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Autore: Kris    12/01/2021    0 recensioni
Sasuke si era messo in viaggio per espiare le proprie colpe e proteggere la Foglia: il villaggio era l’eredità di Itachi e il sogno di Naruto. Aveva promesso a Sakura di tornare al villaggio, ma con le implicazioni della Maledizione dell’Odio degli Uchiha che i vecchi Hokage gli avevano raccontato, non era sicuro di volerla coinvolgere. Se solo Kakashi non l’avesse assegnata alla sua missione…
"Gli Uchiha sono un clan che prova profondo amore, più di qualunque altro clan.
Ma una volta che un Uchiha conosce l’amore, nel momento in cui lo perde, quel profondo amore si trasforma in profondo odio."

SasuSaku / Post-Naruto / Canon Universe / Blank period (Viaggio di Sasuke e Sakura fino nascita di Sarada) / Riferimenti-spoiler su light novel
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team Hebi/Taka | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie, Più contesti
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Capitolo 3 - Medico

 

- Ti trovo bene, Sasuke. – disse Kakashi osservando con occhio benevolo il suo ex-allievo.

- Anche tu non sei cambiato.

Kakashi chiuse gli occhi in quello che Sasuke riconosceva essere il suo tipico sorriso sotto la maschera.

- Io invece ti trovo molto cambiato.

Sasuke rispose con un semplice cenno del capo senza sbilanciarsi.

- Non solo la tua ultima missione di collaborazione con il villaggio della Sabbia esplorando quelle rovine nel deserto, ma anche i tuoi due anni di viaggio hanno portato enormi frutti. A quanto pare gli abitanti del villaggio della Sabbia sono molto contenti di vedere uno degli eroi della Quarta Guerra visitarli continuamente e condurre missioni in congiunta con il Kazekage: pare ti abbiano preso in simpatia.

Sasuke non credeva di aver fatto tutto questo: alla fine lui aveva portato avanti la sua missione e basta. I rapporti con Gaara erano molto cordiali, certo, ma non si potevano considerare migliori amici. Ok, di tanto in tanto aveva aiutato anche la polizia del villaggio della Sabbia stordendo qualche criminale che aveva incontrato durante la missione, e forse il suo passare periodicamente nei dintorni della clinica per bambini per vedere come procedevano i lavori era saltato all’occhio degli abitanti della zona…

- I rapporti commerciali con il Paese del Vento sono sempre più fitti e la gente parla. A quanto pare il fatto che tu stia proteggendo non solo il Paese del Fuoco, ma anche collaborando con i Paesi vicini migliorando la posizione di Konoha ti ha fatto guadagnare punti amabilità presso i civili e inizia a circolare la voce che tu abbia ereditato il forte senso di giustizia di tuo padre, Fugaku Uchiha.

Sasuke non sapeva bene come commentare: non era abituato a ricevere quelli che sembravano essere complimenti. Tuttavia provò uno strano sentimento di orgoglio e gioia ad essere paragonato a suo padre, il precedente capo della polizia di Konoha.

- Agisco per proteggere la Foglia. Se nel mentre riesco anche a restaurare il nome degli Uchiha…

…ne sono più che contento.

- Sai, Sasuke, quando hai detto di voler partire per un viaggio a tempo indeterminato non ero sicuro fosse una buona idea. Lasciare subito il villaggio poteva dare l’impressione che stessi scappando. Però a quanto pare questo viaggio di redenzione ti sta facendo davvero bene, quindi avevi ragione tu. Ne sono contento.

Il maestro si appoggiò allo schienale della poltrona e sorrise di nuovo sotto la maschera.

- Dunque?

Sasuke rimase un po’ spiazzato dalla domanda. – Dunque cosa?

- Hai trovato quello che cercavi?

Sembrava una domanda sincera: il suo maestro si preoccupava ancora del suo vecchio studente problematico. Sasuke pensò che dopotutto si meritava una risposta altrettanto sincera e rifletté: era partito per vedere il mondo degli shinobi con nuovi occhi, ed era riuscito a farlo. Aveva visitato non solo villaggi ninja, ma anche villaggi di civili, vedendone i problemi e aiutando dove poteva.

Aveva avuto anche un sacco di tempo per riflettere sui suoi errori, sul suo passato, sulla sua casata e sulle parole lasciategli da Itachi. Questa riflessione lunga ormai due anni l’aveva portato finalmente ad essere… stabile, oserebbe dire. Aveva messo ordine nella confusione dei suoi ricordi e dei suoi sentimenti, e gli sembrava di essere tornato ad un punto dove poteva affrontare le persone in maniera sincera, senza considerare tutti potenziali nemici o valutarli solo in base a che tornaconto potevano dargli.

Era ancora periodicamente tormentato da sensi di colpa e di non essere degno di poter vivere una vita ordinaria, ma in linea generale si sentiva finalmente una persona normale – per quanto normale uno shinobi di una casata quasi estinta poteva essere. Magari non era ottimista e spensierato come Naruto, ma pensava di essere finalmente capace di rispondere con affetto e non con odio alle persone della sua vita.

- Sì, penso di averlo trovato.

- Possiamo considerare il tuo viaggio concluso?

- …forse sì.

Apparentemente soddisfatto dalla risposta, Kakashi rovistò nel cassetto più basso della sua scrivania e tirò fuori un plico sigillato e una chiave.

- L’appartamento è lo stesso dell’altra volta. È un po’ impolverato, ma c’è tutto. Qui dentro invece ci sono le informazioni sulla tua eredità, incluso il terreno della zona Uchiha. L’altra volta sembravi di passaggio, ma se mi dici che il viaggio è concluso, ci sono cose che forse dovresti vedere. In quanto capofamiglia, intendo.

