NON AVERE PAURA
*
SOS
*
Marinette fu costretta a chiudere
gli occhi per il dolore, perché il suo compagno l’aveva scaraventata
inavvertitamente addosso ad una parete, e l’impatto sembrava averle causato una
frattura scomposta alla spalla destra.
Se
la massaggiò stringendo i denti, sperando che il dolore andasse scemando, senza
successo, ma passò poi tutto in secondo piano, quando vide Adrien
steso a terra che sembrava ad una prima impressione privo di sensi.
Si
avvicinò carponi, trascinandosi con la gamba ferita che pareva essere
peggiorata.
“Adrien, Adrien” Lo scosse
leggermente e di riposta ottenne un mugugnare incomprensibile.
Tirò
un sospiro di sollievo: era vivo, ma ferito, gravemente ferito.
I
suoi occhi si posarono sulla sua camicia imbrattata di rosso, sul fianco destro
si ergeva un pezzo enorme di vetro.
Fece
per alzarsi, aiutandosi con i gomiti.
“Non
farlo, devo prima vedere come sei messo.” Sudava e tremava Marinette
mentre controllava la situazione, e per poco non ebbe un mancamento, non solo
per il dolore suo, ma per il troppo sangue che usciva da Adrien.
Era
messo male, doveva trovare una soluzione alla svelta, ma per prima cosa, doveva
spostarlo da lì, non poteva rischiare che potesse venire seppellito dal crollo
del soffitto.
Mancavano
pochi passi e sarebbero potuti uscire di lì, ma a volte il destino gioca brutti
scherzi.
Strappò
come meglio poteva un lembo di stoffa, preso da una tenda dell’ingresso
dell’Hotel Le Grand Paris,
lo avrebbe legato stretto attorno alla vita, in modo da poter tenere fermo il
più possibile il vetro conficcato nella carne, così non avrebbe creato più
danni.
Poi,
lo prese per le braccia e lo trascinò fuori, fino a raggiungere il marciapiede.
“Scusami”
Gli disse notando che stava parecchio soffrendo, non si stava lamentando
apertamente, ma a Marinette bastò la sua espressione
per avvilirsi.
Lei
non poteva fare niente per lui.
Adrien aveva bisogno
urgente di un medico, ed ella, non lo era affatto; certo, aveva partecipato
attivamente ai corsi di primo soccorso, sapeva cosa fare in caso di
rianimazione, in caso di soffocamento, aveva un attestato anche per
disostruzione delle vie aeree in età pediatrica, e nel caso del suo amico, la
prima cosa che avrebbe dovuto fare era avvertire i soccorsi e seguire le loro
indicazioni.
Perfetto,
pensò.
Nessuno
però le aveva mai detto come comportarsi nel caso si trovasse assieme ad un
ferito grave nel mezzo di un terremoto, e se anche lei stessa aveva bisogno di
cure.
“Ok,
pensa Marinette” La corvina fece un bel respiro
profondo.
Attese
qualche secondo guardandosi attorno, era tutto completamente buio.
La
corrente era saltata, la strada era leggermente deformata e gli idranti
continuavano a buttare fuori acqua.
Solo
in lontananza si sentivano le sirene dei soccorsi che pattugliavano quelle
strade, alla ricerca di feriti che sarebbero stati smistati negli ospedali
vicini.
“Abbiamo
aspettato troppo.” Marinette era arrabbiata e battè i pugni a terra, ma non c’era tempo per piangersi
addosso, aveva una missione, e la vita di Adrien dipendeva
da lei in quel momento.
“Non
è colpa tua” Sospirò con un filo di voce cercando di trattenere una smorfia di
dolore, per Adrien era difficile anche respirare, ma
non glielo disse, era già in panico così, meglio mentire sulle reali condizioni
di salute, soprattutto perché la situazione non sarebbe cambiata di molto.
“Ci
penso io a te, non ti abbandonerò, non ora che ti ho ritrovato, Chaton”. Gli
volse uno dei suoi soliti sguardi, uno di quelli che lo faceva innamorare
perdutamente ogni volta che si specchiava dentro i suoi zaffiri, e il suo cuore
iniziò a pompare più sangue, pessima idea.
Com’era
stato stupido e idiota a non essersene mai accorto prima.
