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Autore: Aristofane4ever    04/03/2021    0 recensioni
"Per insaporire i tuoi piatti, in modo sano e colorato."
Dove Yoongi si finge un famoso regista pubblicitario, Namjoon è l'improvvisato attore di tale spot, Hoseok balla hip hop su brani di musica classica, Taehyung e Jungkook sono un duo country e Seokjin è un bidello. Jimin non è nulla, o forse ricopre molti più ruoli di quanti immagina; sicuramente è il loro collante.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.


Πλανῶμαι 

/Pla-nó-mai/

“Andare errando, vagare”

 

“Accorrete velocissimi: le scorte potrebbero finire prima di quanto immaginate!”

Dopo qualche secondo di completo silenzio, si levò una voce pigra, dalle parole quasi sussurrate, strascicate e morbide. “Va bene. Ti faremo sapere.” 

Jimin lanciò un’occhiata al ragazzo al suo fianco, guardandolo sbadigliare e stiracchiarsi: la sua espressione era impassibile; ma lui sapeva leggerlo e sapeva anche cosa significava quella posizione delle labbra, i cui angoli erano impercettibilmente rivolti verso il basso. Scarabocchiò in inchiostro blu un “no” accanto al nome del candidato appena sceso dalla pedana, allestita un paio di mesi prima nell’aula magna della loro scuola. Situata a livello del piano terra dell’istituto, era un auditorium piuttosto ampio, dove la disposizione delle sedie formava una U; tutte miravano al centro. 

In realtà, lo studente che aveva parlato come se stesse recitando la più drammatica tragedia di Shakespeare non aveva convinto nemmeno lui, tuttavia era tutta la mattina che valutavano la performance di poveri giovani privi di esperienza ma gonfiati di egocentrismo; l’unico suo desiderio era sgranchirsi le gambe e pranzare, ma non poteva muoversi dalla sua sedia finché non l’avesse deciso colui che in quel momento era il suo superiore.

“Jimin.”

Il ragazzo si sentì richiamare, perciò si voltò verso di lui velocemente, e i suoi capelli biondi segnarono per un secondo un cerchio in aria, simile a un’aureola. 

“Sì, hyung?”

“Così non va bene: non c’è nessuno di bravo, e i professori non ci lasceranno prolungare le audizioni per altri giorni. Io, però, ho un’idea.”

Un brivido scosse Jimin; aveva seriamente paura: la maggior parte delle iniziative avanzate dal suo amico si rivelava un flop totale. Era anche sicuro che, come al solito, avrebbe avuto l’infausto compito di esserne il braccio, l’attuatore. 

“Tutti sono venuti qui con un discorso preparato a casa e provato diverse volte. Manca un aspetto che potrebbe fare la differenza: la spontaneità. Non voglio qualcuno che ripeta una frase fatta, ma l’improvvisazione che permette al cliente di essere ammaliato e correre a comprare il nostro prodotto.”

Jimin annuì, completamente d’accordo. Approfittò della pausa compiuta da Yoongi per svitare il tappo della bottiglietta d’acqua che aveva con sé e portarla alle labbra. 

“Ho la soluzione.” Gli fece un occhiolino davvero inquietante. “Adesso andrai a dire a tutti gli altri candidati che siamo in pausa. Poi, farai un bel giretto per i corridoi e sceglierai uno studente che ti ispira. Lo porterai qua e improvviserà tutto.”

Fortunatamente, Jimin non aveva ancora bevuto un goccio d’acqua, altrimenti l’avrebbe sputata. Lo sapeva; avrebbe scommesso che l’altro stesse attuando un piano per distruggere la sua dignità e far crollare quel poco di reputazione che era riuscito a montare lentamente, come se fosse una costruzione Lego

Il suo rifiuto sarebbe stato vano, perché Yoongi non accettava di essere contraddetto. Avrebbe potuto cogitare ed esporre un’idea migliore, ma in quel momento aveva la mente vuota, se non per la frustrazione che ancora la popolava.

“Appena adocchi quello giusto, non puoi permetterti di fartelo scappare: costringilo a venire qui con qualsiasi mezzo. So che puoi essere persuasivo, Chim; sfrutta le tue doti, per il bene di questa scuola e, soprattutto, per il mio.”

 

Era in questo modo che Jimin si era trovato a scandagliare i corridoi di tutta la scuola in cerca del volto giusto. Era da poco iniziata la pausa pranzo, quindi incrociava lo sguardo di abbastanza persone per avere una vasta gamma di scelta, ma non così tanti da rischiare di diventare lo zimbello di tutti. 

Adorava Yoongi; era uno degli amici per cui avrebbe fatto di tutto (come la stessa situazione che stava vivendo in quel momento dimostrava), tuttavia, a suo parere, avrebbe dovuto imparare a sporcarsi di più le mani. 