- Capofamiglia…?

Sasuke sbatté le palpebre: non ci aveva mai pensato. Sapeva che il Terzo Hokage aveva congelato (non confiscato) le proprietà della sua famiglia fino alla sua maggiore età, ma troppo preso dalla vendetta se n’era dimenticato. Tempo di diventare maggiorenne ed era sempre stato in giro per il mondo. Si sentì travolto dal peso che quel termine aveva: non era mai stato destinato ad essere il successore a capo della casata, quello era Itachi.

- Sono l’ultimo degli Uchiha. Che capofamiglia sono, se non c’è più una famiglia di cui essere a capo?

- Per ora – aggiunse Kakashi con gentilezza.

Sasuke decise di non indulgere in quel pensiero e prese il plico e le chiavi.

- Goditi il tuo riposo post-missione: ti do due settimane di libertà. In questo periodo di tempo, vorrei che considerassi anche una proposta.

 

***

 

- Sakura.

Un tono di voce basso che conosceva fin troppo bene, ma che non aveva sentito per troppo tempo, le arrivò all’orecchio. Sasuke era lì, all’ingresso della clinica, come se la stesse aspettando. Indossava un mantello scuro e i capelli neri gli erano cresciuti ancora; notò che il suo coprifronte della foglia graffiato gli pendeva da un fianco, simbolo che aveva finalmente fatto pace con il villaggio. Era davvero lui. Il viso le si illuminò.

- Bentornato a casa, Sasuke-kun!

Era buio, ma Sakura era sicura di non esserselo sognato: vide le labbra di Sasuke piegarsi in un leggero sorriso mentre le rispondeva.

- Sono a casa.

 

***

 

Sakura aveva insistito per passare velocemente a casa di Sasuke per assicurarsi che non fosse eccessivamente polverosa e insalubre.

- Sono abituato a dormire per terra in mezzo a foreste e sabbia. Un po’ di polvere non mi spaventa.

- Insisto. Non ho nessuna intenzione di sentirti tossire per una settimana.

Sasuke girò la chiave ed entrò nell’appartamento: doveva ammettere che per quanto flebile, sapeva di appartamento rimasto chiuso troppo a lungo. Mentre Sakura andava ad aprire le finestre lui attivò il contatore, facendo partire l’energia elettrica con uno schiocco.

La stanza era rimasta davvero come l’aveva lasciata – visto che ci aveva speso solo due settimane sei mesi prima, era ordinata e priva di qualsiasi tocco personale. Probabilmente Sakura aveva pensato la stessa cosa perché la vide girarsi intorno alla ricerca di qualcosa che evidentemente non aveva trovato.

- Ti farò una copia della foto del Team 7 – annunciò.

- Cosa?

- Il maestro Kakashi ce l’ha sul tavolo dell’Hokage. Anche Naruto l’ha esposta nella sua nuova casa con Hinata, così come ce l’ho io. Manchi solo tu.

Sasuke non commentò: appendere foto significava fermarsi definitivamente al villaggio. Era il modo di Sakura di controllare le sue intenzioni?

Giusto. Quali erano le sue intenzioni? La proposta di Kakashi gli ronzava in testa.

- Fa’ come preferisci – rispose lui, facendo finta di non notare il lampo di gioia che aveva visto negli occhi verdi di Sakura.

La ragazza gli propose di cucinare qualcosa, ma giustamente il frigo era spento e vuoto e Sasuke aveva delle remore a trattenerla. Naruto qualche settimana prima gli aveva scritto che Sakura era totalmente assorbita dal lavoro e non dava retta a nessuno sul riposarsi.

 

“Ma se glielo chiedi tu di prendersi dei giorni di ferie, forse ti ascolterà. Facci questo favore, Sasuke!”

 

Vedendo la ragazza girovagare per la cucina alla ricerca di cibo in scatola, Sasuke iniziava a pensare che chiederle di stare ferma fosse una missione fin troppo difficile anche per lui.

- Sakura, è parecchio tardi. Torna a casa.

- Devo ancora cenare anch’io, non mi cambia cucinare per due.

Sasuke fece vagare l’occhio scoperto dai capelli sul viso di Sakura, soffermandosi sulle occhiaie. Non ebbe necessità di dire nulla a riguardo in quanto Sakura arrossì colpevole.

- Sono solo un po’ stanca, ma non è nulla di che.

- Ti stai riposando? – le chiese, avvicinandosi al tavolo. Sakura si sedette ridacchiando.

- Anche Ino e Naruto mi chiedono la stessa cosa di continuo. Vi preoccupate tutti troppo.

Il ragazzo alzò un sopracciglio. Ne dubito.

- C’è così tanto da fare! I bambini, il nuovo progetto alla Sabbia, il training dei nuovi medici, poi ci sono le operazioni chirurgiche all’ospedale principale…

- Quindi la risposta è che non ti stai riposando – commentò lui togliendosi il mantello e lasciandolo sulla seconda sedia vuota.

- No no, ho due giorni di riposo a settimana come tutti.

- E quanti ne usi?

Sakura si coprì la bocca con la mano senza rispondere, lievemente imbarazzata.

- Immaginavo – commentò Sasuke.

Sakura guardò Sasuke dal basso con uno sguardo indecifrabile.

- Avere lo shinobi che parte per missioni lunghe mesi sgridare me per non prendere giorni di riposo… quand’è stata l’ultima volta che tu sei andato da qualche parte per riposarti?

