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Autore: KronaJ    20/01/2021    0 recensioni
Bakugo è stato rapito durante il ritiro nei boschi! Chi è questa ragazza che lo va a trovare finché è prigioniero? Le loro anime sembrano simili, i due si capiscono alla perfezione! Delle decisioni andranno prese in fretta.
Scontro! Un'anima in trappola e una furente di incontrano?
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Katsuki tornò nella propria stanza appena le lezioni finirono. Aveva la mente in subbuglio. Dopo aver perso l’occasione di prendere il certificato di eroe temporaneo, e soprattutto dopo che All Might aveva perso i propri poteri, si sentiva confuso riguardo la sua personalità. Queste due erano state le sconfitte più brutali che aveva mai subito.
 
Perciò quando era arrivato quel messaggio, in cui veniva spiegata la posizione di Jisei, Bakugo non ci aveva nemmeno pensato. Aveva preso Kirishima di parte, gli aveva chiesto la macchina, ed era partito a testa bassa.
 
Jisei alzò lo sguardo vedendolo entrare.
 
«Ohi. Ho cercato ovunque. Non ho trovato nessun tipo di pornografia. Sicuro di essere un maschio?»
 
Dovevo lasciarti lì a morire.
«Esiste internet al giorno d’oggi, testa di cazzo», rispose, lasciò la borsa a terra e sbatté una mano sul tavolo. «Smettila di farti gli affari miei, cominci a farmi incazzare.»
 
«Non pensare che mi interessi minimamente la tua vita, deficiente, mi sto solo annoiando. E questa stanza è l’unico posto in cui posso stare senza darti altri problemi.»
 
«Allenati. Fa qualcos’altro che non implichi spulciare tra le mie cose.»
 
«Mi alleno già, faccio quello che posso. La stanza è piccola, ma è utile», rispose la ragazza. «Sai, mi hai quasi fregato quella volta. Quando ti sei abbassato. Ho dovuto disattivare e riattivare il mio quirk. È stato interessante.»
 
Katsuki sorrise soddisfatto. «Ancora un minuto», cominciò a dire, «e ti avrei fatto il culo.»
 
Lei, che aveva chiuso il libro da un pezzo e ora guardava la mano di Bakugo ancora aperta sul tavolo, chiese «Ti senti in colpa?»
 
«Che cazzo stai dicendo?»
 
Lei lo guardò, un po’ titubante. Pensava a una cosa da un po’ di tempo, ma aveva il timore che l’avrebbe presa male. Strinse le spalle e se ne fregò. «Tu hai un quirk davvero forte, Katsuki.»
 
«Lo so. Devi proprio chiamarmi per nome?»
 
Jisei aggrottò le sopracciglia. «No, ma lo farò se mi va.»
 
«Brutta…»
 
«Comunque, tu hai un quirk forte. Le esplosioni che causi sembrano sciogliere, distruggere, e hanno un’onda d’urto decente. Non hai un limite fisso per quanto riguarda la potenza, immagino che ti stanchi, ma è elastico, con l’allenamento potresti sicuramente fare danni esponenzialmente… devastanti.»
 
«Che cazzo stai cercando di dirmi. Mi ricordi quel nerd sfigato di Merdeku.»
 
Jisei, distratta da quello che voleva dire, commentò senza pensarci. «Ah. Quello che ha cercato di salvarti nei boschi. Coi capelli verdi.»
 
Katsuki la fulminò. La mano sul tavolo si fece tesa.
 
«Tu eri lì.» disse minaccioso. «Hai visto tutto.»
 
Lei lo scrutò. «Certo che c’ero.»
 
Katsuki rimase in silenzio. Non era una sorpresa, saperlo. Lo faceva solo incazzare. Gli aveva ricordato che lei era dalla parte dei cattivi, o almeno lo era stata.
 
«Non ho toccato nessuno dei tuoi compagni, se può interessarti. Ero lì solo per aiutare nel caso le cose si mettessero male. Soprattutto perché quel Midoriya avrebbe potuto scatenare quel fastidioso potere…» Jisei non continuò la frase, perché Katsuki sembrava sul punto di farsi esplodere una vena della tempia.
 
«Che cazzo ne sai tu del potere di Merdeku?» chiese, cercando di apparire calmo, senza nessun successo. Jisei si scaldò.
 
