Personaggio A vede per la prima volta Personaggio B nudo, e sul suo corpo trova un dettaglio terribilmente carino
Il gruppo Facebook lo trovate qui: https://www.facebook.com/groups/337102974212033, non siate timidi e venite a dare un’occhiata uwu
John sale le scale il più velocemente possibile destreggiandosi fra le borse della spesa e quelle delle medicine, sa meglio di chiunque altro che lasciare Sherlock a casa da solo in condizioni simili non giova a nessuno e si sentirà più tranquillo solo quando lo avrà sotto gli occhi.
Contrariamente a quanto ci si possa aspettare da un individuo come Sherlock (incline al non dormire per giorni interi, mangiare pochissimo e correre per tutta Londra in maniche di camicia a dicembre) il consulente non è incline ad ammalarsi spesso (John vorrebbe poter condurre degli esperimenti a riguardo e in cuor suo teme che Sherlock ne sarebbe pure entusiasta) ma quando succede ovviamente non può essere qualcosa di tranquillo come un banale raffreddore, no. Ovviamente deve essere un’influenza in piena regola, fatta di montagne di fazzoletti smoccolati lanciati in giro nella stanza (fortunatamente quella di Sherlock, perlomeno non deve avere germi sparsi per casa), febbre quasi a 40, tosse, catarro, brividi, mal di testa, senso di nausea (con conseguente vomito, mica ci si può aspettare solo il senso di nausea) e vertigini.
Insomma: quando Sherlock Holmes decide di fare qualcosa la fa sempre in grande.
John apre la porta dell’appartamento e tende un orecchio verso camera di Sherlock mentre appoggia le buste sul tavolo della cucina. Non ci sono starnuti o colpi di tosse e John prende questo come un buon segno ma non c’è nemmeno il russare che ormai è diventato una costante quando il consulente dorme (e questo non lo ammetterà mai ad anima viva ma la prima volta che ha trovato Sherlock nel mondo dei sogni, sfinito dalla malattia e con il naso completamente tappato dal raffreddore a russare sonoramente, lo ha trovato in qualche modo tenero e si è ritrovato a provare un po’ di pena per lui -e ciò non è avvenuto prima solo perché Sherlock è riuscito a comandarlo a bacchetta pure da malato) e si domanda cos’è che può tenere Sherlock sveglio e occupato quando dovrebbe già aver iniziato a chiamare John a gran voce per la noia dell’esistenza terrena e dell’essere confinato in quel letto.
“Sherlock?” domanda a voce non troppo alta in modo tale da non disturbarlo (Dio non voglia!) se l’altro sta veramente dormendo.
Non c’è nessun tipo di risposta e John si avvicina aprendo di poco la porta socchiusa e dando un’occhiata all’interno: il letto sfatto è la sola cosa che gli dà il benvenuto, del consulente investigativo non c’è nemmeno l’ombra.
John spalanca la porta e urla il nome dell’altro come se potesse davvero servire a qualcosa e si guarda freneticamente attorno, uscendo poi dalla stanza e notando che cappotto e sciarpa sono ancora appesi all’ingresso (anche se purtroppo questo non conferma nulla) e il cellulare è in carica sul ripiano della cucina dove lui stesso lo aveva messo quella mattina per tenere lontano Sherlock da eventuali distrazioni. E Sherlock avrebbe anche potuto uscire di casa con 40 di febbre e senza cappotto, ma non sicuramente senza cellulare.
John apre la porta del bagno senza troppe cerimonie e Sherlock è lì, addormentato con la testa ciondoloni di lato nella vasca.
Lestrade non lo considererebbe nemmeno omicidio, John è sicuro di poterla passar liscia questa volta, potrebbe uccidere Sherlock Holmes ed è sicuro che una giuria di suoi pari gli darebbe ragione e pure una pacca sulla spalla perché a John è quasi venuto un infarto a vedere questa scena e non trova giusto continuare a vivere così.