Sasuke doveva ammettere che se l’era cercata. Si sedette a sua volta al tavolo, sospirando.

- Probabilmente quel giorno al promontorio – commentò in un impeto di sincerità. Vide Sakura sgranare gli occhi.

- Ecco! Sono mesi!

Sasuke appoggiò il gomito al tavolo, il viso sul pugno chiuso.

- Io non uso il mio chakra tutto il giorno tutti i giorni come te.

Sakura si imbronciò lievemente, indicando il Byakugo.

- Ne ho più che a sufficienza, anche per le emergenze.

Il ragazzo osservò il segno che aveva sulla fronte, lo sguardo leggermente accigliato.

- Quello è per le emergenze, non per tutti i giorni, o sbaglio?

Sakura si rese conto che non poteva vincere quella battaglia: probabilmente c’era lo zampino di Naruto.

- Chiudiamo pari? – suggerì con un sorriso timido. Sasuke la guardò: non era un pareggio, stava decisamente vincendo lui.

- Per questa volta.

Cos’era quella sensazione di familiarità che provava a chiacchierare con Sakura in quella cucina? Si sentì catapultato a quando aveva sette anni e sentiva i suoi genitori parlare in salotto da dietro la porta chiusa. Era questo che voleva dire avere una vita normale? Tornare a casa da lavoro, condividere attorno ad un tavolo le rispettive giornate di lavoro, scherzare su chi sia più stressato…

- Adesso che sei tornato al villaggio ho modo di usare quei giorni di riposo in maniera adeguata.

Il commento di Sakura lo fece tornare in sé.

- Tipo?

- Tipo, portarti da un parrucchiere. Ti sono cresciuti tantissimo i capelli.

Sasuke si toccò istintivamente la nuca, notando che effettivamente erano parecchio lunghi.

- Hai intenzione di continuare a coprire l’occhio sinistro? – chiese lei leggermente titubante.

- Ah, sì. Non posso ritirare il rinnegan e attira l’attenzione. Preferisco tenere un basso profilo quando viaggio.

- È lo stesso motivo per cui non indossi più il simbolo degli Uchiha?

Sasuke alzò le sopracciglia: aveva notato anche quello?

- Sì – fece una breve pausa cercando le parole – Pensavo di indossarlo solo quando sono al villaggio.

- Bene. Dovremo quindi andare a comprare qualche vestito nuovo e passare poi in sartoria a far cucire il simbolo Uchiha. Abbiamo già riempito due giorni. O preferisci ti accompagni Naruto?

Sasuke fece roteare gli occhi. – Così da trovarmi l’armadio pieno di arancione? Assolutamente no.

- Blu e nero?

- Blu e nero.

- Bianco? Grigio? Viola?

Sasuke si accigliò e Sakura rise all’espressione. – Scusa, ho capito, basta non sia arancione.

- Esatto.

Anche Sakura iniziava a sentire la tensione scomparirei: tutta l’insicurezza, l’ansia, anche la rabbia per essere stata lasciata indietro da Sasuke in quei mesi si stava sciogliendo, lentamente ma sicuramente, ad ogni parola di quella discussione. Quand’era stata l’ultima volta che aveva avuto una discussione così triviale con Sasuke? Forse durante le prime missioni di dog sitter o recupero gatti. Sentì il cuore riscaldarsi di gioia al ritrovare quel ragazzo che temeva fosse svanito per sempre.

- Anche i tuoi capelli sono cresciuti.

Fu il turno di Sakura di toccarsi i capelli e osservarne la lunghezza. – Ah, è vero. Volevo farli crescere.

Sasuke annuì, e a quella vista a Sakura salì un dubbio.

- È vero, a te piacciono le ragazze con i capelli lunghi.

- Non ho mai detto una cosa simile.

Sakura sbatté le palpebre perplessa. – Ma ai tempi dell’accademia girava voce…

Sasuke assottigliò gli occhi all’obiezione e Sakura capì che quel commento non era mai partito da lui. Le venne da ridere pensando che lei e Ino si erano fatte crescere i capelli sulla base di una voce fasulla.

- Non importa. Li raccolgo quando sono in ospedale, quindi lunghi o corti non cambia molto, ma le bambine della clinica a volte per giocare li vogliono pettinare, quindi volevo farli crescere un po’… ah, ma a te non interesseranno queste cose.

L’espressione di Sasuke tornò indecifrabile. Appoggiò di nuovo la testa alla mano e la fissò come se stesse cercando qualcosa nel suo viso.

- Per le bambine della clinica…? È molto da te pensare agli altri.

Sakura arrossì, non sapendo bene come prendere quel commento.

- È… un complimento?

Sasuke sbatté le palpebre e sembrò improvvisamente conscio di quello che aveva detto.

- Ah… mh.

Tra lei e Sasuke c’era solo un metro di distanza; da quella posizione Sakura poteva intravedere il rinnegan sotto i capelli corvini, cosa che di solito non riusciva a fare. Voleva spostargli i capelli e vederlo chiaramente. Cosa aveva visto, cosa stava vedendo con quegli occhi? Voleva chiederglielo, come aveva fatto quel giorno al promontorio.

Rimasero a guardarsi per qualche secondo a quel tavolo impolverato. Era come quella volta nel deserto della dimensione parallela di Kaguya: stavano confermando l’esistenza dell’altro con lo sguardo ed era tutto quello che importava. C’era qualcosa di magnetico che nessuno dei due riusciva a spiegarsi. Per un istante, Sasuke sentì l’impulso di toccarla – sfiorarle il braccio, il viso, i capelli, forse le labbra – ma prima che potesse convincersi a fare un passo, Sakura scosse la testa come se si fosse appena svegliata da un sogno.