«In che senso, che cazzo ne so?»
 
«Tu sai qualcosa.»
 
«So molte cose. Più di quante potresti pensare. Se me lo chiedessi gentilmente, forse potrei illuminare anche te.»
 
Katsuki strinse i pugni, togliendo la mano dal tavolo. Poi mise le mani in tasca.
 
«Forse non hai capito la situazione», iniziò a dire, minaccioso. «Cercherò di spiegartela lentamente. Tu, villain deficiente che si fa picchiare dai suoi stessi compagni, sai cose su un mio compagno, per quando insopportabile possa essere. Siccome non posso condividere informazioni con te, che sei pazza e potresti andare a rivelare qualcosa a quegli psicopatici, sei tu che devi aprire quel becco che ti ritrovi, e dirmi quello che sai.»
 
«Genio, io non ho ancora capito che cazzo vuoi sapere.» rispose subito Jisei, per poi continuare, «E poi, piantala di chiamarmi Villain. Con quelle teste di cazzo io ho chiuso. Pensavo l’avessi capito anche tu.»
 
Forse Katsuki era arrabbiato a causa della pessima settimana che avevano portato a galla questi eventi, forse il fatto di sapere che lei si trovava là, quando l’hanno catturato, sta di fatto che si stava infervorendo sempre di più. «Certo, certo. Hai chiuso con loro, vero? Perciò io e te adesso siamo migliori amici, vero, testa di cazzo?»
 
«Che cazzo stai dicendo? Chi ha detto che siamo amici?» sbottò in risposta.
 
Katsuki sorrise sarcastico. E rabbioso. «Nessuno, nessuno. Perché non mi salti di nuovo addosso, uh? Anzi, mangiamo insieme come una coppietta del cazzo. Che te ne pare?»
 
«Ma che cazzo stai dicendo? Da dove le tiri fuori queste stronzate?» rispose alzandosi la ragazza. Gli punto un dito contro. «E poi, cazzo, sei tu che hai insistito per farmi venire qui! E ora stai dicendo a me, che mi comporto come se fossi la tua ragazza del cazzo?»
 
«Non lo so! Vuoi che mi tolga la maglietta così puoi rifletterci sopra?!» urlò sempre più incazzato lui.
 
Jisei si mise a ridere. Abbassò lo sguardo, si massaggiò il ponte del naso. Non era sicura di dire quello che stava per dire, ma alla fine si decise. «Sai. Non dovresti prendertela con me se sei troppo debole per difenderti da solo.» disse guardandolo in faccia. Ora era solo lei a sorridere. «Voglio dire. Non deve essere bello essere la causa della caduta di All Might.»
 
Katsuki, con gli occhi iniettati di sangue, tirò fuori una mano dai pantaloni. Questa iniziò a tremare. «Tu… io… Ho una voglia davvero forte di uccidere qualcuno.» strinse la mano. Sembrava serio, e Jisei avvertì la minaccia fluttuare verso di lei.
 
Bakugo uscì dalla camera.
 
 
 
 
Jisei rimase ferma nella stessa posizione per qualche minuto. Cercò di distrarsi, tornando a leggere il libro che aveva preso in prestito, ma il tempo passava e Katsuki non tornava. Non è fosse preoccupata, si diceva da sola, è che se Bakugo avesse fatto un casino, usato la violenza o che altro, ci avrebbe rimesso anche lei. Si convinse di questo, finché rubava una felpa dall’armadio e alzava il cappuccio. Uscì dalla finestra.
 
Vide Katsuki camminare con Midoriya poco dopo. Li seguì. Arrivarono in una specie di città deserta all’interno del territorio della Yuei. Si chiese a quanto ammontassero i fondi disponibili di quella scuola, stupita. Non voleva farsi vedere, perciò si arrampicò sui palazzi, e dal tetto di uno di questi li osservò, pronta a fuggire nel caso Katsuki rivelasse qualcosa di troppo.
 
Vide Katsuki attaccare per primo. Osservò tutto il suo corpo, caricare, da quel punto di vista, il ragazzo si mostrava fin troppo pronto. Jisei non poté non ammirare la sua intera fisicità, finché le esplosioni si accumulavano.
 
