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Autore: Bored94    17/01/2021    0 recensioni
Gintoki, Katsura e Takasugi si sono uniti alla guerra contro gli Amanto per una singola ragione: liberare il loro maestro. Peccato che le cose non siano andate esattamente come speravano.
MM: Racconto della cattura di Gin da parte degli Amanto
.
"Prima ancora di rendersene conto stava correndo verso i cavalli ed era partito al galoppo nella direzione in cui si trovava l'ultima posizione dei suoi due amici conosciuta al soldato.
Sapeva che così facendo stava mettendo a repentaglio la loro missione, tutto ciò per cui avevano combattuto in quei quattro anni, ma aveva fatto una promessa al maestro Shōyō: avrebbe dovuto proteggere lui i suoi compagni fino al ritorno del sensei. Se non li avesse salvati, sarebbe venuto meno a quella promessa"
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Takasugi Shinsuke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'UNICA SCELTA POSSIBILE
 

Shiroyasha finì di mangiare e appoggiò la ciotola insieme a quelle dei suoi compagni. Essere da solo gli sembrava strano.

Non che fosse veramente solo, c'era il suo plotone con lui, ma negli ultimi mesi aveva sempre portato avanti azioni congiunte con Katsura, Takasugi e Sakamoto e gli sembrava davvero strano che non fossero lì con lui in quel momento, a scherzare e prendersi in giro davanti al fuoco come prima di qualsiasi altra battaglia.

Non che quella che lo aspettava si preannunciasse una battaglia qualsiasi.

C'era un motivo se si erano separati.

Sakamoto aveva riportato una grave ferita al braccio destro ed era stato trasportato in tutta fretta all'ospedale da campo più vicino. Chissà se sarebbero riusciti a salvargli il braccio. Gin scacciò quel pensiero scuotendo la testa. Non doveva distrarsi, Sakamoto se la sarebbe cavata. Lui se la cavava sempre in qualche modo. Conoscendolo, se non fosse più stato in grado di brandire una katana, avrebbe iniziato ad andare in giro con delle pistole rubate agli Amanto, rimanendo il solito rumoroso chiacchierone.

Takasugi e Katsura avevano probabilmente già raggiunto lo postazioni concordate. Il giorno dopo sarebbe stato il suo turno di sfondare le linee nemiche e li avrebbe raggiunti.

Sicuramente al loro ritorno avrebbero passato dei guai, avevano abbandonato la loro posizione, stavano perseguendo un obiettivo privato all'insaputa di tutti e avevano coinvolto anche i loro soldati. Gin era convinto che dopo quella storia si sarebbero tutti dovuti trasformare in disertori, per quanto potessero essere disertori in un esercito di ribelli ormai allo sfascio, e darsi alla macchia per non venire giustiziati.

Si alzò e iniziò ad incamminarsi verso i suoi sottoposti quando con la coda dell'occhio scorse qualcosa avvicinarsi. In automatico portò una mano sull'elsa, ma realizzò presto che si trattava di un membro del Kiheitai. Nonostante questo non si sentì affatto più tranquillo.
Il soldato si fermò ansante davanti a lui e Gin fece cenno a uno dei suoi di portare dell'acqua. Appena l'uomo ebbe bevuto e ripreso fiato, iniziò a raccontare.

«Shiroyasha, ho fatto di tutto per arrivare il prima possibile, ma il nemico mi ha intercettato e ucciso il mio cavallo. Sono riuscito a sfuggire, ma ho impiegato molto più tempo a raggiungere questo accampamento. Shiroyasha... porto brutte notizie, il generale e la Nobile Furia... loro sono stati catturati dai Tenshōin Naraku, le nostre truppe sono state sbaragliate.»

Gin si sentì gelare il sangue nelle vene, non poteva essere. Come avevano spazzato via così tanti soldati in così poco tempo? Com'erano riusciti a catturare Takasugi e Katsura? Chi diavolo erano quelle persone?

Prima ancora di rendersene conto stava correndo verso i cavalli ed era partito al galoppo nella direzione in cui si trovava l'ultima posizione dei suoi due amici conosciuta al soldato.
Sapeva che così facendo stava mettendo a repentaglio la loro missione, tutto ciò per cui avevano combattuto in quei quattro anni, ma aveva fatto una promessa al maestro Shōyō: avrebbe dovuto proteggere lui i suoi compagni fino al ritorno del sensei. Se non li avesse salvati, sarebbe venuto meno a quella promessa, avrebbero potuto riprovare a liberarlo più avanti.