- Sono venuta qui per aiutarti a sistemare casa, vediamo se è rimasta una spugna…

- Davvero, non serve.

- Allora… - Sakura si guardò in torno, cercando qualcosa di rapido che la facesse sentire utile. Optò per sbattere velocemente il futon fuori dalla finestra e spazzare la polvere depositata sul pavimento della camera: Sakura sapeva che Sasuke era assolutamente indipendente in tutto, però era innegabile che avere due braccia rendeva quelle due operazioni più rapide (non che Sakura glielo avesse fatto notare).

Anche Sasuke alla fine decise di arrendersi, capendo che finché non si fosse sentita utile non se ne sarebbe tornata a casa, quindi la lasciò fare mentre lui passava un panno sui mobili della cucina.

- Scusa, Sasuke-kun, ma domani devo essere alla clinica presto…

- Certo.

La salutò sulla porta e la osservò scendere le scale che conducevano al piano di sotto. Si richiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò per un minuto. Alla sua destra lo specchio gli rifletteva la sua immagine attuale: effettivamente i capelli erano diventati lunghi. E cos’era quell’accenno di rossore alle orecchie?

Ripensò alla loro chiacchierata, all’inutilità della discussione sui colori, al suo tono di voce mentre parlava del suo lavoro. Bramava altri discorsi così, inutili e banali, solo per condividere del tempo insieme e godere della presenza l’uno dell’altra. Voleva sentirla parlare di più della clinica, delle operazioni, dei problemi e delle gioie di lavoro. E sentiva che con lei si sarebbe sentito a suo agio a condividere i piccoli e grandi eventi delle missioni.

Sentirmi a mio agio…

Sasuke si passò la mano sul viso, vagamente sorpreso dalla sua epifania.

Non è che…

Adesso il cartello di avviso nella sua mente suonava a sirene spiegate.

 

***

 

Tsunade voleva bene alla sua allieva: quando molti anni prima era arrivata alla sua porta chiedendole di renderla sua discepola aveva visto la decisione di voler superare i propri limiti. Probabilmente essere nello stesso team di Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha doveva essere stato allo stesso temposia rassicurante che stressante. Dalle storie che aveva sentito, i due ragazzi da giovani erano sempre stati protettivi nei suoi confronti; allo stesso tempo, però, vedere come migliorassero in fretta l’aveva gettata in uno stato di insicurezza riguardo le proprie capacità.

Tuttavia, anche Sakura aveva un notevole talento, soprattutto considerando che al contrario degli Uchiha e Uzumaki – o anche Tsunade stessa, nipote del primo Hokage – non veniva da una famiglia benedetta da poteri straordinari. Tutti i progressi che Sakura aveva fatto erano tutti merito suo, nessun chakra sovrannaturale o poteri oculari. Era solo tanta intelligenza e cara vecchia buona volontà di rimboccarsi le maniche. Un po’ la figlia che non aveva mai avuto, Tsunade voleva vederla felice.

Ecco perché per tanto tempo non aveva capito la sua ossessione per Sasuke e avrebbe preferito che si innamorasse di chiunque altro. Non perché Sasuke fosse un cattivo ragazzo in sé – beh, non era neanche l’uomo più spensierato del pianeta, ma capiva che non l’aveva mai conosciuto prima di tutto quel caos; dopotutto, anche Orochimaru era stato un bambino piacevole prima di diventare l’uomo ossessionato dalla vita eterna che tutti conoscevano. Però se Sakura si fosse infatuata di qualcuno che fosse al villaggio più di un giorno all’anno…

Per distrarla dallo stress lavorativo del centro terapeutico per bambini, Tsunade invitava Sakura periodicamente a bere fuori con lei. Era stata una di quelle uscite che Sakura le aveva chiesto di scommettere contro di lei, e da quella richiesta Tsunade aveva capito che quella che lei pensava fosse una semplice infatuazione si era trasformata in qualcosa di diverso molto tempo addietro.

- Continua a combattere, Sakura. In fatto di uomini non posso davvero darti una mano.

- Allora, scommetti contro di me.

- Scommettere?

- Scommetti che la mia vita amorosa sarà un disastro. Le tue scommesse vanno sempre a finire male.

Tsunade aveva sorriso tutta orgogliosa.

- Va bene, lo farò.

Non era molto sicura su cosa avrebbe dovuto scommettere: la sua ultima scommessa con Jiraya non era andata bene. E quell’uomo le mancava ogni giorno… e non sarebbe mai più tornato, altro che una volta all’anno. Davvero, non voleva che Sakura finisse per sperimentare anche quel genere di dolore.

Dev’essere il contrario di quello che desidera, vero?

Aveva così deciso che avrebbe scommesso che Sasuke non avrebbe mai messo a tacere i propri demoni e non l’avrebbe mai ricambiata. Le si strinse il cuore solo a pensare di augurarle una cosa del genere, ma Sakura aveva ragione: dopotutto, lei perdeva sempre.

Quando quel pomeriggio aveva visto non senza stupore un ragazzo vestito di nero e dallo sguardo fin troppo serio insegnare ai bambini dell’ospedale a lanciare gli shuriken di legno sotto lo sguardo soddisfatto di Sakura, pensò che forse per una volta la sua sfortuna nel gioco poteva aver fruttato qualcosa di buono.

