando di essere responsabile della sua morte. » rispose impassibile Itachi e la bambina lo fissò incredula.
“Come fa a restare così calmo? Shisui era suo cugino, oltre che un suo caro amico.” pensò confusa, forse era solo bravo a nascondere il proprio dolore.
« Ieri c’è stata una riunione del clan. Tu e Shisui eravate gli unici assenti. Tuo padre ha provato a giustificarti affermando che avevi degli impegni in quanto membro della squadra speciale! » esclamò un altro dei ragazzi che avevano tutti più o meno la stessa età del figlio del capo clan.
« Itachi non avrebbe mai potuto fare del male a Shisui, era il suo migliore amico! » strillò Akiko facendo un passo in avanti decisa a difenderlo. Quest’ultimo allungò un braccio di fronte a lei impedendole di avanzare ulteriormente.
« Akiko, lascia stare. Raggiungi Sasuke in cucina. » disse senza guardarla e, seppure di mala voglia, la bambina ubbidì.
Quando entrò in cucina vide Sasuke seduto a tavola vicino al padre ed entrambi stavano finendo di fare colazione. Mikoto era in piedi davanti ai fornelli con indosso un grembiule bianco.
« Akiko, hai fame? » chiese la donna che per prima si era accorta della sua presenza.
« Penso che berrò del latte. » rispose prendendo posto vicino a Sasuke. Fugaku era seduto capotavola come di consueto. Akiko, guardando il bambino seduto vicino a sé notò che l’espressione triste non aveva ancora abbandonato il suo viso.
« Sasuke, non te la prendere. Sono sicura che presto Itachi riuscirà a trovare del tempo da dedicarti. » disse dolcemente la ragazzina accarezzando i capelli del bambino che la ignorò e si alzò dalla sedia.
« Ho finito di mangiare, vado in Accademia! » annunciò con un’espressione cupa in volto. « Akiko, ci vediamo più tardi! » aggiunse e quest’ultima annuì.
« Ti ho preparato la merenda. » disse Mikoto prendendo un sacchettino di carta da una delle mensole e porgendolo al figlio, che lo afferrò. « Se preferisci, dopo le lezioni puoi allenarti con me. » propose.
Akiko non sapeva se Mikoto fosse stata una grande kunoichi ma era probabile dal momento che, quando lasciò la carriera ninja per dedicarsi alla casa e alla famiglia, aveva il rango di Jonin. Anche Fumiko era riuscita a raggiungerlo. Lei è la moglie di Fugaku si erano diplomate all’Accademia a pochi anni di distanza l’una dall’altra.
« No mamma. Scusa, ma ho già detto ad Akiko che mi sarei allenato con lei. » rispose il piccolo che sembrava deciso a rispettare l’impegno preso.
« Va bene, allora ci vediamo più tardi. Buona giornata! » augurò la madre che non pareva essersela presa minimamente. Il bambino corse fuori dalla stanza.
« A volte vorrei sapere cosa passa per la testa di Itachi... » affermò Fugaku scuotendo la testa. « È in gamba, è stato il più giovane del clan a risvegliare lo Sharingan, ha impiegato poco a perfezionarlo ed è abile in tutto quello che fa. » continuò l’uomo. « Però sembra che non gli importi niente della famiglia e del clan. » proseguì e, dal tono della voce, la bambina capì che era quella la cosa che lo preoccupava maggiormente: l’apparente disinteresse del figlio maggiore per le questioni del clan.
« Caro, Itachi è giovane ed è appena entrato nella squadra speciale. » intervenne la moglie posando sul tavolo, di fronte ad Akiko, una tazza di latte. La piccola se la portò alle labbra e bevve un sorso del liquido tiepido e bianco « Ha tempo per dedicarsi alle questioni del clan. Lascia che per ora si concentri sulla sua carriera ninja. »
« Sono fiero di lui. Sono contento che sia entrato nella squadra speciale, ma è arrivato il momento che entri a far parte del consiglio a tutti gli effetti! » rispose il ninja. « Ieri c’era una riunione. L’ho pregato di venire e lui cos’ha fatto? Non si è presentato! Mi ha fatto fare una figura pessima! » continuò scuotendo la testa deluso e veramente arrabbiato. Poggiò i gomiti sul tavolo e intrecciò le dita delle mani.