Era ormai arrivato alla meta, così rallentò l'andatura dell'animale e brandì la propria katana, tutti i suoi sensi erano tesi al massimo nel tentativo di cogliere anche il minimo rumore. Più si avvicinava alla sua destinazione, più diventava inquieto: c'era troppo silenzio, era innaturale. Aveva appena finito di formulare questo pensiero quando si vide circondato da una ventina di nemici.

Ma certo, una trappola.

Era partito al galoppo senza riflettere e senza un piano d'azione, ma loro lo stavano aspettando. Sapevano che una volta sentito della sorte toccata ai suoi compagni, sarebbe arrivato per liberarli. Gin sapeva di essere stato avventato, ma quale altra scelta aveva?

I Corvi iniziarono ad attaccarlo su più fronti, Gin teneva loro testa con tutte le proprie forze, ma più ne falciava e più ne comparivano, come se si materializzassero dall'aria. Non sarebbe riuscito a mantenere quel ritmo a lungo.

All'improvviso sentì delle urla alle proprie spalle e diede una rapida occhiata per capire cosa stesse succedendo: poteva vedere alcuni dei Naraku che lo stavano attaccando alle spalle venire uccisi a loro volta da qualcuno che era arrivato senza essere visto, dal momento che erano così sicuri della loro superiorità numerica che non si erano preoccupati di guardarsi le spalle. Gin rimase stupito nel vedere che quel qualcuno erano i suoi soldati: era partito da solo perché non voleva coinvolgerli ulteriormente in quella storia assurda: se quando si erano separati fossero tornati indietro dicendo che aveva ordinato loro di seguirlo e che poi li aveva abbandonati e usati solo per coprire la propria diserzione, non sarebbero stati puniti, il samurai in un certo senso contava su questo, ma a quanto pare loro erano di tutt'altro avviso.

«Avanti!» sentì urlare uno di loro. «Coprite le spalle allo Shiroyasha!»

Gin rimase a guardare i propri uomini avventarsi urlando contro il nemico, uccidendo chiunque gli capitasse a tiro e calpestando nella loro foga chi cadeva a terra.

«Generale,» lo salutò il soldato che aveva incitato il plotone poco prima, avvicinatosi a lui durante la battaglia «pensavate davvero che vi avremmo lasciato combattere da solo? Il messaggero ci ha spiegato tutto poco dopo che siete partito, sappiamo cosa è successo ai vostri compagni. Vi aiuteremo a liberarli.»

Il samurai dai capelli d'argento sorrise e annuì, in segno di ringraziamento.

I due si lanciarono di nuovo nella mischia, la battaglia era ancora ben lontana dall'essere perduta.

 

O almeno così sembrava, i Naraku continuavano a spuntare da ogni lato e a poco a poco i samurai vennero uccisi uno dopo l'altro, lasciando Gintoki da solo faccia a faccia con il nemico. Il Demone Bianco oppose una strenua resistenza, ma erano troppi e lui ormai era stremato: riuscirono a disarmarlo e a tramortirlo. Ricevette un improvviso colpo in testa e l'ultima cosa che vide fu uno degli uomini in nero che si avvicinava con delle funi.

 

Quando riprese i sensi, si rese conto di essere seduto con la schiena contro un albero, gli avevano legato i polsi tra loro e le braccia al busto.

Si guardò attorno, non era più nel luogo dell'imboscata, lo avevano spostato. Non riusciva a capire dove si trovasse, ma rimase sorpreso nello scoprire che non lo avevano ancora rinchiuso in una cella.

Qual era il loro scopo?

Quando si accorsero che era rinvenuto, lo fecero alzare, legarono l'estremità di una fune alle corde che gli bloccavano i polsi, mentre l'altra venne legata a una sella. A quanto pare si erano appropriati dei cavalli che i suoi soldati avevano usato per raggiungerlo.

Ma perché allora non caricarlo su un cavallo mentre era privo di sensi e portarlo via?

La risposta diventò ovvia qualche ora dopo: il fatto che Gintoki fosse a piedi li costringevano a mantenere i cavalli al passo, ma non mostravano nessun tipo di fastidio o di fretta. Inizialmente Gintoki aveva pensato che questo significasse che la loro base fosse nei paraggi, ma dopo le prime due ore di cammino, iniziò a capire che le cose non stavano così: le borracce dei suoi nemici erano colme ed era sicuro che nelle borse portate dai cavalli ci fosse anche del cibo. Procedevano al passo per non stancare gli animali, ma la strada era ancora lunga. Gin aveva continuato però a chiedersi per quale motivo non si fossero messi in viaggio prima che lui si svegliasse. In questo modo rischiavano che lui trovasse un modo di scappare e tornare indietro, avendo visto la strada.

