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Autore: Lady_Whytwornian    22/01/2021    0 recensioni
La guerra tra il Bene e il Male in una trilogia - passato, presente e futuro.
Protagonisti demoni e uomini in uno scontro che è iniziato nella notte dei tempi.
Una guerra contro le Ombre che prendono corpo e forza dalla paura e dai sentimenti negativi. Nessuno è troppo bianco o troppo nero per appartenere al Paradiso o all'Inferno
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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​Passo dopo passo si addentravano nei terreni paludosi che ricoprivano la piana alla base delle pendici dei monti; il rumore del ferro degli zoccoli diventava sempre più sommesso e le voci degli uomini erano sempre più simili a sussurri e bisbigli soffocati.
Una nebbia fuligginosa ricopriva le paludi che si stendevano nella piana. Non un alito non un filo di vento; nulla a disperdere la nebbia che si insinuava attraverso la pelle nelle loro carni fino alle ossa che pareva salire dalle profondità della terra.
A mano a mano che procedevano si guardavano attorno. Ogni cosa era immersa in una pesante coltre bianca, gelida e pungente. Il sole doveva essere sorto, in qualche angolo del cielo, ma i suoi raggi non riuscivano a passare e a scaldare. Cespugli, arbusti, fiori, alberi: tutto appariva come scheletri e ombre nel paesaggio spettrale che circondava le montagne.
La luce che a stento arrivava a terra era rossastra. L’umidità diventava sempre più opprimente. Un effetto combinato del luogo in cui si stavano inoltrando e del giorno che stava avanzando.
Il sole, oltre quella coltre pesante, era arrivato all’apice della sua altezza: da qualche parte doveva essere mezzogiorno.
Il cielo assunse strani colori dalle tinte malsane; anche l’aria era pregna dei miasmi mefitici esalati dalla palude. La colonna militare avanzava lentamente e con maggiori e crescenti difficoltà.
Proseguirono così per tutto il giorno, tra difficoltà e cammini impervi cercando di mantenere un’andatura costante.
Tutto intorno l’aria caliginosa e stagnante aveva reso fluttuante l’orizzonte; dal terreno salivano vapori che facevano vedere ogni cosa che ondeggiava e tremolava. Miraggi di infiniti specchi di acqua che si formavano in lontananza ingannavano la vista del viaggiatore sprovveduto. Il cavaliere che guidava la colonna alzò il braccio destro in segno di fermata. “Alt!” risuonò lungo l’intera armata; come un’unica voce concorde centinaia di soldati segnarono il passo e si fermarono. Rimasero in attesa ordinatamente e silenziosamente. Quando poi ripresero la marcia si diressero verso la base di alcune alture e si accamparono.
Alcuni soldati seduti attorno al fuoco stavano bisbigliando: - Hai sentito? – chiese uno.
- No…cosa? – chiesero gli altri alzando di colpo la testa e strizzarono gli occhi cercando di bucare il buio con gli sguardi.
- Appunto… nulla – continuò il primo – Assolutamente nulla. Siamo circondati da stagni e acquitrini, ma nessun gracidare, nessun ronzio… Nulla… - abbassò di nuovo lo sguardo scuotendo la testa turbato, così come fecero i suoi commilitoni. Il commento era stato molto eloquente.
Era ormai il crepuscolo e con l’avvicinarsi dell’imbrunire il cielo prese ad oscurarsi e l’aria finalmente a raffreddarsi.
Damian si alzò pensieroso; si guardò attorno e scrutò il cielo per cercare di comprendere ciò che non si manifestava apertamente, aspettando forse risposte dalle stelle che iniziavano ad affacciarsi tra il buio. S’incamminò verso alcune rocce che si ergevano sull’altura e che nascondevano ai loro occhi la piana di Shadow. Lord Hamilton lo raggiunse e si sedettero con le spalle addossate alla parete di un terrazzino di roccia che sovrastava lo strapiombo.
- Tutto quello che succede accade perché deve accadere. Se osservi con attenzione, vedrai che è proprio così. L’universo è in cambiamento…Non stare troppo in ansia per l’avvenire perché vi arriverai comunque. Ogni cosa era già stata preparata per te da tutta l’eternità – disse Damian senza mai staccare gli occhi dalla fortezza.
- No – ribatté con enfasi William - l’uomo è artefice del proprio destino. Che razza di uomo sarei? Non voglio lasciare niente di intentato.