 

***

 

La sera prima Sakura aveva insistito che Sasuke venisse a trovarla in ospedale almeno una volta.

- È un centro per bambini e io sono palesemente un adulto.

- Vengono anche adulti di tanto in tanto!

- Non penso di essere il genere di persona che può dare una buona impressione in un luogo del genere…

- Sciocchezze!

Un lampo di dubbio aveva percorso gli occhi di Sasuke e una domanda inespressa - …vuoi per caso psicanalizzarmi?! – sembrava aver raggiunto Sakura nonostante tutto. La ragazza aveva riso, immaginando l’obiezione.

- Anche Naruto viene di tanto in tanto a giocare con i bambini. Non voglio farti nulla, tranquillo.

- Non… stavo pensando… – aveva iniziato Sasuke, non del tutto sicuro di come poter controbattere. Certo, se anche il perdente andava lì periodicamente, poteva andarci anche lui. E poi era curioso di vedere il luogo di lavoro di Sakura.

- E va bene. – aveva confermato con un sospiro.

- Che ne dici di domani? Di solito il mercoledì fanno attività fisica.

Il ragazzo aveva borbottato un assenso e, come promesso, il giorno dopo si era diretto al centro terapeutico poco distante da casa sua.

Fin dalla porta si era sentito a disagio. Non era un grande amante degli ospedali e l’ultima volta che aveva avuto a che fare con dei bambini era stato… quando? Non se lo ricordava nemmeno.

Il centro era nuovo e decisamente colorato: tavoli e sedie a dimensione di bambino e adulto erano ben distribuiti, creando un luogo caloroso e bilanciato. Ben poco faceva pensare ad un ospedale, sembrava di più un centro ricreativo.

Le infermiere dietro la reception lo guardarono perplesse: non era sicuro l’avessero riconosciuto, e anche se fosse, si stavano probabilmente chiedendo cosa ci facesse lì. Se lo stava chiedendo anche lui, dopotutto.

- Buongiorno. Signor…?

- …Uchiha.

- Ah, certo, la dottoressa Haruno ci ha detto che sarebbe arrivato. In fondo a destra, la dottoressa è con i bambini nel giardino interno.

- Grazie. – rispose, dileguandosi dalla reception il prima possibile.

Dottoressa Haruno…

Se ai tempi dell’accademia gli avessero detto che quella ragazzina che pretendeva sempre di sedersi al suo fianco e che lo fissava con occhi sognanti di continuo sarebbe diventata medico, non ci avrebbe creduto. Si guardò intorno, rendendosi conto che tutto quello che vedeva era stato messo in piedi dalla sua vecchia compagna di team: doveva essere stato un lavoraccio, ma traspirava solo gioia. Era genuinamente contento che il suo progetto si fosse evoluto così bene.

I corridoi erano decorati dai disegni dei bambini divisi per tema. Sasuke rallentò per guardarne qualcuno: “i miei amici”, “il mio cibo preferito”, “animali esotici”, “il mio sogno nel cassetto”. Erano tutti temi positivi e i disegni differivano nell’uso dei colori in base al bambino: più solari, più cupi. Il ragazzo si chiese se l’esporre anche le composizioni più serie non fosse una parte della terapia, qualcosa come affrontare il problema invece che nasconderlo o simile.

In qualche disegno vedeva una figura ricorrente dai capelli rosa e camice bianco che identificò come Sakura; la trovò nelle zone “il mio sogno” e “il mio idolo”. Il ragazzo sorrise internamente all’idea che fosse così amata dai bambini che cercava di aiutare.

Finalmente raggiunse la porta a vetri alla fine del corridoio che dava direttamente nel giardino interno. Non appena la aprì venne travolto da schiamazzi e urla di bambini che giocavano contenti.

Si guardò intorno osservando la scena: si ricordò dei primi giorni all’accademia, quando aveva ancora una famiglia e giocava ancora spensierato con gli altri bambini. Un moto di nostalgia – per una volta più dolceamaro che doloroso – gli fece visita.

- E tu chi sei?

Sasuke si voltò verso l’origine della voce: era un ragazzino dai capelli e occhi castani, di circa dieci anni, che di fianco a lui lo stava osservando con sguardo sospettoso.

- Cerco Sakura.

Il bambino strinse gli occhi all’estraneo che chiamava la dottoressa Sakura per nome.

- È educazione dire il proprio nome quando viene chiesto – borbottò lui lievemente imbronciato.

Sasuke lo osservò, ignorando l’obiezione. Il ragazzino alla fine indicò un gruppo di persone davanti a loro.

- La dottoressa è laggiù…

Sakura stava tenendo d’occhio un gruppo di ragazzini di circa 6-9 anni mentre si allenavano con gli shuriken; nell’avvicinarsi, notò che stava anche tenendo in braccio una bambina più piccola, di circa 4 anni.

- Ah, Sasuke-kun! – lo salutò quando si accorse della sua presenza. Lui rispose con un cenno del capo, il ragazzino castano che continuava a fissarlo di sbieco. Perché la dottoressa usava -kun con lui? Si conoscevano bene?

- Vedo che hai già conosciuto Tomo-kun.

- Più o meno.

- Chi è questo tizio? Non ha voluto dirmi il nome, è completamente vestito di nero in una giornata così calda…

Sasuke sbatté le palpebre a quell’analisi. Non era sbagliata, in effetti, però sentirsi chiamare “tizio” da un ragazzino…

Sakura rise. – Non preoccuparti, Tomo-kun. È un mio amico. Eravamo in team insieme.

