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Autore: Marti_uwu    07/02/2021    1 recensioni
Dal testo:
“Bokkun, io, comunque, sono convinto di essere un bocconcino, è solo che nessuno mi vuole!” esclamò Miya con un tono tra il brillo e il lamentoso.
“’Tsum-Tsum, vedrai che arriverà qualcuno che vorrà dare un assaggio” rispose Bokuto ammiccando.
Sakusa apparve come una specie di pokemon selvatico [...] “Sto morendo di fame.”
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino autrice.
Mi rifaccio viva dopo secoli su questo sito con una SakuAtsu senza pretese ispirata da una fanart di @dumbjailer su instagram.
Spero riusciate ad arrivare in fondo. Buona lettura!
 
Snack.
 
Ancora non capiva cosa avesse fatto di così grave per far sì che tutto l’universo fosse evidentemente contro di lui. In realtà dire che nei suoi ventidue anni di vita ne avesse combinate tante era un eufemismo, quindi forse qualche piccola motivazione poteva anche esserci.
Ma sicuramente a questo livello era inaccettabile.
Perché lui doveva avere questo problema? Era un po’ troppo anche per lui.


Da qualche mese nei MSBY era arrivato Sakusa Kiyoomi. Ed era un dannato problema.
Non se lo ricordava così dalle superiori. Proprio per niente.


Il Sakusa che conosceva lui era una specie di palo della luce molto pallido, con un nido aggrovigliato di riccioli neri che coprivano la parte di faccia che la mascherina non riusciva a proteggere. Inoltre aveva quella specie di aura strana che teneva alla larga le persone che lo rendeva… attraente?
Già alle superiori non sapeva spiegarsi in nessun modo come potesse lui, Atsumu Miya, re dei playboy, essere interessato a uno così. Quando aveva visto Sakusa per la prima volta all’allenamento per la nazionale giovanile aveva provato una specie di scossa lungo la spina dorsale. All’inizio pensava fosse l’inquietudine provocata dall’aura omicida.
Poi il fatto che fosse vestito con dei colori che lo facevano sembrare una via di mezzo tra un evidenziatore e una banana non aiutava a distogliere l’attenzione dalla sua figura. Da quelle gambe lunghissime e dalla sua nuca scoperta su cui scorrevano delle goccioline di sudore…ah, come sarebbe stato bello essere una gocc-
Riscosso dai suoi pensieri, si accorse solo in quel momento di avere la bocca asciutta e di star osservando il corvino probabilmente come un lupo guarda un coniglietto.
Per tutto il ritiro aveva provato a evitare quello strano schiacciatore con i polsi di gomma per soffocare i pensieri poco casti che si formavano nella sua testa ogni volta che si incrociavano per sbaglio.
Non che per quest’ultimo fosse un problema, anzi, meno persone gli parlavano meglio era: meno possibilità di essere toccato e contaminato da germi volanti.


Dopo il ritiro Miya si dimenticò lentamente di Sakusa, anche se quando gironzolava per la città con i suoi amici e vedeva qualcuno vestito in maniera sgargiante, in fondo al suo cuore (molto in fondo, per autoconvinzione) sperava di poter ritrovare quel germofobo omicida.
 
Dire che era sconvolto quando Sakusa aveva fatto il suo ingresso nella palestra dei Black Jackals era dire poco.
Non era per niente simile a quel tipo allampanato e inquietante che ricordava dalle superiori.
Il Sakusa di adesso era una visione mistica.
Aveva sempre le gambe lunghissime e la nuca scoperta, ma dopo mesi passati ad allenarsi insieme i pregi del corvino continuavano ad aggiungersi alla lista mentale di Atsumu.
Innanzitutto, aveva due occhioni scuri in cui avrebbe solo voluto sprofondare. Il fatto che Sakusa lo guardasse sempre storto, più o meno come se volesse ammazzarlo da un momento all’altro, era un misero dettaglio insignificante.
Poi la schiena! Ampia, spaziosa, flessuosa. Come gli sarebbe piaciuto graffiarla e morderla e- No! Non poteva pensare queste oscenità. O forse si, bastava che nessuno lo sapesse.
E c’era un dettaglio. Piccolo, inutile, fastidioso dettaglio. Aveva due nei vicini al sopracciglio destro. Se ne stavano lì a incorniciare tutte le espressioni di Kiyoomi (da quando nella sua testa lo chiamava così?!) e a farlo impazzire.