Fa dei respiri profondi per calmarsi e apre e chiude i pugni perché gli prudono le mani e pensa a ogni modo possibile e immaginabile per svegliare Sherlock passando dal gettarlo malamente sott’acqua ad urlargli nelle orecchie che se gli rifà nuovamente una cosa simile è la vera volta che lo ammazza.
Ma la respirazione funziona (perlomeno non ha più intenti omicidi) e si avvicina alla vasca in due falcate portando lo sguardo su uno Sherlock dormiente.
Sherlock, le guance arrossate probabilmente dalla febbre ancora non scesa, non si accorge nemmeno della mano di John che va a toccargli la fronte (decisamente troppo calda) e John si preoccupa del tempo che Sherlock è rimasto immerso in quell’acqua perché la temperatura non è esattamente delle più invitanti.
“Un’ora. Sono stato via un’ora e cosa diavolo del stai a letto e riposa non era abbastanza chiaro?” John sbuffa sonoramente e prova a svegliare Sherlock con un leggero scossone, Sherlock non fa niente di più che lamentarsi con un mugugno. John sbuffa più sonoramente.
“Avrò bisogno di un po’ di collaborazione qui” si toglie il cappotto e lo getta malamente sul lavandino, tirandosi poi su le maniche del maglione e scuotendo nuovamente Sherlock, questa volta chiamando il suo nome a voce un po’ più alta.
Sherlock sbatte le palpebre un paio di volte e poi si volta in sua direzione e rimane qualche istante a fissarlo, come a cercare di metterlo a fuoco. “John?” chiede, perché evidentemente John non è già abbastanza preoccupato delle sue condizioni, adesso ci si mettono pure le domande ovvie di mezzo.
“Sì, John. Il tuo dottore. Coinquilino. Migliore amico. Quello che ti ha chiesto di stare buono per il tempo di andare a fare la spesa ed è stato completamente ignorato per fare un bagno”
Sherlock non sembra minimamente colpito dalla cosa e John non si sorprende nemmeno più.
“Puzzavo” si difende l’altro, come se questo bastasse, come se avesse in qualche modo senso.
John scuote la testa ma lascia perdere perché non ha davvero le energie per questo.
“Perfetto. E adesso lasciami indovinare, non riesci nemmeno ad alzarti?”
Sherlock lo guarda con aria di sfida (come può fare un uomo con un febbrone da cavallo) e alza il mento. “Esattamente”
John ride perché davvero non può fare altro.
“Allora, al mio tre cerca di darti una spinta” dice mentre va a coprire il water con un asciugamano di modo che Sherlock non si sieda direttamente sulla plastica fredda e poi si chiana in avanti sul detective mettendogli le braccia sotto le ascelle.
“Pronto?”
Sherlock annuisce lievemente e John sa che non potrà pretendere chissà quale sforzo dall’altro.
“Uno… Due…” al tre Sherlock cerca di darsi una spinta reggendosi con le mani sui bordi della vasca ma tutto ciò che riesce ad ottenere è lasciarsi cadere direttamente su John con ben poca grazia, fortunatamente il dottore se lo aspettava e regge il suo peso come niente fosse, aiutandolo poi il più velocemente possibile ad uscire dalla vasca e a sedersi sul water per poi coprirlo con l’accappatoio.
Sherlock è sfinito e John vorrebbe dirgliene di nuovo quattro ma si morde la lingua, almeno per adesso.
Ed è così che la nota, completamente a caso, mezza nascosta dall’accappatoio, una piccola voglia che assomiglia terribilmente a un cuore sulla parte bassa del fianco di Sherlock (e se deve essere del tutto onesto con se stesso i suoi occhi non dovrebbero essere a quell’altezza) e per qualche secondo rimane lì a fissarla, come rincretinito, finché Sherlock non starnutisce e si chiude a riccio nell’accappatoio e a quel punto John si dà dell’idiota per averlo lasciato lì al freddo.