“Lasciami
qui, va a cercare aiuto per te” Notò che continuava a tenersi la spalla con
l’altra mano, che la benda improvvisata legata sulla ferita al polpaccio, ormai
era intrisa di sangue e faceva fatica a rimanere su, i piedi scalzi erano
feriti e non escludeva che qualche pezzo di vetro si fosse incastrato sotto la
pianta.
“Siamo
una squadra, non abbandonerò mai un mio compagno ferito. Ti giuro Adrien, che ti porterò in ospedale.” Fece una breve pausa “…anche perché mi devi una cena”. Gli disse sorridendo
cercando di distrarlo.
“Hai
dimenticato le scarpe e il vestito”. Aggiunse non perdendo il suo senso
dell’umorismo.
“Giusto”.
Acconsentì lei.
*
Marinette si guardò
attorno in cerca di qualche idea.
“Marinette, possiamo aiutarti?” Le chiesero sia Plagg che Tikki volteggiando
davanti al suo volto.
“Una
macchina, mi serve una macchina. L’ospedale non è lontano, ma non posso
trascinare Adrien per kilometri con quella ferita, non
si reggerebbe in piedi”. La ragazza non ebbe il coraggio di vedere se era
peggiorata o rimasta stabile. “Potrei sempre trasformarmi in Lady Bug e usare il….”.
“Pessima
idea, sarebbe scopo personale” Intervenne Plagg.
“E’
per salvare Adrien, non userei il mio potere per me”.
“Ma
Adrien non è stato colpito da un’akuma,
potresti ottenere l’effetto contrario” Precisò Tikki.
“Allora
trovatemi una macchina, nessuno in questa città lascia più la vetture
incustodite? Solo a me le rubano?”. Già, mesi fa le avevano rubato l’auto
lasciata incustodita cinque minuti sotto casa, giusto il tempo per salire in
camera sua e prendere un cambio. Era la sua prima macchina, comprata con gli
stipendi accumulati durante la stagione estiva, mentre aiutava i suoi in
pasticceria.
“Posso
camminare, milady” Adrien provò ad alzarsi, ma fu costretto a stendersi di
nuovo, perché non sentiva più le gambe, oltre al fianco, e ai polmoni, doveva
avere anche una contusione alla colonna vertebrale.
“Laggiù,
Marinette” Mezza coperta da un albero caduto e il
buio che non faceva vedere bene, si trovava un suv
nero.
“Speriamo
funzioni! Plagg, Tikki,
aiutatemi a metterla in moto”
*
Marinette tirò un sospiro
di sollievo, la vettura era intatta e non sembrava aver subito danni; Plagg aprì con un solo gesto la portiera attraversandola, e
Tikki riuscì ad accenderla.
La
fortuna era dalla loro, per una volta.
Parcheggiò
vicino ad Adrien, in modo da poterlo sollevare e
mettere nel sedile anteriore senza problemi, poi si sarebbero defilati a gran
velocità verso l’ospedale più vicino, che distava solo qualche isolato, meno di
cinque minuti in macchina.
Non
fu facile farlo salire, doveva fare molto attenzione a spostarlo, e andando
incontro a tutte le regole, si era trasformata in Lady Bug, senza quel piccolo
aiuto, non sarebbe mai stata in grado di tirarlo su.
Non
usò il lucky charm, per non spossare la kwami, in quel momento non avrebbe avuto niente da darle
per farle riprendere le forze, e se si fossero trovati in serio pericolo, non
sarebbe potuta intervenire, anche se si stava chiedendo che cosa potesse andare
peggio di così.
Nemmeno
il tempo di finire di pensare, che Marinette spalancò
bocca e occhi, la strada non era percorribile a causa di una voragine che
l’attraversava in orizzontale, dividendo in due la città.
“Che-che succede?” Chiese il biondo ormai allo stremo dello
sue forze.
“Proviamo
un altro percorso”
Marinette girò la
macchina ed avanzò piano, proprio come aveva fatto prima, doveva evitare il più
possibile le buche e bruschi movimenti, nonostante Tikki
e Plagg lo stavano tenendo fermo con i loro poteri,
in quella circostanza non sarebbero durati a lungo e tra un po’ avrebbero avuto
bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.
“Grazie,
Milady” Sussurrò a mezze labbra il
biondo.
“Mi
ringrazierai dopo, quando ti avrò affidato alle cure di un medico”.