« Vedrai che alla prossima riunione si presenterà. Sei troppo severo con lui. » disse la moglie poggiandogli una mano sulla spalla.
« E tu sei troppo buona! » ribatté l’altro alzandosi in piedi. « Akiko, pensaci tu a Sasuke, per favore. »
« Tranquillo. Quando avrà terminato le lezioni, andrò a prenderlo e ci alleneremo insieme. » promise. Era felice di allenarsi con Sasuke. Quegli allenamenti tornavano utili pure a lei: aveva l’opportunità di rinforzare il suo Sharingan. I suoi compagni di squadra erano in gamba e pure la sua maestra, tuttavia nessuno di loro possedeva la sua abilità innata.

Finito di fare colazione, Akiko salì in camera sua. Voleva sistemare la stanza prima di uscire di casa.
Quando aprì la porta vide Itachi davanti alla finestra. Le dava le spalle. Apparentemente non si era accorto del suo arrivo, ma era probabile che non fosse così. Era certa che sarebbe stato difficile cogliere Itachi di sorpresa.
« Hai finito di fare colazione, Akiko? » chiese voltandosi verso di lei. La ragazzina chiuse la porta e si avvicinò al suo ospite.
« Si. Mi sembrava che dovessi chiedermi qualcosa... » disse ricordando le sue parole di alcuni minuti prima.
« Desidero solo che tu ti prenda cura di Sasuke. Presto avrà bisogno di tutto il tuo aiuto. » spiegò.
« Il mio aiuto? Perché, cosa sta succedendo? Devi partire per una missione importante? » domandò confusa. Stava per intraprendere una missione pericolosa e aveva paura che non avrebbe più rimesso piede nel villaggio? Se fosse morto il futuro del clan sarebbe stato incerto. Non voleva nemmeno pensare a come i suoi genitori e Sasuke avrebbero reagito di fronte ad una sua eventuale dipartita.
« Adesso non posso spiegarti, ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me oggi: devi tenere Sasuke lontano dal nostro quartiere. Il più a lungo possibile. »
« Perché?! » esclamò non riuscendo a pensare ad una spiegazione per quella richiesta. Lui le posò una mano sulla spalla destra e la guardò dritto negli occhi.
« Fai come ti ho detto e non farne parola con Sasuke. » disse facendo aumentare ulteriormente la confusione che provava.
« Itachi, mi stai preoccupando... » disse ansiosa.
« Stai tranquilla. Fai solo come ti ho detto: tieni Sasuke lontano dal quartiere il più possibile. » levò la mano dalla sua spalla e aprì la cerniera della maglia che indossava tirando fuori un rotolo. « Questo è per te, ma devi promettermi che lo leggerai solo domani. » disse porgendoglielo e lei lo prese in mano con cautela.
« Va bene, te lo prometto. » affermò. Temeva che sarebbe potuta morire per la curiosità e che non sarebbe stata in grado di resistere, tuttavia era determinata a farlo.
« Grazie. Ora devo andare! » le mise le dita sulla fronte, lo aveva sempre visto fare quel gesto con Sasuke e pensava che fosse il suo modo per salutarlo, ma era la prima volta che lo faceva con lei. « Un giorno diventerai una grande kunoichi! »
« e tu sarai qui per aiutarmi e consigliarmi, magari anch’io mi unirò alla squadra speciale! » ipotizzò sorridendo.
Avrebbero potuto andare in missione insieme. Veramente lei quasi quasi avrebbe preferito occuparsi delle nuove generazioni piuttosto che entrare a far parte della squadra speciale però aveva sempre sognato di andare in missione con Itachi. Sasuke non era il solo ad ammirarlo. Akiko avrebbe considerato un grande onore combattere al suo fianco.
