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Autore: Lady_Elizabeth    10/01/2021    0 recensioni
Liam era il proprietario di un magnifico bar al centro di Londra: fin da quando era piccolo aveva la passione di preparare cocktail e drink, eppure ora che aveva 23 anni ed era riuscito ad aprire il suo locale, ogni singola sera, mentre versava da bere ai suoi clienti, si chiedeva se effettivamente non avesse sbagliato lavoro, perché a suo parere si sentiva più uno psicanalista che un barista.
[Conteggio parole: 4k]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: questa storia è stata scritta diversi anni fa, quindi lo stile di scrittura è leggermente diverso da quello attuale. Spero comunque che la apprezziate :)



Liam era il proprietario di un magnifico bar al centro di Londra: fin da quando era piccolo aveva la passione di preparare cocktail e drink, eppure ora che aveva 23 anni ed era riuscito ad aprire il suo locale, ogni singola sera, mentre versava da bere ai suoi clienti, si chiedeva se effettivamente non avesse sbagliato lavoro, perché a suo parere si sentiva più uno psicanalista che un barista.

Infatti, dietro il suo lucido bancone bianco che troneggiava nella stanza simile a delle mura difensive contro l’esercito di clienti, Liam si trovava accerchiato da persone conosciute e non, le quali, dopo qualche bicchiere, iniziavano a parlare liberamente con lui, riversandogli addosso preoccupazioni, problemi, pensieri e ipotesi senza il minimo ritegno. Ma ciò che lo affliggeva nel profondo non era il dover ascoltare, bensì il dover rispondere alle domande che gli venivano poste, elargire suggerimenti e proposte, consolare, compatire, comprendere, poiché l’afflusso di clienti dipendeva anche da quello. Ovviamente gli capitava di brindare, complimentarsi, fare gli auguri e ridere alle battute, ma erano più frequenti le conversazioni spiacevoli che quelle allegre.

 

«...e quindi non ci sentiamo da due settimane! Capisci, Liam? Sono quattordici giorni, trecentotrentasei ore, ventimila centosessanta minuti… Liam? Mi stai ascoltando?»

«Cosa? Sì, sì, stavi dicendo che non ti chiama da quattordici giorni giusto? Che persona ignobile» commentò il barista. 

Il ragazzo non rispose, ma bevve un lungo sorso dal boccale di birra. Era riccio e castano, occhi verdi come le distese di trifogli, labbra rosse come ciliegie e un’aria vagamente infantile, pur avendo ormai ventitré anni compiuti.

Dopo qualche minuto Harry, il ragazzo riccio, riprese a parlare con una voce così incrinata dal pianto e un’espressione talmente afflitta da far commuovere chiunque: «Io e Nick stavamo insieme da due anni e dodici giorni» si passò la manica della maglietta sul viso e continuò «pensavo che scherzasse quando è andato via di casa, ma mi sono accorto che ha buttato l’orsacchiotto che gli avevo regalato a Natale…» un singhiozzo lo interruppe, la disperazione aveva preso il sopravvento, le lacrime scendevano copiose sul suo viso arrossato.

Liam intanto servì un Martini ad un vecchio signore e preparò svariati cocktail per un gruppo di ragazze. Harry gli chiese un’altra birra, ma Liam constatò il suo stato pietoso e gli diede una pacca sulle spalle. «Stanotte resta a dormire qui, la camera degli ospiti è libera». Il ragazzo annuì e lentamente si avviò verso le scale che portavano all’appartamento di Liam al piano superiore.

«Eleanor!» Liam chiamò la cameriera, una graziosa ragazza alta e castana che aveva assunto appena aperto il locale «Porta questi al tavolino vicino alla finestra». La ragazza annuì distratta e si destreggiò egregiamente nell’orda di persone, riuscendo a tenere non si sa come i bicchieri in perfetto equilibrio sul vassoio.

 

La serata passò tranquilla, e gli unici eventi degni di nota furono la confessione di un uomo che affermava di aver tradito sua moglie e un improbabile tentativo di seduzione da parte di una donna bassa e grassa, con le dita tozze e unte a causa del panino che aveva in mano e il viso sudato pieno di fard. Fortunatamente Liam non rivide più quella… donna.

