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Sul suo volto si era disegnata una smorfia scocciata, gremita di fastidio, quando in fondo al biglietto che aveva trovato in un angolo del suo laboratorio, assieme ad un sacchetto rosa, aveva notato la graziosa firma di Angol Mois.

Un acre connubio di stizza e sdegno era germogliato furtivamente nelle sue viscere, nel momento in cui si era reso conto che fosse stata proprio la ragazza dai capelli del colore dei petali dei girasoli in Primavera a incidere con un inchiostro nero e sottile su quel piccolo pezzo di carta una folata di parole gentili, che odoravano di una dolcezza a suo avviso eccessivamente stucchevole e irritante: era davvero necessario sprecare il proprio tempo in sciocchezze del genere?

Leggendo la docile sequenza di lemmi, aveva scoperto che il soffice involucro di stoffa che la giovane aveva adagiato a pochi millimetri di distanza dal foglietto contenesse dei deliziosi cioccolatini: spinta dalla bontà del suo cuore, come segno di gratitudine non ricambiata, l'aliena aveva deciso di regalargli dei morbidi concentrati di cacao, latte e zucchero.
Aveva pensato di palesare il senso di benevolenza che provava per lui con un semplice gesto - gesto che aveva cordialmente esteso al resto del plotone, malgrado si fosse preoccupata di riservare al suo amato sir Keroro doni speciali, scelti in base ai suoi gusti, per soddisfare i suoi desideri fanciulleschi.

Sebbene esprimesse la sua disapprovazione in modo molto diverso da Tamama - che invece era solito esplodere alla stregua di un candelotto di dinamite negli istanti in cui veniva consumato dal rancore e dalla gelosia morbosa -, lo disgustavano la purezza d'animo di Angol Mois e l'idea che con le sue tenere azioni volesse provocargli un lieve solletico interiore e attenuare la sua perfidia.

Aveva sempre detestato i suoi continui tentativi di neutralizzare - tramite le sue candide iridi di fata e l'aura d'innocenza che la accerchiava - il nero opprimente del suo spirito, simile ad un fitto groviglio di spine e caustica fiele, di individuare un granello di positività dietro al manto di tenebra di cui adorava impregnare la sua bizzarra personalità.

Aveva sempre detestato i suoi continui tentativi di estirpare - curvando le labbra in una spontanea e raggiante mezzaluna - l'alone di ostilità che gli ronzava attorno, di spegnere le note più lugubri e stridenti delle sue risate, con le quali si era guadagnato l'antipatia di Natsumi e di Fuyuki.

Kururu era fermamente convinto che l'inclinazione al male fosse qualcosa di istintivo, radicato nella sua natura.
Kururu era fermamente convinto che lei non avesse ancora compreso che uno come lui - abituato a trarre un sinistro piacere dal seminare discordia e dal tendere insidie funeste - fosse intollerante alle emozioni più genuine e decorose.






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