Anche gli altri bambini, incuriositi dal nuovo arrivato e dalla frase appena detta dalla ragazza, smisero di allenarsi e si avvicinarono, circondandoli.

- Era in Team con la dottoressa e il Signor Naruto?

- Allora dev’essere fortissimo!

- Perché non l’ho mai visto al villaggio?

- È veramente di Konoha?

- Perché indossa un mantello?

- Come ti chiami?

- È quello che Naruto chiama “idiota”?

Sasuke si sentì travolto dalle domande che provenivano da mille direzioni diverse e guardò Sakura in cerca di aiuto, incapace di capire come comportarsi. Poteva distruggere un meteorite con un Chidori, ma i bambini non erano la sua specialità. Sakura sorrise benevola mentre cambiava braccio con cui sosteneva la bambina.

- Si chiama Sasuke ed è fortissimo. Si è diplomato col massimo dei voti nel mio anno.

- Ma Naruto non aveva detto di essere lui il primo della classe?

- Casomai l’ultimo della classe – corresse Sasuke, esprimendosi per la prima volta dopo essersi avvicinato ai bambini.

- Non ci credo, la dottoressa era sicuramente molto più intelligente di te! Lei è intelligentissima! – si imbronciò una ragazzina dai capelli biondi.

- Ah, no, era davvero Sasuke-kun il primo della classe! – disse Sakura ridacchiando.

- È vero, è la più intelligente del team. Soprattutto più di Naruto. – rispose invece Sasuke con apparente indifferenza, e la ragazzina bionda si illuminò come se avesse appena detto che c’era torta per tutti. Dalla reazione Sasuke immaginò fosse l’autrice del disegno che rappresentava Sakura come il proprio idolo.

Il giovane vide Sakura arrossire al complimento e Tomo-kun, che adesso si era frapposto tra lui e Sakura, osservarlo ancora più accigliato. A Sasuke balenò in testa che stesse agendo come protettore nei confronti della ragazza contro lo sconosciuto vestito di nero.

Beh, ha sicuramente un buon istinto, pensò amaramente.

- Sasuke-kun, perché non mostri ai bambini qualche tecnica con gli shuriken?

- Cosa?

- Casualmente si stavano allenando tutti con gli shuriken, e tu sei uno specialista nello shurikenjutsu, no? Mostragli come fai a deviare la traiettoria, sono sicura gli piacerà.

Sasuke fece per ribattere che non aveva intenzione di usare le tecniche degli shuriken degli Uchiha come spettacolo di prestigio, ma gli cadde lo sguardo sui bambini che lo stavano fissando pieni di aspettative. Quegli occhi gli ricordarono come guardava gli allenamenti con i kunai di Itachi, rapito ed emozionato dal talento del fratello, sognando di diventare anche lui bravo così. Si chiese come avrebbe reagito se Itachi gli avesse detto che non poteva restare a vedere i suoi allenamenti. Sospirò.

- E va bene…

Si posizionò davanti ai bersagli collocati a semicerchio e raccolse alcuni shuriken dalla borsa sotto il mantello. Lanciò il primo in linea retta diretto al bersaglio davanti a sé, che colpì il centro, per poi lanciarne altri due con traiettoria curva due bersagli più a destra: anche questi andarono a segno. Infine lanciò gli ultimi due in rapida sequenza facendo sì che il secondo shuriken colpisse il primo, facendo deviare il colpo di novanta gradi e colpendo il centro del bersaglio alla sua estrema destra.

- Queste sono le tre tecniche base – annunciò voltandosi, per trovare un gruppo di ragazzini che trattenevano il fiato e lo guardavano rapiti.

- Figo!

- Come ci sei riuscito?

- Che precisione!

- Insegnami come fare!

Un paio di ragazzini gli si fiondarono sulle gambe richiedendo la sua attenzione immediata per diventare suoi discepoli di shurikenjutsu. Anche Tomo-kun sembrava vagamente impressionato, e la ragazzina che aveva Sakura come idolo sembrava averlo riconosciuto come qualcuno che sì, forse non era bravo come la dottoressa, ma era degno di essere stato suo compagno di team.

Alzò gli occhi a Sakura, ancora vagamente perplesso da quella reazione. Lei gli sorrise facendogli un cenno con la testa, incitandolo a rispondere a quelle richieste.

L’idea che forse non era così casuale che stessero giocando con gli shuriken quel giorno si fece strada nella mente di Sasuke: probabilmente era il piano di Sakura fin dall’inizio, far sì che si sentisse utile e a suo agio anche dentro il villaggio, avere a che fare con persone che non lo considerassero solo come criminale.

Possibilmente, sentirsi anche se per poco un modello per bambini che condividevano le sue stesse ferite.

Le labbra serrate, lievemente imbarazzato dall’essere caduto così facilmente nella bonaria trappola di Sakura, decise di rimanere ancora un po’ lì a seguire i loro allenamenti con gli shuriken di legno. Si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto quando un paio di ragazzini – tra cui la bambina bionda – riuscirono ad applicare l’effetto di curva allo shuriken e colpire i bordi del bersaglio.

- Allora? – chiese dopo un po’ Sakura, avvicinandosi al ragazzo.

- Mh.

La ragazza si sporse per scrutarlo in viso. Sasuke ricambiò lo sguardo, osservando il sorriso fiorire sul viso della ragazza.

- Ti stai divertendo.

- Non so se chiamarlo divertimento…

- Avanti, sii onesto per una volta!