Il combattimento proseguì. Midoriya aveva iniziato a rispondere. Fino a quel momento, la vittoria di Bakugo era certa. Quando il ragazzo dai capelli verdi attivò il suo potere, Jisei si sorprese. Era veloce. Non quanto lei, questo no, ma vide Katsuki in difficoltà.
 
«Perché…» disse Bakugo, disperato. «Perché… Io… Sono io la causa della fine di All Might?» chiese. Stava piangendo.
 
«Perché cazzo non penso prima di parlare…», si disse Jisei. Era davvero dispiaciuta. Non pensava di ferirlo a quel modo. Lo vide sotto una luce diversa. Era fragile. Eppure, non mostrava debolezza. Non era una fragilità di cui potersi avvantaggiare. Era una fragilità spaventosa, che sembrava renderlo ancora più instabile, desideroso di sfogare la propria frustrazione. Jisei si sedette, una gamba penzolava dal tetto dell’edificio, l’altra era salda sul cornicione.
 
Midoriya sembrava preoccupato. E accettò nuovamente la sfida.
 
 
«Non vorrai farmi da tira pugni alla fine, vero Deku?» chiese sprezzante Bakugo, continuando l’attacco. Jisei sorrise. Era davvero un arrogante, come lei.
 
La ragazza fremette quando Katsuki prese il volo. Midoriya lo raggiunse. Sembrava stesse per dargli un calcio, ma lo puntò con un pugno. Proprio quando questo arrivò alla guancia stupita di Katsuki, esso la vide. Vide Jisei seduta, rilassata, e lei ricambiò l’occhiata. Sembrava la fine.
 
Bakugo sentì un fuoco prepotente nel proprio petto. Una straordinaria forza di volontà, farsi strada dai brillanti occhi scarlatti di lei, ai suoi. Sentì di essere invincibile.
 
«Col cazzo che perdo!» urlò, guardandola. E così ribaltò la situazione. Katsuki era sopra di lui, e con un’esplosione, si diede la spinta per farlo cadere a terra. Jisei guardò esterrefatta la potenza di quel fuoco. Il contraccolpo dell’aria la costrinse a mettere le mani avanti per proteggersi il viso.
 
A terra, Katsuki aveva bloccato gli arti di Midoriya. Aveva messo anche una mano sulla sua faccia, per tenerla a terra. Oh, ha imparato anche questo, pensò Jisei, che ricordò la testata sonora che gli aveva inflitto grazie a quell’errore che aveva commesso con lei.
 
«Non sei affatto debole, Katsuki Bakugo.» sussurrò la ragazza.
 
Quando arrivò All Might, Jisei se la svignò, tornando al dormitorio.
 
 
 
«Scusa.» disse Jisei appena il ragazzo tornò in camera.
 
Lui la guardò, sembrava rilassato. Strinse le spalle.
 
«Avevi ragione. In un certo senso.» rispose lui. «Sapevi di All Might e Deku.»
 
Lei alzò un sopracciglio. «Anche tu.»
 
Rimasero in silenzio. Katsuki si guardò le mani segnate dal combattimento. Poi guardò la ragazza, in piedi, appoggiata al muro e con le braccia conserte. «Perché mi hai seguito?» chiese.
 
«Ero… preoccupata.» ammise lei distogliendo lo sguardo. «Ho esagerato. Sembravi instabile.»
 
«Tsk. Quindi mi hai trattato come un ragazzino bisognoso di aiuto.»
 
Lei ci pensò sopra. Non era distante dalla realtà. «Non hai bisogno di aiuto. L’ho constatato da sola. Hai vinto.»
 
«Cazzo. Ovvio che ho vinto.» disse lui, ricordandosi di averla vista sul tetto di quell’edificio. Ricordò la sensazione nel suo petto. Il suo stato mentale era calmo, ma confuso. Come se a muoverlo fosse un’indistinta sensazione di sicura insicurezza. Si avvicinò a lei. Lei si irrigidì, ma non si mosse in un millimetro.
 
Rimasero in silenzio per qualche momento.
 
«Sei davvero forte.» disse lei senza guardarlo in faccia.
 
Katsuki si avvicinò ancora, erano abbastanza vicini perché le loro maglie di toccassero. Il ragazzo si mise le mani in tasca. Lei non sapeva come reagire a quella vicinanza, ma cercò di rimanere salda. La fronte di Katsuki si appoggiò al muro. Così facendo, lei sentì il proprio respiro sulla spalla, e rabbrividì appena, nervosa. «Non lo sono.» disse lui, aumentando la pressione del proprio respiro sulla sua pelle. «Sono ancora debole. Il mio potere è forte. Io non lo sono.»
 