« Farò il possibile. »
Lo guardò uscire dalla stanza e le venne uno strano presentimento. Aveva come la sensazione che qualcosa di brutto stava per accadere e che lui lo sapesse, ma non volesse dirglielo.

Prima di uscire di casa, Akiko salutò Mikoto e l’avvertì che non sarebbe rientrata per il pranzo: aveva appuntamento con i suoi compagni di squadra e la sua maestra. La matriarca del clan la salutò con un sorriso smagliante. A volte si chiedeva come facesse quella donna ad essere perennemente allegra.
Akiko si incamminò lungo il marciapiede diretta verso l’arco che divideva il quartiere degli Uchiha dal resto del villaggio, erano numerose le case che comprendevano quella parte dell'insediamento e stranamente tutti i membri del clan erano a casa. Normalmente c’è n’era sempre qualcuno lontano dal villaggio e raramente erano tutti nel complesso o comunque all'interno delle mura.
“Ho sentito ieri Fugaku commentare la cosa con Mikoto. Sembrava perplesso e sorpreso che l’Hokage non avesse affidato a nessun membro una missione che lo portasse lontano da Konoha.” pensò. Scosse la testa e si sistemò una ciocca dei lunghi capelli scuri dietro l’orecchio. Non era preoccupata di quello che avrebbe potuto significare, pensava che semplicemente l’Hokage non avesse bisogno di loro.
« Ah, guarda chi c’è, il nostro fantasma! » disse una voce maschile. Si bloccò nell’udirla e si voltò: tra i rami dell'albero del giardino di una casa, in mezzo alle foglie, spuntava un ragazzino. Lo conosceva bene. Il bambino saltò giù atterrando di fronte a lei.  « Allora fantasma, dove vai di bello? Vai a fare una visita ai tuoi amici rettili? » domandò con un sorriso maligno dipinto in volto.
« Non sono affari tuoi e smettila di chiamarmi in quel modo! » rispose chiudendo le mani a pugno.
« La tua pelle è chiarissima, più chiara di qualsiasi membro del clan o abitante del villaggio. Ti fa sembrare un fantasma! » il tono della sua voce era perfido e Akiko, senza nemmeno rendersene conto, attivò il proprio Sharingan: i suoi occhi diventarono rossi e due tomoe comparvero intorno alla pupilla. Le mancava ancora un tomoe affinché l’evoluzione fosse completa.
« E tu sei un idiota! » esclamò tirandogli un pugno allo stomaco. Il ragazzino si piegò in due con gli occhi spalancati.
« Accidenti, Akiko! » biascicò facendo un passo indietro tenendosi una mano sul ventre. Lei gli passò accanto, non era per niente pentita di averlo attaccato: aveva bisogno di una lezione. La questione per il bambino non doveva essersi chiusa lì, siccome tentò di aggredirla alle spalle, ma la bambina riuscì facilmente a schivare il suo attacco.
« Sospettavo che mi avresti attaccato per vendicarti. » affermò fissando il suo avversario che era caduto per terra. Tirò un sospiro e scuotendo la testa si avvicinò a lui tendendogli una mano. L’altro la guardò per un istante, poi gliela colpì e si drizzò in piedi da solo rifiutando il suo aiuto.
« Vai da quei serpenti che ti piacciono tanto! » dopo la fuoriuscita di quell’ultima cattiveria dalle labbra corse via. Una lacrima uscì dall'occhio destro di Akiko e scivolò lungo la guancia. Se la asciugò. Certi bambini sapevano essere davvero cattivi e lei lo sapeva bene.
“Però quell'antipatico non mi ha dato un cattivo consiglio in fondo…” pensò e continuò a camminare lungo il marciapiede. Quando era uscita di casa non sapeva con certezza dove sarebbe andata, ma adesso si.