Sakura gli posò una mano sulla spalla e Sasuke sentì un brivido percorrergli la pelle. La guardò negli occhi, scorgendo solo il calore che aveva già visto al promontorio sul mare. Fece correre lo sguardo sui ragazzini che saltellavano contenti quando riuscivano a colpire un bersaglio.

- Immagino sia… rasserenante.

Sakura rise e si voltò a guardare i bambini. – Rasserenante? Beh, direi che mi accontenterò.

In quello la ragazzina bionda si avvicinò a Sasuke correndo.

- Signor Sasuke! Mi puoi mostrare di nuovo come fare per colpire lo shuriken? Posso usare due mani?

Con la coda dell’occhio vide Sakura sgranare leggermente gli occhi alla richiesta, ma non ebbe tempo di indagare in quanto la bambina iniziò a strattonargli il mantello.

- Certo… – disse il ragazzo afferrando i due shuriken di legno che gli stava porgendo.

Sakura rimase ad osservare Sasuke che si era inginocchiato al livello della bambina e le stava mostrando quanto aspettare prima di lanciare il secondo shuriken. La bambina tornò ad allenarsi, senza avere grande successo, ma comunque determinata a farcela prima che il sole tramontasse.

- Sasuke-kun, potresti avere un talento nascosto per i bambini – disse Sakura con un sorriso scherzoso.

- Io? – chiese sorpreso.

Sakura annuì. – Lei è Akari-chan.

Sasuke rifletté qualche secondo. Akari… dove aveva sentito quel nome?

- La bambina della Sabbia che parlava solo con te? – disse aggrottando le sopracciglia. Adesso che aveva collegato i puntini, aveva senso che Akari stravedesse per Sakura.

- Esatto – rispose Sakura. – Adesso parla con i bambini, ma prima di oggi si è sempre rifiutata di parlare con uomini adulti. Penso che abbia a che fare con il suo trauma. Però adesso è venuta a chiamarti: deve averti preso in simpatia.

Sasuke guardò Akari correre verso i bersagli con altri due bambini per raccogliere i vari shuriken di legno caduti. A vederla così sembrava l’immagine della gioia, non sembrava avere nessun problema a parlare con qualcuno.

- Ti sei ricordato di Akari-chan – commentò dopo qualche secondo Sakura, non celando una punta di sorpresa.

- Certo.

Sakura sapeva che Sasuke aveva un’ottima memoria, ma che si ricordasse quella storiella di poca rilevanza che aveva raccontato al compleanno di Ino mesi e mesi prima era effettivamente prodigioso.

Sentendosi osservato, Sasuke voltò leggermente la testa ad osservarla col suo occhio color onice.

- Ricordo tutto quello che mi hai detto.

Il tono era calmo, come se stesse dicendo qualcosa di ovvio. Sakura sentì il cuore esploderle a quelle parole.

Lentamente, la sua mente le propose altri fatti: le noci, i complimenti per la clinica alla Sabbia… a quanto pareva ricordava tutto il fiume di parole che gli riversava addosso.

Sakura schiuse le labbra sorpresa in cerca di una risposta, e ancora i loro sguardi si allacciarono com’era successo la sera prima. La ragazza stava per rispondergli quando alcune bambine lo circondarono chiedendo l’attenzione dell’Uchiha.

- Signor Sasuke! Insegna anche a noi! Non solo ad Akari-chan!

La sorpresa di Sakura si trasformò in divertimento nel vedere il ragazzo a disagio circondato da bambine adoranti: a quanto pare, alcune cose non cambiavano col tempo.

 

***

 

Kakashi richiamò Sasuke al proprio ufficio l’ultimo giorno di riposo; tuttavia quando si presentò, l’Hokage non era lì. Perplesso, Sasuke rimase in attesa: possibile che il suo vecchio maestro avesse ripreso l’abitudine di arrivare tardi?

Nell’attesa girò intorno alla scrivania, osservando le foto nascoste da pile di documenti. Come gli aveva detto Sakura, c’era la foto fatta il giorno in cui il Team 7 era stato formato. Nell’analizzare le loro figure più giovani, cominciò ad apprezzare l’idea della ragazza di fargli un duplicato. Chissà dov’era finita la sua vecchia foto?

- Yo!

Dopo qualche minuto di attesa il maestro entrò dal finestrone dietro la scrivania dell’Hokage.

- Sul serio? Anche da Hokage?

- Ero solo uscito a prendere una boccata d’aria sulla terrazza qui sopra. Qui è pieno di polvere e fogli!

In silenzio, Sasuke si spostò di nuovo di fronte al tavolo e attese pazientemente che il suo vecchio maestro gli spiegasse perché l’aveva chiamato.

- Mi dispiace richiamarti subito all’azione, ma ho una missione che solo tu puoi compiere.

- Di cosa si tratta?

- Voglio che tu vada alle rovine del Villaggio di Uzushio a cercare una tecnica di sigillo segreta del clan Uzumaki.

- Non dovrebbe andarci Naruto, se è degli Uzumaki?

- Naruto non ha mai ereditato le conoscenze del clan. È una tecnica antica mai tramandata oralmente e leggenda vuole che sia andata perduta secoli fa, ma dev’essere custodita da qualche parte. Purtroppo come sai il villaggio è completamente distrutto e gli Anbu non sono riusciti a trovarla, ma il tuo Sharingan potrebbe vedere più di occhi normali.

Sasuke iniziava a capire dove il maestro volesse andare a parare.

- Quindi o non esiste, o è già stata trafugata. E se si parla di ninjutsu perduti…

- …Orochimaru è il nostro uomo – concluse Kakashi. – Inoltre se non sbaglio, una Uzumaki era una tua compagna di team.