 

~~~

 

Quando si svegliò il sole era già alto nel cielo e splendeva indisturbato, incurante delle nuvole bianche come panna montata che gli giravano intorno. In cucina trovò Harry, seduto su una sedia e con lo sguardo perso nel vuoto. Senza dire niente preparò due tazze di tè fumante e gliene porse una.

«Oggi hai il turno in clinica?» chiese Liam. Il riccio scosse la testa: aveva iniziato da poco a lavorare nella clinica veterinaria più prestigiosa della città grazie al suo innato talento, alla sua bravura e al suo costante impegno.

«Bene, allora puoi accompagnarmi a fare la spesa con Niall. Sai, mi serve un supporto morale…» disse Liam con un’espressione esageratamente afflitta, alzando gli occhi al cielo. Un piccolo sorriso increspò le labbra dell’amico e Liam, soddisfatto, si andò a preparare.

 

~~~

 

«Quante volte ti ho detto che si devono comprare solo ed esclusivamente le uova da allevamento biologico? Noi non sfruttiamo le galline, Liam!». Quest’ultimo sospirò pianissimo per non farsi sentire, mentre Harry dovette allontanarsi per non scoppiargli a ridere in faccia.

Per descriverlo con un aggettivo, Niall era esigente. Era il cuoco del bar di Liam e preparava cibi raffinati e squisiti spuntini con l’aiuto del giovane apprendista Justin, costantemente ripreso e rimproverato dall’irlandese. Niall era egocentrico, permaloso, testardo, preciso, curioso, arrogante, timido, premuroso, vivace: la sua personalità era un concentrato di ossimori. Nonostante questo, Liam gli voleva bene e cercava di non ferirlo, sapendo che Niall fosse una persona molto sensibile per non aver mai avuto una famiglia affettuosa o dei veri amici sui quali contare. Liam era forse il primo ad essere riuscito a trovare un posto nel suo cuore, diventando il fratello che l’irlandese avrebbe tanto voluto avere; il barista gli aveva quindi lasciato il controllo della cucina e dell’appartamento che condividevano.

 

Niall si avviò a passo di marcia verso il reparto frutta e verdura e iniziò ad esaminare con occhio critico una fragola; dopo un’attenta esaminazione, la gettò via con una smorfia disgustata sul viso. Harry aveva affondato la faccia in una rivista di cucina nel vano tentativo di contenersi. Un’adorabile vecchietta guardò allarmata Niall, che nel frattempo stava annusando un melone, e si affrettò ad allontanarsi scuotendo la testa. Harry fu costretto a cambiare corsia del supermercato, sempre con la rivista di cucina davanti alla faccia.

 

~~~

 

Dopo un paio di giorni Harry ritornò a casa propria, decisamente più felice e rincuorato. Quella sera, il 12 gennaio, nel bar si festeggiava il compleanno di un certo Zayn o Zain, Liam non era sicuro di aver capito bene il nome del pakistano. Per fortuna quel giorno c’era anche Ed, che suonava e cantava abitualmente nel locale e contribuiva non poco a creare un’atmosfera allegra e piacevole. 

 

Zayn era carismatico e coinvolgente, ma anche serio e gentile. Liam lo conosceva da poche ore e già era in grado di elencare le sue caratteristiche principali: il barista si accorse, con grande preoccupazione per la propria sanità mentale, che ultimamente riusciva a capire le persone anche solo osservandole, facendo attenzione ai loro movimenti, alle loro espressioni, a qualsiasi parte del corpo che tradisse emozioni e pensieri. Constatò che era tutto merito del proprio lavoro da barista-psicanalista e della propria indole empatica.

 

Zayn si avvicinò al bancone ed ordinò una birra. «Non penso sia il caso, sei già brillo». Liam non voleva problemi, e gli ubriachi non erano ben accetti nel suo locale. «Hey amico, è il mio compleanno! Ho il diritto di ubriacarmi!». Il barista lo guardò disinteressato mentre asciugava un bicchiere; notò che il pakistano era nervoso.

«È per questo? Sicuro che non c’entri altro?». Liam non era mai stato un ficcanaso, ma ormai lo spirito dello psicanalista si era impossessato di lui. Zayn non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo e a sospirare. L’altro attese paziente, riponendo sullo scaffale il bicchiere pulito. Preparò due drink per una coppia di innamorati e un cocktail speciale per una ragazza colombiana.

«Ieri ho lasciato la mia fidanzata, Perrie» cominciò Zayn «ho scoperto di essere gay, ho baciato il suo migliore amico». Si prese una piccola pausa e aggiunse «mi ha cacciato di casa». Dopo questa affermazione chiese di nuovo la sua birra, che Liam gli porse subito.