All'interno del villaggio si trovava un grande bosco ed era stato proprio lì che si era rifugiata quando due anni prima era scappata da casa di Fugaku e Mikoto perché non voleva vivere con loro. Le piaceva la tranquillità che riusciva a trovare in mezzo agli alberi.
Raggiunto il bosco, Akiko si inoltrò al suo interno. Camminò per una decina di minuti. Gli uccellini cinguettavano in cima agli alberi nascosti in mezzo alle loro chiome verdi. La bimba si sedette vicino al tronco di un albero. La pianta doveva essere caduta e gli abitanti di Konoha dovevano aver deciso di lasciarla lì ed era diventata un rifugio per gli animali all’occorrenza. Appoggiò la schiena contro il tronco e distese le gambe davanti a sé rimanendo in attesa.
Come spesso accadeva, non passarono molti minuti prima di sentire qualcosa di freddo che le strisciava sul braccio. Abbassò lo sguardo e vide un serpente risalire lungo il suo arto.
“Ciao, Akiko. Non mi sembri di buon umore oggi.” i pensieri del rettile le risuonarono nella testa fin da quando aveva memoria: i serpenti erano come attratti da lei. In particolare le si avvicinavano quando era nel bosco o in prossimità di esso e per qualche strana ragione lei riusciva a sentire i loro pensieri. La prima volta si era spaventata, ma con il passare del tempo ci aveva fatto l’abitudine e quei rettili erano diventati suoi amici.
“Diciamo che ho litigato con un bambino. Mi chiama fantasma e a me non piace. Io non sono un fantasma!” rispose e intrecciò le gambe mentre con l'altra mano strinse piano il serpente. Non voleva correre il rischio di fargli del male. Se lo sistemò sulla pancia e il rettile si avvolse su sé stesso per poi rimanere immobile.
“No, non sei un fantasma. Se lo fossi ti passerei attraverso.” rispose l’altro sollevando la testa e gli occhi della bimba incontrarono quelli piccolissimi del suo amico. “Sai, io sono molto velenoso. La mia specie è considerata una delle più pericolose.” spiegò.
Non le stava dicendo nulla di nuovo. Si era informata e aveva scoperto che il mamushi era uno dei serpenti più velenosi del posto dove vivevano. Il suo veleno distruggeva i globuli rossi e conteneva delle neurotossine che attaccavano il sistema nervoso e in più conteneva anche degli anticoagulanti. Aveva letto che i sintomi che colpivano le persone che venivano morse erano molteplici e che almeno una decina di persone all’anno morivano per via del suo morso, però esistevano due antidoti in grado di neutralizzarlo. 
"Lo so, ho studiato la tua specie." rispose distogliendo lo sguardo e fissando l'albero davanti a sé. Qualcuno aveva inciso sul tronco un cuore e nel mezzo aveva scritto le iniziali di due nomi. Sorrise al pensiero della giovane coppia di innamorati che doveva averlo realizzato, magari due bambini. Sollevò lo sguardo e fissò le foglie dei rami degli alberi sopra le loro teste, era in grado di vedere solo dei puntini azzurri che dovevano essere pezzi di cielo. La sua mente tornò indietro nel tempo a due anni prima.

Inizio Flashback

Quella non era la sua casa, la sua casa era quella dov'era nata e cresciuta e dove fino a pochi giorni prima viveva con sua madre. Non aveva più nessuno: era sola. I suoi nonni erano morti e adesso pure sua madre l'aveva abbandonata. In quanto a suo padre... beh, non sapeva nemmeno chi fosse.
Mikoto e Fugaku l'avevano accolta a braccia aperte nella loro casa, la donna le aveva pure promesso di prepararle il suo piatto preferito per cena e le aveva preparato una torta. Tutti eccetto Itachi, che non sembrava essersi quasi accorto del suo arrivo, erano parsi felici che andasse a vivere con loro. Quella era stata una delle rare volte che aveva visto sorridere Fugaku, sebbene si fosse trattato di un piccolo sorriso.
Appena Mikoto l'aveva lasciata da sola nella sua nuova camera, Akiko aveva aperto la finestra ed era scappata.