Il ragazzo biondo era giunto nell’atrio quando aveva concluso che non avrebbe trovato un motivo convincente per trascinare la sua vittima nell’aula magna. 

Straordinariamente, tutti gli studenti gli sembravano uguali e banali, non adatti al filmato che dovevano registrare. Li aveva osservati tutti, avvolti in uniformi allacciate di fretta, con le cravatte allentate e i capelli spettinati. Parlavano appoggiati al muro; talvolta sfogliavano un libro, con lo scopo di ripassare per un test delle ore successive. 

Avendo tutti l’aspetto trasandato (Jimin si chiese se anche lui avesse qualcosa fuori posto), spiccava solo ciò che era diverso, ossia perfettamente ordinato. 

E solo un ragazzo, tra quelli che vedeva in quell’istante, pareva essere appena uscito con calma dalla sua stanza. Non conosceva il suo nome, ma decise che, poiché con molte probabilità nemmeno l’altro sapeva chi fosse, sarebbe stato un punto a suo vantaggio.

Fermatosi a pochi metri di distanza per ripetersi mentalmente tutto ciò che gli avrebbe dovuto dire, certo di un secco rifiuto, percorse i metri che lo separavano dalla vittima con il cuore che gli pulsava nel petto alla velocità con cui le gocce di pioggia colpiscono il terreno. Il suo obiettivo stava scorrendo con aria annoiata la schermata del cellulare, mentre al suo fianco uno studente dai capelli che riflettevano in sfumature rossastre i tenui raggi del sole compiva la medesima azione con le gambe piegate e la schiena completamente appoggiata al muro.

Jimin marcò maggiormente gli ultimi due passi e, sebbene si fosse preparato a qualsiasi reazione, sussultò quando un paio di occhi grigi si staccò dal cellulare per squadrare la sua figura.

Le ginocchia del biondo tremarono per un secondo, e lui maledì Yoongi per averlo obbligato a ritrovarsi in quella situazione. Deglutì e vestì il sorriso che più riteneva idoneo al contesto.

“Ciao!” esclamò, forse in modo troppo esuberante; si accorse che anche il ragazzo dai capelli rossi lo stava guardando perplesso. 

“Ciao. Hai bisogno di qualcosa?” gli chiese colui che aveva individuato come vittima. Da vicino sembrava ancora più ordinato.

Jimin fece un nuovo passo in avanti, incerto sul proprio destino. “In realtà, sì.” Sorrise nuovamente. “Penso che tu abbia sentito parlare del Sale di canna arcobaleno. Io sono l’assistente dello studente che si sta occupando di registrarne la pubblicità.” 

Si assicurò di osservare l’espressione dell’altro, per essere certo che stesse seguendo il suo discorso; era neutra. “Sfortunatamente, tutti coloro che si sono presentati questa mattina non sembravano affatto convincenti, perciò mi hanno mandato a cercare qualcuno che improvvisasse lo spot.”

“Mi stai dicendo che dovrei farlo io, oppure dovrei chiedere a qualche mio conoscente?”

“Tra tutti, tu mi sei sembrato il più adatto a questo ruolo. Ti va di venire con me per una decina di minuti?”

Jimin attese qualche secondo in silenzio, aspettando impaziente il verdetto. Era sicuro di aver fatto un buco nell’acqua, ma il ragazzo davanti a lui gli pareva abbastanza maturo da non andare in giro per la scuola a raccontare la strana proposta che gli era stata avanzata. 

“Ci guadagnerei qualcosa?” domandò il proprietario degli occhi grigi, dopo aver ridacchiato compostamente.

L’altro sembrò riflettere, indeciso, per poi obbligarsi a promettere qualcosa che non era certo di potersi permettere.

“Ovviamente le ore dedicate a questa attività rientreranno nel monte per i crediti formativi.” Ogni parola che usciva dalla sua bocca era come un sasso che andava a sommarsi a quelli che avevano già dimora nel suo stomaco. Erano bugie bianche, nere, rosse, blu, verdi. Oscillò in modo lieve da una gamba all’altra.

“Va bene, allora” disse la sua vittima.

“Va bene?” Jimin rimbalzò sul posto, convinto di non aver udito bene. Non poteva davvero aver fatto centro al primo colpo. “Non paio pazzo o disperato?”

Il ragazzo ripose il proprio cellulare nella testa posteriore dei pantaloni neri della divisa e tornò a guardarlo. “Assolutamente. Cosa non si fa per i crediti.”

In quel momento, Jimin ripeté nella sua testa una massima molto utilizzata da suo padre, cogli l’attimo, pensando che avrebbe sistemato il futuro una volta che questo gli fosse piovuto addosso.

   
 
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