~~~

 

Mentre preparava il pranzo Niall era stranamente silenzioso, come se fosse a disagio, e ovviamente non sfuggì all’occhio attento di Liam. Dopo aver messo in tavola una splendida pasta al pesto, Liam esordì «Sputa il rospo». L’irlandese lo guardò allarmato «Tu...io...come l’hai capito?». L’altro non rispose, girando lentamente la forchetta nel piatto. «Niall» sembrava proprio una minaccia. «Non potevo lasciarlo sulla strada! Pioveva, faceva freddo e non c’era nessun altro! Anche tu al posto mio l’avresti fatto.» Liam continuò a guardarlo. Niall si alzò, entrò nella propria camera e poco dopo riapparve sulla soglia con in braccio un cucciolo di cane dalla razza non identificabile. Liam si passò una mano tra i capelli, come indeciso su cosa fare. «Andiamo da Harry».

 

~~~

 

La clinica era ampia e luminosa, con grandi finestre e tante sedie poste ordinatamente lungo le pareti. In fondo c’era una porticina che portava allo studio del veterinario di turno, in quel momento Harry. Quando si affacciò per chiamare il cliente successivo, vide arrivare Liam, Niall… e un cane. Perplesso, li fece entrare.

 

Dopo che gli ebbero spiegato la situazione, Harry prese il cucciolo con la delicatezza di una mamma e lo visitò da cima a fondo, assicurandosi che il piccolo animale fosse in salute. Nel frattempo Liam seguiva rapito tutti i suoi movimenti accurati e amorevoli, pensando che il suo amico fosse una persona veramente premurosa.

«Bene, il cucciolo è sano. Resta solo un problema: volete tenerlo?» La domanda aleggiò nella stanza, incombente come un banco di nuvole nere. I due coinquilini si guardarono e Niall rispose «Non credo sia il caso, sarebbe un impegno insostenibile con il nostro lavoro.  E poi non abbiamo neanche un giardino…»

«In questo caso» lo interruppe Harry pacatamente «lo adotterò io. Ho sempre desiderato avere un cane, ma a Nick non piacevano: adesso che è andato via di casa posso finalmente far entrare questo piccolino nella mia vita». Si voltò verso il cucciolo e annunciò «Ti chiamerò Cane!». Niall strabuzzò gli occhi «Come scusa?»

«Il cane lo chiamerò Cane perché Nick odia i cani, ma io li adoro» rispose orgoglioso della sua scelta. 

 

~~~

 

Il locale era affollato come al solito, e Liam era intento a consolare una giovane ragazza che era stata appena licenziata dopo dieci anni di duro lavoro: chiamò Eleanor e le chiese di accompagnare la ragazza all’uscita e assicurarsi che salisse su un taxi. Spesso Liam si rendeva conto che senza il suo seppur minimo supporto decine di persone avrebbero fatto una brutta fine, e questa consapevolezza gli gravava addosso come un fardello scomodo e pesante.

 

La porta del bar si aprì ed entrò il ragazzo che aveva festeggiato il compleanno pochi giorni prima.

«Chi si rivede!» lo salutò Liam. Zayn fece un cenno colla testa e ordinò una birra chiara, che il barista gli porse pochi istanti dopo. «Come va?»

«Non va» mugugnò l’altro.

Liam servì gli ultimi clienti arrivati e poi, dopo aver dato una rapida occhiata al locale, disse a Zayn: «Aspetta un attimo qui, se qualcuno mi cerca dì che torno subito».