Rimase in silenzio. Poi riprese con un tono più sommesso: - Non lo abbandonerò là…
L’abbazia si stagliava nello sfondo della notte, appena rischiarata dalla debole luna che la rendeva ancora più tetra con i giochi di ombre e luci che venivano creati dai suoi raggi argentati.
Shadow e la sua piana. Un luogo dove il tessuto sociale si regge su una parvenza di civiltà, una civiltà corrotta e divorata dal baco della depravazione; piccoli villaggi sparsi fatti di bicocche e baracche fatte con assi di legno ormai reso marcio dall'umidità delle paludi e degli acquitrini putridi circostanti. Shadow e la sua piana. Un luogo immerso nella nebbia, dove ogni cosa viene fagocitata nelle viscere di un perenne pantano. Shadow e la sua piana. Un luogo vivo di morti in cui la malvagità è un cuore pulsante che permette il fluire dell’oscura conoscenza che si riversa come una corrente malefica a inabissare le anime degli abitanti nel giogo profondo delle Ombre.
Nessuno ormai era in grado più sfuggire al loro potere ammaliante tanto devastante è la loro capacità di egemonia e tanto straordinario il loro fascino da esserne ormai completamente assuefatti.
Madre Natura, nel suo ciclo perpetuo di generazione e distruzione, qui si rivelava essere madre terribile e famelica, origine di orride creature.
I suoi tentacoli prendevano forma e si allungavano nella palude, antico e maligno luogo dove la corruzione delle anime si espandeva.
Luogo patria dell’eterna lotta che governa l’universo fin dal suo principio in cui spazio e tempo si confondevano in una spirale indefinita che si avvolgeva su se stessa portando con sé luce e buio mescolandoli in infinite sfumature che si riprendevano e dissolvevano nell’eterno gioco che li lega indissolubilmente.
Ed ora si trovavano ad osservare quella zona di desolazione, dove si confondevano i limiti tra carne e spirito, così fugaci, così caduchi e dove i segreti della Vita e della Morte si muovevano insieme fondendosi in un unico nucleo incandescente la cui conoscenza era ambita fin dall’origine dei tempi.
Un ultimo sguardo e tornarono indietro. L’alba era vicina ed era arrivato il momento di muoversi. Nuvole nere avevano preso il posto della luna e delle stelle e una pioggia malsana iniziò a cadere prima a piccole gocce poi in un scrocio continuo.
- Tutto questo non è naturale - disse uno dei vecchi soldati borbottando poi parole incomprensibili – Questa acqua non viene per dissetare la terra. E’ acqua che brucia…
Sembrò essere molto lontano, con lo sguardo fisso nel vuoto, poi improvvisamente tornò in sé e si mise ad indicare qualcosa oltre la piana, sulle colline.
Un barbaglio dietro le imponenti mura della fortezza aveva attirato la sua attenzione: alzò la mano ferma puntando il dito verso la cupola che pareva essere diventata incandescente.
- Laggiù – disse solamente. Poi ritrasse verso di sè il braccio e per un attimo osservò il pugno chiuso che abitualmente stringeva l’elsa di una spada ora invece racchiudeva un’immagine sacra, ultimo dono di sua moglie.
I presenti voltarono lo sguardo nella direzione indicata. Colonne vorticose di fumo e cenere si sollevavano verso il cielo oscurando in penombra il sole ormai sorto. La nube di detriti ricopriva l’intera vallata facendo ripiombare la piana di Shadow in una notte fonda senza fine.
Damian si chinò a terra ad osservare i frammenti ancora infuocati che li avevano raggiunti. Allungò la mano come per raccoglierne uno. Poi si ritrasse cupo in volto.
- E’ così. – annuì. Come d’abitudine parlava più rivolgendosi a se stesso che agli astanti. Si alzò in piedi e posò lo sguardo verso le rupi.
- Dobbiamo accelerare il passo – disse poi voltandosi verso il re – il fuoco degli Abissi è stato risvegliato. Presto uscirà rovinosamente e dilagherà nel vostro mondo. Nessuno potrà più fermarlo una volta che il Servo si unirà al suo Padrone.
Il giorno precedente avevano discusso a lungo su come avrebbero gestito l’attacco.
Gli ultimi esploratori erano appena rientrati e con le nuove informazioni che avevano portato si stavano affrettando a modificare la mappa che avevano steso sul tavolo nella tenda utilizzata come quartier generale.