«Il punto è… che tu puoi essere più forte di così. Non è che sei debole in confronto agli altri. Sei debole in confronto a quello che potresti diventare.» analizzò lei, sempre più nervosa. Non potendo muoversi, sentiva il suo corpo raffreddarsi.
 
«Sei la prima persona che lo capisce.» disse lui. Le sembrò strano, era la prima volta che parlavano senza mettersi a urlare entrambi. «Se non ti muovi ti raffreddi, non è vero?» chiese poi.
 
«Credo sia un sistema di raffreddamento piuttosto insistente. Non ha un pulsante di spegnimento come l’accelerazione. È utile perché così ho un tasso di resistenza molto più alto, e non mi brucio per il veloce movimento delle mie cellule. Ma se rimango ferma per poco tempo, mi raffreddo.» rispose. Aveva le braccia ancora incrociate, e le sciolse. Katsuki ne approfittò per avvicinare il suo petto ancora di più.
 
«Per questo il calore del mio corpo ti ha aiutata a riprenderti, quella notte.» disse lui.
 
Lei, che stava arrossendo velocemente, disse «Sì.»
 
«Capisco. E ora ti sta aiutando?» chiese.
 
«Io…» iniziò a dire lei, in imbarazzo. «Sì, credo…»
 
Rimasero in silenzio ancora un momento, mentre Bakugo si godeva quella sensazione di leggerezza dovuta allo sfogo della battaglia. Aveva la testa tra le nuvole, non rifletteva, non si arrabbiava. Il Katsuki calmo spaventò istintivamente Jisei, abituato a vederlo chiaramente e senza filtri. «Non mi hai ancora chiesto cosa sto facendo in questa posizione.» asserì lui, facendo finalmente la domanda che Jisei stava evitando di porsi.
 
«Non so se voglio sentirlo.» disse lei, perdendo sempre più sicurezza.
 
Lui inarcò appena la testa, le sue labbra erano vicine all’orecchio di lei. Lei guardò con insistenza da un’altra parte, ma sentì chiaramente questo movimento. Le bruciava tutto il corpo. Cercò di concentrarsi sul braccio del ragazzo, che era muscoloso, teso e… niente, non pensare a nient’altro. Cazzo. È un fottuto braccio come un altro, si disse.
 
«Sto per baciarti.» disse Katsuki nel suo orecchio. Sentì Jisei sobbalzare appena, e non avendo spazio di movimento, finì per scontrarsi più forte contro il suo corpo. «Niente cazzo di quirk, chiaro?» continuò a dire. Il mio orecchio prenderà fuoco. Jisei non riusciva a pensare a nient’altro. «Se vuoi prendermi a pugni per fermarmi, fallo subito.»
 
Katsuki abbassò la testa e Jisei, come una marionetta comandata da qualcuno che non era lei, si voltò lentamente per raggiungerlo. Quando le loro labbra furono vicine, Jisei lo fermò con una mano sul suo petto.
 
«Aspetta…» disse, con i pensieri che vorticavano. Katsuki aspettò, senza però allontanarsi. Lei poteva sentire il respiro di lui sulle labbra. Cosa fare? Fermarlo? Tu non vuoi che si fermi. Si lo vuoi. No, non va bene. Però… Jisei stava perdendo il senno. Sentiva il calore del suo corpo sulla sua mano. Non sapeva cosa dire. Cosa doveva dire? Non ricordava. Disse la prima cosa che le venne in mente. «Posso comunque colpirti?»
 
Bakugo sorrise sprezzante. Ci pensò sopra. «D’accordo. Se non ti piace mi lascerò colpire.» disse.
 
Lei sentì che lui si stava riavvicinando, istintivamente la mano sul suo petto si fece più rigida per fermarlo. Katsuki tirò fuori una mano dalla tasca, prese quella di lei sul suo petto, e la trasferì al muro, vicino alle loro teste.
 
Poi la baciò.
 