Dà una mano a Sherlock ad asciugarsi e vestirsi e poi lo riaccompagna in camera facendolo distendere e coprendolo col piumone fin sotto il mento.
“Vado a farti del tè, poi cercherai di mangiare almeno un paio di biscotti secchi e prenderai le medicine, siamo d’accordo?”
Sherlock non fa in tempo ad annuire che si è già addormentato. John sorride tra sé e sé e va a mettere su l’acqua per il tè.
***
Adorabile.
E cerca di non pensarci.
Adorabile.
E cerca di pensare a un sinonimo che non lo faccia sembrare un teenager alla prima cotta.
Adorabile.
E a quanto pare non riesce a pensare a nessun altra parola abbastanza calzante. Perché una voglia a forma di cuore è adorabile ma adorabile non è una parola che si associa bene a Sherlock Holmes.
O, per meglio dire, non dovrebbe farlo. Ma quante volte John si è ritrovato a pensare che Sherlock sia adorabile? (Indizio: troppe), quante volte si è ritrovato a fissare il consulente investigativo e a trovare il suo broncio adorabile? (troppe), i suoi capelli ingestibili? (troppe), i maledetti zigomi alti? (troppe), le mani lunghe e sottili? (troppe), il sorriso che gli rivolge ogni volta che risolve un caso e John è lì ad ammirarlo? (è già stato detto ‘troppe’?)
E ovviamente vuoi che Sherlock non abbia un’adorabile voglia a forma di cuore sul fianco?
John è sicuro che non ci dormirà la notte.
***
“John, ho mal di testa e tu stai pensando troppo rumorosamente, se vuoi te la faccio vedere di nuovo, basta che smetti di pensarci”
Sherlock, un bozzolo fatto di coperte e fazzoletti, si rannicchia contro il fianco del dottore che è seduto a letto (sopra le coperte) con un libro in mano accanto a lui perché ‘John, mi annoio, tienimi un po’ di compagnia’.
Il libro è fermo sulla stessa pagina da più di mezz’ora e John ha letto la stessa riga dieci volte prima di concedere la sconfitta e ricominciare a pensare alla voglia di Sherlock.
Questo però non vuol dire che lo ammetterà mai ad alta voce.
“Di cosa parli?” chiede infatti, chiudendo il libro e scostando di lato i capelli un po’ troppo lunghi del consulente per sentirgli ancora una volta la fronte, finalmente un po’ più fresca. Sherlock chiude gli occhi al tocco e si sporge un po’ verso la mano del dottore che non gli nega niente e gli fa un due coccole, anche se abbastanza stranito dalla cosa.
“Della voglia. E tu lo sai benissimo. Quella a forma di pesca”
“Di cuore”
Gli occhi del consulente si aprono e si fissano in quelli di John.
“Pesca”
“Cuore”
“Pesca”
“Cuore”
“E poi dici di non essere sentimentale”
“Non è questione di essere sentimentali, Sherlock, è evidentemente un cuore” come lo si potrebbe confondere con una pesca, per John, è incomprensibile e perché diavolo ne stanno discutendo?
“Chiederemo l’opinione di una terza parte e vedremo chi avrà ragione”
“Non credo che faremo niente del genere, no” e la mano di John che stava accarezzando i capelli di Sherlock si ritrova improvvisamente sulla schiena di quest’ultimo a stringerlo possessivamente contro di sé.
Ma Sherlock sta male e forse può farlo passare per un gesto casuale, forse può…
Ma lo sguardo che gli lancia Sherlock non ha niente dello sguardo febbricitante di qualche giorno prima e John sa che si è rovinato con le proprie mani. Un braccio di Sherlock esce dalle profondità delle coperte e va a cingere il fianco di John e un sorriso sornione che non promette nulla di buono si fa largo sul viso del detective.
Sì, John è decisamente fregato, ma forse questa volta nel modo migliore.
***
“Pesca”
“Cuore”
Fine.