La bambina si era rifugiata nel bosco e si era seduta per terra accanto al tronco di un albero. Aveva piegato le gambe, le aveva strette con le braccia ed era rimasta immobile a piangere in silenzio. Non sapeva dire quanto fosse rimasta in quella posizione, ma dopo pochi minuti arrivò un serpente.
Ormai si era abituata ai rettili che le si avvicinavano quando andava nei boschi. Non erano cattivi e lei era in grado di comunicare telepaticamente con loro.
"Perché quelle lacrime Akiko?" Chiese il serpente. Lei posò una mano sul terreno e la creatura le salì lungo il braccio.
"Mia madre è scomparsa in missione. Sono convinti che sia morta." raccontò asciugandosi gli occhi con la mano dell'altro braccio.
"Mi dispiace. La vita dei ninja è pericolosa, ho sentito e ne ho visti morire tanti." rispose. La cosa incredibile era che si sentiva meglio a parlare con un serpente e a stare in un bosco piuttosto che a casa del capo del clan.
Rimase a lungo lì seduta a conversare con il serpente. Ad un certo punto incominciò a farsi buio. Il suo stomaco brontolò e intuì che doveva essere quasi ora di cena. Un rumore la fece sussultare e si drizzò in piedi.
« Ah, eccoti qui finalmente. Lo sai che sono diventato matto per cercarti? I miei genitori sono preoccupatissimi e Sasuke è triste! » disse Itachi uscendo da dietro un albero. « Mi rendo conto che... _non stai vivendo un bel momento, ma ti chiedo di tornare indietro. Te lo chiedo per mio fratello, sta soffrendo e i miei genitori stanno impazzendo. » disse avanzando verso di lei. Teneva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.
« Quindi mi stai chiedendo di tornare indietro solo perché non vuoi che tuo fratello e i tuoi genitori soffrano? » chiese. Non era sorpresa di apprendere che a lui non importasse nulla di lei. Sarebbe anche potuta morire e Itachi non avrebbe battuto ciglio, era solo preoccupato per la sua famiglia.
Si inginocchiò per terra e posò la mano sul terreno. Il serpente scese dal braccio di lei e lo guardò strisciare fino ad un cespuglio e sparire in mezzo alle foglie.
« Si, te lo sto chiedendo per quello. » confermò il ragazzino poco più grande di lei. Quanti anni aveva Itachi più di lei? Due o tre erano gli stessi che la separavano da Sasuke, ma quest’ultimo era più piccolo di lei ed era a metà tra loro due: poco più piccola del fratello maggiore e poco più grande di quello minore.
« Non ho nulla contro i tuoi genitori o Sasuke... loro sono stati gentili, in particolare tua madre e... Sasuke sembra davvero un bravo bambino, ma voi non siete la mia famiglia e quella dove abitate non è la mia casa. » affermò avvertendo di nuovo quel senso di sofferenza che sembrava averla abbandonata dopo che era venuta nel bosco.
« Ripeto: capisco che la situazione non è facile. Stai vivendo un brutto momento. Hai appena perso tua madre e non hai più nessuno. Però, se vuoi, noi... noi potremmo essere la tua nuova famiglia, anche se mi rendo conto che i miei genitori non saranno mai i tuoi. » disse facendo alcuni passi nella sua direzione. « Mia madre non pretende di sostituirsi alla tua e mio padre non pretende di essere anche il tuo, ma credo che ti vogliano bene sul serio e può darsi che con il passare del tempo incomincerai a considerare la nostra casa pure la tua. » il tono della sua voce era calmo. Il suo sguardo non aveva mai abbandonato quello di lei. In quell’istante il vento soffiò scompigliando i capelli di entrambi oltre ai rami degli alberi e una foglia cadde sul terreno in mezzo a loro.
« Va bene, andiamo. Ma sbrighiamoci, sta iniziando a venirmi fame! » disse, sebbene odiasse ammetterlo e si incamminò verso il loro quartiere seguita da Itachi.