Confidavano che non lo avrebbe fatto perché temeva per la vita dei suoi compagni?

O che li avrebbe seguiti senza ribellarsi perché sapeva che così li avrebbe raggiunti?

Dopo altre tre ore di cammino però iniziò a capire: si era accorto che ogni tanto qualcuno dei Corvi gli lanciava occhiate furtive, come a volersi sincerare di quali fossero le sue condizioni.

Stavano cercando di stancarlo?

Gin raddrizzo le spalle e mascherò la fatica, dopotutto aveva sostenuto un combattimento sfiancate solo poche ore prima e cinque ore di cammino non erano esattamente una passeggiata, ma non voleva darla loro vinta.

Dopo un po' finalmente si fermarono per abbeverare i cavalli e Gin ne approfittò per tirare fiato, sedendosi alla base di un albero. Il momento di pace durò poco, dopo solo alcuni minuti uno dei Naraku si avvicinò a lui, lo costrinse a bere qualche sorso d'acqua e lo fece alzare per rimettersi in marcia. Continuarono così ancora per ore, con un paio di pause per abbeverare i cavalli e dare abbastanza cibo e acqua al samurai per non farlo svenire. Quando finalmente arrivarono a destinazione era notte fonda e Gin riusciva a malapena a reggersi in piedi: con l'arrivare della sera, la temperatura si era abbassata notevolmente e il freddo si infiltrava sotto i vestiti, gli tremavano le gambe per la stanchezza e lo sforzo e poteva sentire le vesciche sotto alle piante dei piedi. Le corde avevano iniziato a segargli i polsi e gli strattoni involontari del cavallo non miglioravano la situazione.

Quando aveva camminato?

Dieci ore? Dodici?

Non gli importava, voleva soltanto fermarsi. Non era affatto sicuro di essere in grado muovere un altro passo.

Un colpo alla nuca lo mise fuori combattimento per la seconda volta quel giorno e tutto divenne scuro.

 

Questa volta era davvero in una cella, l'unica fonte di luce era una minuscola finestra vicino al soffitto, la porta di legno scuro lo isolava completamente dall'esterno, rendendogli impossibile capire se fosse l'unico rinchiuso in quel posto, qualsiasi cosa quel posto fosse.

Provò a muoversi e sentì tutti i muscoli gemere. Si accorse però di avere delle fasciature in varie parti del corpo. I suoi carcerieri avevano pulito e bendato le sue ferite, sia quelle riportate durante il combattimento, sia le vesciche ai piedi.

Lo volevano vivo e in grado di camminare?

Dove altro lo volevano portare?

Deglutì a vuoto, aveva la bocca e la gola completamente secche. Guardandosi attorno si accorse che a pochi metri da lui, alla sua portata c'erano un paio di ciotole e del pane. Gli avevano lasciato da mangiare?

Prese la ciotola dell'acqua e ne bevve la metà con foga, rischiando di strozzarsi. Doveva stare più attento, non sapeva quanto spesso avessero intenzione di nutrirlo, quell'acqua avrebbe potuto essere l'unica che avrebbe ricevuto fino al giorno dopo.

La mise da parte e iniziò a ingurgitare il contenuto della seconda ciotola, non riuscì a capire di cosa si trattasse, sembrava una qualche specie di zuppa, ma non si fece domande: aveva fame ed era prigioniero, non poteva permettersi di fare lo schizzinoso, aveva bisogno di ogni singola briciola di energia che potesse racimolare.

Doveva riuscire a scappare da lì e liberare i suoi compagni.

 

I suoi timori sull'acqua si erano rivelati infondati, gli veniva data due volte al giorno, insieme a quella strana brodaglia e del pane. Non che queste fossero anche solo lontanamente sufficienti a sfamarlo del tutto, ma almeno per il momento sembrava gli servisse vivo e sufficientemente in forze. Continuò a scervellarsi, cercando di capire cosa volessero da lui, quando la porta si aprì per la prima volta da quando era stato rinchiuso ed entrarono due Corvi. Fece per scattare verso di loro, ma improvvisamente la stanza iniziò a girare.

«Pensavi che saremmo entrati senza prendere precauzioni? Alzati» gli intimò uno dei due uomini, mentre lo afferrava per un braccio e il suo compagno per l'altro.