Sinceramente, cos’aveva di sbagliato per essere attratto da uno così?
Per quanto esteticamente fosse bello, e questo doveva ammetterlo perché era oggettivo, aveva un carattere odioso e irritante.
Sempre a punzecchiarlo, stuzzicarlo, prenderlo in giro.
Per non parlare del fatto che era semplicemente intoccabile. Lui era espansivo, toccava qualsiasi cosa, ogni persona, mentre Kiyoomi non si faceva sfiorare nemmeno per sbaglio. Era frustrante.
Eppure gli piaceva. Nonostante fosse stato immerso come Obelix in una qualche sostanza, forse olio di ricino.
“Le tue alzate stanno peggiorando, Miya”
“Con quella poca forza in battuta non riusciresti a fare un ace nemmeno se il campo fosse vuoto”
Perché a lui? Hinata era sicuramente peggio di lui nelle battute eppure non gli diceva mai niente. Anche quando Bokuto sbagliava una parallela stava zitto e continuava a giocare come se nulla fosse.
Invece con lui NO.
Lui doveva subire tutte le sue battute velenose. Forse avrebbe potuto bere una tisana alla cicuta per evitare di soffrire.
 
Nessuno all’interno di quella squadra riusciva a comprendere la strana chimica presente tra quei due. In campo funzionavano alla grande, quindi non c’era niente di cui lamentarsi, ma fuori era un continuo battibeccare, discutere per le cose più impensabili e guardarsi come due cani che vogliono sbranarsi.
Meian non li sopportava più. Era giunto il momento di fargli un discorsetto. Aveva avvisato la squadra e stava già partendo in quarta quando un innocentissimo Hinata l’aveva bloccato dicendo che non c’era niente di cui preoccuparsi e che lui capiva benissimo la situazione.
Gli altri l’avevano squadrato per qualche secondo come se si fosse presentato a un funerale vestito da clown e avevano provato a credergli.
 
Era fine dicembre e anche i MSBY avrebbero fatto le loro meritate vacanze di Natale. Si erano allenati come dei pazzi nei giorni precedenti e l’allenatore gli aveva fatto giurare di non rimanere tutto il giorno a dormire sul divano. Un minimo di movimento. Almeno per eliminare la cena della Vigilia.
Per salutarsi in maniera decente avevano organizzato una specie di buffet in palestra. Una cosa tranquilla, senza troppe cerimonie.
Si mangia, si beve, si torna a casa.
Miya, intento a sbranare quanti più panini possibili tutti insieme, stava parlando con Bokuto.
Sakusa si stava dirigendo verso il tavolo per afferrare un paio di onigiri, giusto per far contenti gli organizzatori, e poi mangiare a casa su superfici disinfettate.

“Bokkun, io, comunque, sono convinto di essere un bocconcino, è solo che nessuno mi vuole!” esclamò Miya con un tono tra il brillo e il lamentoso.
“’Tsum-Tsum, vedrai che arriverà qualcuno che vorrà dare un assaggio” rispose Bokuto ammiccando.
Sakusa apparve come una specie di pokemon selvatico accanto a Miya e decise che forse poteva lanciare un segnale con noncuranza, giusto per esternare un po’ i pensieri che da qualche mese gli affollavano la testa.
Allungò una mano per prendere un onigiri con gli umeboshi, guardò il biondo come se volesse scuoiarlo e, cercando di mantenere una camminata più normale possibile verso l’uscita, passò accanto ad Atsumu.
“Sto morendo di fame.”



Sakusa si stava allontanando con tutta la calma che era riuscito a trovare. Salutò la squadra, augurò buone feste e cercò di evadere dalla palestra prima che quell’alzatore infame col ciuffo biondo e il ghigno malefico potesse anche solo capire.
Che poi, avrebbe capito? Miya non era proprio un concentrato di intelligenza fuori dal campo.
 
Il resto della squadra lo osservò stupito. Dagli sguardi increduli che si scambiarono tra di loro no, non era un’allucinazione. Sakusa Kiyoomi era arrossito.
 
Bokuto non aveva sentito niente, preso com’era a parlare di sé e di come era riuscito a mandare la palla proprio nel punto in cui voleva quando aveva schiacciato la diagonale.
Miya, invece, era come paralizzato.
Dopo qualche secondo in cui il suo cervello era andato completamente in tilt riuscì a deglutire e a non diventare rosso fuoco.
Non era sicuramente per lui.
Aveva fame. Gli onigiri…
Al diavolo. La voce bassa e roca del corvino non la smetteva di rimbombargli nelle orecchie, ci avrebbe provato. Se fosse stato un malinteso si sarebbe sotterrato per qualche giorno e poi avrebbe lasciato perdere definitivamente.
Afferrò il borsone, urlò “buon Natale!” a tutti e uscì dalla palestra a passo svelto.
Appena uscito dalla palestra iniziò a correre nel parcheggio, giusto per vedere Sakusa mentre apriva la portiera della macchina.