La tenda, per quanto grande, conteneva a stento i militari e il grande tavolo su cui era stata stesa la mappa. Tutti erano stretti attorno ad essa. Rappresentava i dintorni dell’Abazia, ma senza dettagli che man mano venivano aggiornati con le informazioni che giungevano con gli esploratori
- Gli ultimi due gruppi sono rientrati Mylord – disse la sentinella a guardia dell’ingresso.
- Fateli venire immediatamente – rispose il re. Aspettavano con ansia questi ultimi dato che erano quelli che si erano spinti più a nord sui monti nei pressi del castello.
Gli sguardi di tutti accompagnarono il gruppo di soldati che con passo lesto era entrato nella tenda. Si fermarono a debita distanza e solo il comandante si avvicinò con sguardo serio e scuro in volto.
Era un uomo esile di aspetto, ma molto agile come conviene ad un esploratore. Il mantello che lo avvolgeva nascondeva un fisico di una inaspettata forza. L’abbigliamento tipico che indossava per poter camuffarsi nell’ambiente non gli rendeva affatto giustizia.
Con voce ferma stava ricapitolando quanto avevano osservato.
Migliaia di esseri infernali brulicavano in quelle terre desolate. Immondi e informi sorgevano dalle viscere della Terra generati e nutriti dall’odio che crescente.
Man mano che procedeva nel resoconto era chiaro che solo la forza della disperazione poteva guidarli in questa ultima strenua difesa.
Ascoltavano le sue parole in silenzio, solo il rumore del vento disturbava la loro attenzione. Un silenzio che portava loro parole ostili che lentamente si andavano ad insinuare nelle loro menti iniziando ad annullare le loro volontà.
Si misero a studiare nuovamente la mappa approssimativa che avevano della zona. Dovevano basarsi sulle poche informazioni che erano riusciti a recuperare e soprattutto dovevano fidarsi di quanto diceva loro Damian. Non tutti accettavano di buon grado che un demone potesse guidarli all’interno di quell’antro infernale. Un demone nel regno dei demoni.
Damian li osservava in silenzio con attenzione come un predatore che studia da lontano le sue prede e sceglie la sua prossima vittima. Un predatore emerso dalle profondità degli abissi con lo scopo di assumere il controllo della loro vita e morte: gli uomini sono suoi prigionieri. Li scrutava in ogni movimento, in ogni azione e ascoltava ogni loro parola.
Improvvisamente si resero conto di essere osservati. Sentivano gli occhi del demone fissi su di loro. Sentivano che le loro menti venivano attraversate da uno sguardo indagatore. Smisero di parlare e si voltarono. Videro Damian sorridere. Era come compiaciuto di quanto stava accadendo.
Il re gli si avvicinò fissandolo negli occhi. Si fermò ad un passo dl suo volto. Cercava di non dimostrate paura. Le sue dita strinsero ancora di più l’impugnatura del pugnale che portava infilato nella cintura. I suoi occhi divennero due fessure: - cosa c’è, demone?
In un attimo Damian tornò ad essere il demone appena uscito dall'inferno. Anche il colore dei suoi occhi cambiò in quegli istanti. Le sue pupille brillarono e divennero completamente nere. Una bassa risata uscì dal profondo della sua gola.
- Umano! Ti stai preparando per combattere qualcosa che giudichi sbagliato. Sbagliato per chi? Nel mio mondo è così che vanno le cose e nemmeno il tuo, di mondo, non è così perfetto come ritieni che sia. Chi ti dà il diritto di decidere cosa è morale e cosa no? Se la mia stirpe avrà il sopravvento ciò che tu definisci immorale diventerà giusto. Ti definisci un idealista, ma quelli come te una volta che cadono dal loro paradiso adattano il loro inferno nel nuovo ideale ed è quello che farai anche tu. Tutti voi vi prostrerete al vostro nuovo signore e troverete che sarà giusto.
- Mai! – urlò il re
Damian scosse la testa: - Tutto ciò che avrete sarà solo un prolungamento delle vostre sofferenze. Trasformate in ideali le cose meramente umane – disse poi piegando leggermente la testa di lato – ma proprio di queste cose umane si nutrono gli esseri che volete combattere. Il vostro pianto, la vostra disperazione, la vostra rovina per loro non sono altro che motivo di piacere.
E scoprirete che i nemici non sono solo tra questi.
- Che tu sia maledetto in eterno, essere infernale!