“Anche
tu hai bisogno di aiuto, per colpa mia ti sei slogata una spalla e sei ferita
ad una gamba”.
“Un
po’ di pomata e passa tutto. Se non fosse stato per te, mi troverei io al tuo
posto, o peggio ancora”.
Cercava
di tenerlo sveglio, non poteva rischiare che si addormentasse o perdesse i
sensi, avrebbe significato che il suo corpo stava cedendo e questo non poteva
permetterlo, non se lo sarebbe mai perdonato.
“Una
damigella in pericolo, va sempre aiutata, anche se questa è Lady Bug”.
“Forse
non sono molto degna di essere lei, non riesco nemmeno a proteggermi da sola”.
“Non
devi neanche pensarla una cosa del genere, tu sei fantastica Marinette, lo sei sempre stata, sono io l’idiota che non se
n’è mai accorto, quello che era accecato da l’occultamento della maschera”.
Ansimava mentre parlava.
“Se
ti può consolare, nemmeno io ho mai sospettato di te”.
“Si,
ma tu non eri innamorata di me.”
A
Marinette si seccò ancora di più la gola e poteva
sentire come degli artigli affilati che la ferivano.
“S-sei un amico, il mio migliore amico. Avrei dovuto
accorgermene no?” Non sa nemmeno lei come le era uscita una cosa del genere,
certo che è stata innamorata di lui, e lo era tutt’ora, solo che lui non lo
poteva sapere, e come avrebbe potuto? Non glielo aveva mai confessato.
Marinette guardò dallo
specchietto retrovisore e lo vide con gli occhi chiusi.
Non
aveva ricevuto risposta e la cosa l’aveva insospettita, forse non aveva nemmeno
sentito quello che gli aveva detto.
“Adrien!” Lo chiamò, e i due kwami
cercavano di svegliarlo.
“E’
svenuto, Marinette” Constatò Tikki notando la schiena
che si abbassava e alzava.
“Dobbiamo
fare presto” Si preoccupò Plagg.
Ma
quando si dice che le disgrazie non vengono mai sole, la macchina si fermò di
colpo, la benzina si era esaurita a pochi passi dall’ospedale.
Marinette poteva vedere
le luci offuscate, la stanchezza stava avendo il sopravvento, ma non era giunto
ancora il momento di mollare.
Gli
aveva giurato che lo avrebbe portato da un medico, e lo avrebbe fatto.
Scese
di corsa dalla macchina e l’impatto con i sassetti
appuntiti, la fece sobbalzare, ma non c’era il tempo per dire ahia, o di piangersi addosso, oppure
permettersi di svenire perché il dolore alla spalla di faceva via via sempre più intenso.
“Tikki, trasformami” Non sarebbe mai riuscita a portarlo in
braccio con solo le sembianze di Marinette, le
occorreva un piccolo aiuto, al diavolo se questo avrebbe comportato andare
contro le regole.
Senza
nessuna fatica, lo tirò fuori dall’auto e se lo caricò in spalle, non poteva
permettersi di piegarlo.
Camminò
qualche minuto, notando le luci e le sirene sempre più vicine, come le urla di
gente disperata, che rimbombarono forti nella testa di Lady Bug, che chiedeva
solo che quell’incubo finisse presto.
Ancora
pochi passi e sarebbero arrivati a destinazione.
Crollò
con il peso di Adrien addosso.
Tikki senza volerlo
aveva sciolto la trasformazione, la sua portatrice era troppo debole per
sopportare il potere dentro di se.
La
corvina riuscì a spostarsi da sotto il suo corpo con le ultime forze che gli
rimanevano.
“Mi
dispiace” Pianse e copiose lacrime le bagnarono il viso, mentre stringeva
quello di Adrien tra le sue braccia.
“M-milady! H-hai fatto tutto
quello c-che po-potevi” Adrien
riprese i sensi, forse per l’impatto con la strada.
“Sono
una frana, non riesco più a camminare”.
“Hai
fatto anche troppo.”
“Sarai
sicuramente deluso da me”.
“N-no. Questo m-ai”.
“Ti
amo, Adrien” Gli disse mentre sentiva la sua vita
scivolare via tra le sue dita.
Si
accasciò infine anche lei accanto al suo corpo, quando sentì le forze venir
meno.
*
continua