Fine Flashback

Dopo quel giorno non era più scappata. Quando era tornata a casa, Mikoto prima l’aveva abbracciata felice di vedere che fosse sana e salva e poi l’aveva rimproverata per essersene andata senza avvertire. Dopo aver visto la preoccupazione sul volto suo e del marito e Sasuke che le correva incontro contento di rivederla, capì che le volevano davvero bene e che magari, col tempo, quel posto sarebbe diventato la sua casa.
Il resto della giornata trascorse velocemente e prima che se ne rendesse conto arrivò il momento di andare a prendere Sasuke fuori dall’Accademia. Non aveva dimenticato quello che le aveva chiesto Itachi e aveva studiato un piano per tenere il suo fratellino lontano dal quartiere, sebbene non riuscisse a comprendere il motivo della richiesta del fratello maggiore. Se fosse stato il compleanno di Sasuke avrebbe pensato ad una festa a sorpresa, tuttavia mancavano settimane al giorno in cui il bambino avrebbe compiuto gli anni.
“Itachi deve aver avuto le sue buone ragioni per chiedermi di farlo e sicuramente non si tratta di nulla di brutto.” pensò la ragazzina che si trovava in piedi in mezzo alla strada di fronte all’ingresso del giardino dell’Accademia. Diverse persone erano venute a prendere i bambini: genitori, fratelli, nonni, amici. La strada era piena di gente che attendeva la fine delle lezioni.
L’attesa della bambina non durò a lungo: pochi minuti dopo le porte dell’edificio si aprirono e i bambini incominciarono a correre fuori. Apparentemente era stata una buona giornata per tutti perché sembravano tutti di buon umore: ridevano e chiacchieravano allegri.
« Akiko, oggi ci siamo allenati a lanciare i kunai! » esclamò allegro Sasuke quando fu di fronte a lei. « Solo una volta non ho colpito il bersaglio! » raccontò con tono fiero. Lei sorrise e lì scompigliò i capelli con una mano.
« Congratulazioni. Allora, che intenzioni hai per il nostro allenamento? » domandò mentre si incamminavano.
« Penso che potremo allenarci a lanciare i kunai e gli shuriken e con le arti marziali! » propose, era felice e sembrava impaziente di allenarsi e la sua gioia fece svanire completamente ogni dubbio di Akiko.
Il loro allenamento durò a lungo. Andarono avanti per ore ed era ormai buio quando decisero di rientrare a casa. L’ora di cena era già passata da un’ora e e Akiko pensava di averlo tenuto occupato abbastanza, perciò non si oppose quando il piccolo le propose di rientrare. A dir la verità, anche la ragazzina incominciava a sentire un certo appetito.
Appena arrivarono di fronte all’ingresso del quartiere fu subito chiaro che qualcosa non andava: c’era troppo silenzio e tutte le luci erano spente sebbene non fosse tardi. A quell’ora avrebbero dovuto essere tutti ancora svegli, magari intenti a finire di mangiare.
« Akiko, perché c’è tutto questo silenzio e le luci sono tutte spente? » domandò Sasuke. Quando erano entrati nel quartiere entrambi si erano fermati e il bambino le aveva afferrato la mano.
« Può darsi che ci sia stato un cortocircuito e che sia andata via la luce... » ipotizzò sforzandosi di mantenere un tono di voce normale, sebbene non si sentisse per niente tranquilla. Aveva un brutto presentimento. « Non ti preoccupare. » disse sorridendo.
« Akiko, non mi sembri tanto tranquilla. » rispose, per niente rassicurato dalle sue parole. 
“Mi sa che è il caso che io impari a mentire meglio...” pensò distogliendo lo sguardo e guardando davanti a sé.