Quindi l'ultimo pasto era drogato si limitò a pensare il samurai mentre lo mettevano bruscamente in piedi e lo spingevano verso l'uscita. Camminarono in silenzio fino ad arrivare all'esterno, Gin era sempre più confuso. Perché non lo legavano? Prima o poi l'effetto della droga sarebbe svanito e nulla gli impediva di provare ad attaccarli di nuovo. Anche loro sapevano che la superiorità numerica non era un problema, dopotutto inizialmente si era presentato da solo... che credessero che il fatto di non avere un'arma lo avrebbe fatto desistere? Se non fosse stato così rintronato dalla droga avrebbe riso.

Si misero in marcia, questa volta anche i corvi erano a piedi. Poteva sentire le vesciche sotto i piedi bruciare, ma cercò di non farci caso.

Stavano camminando da un'ora quando finalmente l'effetto della droga iniziò a scemare, quando Gin si sentì finalmente abbastanza lucido, si lanciò contro uno dei suoi nemici, mandandolo a sbattere con forza contro il tronco di un albero e impadronendosi della sua katana. Venne circondato in un attimo, ma la cosa non lo preoccupò, era pronto a combattere. Doveva riuscire a ritrovare Takasugi e Katsura. Tutti i suoi muscoli erano tesi, pronto a farsi largo tra i Naraku, quando una risata catturò la sua attenzione.

«Non potevamo aspettarci niente di meno dal famoso Shiroyasha» commentò uno degli uomini che erano andati a tirarlo fuori dalla sua cella. «Ti consiglio di mettere via la spada o saremo costretti a uccidere i tuoi amici e il tuo maestro» il Demone Bianco gli rivolse uno sguardo pieno di odio. «Vuoi raggiungere i tuoi compagni, giusto? Non hai nessun bisogno di combattere. È lì che ti stiamo portando» Gintoki lo squadrò perplesso. Portarlo dai suoi compagni? Cosa avevano in mente?

«Per favore, restituisci la spada che ci hai sottratto» disse l'uomo con tono mellifluo, mentre un secondo gli assestava un colpo all'altezza delle costole e gli strappava la katana di mano. A quanto sembrava si era sopravvalutato, l'effetto della droga non doveva essere passato del tutto, questo unito alla camminata di pochi giorni prima, alle poche ore di sonno e al poco cibo lo aveva rallentato, magari sarebbe riuscito a ucciderne un paio, ma avrebbe sicuramente avuto la peggio in uno scontro in quel momento. «Molto meglio. Non ti preoccupare, presto ti verrà consegnata un'arma.»

Un'arma? Volevano farlo combattere? Che volessero farlo partecipare a uno scontro per giocarsi la libertà sua e dei suoi compagni? Probabilmente erano convinti che sarebbe morto e volevano godersi la scena, come il gatto che gioca con il topo... però poteva essere un'occasione. E anche se lui non ce l'avesse fatta, forse gli altri due sarebbero riusciti ad approfittare della situazione per fuggire.

Oppure volevano farli combattere tra di loro? Questa opzione non gli piaceva affatto, ma non era tragico, se quegli uccellacci erano così stupidi da dare loro delle armi, avrebbero avuto una brutta sorpresa.

Il Naraku, apparentemente soddisfatto, fece cenno alla colonna di ripartire e si rimisero in marcia. Fu solo qualche ora dopo che arrivarono a destinazione.

Stanno cercando in tutti i modi di stancarmi. Mi vedono come una minaccia e vogliono che sia troppo stanco per ribellarmi. Forse allora il combattimento si terrà domani... e se provassimo a fuggire di notte? così tanti pensieri gli frullavano per la mente che si rese conto di essere arrivati solo quando la strada iniziò ad essere in pendenza. Un attimo... dove mi trovo? si guardò attorno, non c'era nessun edificio nei paraggi e stavano risalendo un sentiero che portava in cima a una rupe. Che stava succedendo?

La risposta non si fece attendere a lungo. Uno degli uomini dei Naraku gli mise in mano una katana, mentre gli altri lo tenevano sotto tiro.

Quindi siamo vicini si limitò a pensare. Provare a scappare era inutile, come aveva già constatato, così proseguì e si trovo davanti a una scena che gli fece gelare il sangue: altro che duello, altro che farli combattere tra di loro, Takasugi e Katsura erano a terra legati, poco più avanti c'era Shōyō in ginocchio, anche lui legato, che gli dava le spalle. La sua presa sull'elsa si fece meno salda. Nessun altro lì a parte lui stava brandendo un'arma. Nessuno sembrava pronto a un combattimento. Cosa gli stavano chiedendo di fare?

Come se non fosse stato chiaro.

La posizione di Shōyō era quella di un condannato a morte.