E lei non poté in nessun modo, assolutamente, fingere che non le stesse piacendo con tutto il corpo. Rispose al bacio. Ogni diatriba nata nella sua mente qualche secondo fa era completamente sparita. Per Katsuki fu lo stesso. Non gli interessava nemmeno di essere picchiato. Cazzo, l’avrebbe lasciata fare. Non importava nient’altro se non i loro corpi che si avvicinavano ancora, e le loro lingue che entravano una nella bocca dell’altro. La mano libera di Bakugo si infilò sotto la felpa che lei aveva rubato, toccò la sua pelle che sembrò scaldarsi ancora di più. Strinse con forza il fianco di lei, la attirò a sé ancora di più. Ancora di più, penso Bakugo, più vicina. Non basta.
 
«Toglietela.» disse lui allontanandosi. Lei lo guardò stupita. L’imbarazzo c’era ancora, ma no, non era imbarazzo. Era desiderio, misto a un senso di inadeguatezza. Leggermente impacciata, portò le mani all’orlo della felpa e la portò verso l’alto, ma mentre i suoi polsi stavano per liberarsi dal tessuto, lui la fermò. Prese con forza la felpa ancora legata ai polsi e la ruotò, bloccandola in quella posizione.
 
«Cosa cazzo…» iniziò a dire lei, ma lui tornò a baciarla, avvicinandola con l’altra mano e tornando a stringere il suo fianco. Continuarono quel ballo ancora un po’, finché Jisei, senza fiato, non allontanò la testa. «Non mi piace essere bloccata.» si lamentò.
 
«Zitta. Mi sembra ti stia piacendo fin troppo. Le tue gambe stanno tremando.» sbottò scaldandosi lui. Poi si fermò, vedendo lo sguardo acceso di lei. Libero i suoi polsi dal resto della felpa.
 
«Bravo ragazzo.» disse lei, riacquistando fiducia. Lui fece per tornare a baciarla, anche se aveva un che di più aggressivo, come a volerla zittire, ma lei lo fermò. «Comincerò a sentirmi a disagio continuando così.» disse sfiorando il suo reggiseno. «Toglitela.» disse imitandolo e stringendo la sua maglia. Lui sembrò adirarsi.
 
«Non darmi ordini.» ringhiò. Anche se l’idea non era male, dovette ammettere.
 
«Fattelo andare bene.» rispose lei.
 
Lui rimase fermo, cocciuto com’era. Poi disse. «Toglimela tu.»
 
Lei non se lo fece ripetere. Prese i lembi della maglia e la alzò. Quando questa fu sparita, lei dovette distogliere lo sguardo dal suo petto, perché la testa continuava a girare. Pensò di migliorare la propria situazione guardandolo negli occhi, ma non fu così. Perché lo sguardo acceso e scarlatto di Katsuki era anche più intenso del suo stesso fisico. Non fece in tempo, comunque, a distrarsi troppo, perché lui la riavvicinò a sé. I loro corpi che si toccavano fece sobbalzare persino lui. La pancia piatta di lei era fredda, lui era bollente. Non capiva perché ma questo lo eccitava ancora di più.
 
Katsuki afferrò i suoi fianchi, la alzò, e facendo qualche passo indietro, si ritrovò seduto sul letto, con lei a cavalcioni su di lui. Le baciò il collo finché sentiva lei che cercava di trattenere versi di piacere. Premette i suoi fianchi in basso, e senti i loro corpi ancora più vicini, mentre il corpo di lui sembrava esplodere. Lei si rese conto del contatto con la sua intimità e non riuscì a trattenere un gemito. Il ragazzo si sentì soddisfatto per la reazione.
 
Lei prese coraggio, sentendosi umiliata per quella ammissione di piacere. Ora che era sopra di lui, aveva spazio di manovra. Attivò il proprio quirk. Lo spinse al muro, tenendo una mano sul suo collo. Lui sembrò innervosirsi. Si sentì controllato da lei. Ma quando guardò i suoi occhi, ugualmente rossi e intensi, si ammutolì.
 
«Mi piace questo sguardo.» disse lei. Lui era corrucciato, mostrava i denti, le sopracciglia erano basse, gli occhi un po’ stretti. Si avvicinò al suo orecchio. «Ti si addice» Jisei iniziò a baciargli il collo, e lui non disse nulla, rapito da quel movimento. Con le mani strinse le sue cosce con forza, e più lei lo baciava con forza, più lui stringeva, in estati.
   
 
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