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Autore: Aspis95    22/02/2021    0 recensioni
Kwalls afferra all’istante l’avambraccio di Clorice, la nana fa altrettanto e mentre i suoi muscoli si tendono nello sforzo di liberare l’amico dal terreno, avverte una sensazione di calore sprigionarsi dal suo braccio e diffondersi lungo tutto il corpo. La sorpresa iniziale nel vedere le proprie ferite rimarginarsi, nel sentir svanire l’indolenzimento, è dissipata dal sorriso sghembo rivoltole da Kwalls. “Per questo ti ringrazierò più tardi” scherza, facendogli un occhiolino ora che sono spalla a spalla.
“Pensate di venire a darmi una mano o volete prima tornare a fare i vostri comodi in locanda?” Gul'Dan si volta appena verso di loro, gli artigli grondanti di sangue. “Non essere geloso tesoro, posso occuparmi anche di te” gli urla di rimando Clorice. “E per te, brutta bestiaccia.” Il suo sguardo si fissa sui rossi occhi porcini della bestia che li sta attaccando, mentre con un gesto coreografico si sfila l’ascia bipenne da dietro la schiena, per impugnarla a due mani. “Non mi piace lottare con la cena.”
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le montagne con le loro vie impervie stavano ormai lasciando spazio ai boschi e, più avanti, alle dolci colline ricoperte di frutteti. Avevano superato il Passo ormai da quattro giorni e il profilo di Passofreddo si delineava davanti a loro. Kwalls diede un sorso dalla sua fiaschetta e allungò il liquore ai suoi compagni, sporgendosi oltre le corna della sua Gresk.

Mese di Abadius, giorno 26, anno 1345 dalla Nuova Creazione.

È forse un cliché pensare agli elfi come a creature che vivono in una comunione profonda con la natura, che fondono le radici della loro magia con le radici della vita stessa che cresce e germoglia attorno a loro… eppure è proprio così che dobbiamo immaginarci le comunità di Belobeth, immerse in una natura lussureggiante, che non nega i suoi segreti a coloro che si dimostrano dotati della forza di volontà necessaria per accoglierli. L’arte di piegare la realtà al proprio potere non è concepita come un trucco che può essere appreso tra le pagine di un libro, ma come un dono. Un dono che viene dalla Terra o, talvolta, un dono che discende dal Cielo, dalla mano generosa di una qualche divinità.
Certo, non è così nelle Nazioni più centrali del continente. Non è così a Tymeria, dove le varie razze hanno imparato a sfruttare il proprio ingegno, ponendo le doti magiche a servizio del progresso e della tecnologia. Ma qui, nelle verdi terre di confine, il valore delle antiche tradizioni e il legame col creato rimangono elementi imprescindibili nei cuori e nelle menti di coloro che vi abitano. Siamo a Belobeth e, precisamente, in una delle zone più esterne di Belobeth, nella piccola cittadina di Tinuviel.

La luce scarlatta filtra dalle rosse vetrate. I caldi raggi del sole che si rifrangono sul vetro riempiono la navata, che ogni sera al tramonto si riempie come di fuoco. La statua della dea accoglie con sguardo benevolo tutti coloro che oltrepassano il portone del suo tempio e li aspetta a braccia aperte, come una madre che aspetti il figlio smarrito. In quest’ora crepuscolare, i crisantemi bianchi posti ai suoi piedi si tingono d’arancio. A disporli elegantemente nel vaso sono le dita affusolate di una giovane elfa, che incastra tra loro gli steli con movimenti precisi e studiati; senza fretta, senza lasciare nulla al caso. Il suo è un gesto di preghiera, un omaggio alla divinità.

Quando anche l’ultimo crisantemo è stato sistemato con la giusta angolazione, si sofferma per un istante a contemplare quella piccola composizione floreale, per essere certa che niente sia fuori posto. Chinando appena il capo, sussurra un veloce ringraziamento. 

“Ti dono anche quest’oggi la mia arte, Shelyn. Che la ricerca della bellezza in questo mondo possa riflettere sempre il desiderio di incontrare la Tua Bellezza, che è armonia e perfezione e pace del cuore.”

E anche per oggi, la sua meditazione è finita. Si concede una piccola occhiata intorno a sè. Non si era accorta di non essere sola. Non troppo lontana da lei, un’altra figura esile rivolge le sue preghiere verso l’altare della dea. L'abito scarlatto, la spilletta raffigurante un usignolo appuntata sul petto e i lunghi capelli biondi, intrecciati con fili colorati, sono indizi evidenti della sua affiliazione ai Sacerdoti Guerrieri di Shelyn. Tra consorelle è facile riconoscersi.

“Veduì, Eléison!” saluta la ragazza, rendendosi conto di essere osservata. 

“Veduì, Juna… come è andata la tua giornata?”

“Molto bene, direi!” risponde mostrando i palmi delle mani, colorate di pittura. Sono le mani di una persona che non si è risparmiata, che ha messo tutta se stessa nell’opera che stava realizzando, senza timore alcuno di sporcarsi. Ora che ci fa caso, forse anche le note di colore tra i capelli della ragazza non sono date tutte solo dai fili intrecciati, un bel gocciolotto di tempra blu risalta tra il biondo dei suoi capelli. 

Tuttavia, non ha l’aria di una persona che voglia fare conversazione. 