Era dolorosamente ovvio che cosa gli stessero chiedendo di fare, ma se pensavano davvero che avrebbe ucciso i suoi compagni e il suo maestro sbagliavano di grosso. Avrebbero dovuto ucciderlo. Sentì che qualcuno stava parlando, c'era un Amanto in piedi davanti a Shōyō, anche lui stava dando le spalle ai presenti.

«I tuoi studenti sceglieranno di morire invano con te o invece decideranno di vivere, anche a costo di uccidere il loro maestro con le loro stesse mani?» stava dicendo l'Amanto, deridendo il sensei. «Non credi che questa sia l'esecuzione perfetta per un educatore come te?» gongolò. Gin sentiva tutto ovattato, come se non fosse veramente lì. Non poteva finire così. Tutto ciò per cui avevano combattuto, tutti i loro sacrifici e sforzi... non significavano nulla. E adesso cosa gli stavano proponendo? Di decidere se fare seppuku o se uccidere Shōyō? O volevano vedere se avrebbe provato a combattere?
Serrò la presa sull'elsa, se era così che doveva finire, se ne sarebbe andato combattendo. Non poteva uccidere Shōyō per salvarsi la vita. Non era un codardo, se doveva morire, si sarebbe assicurato di portarsi dietro più Corvi che poteva.
La voce dell'Amanto lo riportò alla realtà. «Scegli quello che preferisci, il tuo insegnante o i tuoi amici.»
Scegliere? Gin sentì il suo cervello impazzito bloccarsi di colpo.
Volevano che scegliesse chi salvare?
Come potevano chiedergli una cosa simile... di scegliere tra l'uomo che gli aveva fatto da padre e i compagni con i quali era cresciuto come se fossero fratelli?
Si accorse di non riuscire a pensare, sentiva gli sguardi pieni di orrore di Katsura e Takasugi rivolti verso di lui, in attesa della sua scelta. Ma come poteva scegliere? Una cosa del genere non- un ricordo improvviso gli balenò nella mente.
Proteggi i nostri amici finché non sarò tornato gli aveva detto Shōyō quella notte di quattro anni prima, quando lo avevano portato via dopo aver bruciato la Shoka Sonjuku.
Sapeva cosa doveva fare, ma la sola idea gli faceva venire voglia di scappare. Come in un sogno iniziò a muovere qualche passo verso il maestro, non gli sembrava nemmeno di essere lui a controllare il proprio corpo. Passò tra Katsura e Takasugi che avevano ormai capito la sua scelta, il samurai dai capelli viola urlava e supplicava, non lo aveva mai sentito così, ma le sue parole non riuscivano a raggiungerlo. Era come se stesse osservando l'amico supplicare qualcuno che Gin non aveva il potere di fermare, non poteva fare altro che stare a guardare.
Vide Shōyō girarsi verso di lui e sorridere. «Grazie» fu l'unica cosa che gli disse.
Gin sentì le proprie labbra curvarsi in un sorriso triste e gli occhi riempirsi di lacrime mentre tagliava la testa all'uomo che lo aveva salvato tanti anni prima.

















Note:
Gli headcanon presenti in questa fanfiction sono condivisi con Quasar93 e Magnetic_Ginger, quindi se avete letto (o leggerete, molte sono in wip) più fanfiction nostre e trovate delle somiglianze è normale, siamo d'accordo per riempire a turno i vari missing moments (ci conosciamo irl, quindi nessun plagio all'orizzonte).

Le nostre fanfiction che rientrano al momento nel progetto sono, in ordine cronologico:
- Sometimes the only choices you have are bad ones. But you still have to choose - Quasar93
- L'unica scelta possibile - Bored94
- Il peso di una promessa - Bored94
- Riconciliazione - Bored94
- Propositi e vendette - Bored94
- Nightmares - Quasar93
- Non fare domande se non sei pronto per la risposta - Bored94

Mentre la timeline su cui ci basiamo, ricavata dai riferimenti canon e adattata un pochino è questa (basata sull'età di Gintoki):
- 8 anni Gintoki viene trovato da Shoyo
- 10/11 anni Takasugi e Katsura arrivano alla Shoka Sonjuku
- 16/17 anni Shoyo viene catturato e i ragazzi entrano in guerra
- 21 anni morte di Shoyo, i joi4 si separano, Gintoki si consegna agli Hitotsubashi
- 22 anni Gintoki si stabilisce a Kabuki-cho
- 27 anni incontro con Shinpachi e Kagura
- 30 anni guerra contro l'esercito della liberazione
- 32 anni arco dei due anni dopo
- 34 anni epilogo del manga

  
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