Quando il demone si accorse della vibrazione nella voce del re gli brillarono gli occhi: gli occhi di un predatore che osserva nascosto le sue prede e pazientemente rimane in agguato.
Non aspettava altro… Annuì. Aveva individuato un punto debole nel re. Se ne sarebbe ricordato al momento opportuno.
Il re si scagliò contro Damian con la spada in pugno. Elbereth fece appena in tempo a frapporsi tra i due: - Padre. No!
Damian non provò nemmeno a scansarsi. Rimase a fissare quell’umano che lo guardava con occhi pieni di odio.
Scoppiò a ridere: - Stolto umano! Io sono obbligato da leggi che risalgono alla notte dei tempi quando dell’essere umano non era nemmeno stato concepito il pensiero, a servire colei che mi ha liberato e a non commettere alcuna azione che la possa in qualsiasi modo danneggiare. Ma nulla più. L’impresa è comunque e solamente tutta vostra.
Rise ancora. Elbereth e suo padre rimasero in silenzio a fissarlo attoniti.
Fuinur stava seduto ad osservare le stelle che stavano sorgendo ad illuminare il cielo notturno.
Osservava e rifletteva. Guardava gli ultimi bagliori del sole che spariva dietro l’orizzonte lontano. Un ultimo guizzo. Un lampo di luce e poi le tenebre che avanzavano.
Un caleidoscopio di immagini turbinava nella mente di Fuinur mentre fantasticava su tutto ciò: abissi neri e profondi che si confondevano con le galassie dell’universo in una danza di colori e dissolvenze al limite della follia.
Fissava il vuoto con occhi sbarrati persi nel buio della notte. L’oscurità lo stava avvolgendo in un freddo abbraccio avanzando e nascondendo lentamente ogni cosa fino al punto in cui non c’era più nulla da guardare, solo il nero vuoto. Lentamente l’oscurità entrava nei suoi occhi fondendosi in un tutt’uno.
Si sentì mancare il respiro: per un attimo credette di essere morto. Poi improvvisamente si destò da tutti questi pensieri. Doveva scendere nelle segrete. Voleva parlare con quel ragazzino. Come poteva essere lui la chiave di tutto? Come poteva quella piccola inutile vita rispondere agli scopi del demone e della sua armata di Ombre?
Ordinò alla guardia di aprire la porta della cella in cui era tenuto segregato il figlio di Lord Hamilton. George si ritrasse in un angolo quando sentì il rumore dei catenacci. Cercò di appiattirsi contro il muro. Si guardò intorno cercando disperatamente un qualsiasi pertugio dove potersi occultare. Se avesse potuto avrebbe cercato di inglobarsi nei massi possenti che costituivano le fondamenta di quella fortezza.
- Dove sei piccolo essere inutile? – chiese ringhiando – Dove pensi di nasconderti?
Passò con lo sguardo l’intera stanza. Poi esclamò: - Eccoti lì…
George si alzò: - Chi sei? Cosa vuoi da me? Dov’è mio padre?
Fuinur rise sguaiatamente. Poi si avvicinò sempre fissandolo.
- È veramente incredibile…la tua vita permetterà la nascita del nuovo ordine.
Il ragazzo continuava a guardarlo attonito. Non riusciva a capire.
Allungò la sua mano e con le sue dita lunghe e affusolate gli sfiorò la guancia rigata dalle lacrime. Le sue labbra si piegarono in una smorfia di disgusto.
- La tua esistenza…la sabbia del tuo tempo è quasi esaurita. Solo pochi granelli sono rimasti. E quando saranno tutti passati così passerà anche la tua vita!
Le parole del conte erano oscure per il figlio di William. Non sapeva nulla di quanto stava ascoltando. Non ne capiva il senso.
Si spostò e andò sotto la grata che rappresentava l’unico collegamento con l’esterno. Alzò gli occhi verso il cielo. Quel ragazzo non sapeva nulla del suo scopo ultimo. Raramente l’universo rivela il senso dell’esistenza.
Anche gli uomini osservavano il cielo e riflettevano.
I loro sogni e pensieri però non erano rivolti agli scopi ultimi della vita. Nei loro animi albergava la paura e cercavano conforto nelle stelle.
Stanotte uomo scoprirai la vera natura di ciò che chiami Ombra.
Allontana tutto ciò che offusca la mente.
- Se vuoi la pace, meritala
- Ogni uomo la merita Damian – gli rispose Elbereth
- No. No Elbereth. Solo quelli che non la disturbano.
  
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