Si allontanò a grandi passi diretto verso la cucina, spalancò la porta e una miriade di odori lo assalì, stordendolo per qualche istante: la cucina era il regno di Niall e per questo un luogo inaccessibile al resto del mondo. Lo vide concentrato a decorare una cheescake invitante e gustosa, aiutato dall’apprendista Justin, intimorito dal cuoco e allo stesso tempo quasi adorante nei suoi confronti. Non appena completò la sua opera d’arte Niall rivolse uno sguardo interrogativo a Liam, che gli disse solamente: «È un’emergenza». Il biondo soppesò le sue parole e poi annuì compiaciuto, iniziando a tirare fuori dagli scaffali strumenti ed ingredienti e impartendo ordini a Justin. Dopo poco Niall gli mise tra le mani un piccolo tiramisù fondente. 

«Lo sai che ti amo» ammiccò Liam, uscendo velocemente dalla cucina.

 

Zayn fissò inebetito il tiramisù, sicuro di non averlo ordinato.

«Dovresti capire il motivo per il quale ti ho portato un tirami-sù» rispose l’altro alla sua domanda silenziosa.

«Sì dovrei averlo capito» disse sorridendo «grazie».

 

~~~

 

Zayn cominciò a frequentare il bar quasi ogni giorno, e piano piano Liam ebbe modo di conoscerlo meglio. Scoprì che lavorava come modello per la linea di uno stilista emergente, Louis Tomlinson, che creava i suoi modelli insieme alla sorellastra Mary. I suoi genitori erano originari del Pakistan, ma lui era nato in Inghilterra; amava nuotare ed era appassionato degli sport estremi come il paracadutismo, il rafting, l’arrampicata e le immersioni subacquee. Liam era affascinato dalla sua vita energica e vivace e quando stava insieme a lui si sentiva in grado di poter fare qualunque cosa, come se Zayn gli trasmettesse la propria energia vitale.

 

~~~

 

Liam, Harry, Niall e Zayn stavano camminando verso l’outlet di Louis alla ricerca di completi eleganti per il matrimonio della mamma di Harry. Zayn si era offerto di accompagnarli e Liam sperava che grazie a lui riuscissero ad ottenere anche un piccolo sconto, ma questo pensiero lo tenne per sé.

Arrivarono in breve tempo ad un piccolo ma grazioso negozio con diversi manichini vestiti di tutto punto esposti nelle vetrine. Zayn aprì la porta e li introdusse all’interno: al centro della stanza risaltava un magnifico bancone di mogano, decorato da vasi di fiori colorati, e alcune poltroncine imbottite affiancate da piccoli tavolini erano sparse accuratamente lungo le pareti. Anche ad una prima occhiata si poteva notare che il  negozio fosse pulito quasi maniacalmente.

Da una piccola porticina dietro il bancone uscì un ragazzo sui ventiquattro anni vestito con un completo elegante dello stesso colore dei suoi occhi celesti.

«Buongiorno, desiderate?» disse il ragazzo.

Zayn tossicchiò. «Ciao Louis». 

Louis lo guardò sorpreso «Zayn… non pensavo saresti passato in negozio oggi».

Il ragazzo in breve spiegò allo stilista il motivo per il quale fossero venuti e Louis, dopo averci pensato un attimo, scomparve nella porticina dalla quale era apparso e ritornò con un grande catalogo tra le mani. Lo sfogliò velocemente e si fermò alla sezione matrimonio.

«Questi sono i modelli che fanno al caso vostro, potete scegliere il colore e aggiungere i dettagli. Li facciamo su misura, quindi non preoccupatevi per le taglie.»

Iniziò a mostrare loro varie combinazioni e i tre ragazzi si sentivano persi in quel mare di modelli, cravatte, colori e abbinamenti.

«Scusa, non è che potresti scegliere tu i nostri completi?» lo interruppe Harry timoroso «Io non ho proprio idea di quale sia meglio per me». Louis inarcò le sopracciglia incredulo e leggermente infastidito «D’accordo, anche se non spetterebbe a me la scelta. Evidentemente siete molto ignoranti nel campo della moda.»

A questa risposta Zayn sogghignò divertito, ormai abituato ai modi taglienti dello stilista che lasciavano la maggior parte delle persone sbigottite e a volte offese.

Louis assegnò loro i modelli più adatti e finalmente, circa un’ora dopo, i ragazzi uscirono dall’outlet con lo scoraggiante pensiero di doverci ritornare per provare i vestiti.

  
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