“Omi-kun!”
Sakusa lo sentì forte e chiaro, ma fece finta di niente e, senza voltarsi, aprì il baule per caricarci la sacca.
“Omi-Omi!!”
Ora era ancora più vicino, praticamente impossibile da ignorare. Anche un sordo l’avrebbe sentito.
Chi gliel’aveva fatto fare? Perché non poteva starsene zitto o dirgli che mangiando tutti quei panini insieme era giusto che si strozzasse?
L’unica motivazione plausibile era che improvvisamente era diventato stupido.

Atsumu lo raggiunse correndo, con il borsone che gli rimbalzava addosso e lo sbilanciava ad ogni passo.
Era stato impulsivo. Non sapeva esattamente cosa dire in quel momento. Avrebbe dovuto pensarci prima, ora avrebbe solo fatto la figura dello scemo.
“Cosa vuoi, Miya?”
Il corvino gli rispose col suo solito tono stanco della vita e lo sguardo da morto, ma il lampione faceva abbastanza luce da permettere ad Atsumu di riconoscere un principio di rossore sotto alla mascherina.
Gli stava andando incontro, ora camminando. Si avvicinava sempre di più e Sakusa rimase incastrato contro la macchina. Non aveva via di scampo.

“Miya?”
“Omi-kun, hai fame?”
La voce dell’alzatore era diventata improvvisamente più profonda.
Sakusa deglutì per cercare di non avere la bocca completamente secca.
Non poteva farsi battere, voleva essere lui a guidare il gioco, non avrebbe mai lasciato le redini al suo bastardo preferito.

Atsumu non riuscì neanche a realizzare.
Sakusa si tolse la mascherina con un gesto rapido, lasciandola appesa ad un orecchio, mentre con l’altra mano afferrò l’avambraccio dell’altro, tirandolo a sé. Miya non ebbe neanche il tempo di sbattere le palpebre che il corvino si era abbassato di quanto bastava per far scontare le loro labbra.
Non era niente di più un semplice bacio a stampo, non dolce, non romantico, non previsto, eppure gli era sembrato di volare. O forse erano solo le farfalle nel suo stomaco che cercavano di uscire.
Guardò il moro negli occhi, ancora incredulo.
“Sì, ho fame.”
Gli occhi neri di Sakusa stavano sostenendo il suo sguardo e la sua voce era sicura. Gli servì tutto il coraggio reperibile per formulare un discorso quasi sensato.
“Omi-kun, tu, ecco, come dire, hai un carattere velenoso che ti rende inavvicinabile e sei davvero insopportabile quando schiacci e la palla va ovunque e non so mai dove cadrà o quando mi dici che le mie alzate perfette sono basse, però mi piaci.”
Probabilmente avrebbe potuto dirlo meglio. Sicuramente. Magari senza insultarlo. Però in qualche modo l’aveva detto. Sakusa lo stava fissando dall’alto, lo sguardo sorpreso. Era comunque una reazione positiva, considerando le occhiate omicide che gli riservava di solito.
Passò qualche secondo, in cui lo schiacciatore non smise mai di mantenere il contatto visivo, poi sospirò.
“Miya, sei un arrogante fastidioso che non sa ascoltare gli altri. Sei rumoroso e casinista. E mangi come un maiale.”
Il discorso era terminato.
Perfetto, era finita, almeno ci aveva provato. Abbassò d’istinto lo sguardo. D’altronde aveva ragione. Era effettivamente insopportabile. Il fatto che l’avesse baciato poteva essere dovuto solo a un po’ di tensione sessuale, non significava niente.
“Però mi piaci”
Atsumu risollevò il viso con uno scatto e sorrise a trentadue denti. In qualche modo doveva esprimere la sua gioia e toccare all’improvviso Kiyoomi non gli sembrava una buona idea.
Sakusa portò una mano sulla sua guancia e lo baciò di nuovo.
Atsumu rimase sorpreso come la prima volta. Sakusa Kiyoomi l’aveva toccato e baciato due volte. Volontariamente.
 
Il resto della squadra stava osservando la scena da lontano, strizzando un po’ gli occhi per vedere meglio alla luce fioca dei lampioni. Dire che erano sconvolti era un eufemismo. L’unico tranquillo era Hinata, che ridacchiando andò a mangiare le ultime focaccine rimaste.
“Io ve l’avevo detto che sarebbe andato tutto a posto!”

 
   
 
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