“È giunto un nuovo incarico, Eléison. La missiva è arrivata direttamente dalla Chiesa Centrale”. Dette queste parole, si ferma a scandagliare il suo sguardo. È un istante di esitazione brevissimo, quasi impercettibile, prima che aggiunga “Ha a che fare con la Mano Rossa”. 

Quel nome colpisce Eléison come una cascata gelida sulle spalle. Juna sa quale effetto quelle due semplici parole facciano su di lei, conosce il suo dolore. Ed Eléison non si sforza di nascondere il proprio turbamento, nonostante gli anni di addestramento le abbiano insegnato a non lasciarsi controllare dalle emozioni. Fa solo un cenno con la testa, sa che se parlasse le tremerebbe la voce. Juna rispetta il suo silenzio e senza aggiungere altro, le porge una missiva.

È con un groppo alla gola che legge le parole vergate sulla carta, due volte, prendendosi tutto il tempo necessario per essere sicura di aver assimilato ogni minimo dettaglio impresso in quella grafia sottile e sbilenca.

Figli di Tinuviel,

che l’amore guidi le vostre anime.

Nella vicina Tymeria sembra che la Mano Rossa stia riuscendo a sconvolgere gli equilibri. La natura sembra riflettere l’inquietudine del popolo tymeriano e legami più profondi si svelano adesso ai vostri occhi. La delicata condizione diplomatica ci spinge a rivolgerci a voi, Popolo del Passo, per raccogliere nuove informazioni in merito alla vicina nazione. Siamo stati informati della presenza di un pentito della Mano Rossa a Kanis Kagora, sembra che la sua posizione fosse di rilievo all’interno dell’organizzazione. Ha concesso un incontro con una rappresentanza di Belobeth, a patto che fosse una seguace della Chiesa di Shelyn.
Lo troverete all’Orfanotrofio della Madre sotto il nome di copertura di Rozek. Rispondeva un tempo al nome di Zon-Kozer nell’organizzazione della Mano Rossa. Vi aspetterà nelle ore buie che precedono l’alba del trentesimo giorno del mese di Abadius. Riconoscerete la stanza ove avverrà l’incontro: situata al piano terra, a est, sarà l’unica con la luce accesa.
Qualunque informazione ci sarà utile.
Chiesa di Shelyn, Vescovo Julius

Belobeth, città di Varia, ventesimo giorno di Abadius, anno 1345 N.C.

 

“Andrò da sola in questa missione, immagino.” Lo chiede con tono sbrigativo, senza alzare lo sguardo dal foglio che tiene tra le mani e che sta ripiegando con cura prima di riporlo al sicuro nella tasca interna del proprio mantello. Dovrà tenerlo lontano da sguardi indiscreti, certo, ma il sigillo della Chiesa che vi è apposto potrà, all’occorrenza, aprirle molte porte.

“Non dobbiamo dare nell’occhio. È forse già tanto che siamo riusciti a contattarlo, è forse già tanto…”
“Che lui sia riuscito a contattare noi, sì.”

Tra le due cala un silenzio assenso, prima che a Eléison sfugga un sospiro.

“Non so che cosa dovremmo aspettarci da un incontro simile. Forse non ho meditato abbastanza per questo.” 

Il sorriso sul volto di Juna è carico di comprensione, appoggia una mano sulla spalla della consorella e le parla con tutta la dolcezza che è capace di infondere nella propria voce.

“Hai ancora un altro giorno per rivolgere a Shelyn le tue preghiere. In tre giorni di viaggio dovresti arrivare abbastanza agilmente, si tratta solo di superare la Tenaglia… prenditi un mantello più pesante per il viaggio, ti servirà ora che l’inverno sta arrivando.”

Dopo un ultimo saluto a Juna e un ultimo inchino rivolto alla dea, si dirige subito verso le stalle, dove sono a disposizione le cavalcature per i membri della Chiesa. È una Chiesa piuttosto ricca, fornita di molte risorse, complice il fatto di sorgere in un territorio di passaggio, piuttosto strategico a livello commerciale, ben collegato con varie comunità.

La sua attenzione è subito catturata da un cavallo dal manto di un nero lucido, e pensa scioccamente che insieme formerebbero una bella coppia: hanno lo stesso colore di capelli. E come i suoi capelli sono resi più vivaci da decine di nastri delle tonalità dell’arcobaleno, così il manto dell’animale è impreziosito da una macchiolina bianca a forma di stella sulla fronte. Si avvicina senza timore, allunga una mano ad accarezzargli il muso e gli offre una bella carota da sgranocchiare. La diffidenza dell’animale si azzera immediatamente. 

“Chi sa come ti chiami…” si domanda ad alta voce, cercando con lo sguardo la targa che riporti il nome dell’animale. Brisingr. Significa “fuoco”, in un antico dialetto locale. Beh, almeno mi terrai al caldo lungo il tragitto, pensa ricordando il consiglio di Juna. Un sorriso le sorge spontaneo sul volto e insieme ad esso, giunge la consapevolezza che quello è proprio il tipo di battuta squallida che avrebbe fatto Hwindë. Le dita corrono istintivamente a giocherellare col sottile bracciale che splende attorno al suo polso sinistro. Con una punta di nostalgia, abbassa lo sguardo a leggere le parole che vi sono incise sopra: Yà ni aselyë, umbë nin nànye ve hwindë yà lairë menë. Ogni volta che sono con te ho la sensazione di essere come una betulla quando arriva l'estate.


 
   
 
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