Si riferiva a Karin. L’aveva scoperto anche lui solo per caso, quando il Secondo Hokage l’aveva riconosciuta. A quanto pare aveva un destino di essere perennemente inseguito dagli Uzumaki.

- Quindi vuoi che vada da Orochimaru, e se non lo sa lui, chiedere a Karin. Poi andare direttamente al villaggio.

Kakashi sorrise sotto la maschera. – Vedo che non hai perso la tua mente analitica.

- A cosa serve questo jutsu? Perché non basta uno degli altri?

- La seconda parte della missione te la spiegherò quando tornerai al villaggio col rotolo – commentò semplicemente il maestro appoggiandosi allo schienale della sedia. – Anche perché se non lo troviamo, dovremo cambiare tutto il piano.

A Sasuke non piaceva restare all’oscuro delle cose, ma una missione era una missione: gli bastava sapere cosa fare.

- Ho capito. Partirò domani.

Kakashi mugugnò, e Sasuke capì che non aveva finito.

- Cosa c’è?

- Partirai lunedì.

- Perché?

- Questa volta Sakura verrà con te e voglio lasciarle qualche giorno per prepararsi.

- Sakura?

- Pensi davvero che questa volta ti lascerà partire senza seguirti?

- È una missione di recupero, posso farcela da solo.

- Mh… non sappiamo cosa vi aspetta a Uzushio. Gira voce che alcuni ninja fuggitivi si aggirino nella zona. Avrei voluto chiedere a Naruto di accompagnarti, ma non solo temo che passiate tutto il tempo a litigare…

Kakashi ignorò volontariamente il suono irritato proveniente dal suo allievo.

- …ma d’ora in poi vorrei che vi alternaste: quando uno è fuori dal villaggio, l’altro resta in zona. Con quel meteorite penso abbiamo visto tutti come siate il sistema di protezione più efficace della Foglia.

- Sakura ha il suo lavoro qui. Assegna qualcun altro.

- Vero – confermò Kakashi – Ma negli ultimi mesi ha lavorato per rendere la clinica indipendente e poter tornare in missione. È stata lei a chiedere di tornare sul campo qualche settimana fa. Dice di non voler “perdere il tocco nell’attacco”.

Sasuke rimase in silenzio: non trovava nessun’altra obiezione accettabile.

- Questa mi sembra l’occasione ideale: tu avrai il supporto di una jonin della Foglia e ninja medico, e lei potrà tornare in missione e sgranchirsi. E poi sapendo che ci sei tu intorno sono sicuro tornerà sana e salva.

Kakashi sorrise di nuovo sotto la maschera e Sasuke era sicuro di aver intravisto malizia nei suoi occhi.

- E va bene. Partirò lunedì.

- Ottimo. Perché a minuti arriverà qui in ufficio e le spiegherò la missione. Per quanto riguarda la mia proposta della settimana scorsa…

Kakashi fissò Sasuke, che rimase impassibile.

- Data la situazione, ti darò più tempo. Quando tornerai al villaggio mi darai la tua risposta.

Sasuke fece per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta.

- A quanto pare la mia allieva è puntuale come sempre!

- A differenza del maestro… - sussurrò Sasuke voltandosi verso l’uscita, la voce sufficientemente alta per essere udito dall’Hokage.

Quando Sakura entrò nella stanza e trovò Kakashi che rideva e Sasuke con sguardo rassegnato, si chiese che momento maestro-allievo si forse persa.

 

***

 

Ovviamente il giorno della partenza avevano il corteo d’onore a salutarli.

O meglio, a salutare lei. Sasuke sapeva benissimo che nessuno era lì specificatamente per lui – o al massimo era lì solo per gettargli un’occhiata sospettosa o una minaccia più o meno velata di non farla piangere e stare attento che non si ferisse.

- Sono capacissima di difendermi da sola!

- Ma certo, Sakura-chan! – aveva risposto Naruto all’istante intimidito dal pugno alzato della compagna di team.

- Hinata! – chiamò invece lei, ignorando completamente l’amico per abbracciare la ragazza – Per un po’ non potremo più fare le nostre cene tra ragazze, ma scrivimi!

Sasuke lanciò un’occhiata a Naruto per capire cosa si fosse perso, al che l’amico rispose con un semplice “Saku-Ino-Hina”. Kakashi interruppe il momento delle due ragazze schiarendosi la gola.

- Mi raccomando, controlla che Sasuke mandi qualche rapporto di tanto in tanto.

Sakura annuì vigorosamente e Sasuke sospirò.

- Sasuke – lo chiamò Naruto con voce bassa.

- Cosa c’è?

Naruto lo fissò senza parlare per qualche secondo, probabilmente indeciso su come formulare la propria minaccia in modo convincente, ma optò per sospirare anche lui.

- Sei un bastardo, ma non sei uno stupido. Sono sicuro tu sappia cosa voglia dirti.

Sasuke assottigliò gli occhi. Sì, ne aveva una vaga idea. Spostò lo sguardo su Sakura che lo stava fissando a sua volta.

- È ora di partire, Sasuke-kun!

 







Nota dell'autrice

Buon anno! Questo capitolo doveva essere più breve, ma il potenziale fluffoso era troppo grande e le scene si sono scritte da sé... Anche loro due si meritano un po' di gioia, di tanto in tanto.
Se con questo capitolo vi porto la dose fluff, nel prossimo vi porto un po' di tension e qualche combattimento. Cercherò anche di aumentare il passo. Alla prossima :D
   
 
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