Fu allora che un particolare attirò la sua attenzione, anzi più di uno: c’erano delle persone sedute per terra o coricate e alcune porte delle case erano spalancate e all’improvviso una sensazione di freddo la invase. Estrasse un kunai e cinse le spalle del bimbo con un braccio tirandolo più vicino a sé,
« Adesso andiamo a casa... Vedrai che non è successo niente. » affermò. Quelle parole servivano per tranquillizzare più se stessa che lui. Avanzarono lentamente e ben presto furono vicini alle persone che aveva notato.
Quando furono a breve distanza, le fu subito chiaro che erano morti. I suoi occhi si spalancarono per l’orrore alla vista di quel sangue. Vicino ai cadaveri c’erano dei kunai o degli shuriken. Il terrore si impadronì di lei. Si voltò verso le case: le porte erano spalancate e sulla soglia riusciva ad intravedere dei piedi e delle gambe.

Sembra che ci sia stata una carneficina, ma chi può essere stato?!?” pensò. Prima che avesse il tempo di pensare a cosa fare, Sasuke si liberò dalla sua stretta e incominciò a correre diretto verso casa.
« Sasuke! » urlò e gli corse dietro. « Sasuke! Fermati! Potrebbe essere pericoloso. Dobbiamo avvertire gli ANBU! » aggiunse, ma il bambino la ignorò e continuò a correre. Purtroppo quelli che avevano visto prima non erano gli unici cadaveri: uomini, donne, bambini e vecchi tutti uccisi. Il sangue era per la strada e in alcuni punti era schizzato sulle pareti. Il cuore della bambina incominciò a battere all’impazzata sia per la corsa che per la paura.
« Lasciami! » strillò il bambino quando lo afferrò. La sua corsa era durata poco, non le era servito molto per raggiungerlo. Aveva le lacrime agli occhi. Tentò di divincolarsi dalla sua stretta però lei strinse più forte decisa a non farlo scappare.
« Sasuke, ti prego calmati. Non possiamo restare qua. Bisogna avvertire gli ANBU! È possibile che chi ha fatto tutto questo non se ne sia andato! » disse. Le sue parole sembrarono ottenere l’effetto sperato e il piccolo smise di agitarsi. Si voltò con le lacrime agli occhi e la guardò.
« Ti conviene ascoltarla, Sasuke. » disse una voce che conoscevano bene entrambi. « Itachi, cos’è successo? » domandò il bambino guardando il fratello maggiore che era comparso all’improvviso in mezzo alla strada. Legata sulla schiena portava una katana, l’arma di cui erano dotati tutti i membri della squadra speciale. Le parole che le aveva detto quella mattina incominciarono a rimbombare nella testa di Akiko.
« Sei stato tu! » accusò parandosi davanti a Sasuke. La rabbia si impadronì di lei. « Mi avevi chiesto di tenerlo il più possibile lontano dal quartiere. Volevi avere tutto il tempo per commettere questo orrore con tutta calma! » esclamò furiosa. Gli occhi della bambina cambiarono colore e il suo Sharingan si attivò.
« No, non può essere vero! » disse il piccolo tirando fuori la testa da dietro alla sua schiena. La bruna strinse la mano attorno all’elsa del kunai che non aveva mollato da quando lo aveva tirato fuori poco prima. « Dimmi che non è vero! » strillò il bambino, parlando più forte vedendo che il fratello non rispondeva.
« Invece è vero, Sasuke. Sono stato io. Li ho uccisi tutti. » rispose. Non c’era alcun rimorso nella sua voce.
« Assassino! » urlò Akiko mentre si lanciava verso Itachi. Quest’ultimo, dopo aver schivato il suo attacco senza alcuna difficoltà, la spinse via con forza mandandola a sbattere contro il muro di un casa. La ragazzina gemette per il dolore: aveva sbattuto la schiena e si era fatta male ad un braccio. Il kunai era caduto per terra e si sentì una stupida per aver perso la sua arma. Gli occhi di Itachi erano diversi: erano rossi, ma avevano la forma di uno shurinken con un cerchio rosso in mezzo.
« Akiko! » l’ultima cosa che sentì fu Sasuke che urlava il suo nome, poi tutto diventò nero.


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