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Autore: Violet Sparks    10/03/2021    23 recensioni
Per cui sì, non è sempre facile comprendere cosa passi per la testa di Kageyama Tobio.
Eppure, il corpo di Hinata ci riesce benissimo.
Non ha ancora capito perché.
[KageHina - First Time - Yaoi]
[Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna]
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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BD
Body Dialogue
  

Solo l’amore,
con la sua scienza,
ci rende così innocenti
(Violetta Parra)
 
 
 
Il problema è, non è sempre facile comprendere cosa passi per la testa di Kageyama Tobio, questa è una cosa che Hinata ha imparato, spesso a sue spese, nel corso del tempo.
Non che il giovane alzatore utilizzi vocaboli astrusi, espressioni bizzarre o metafore troppo complicate. Semplicemente, il più delle volte, ciò che esce dalla sua bocca non sembra essere in coordinazione con le parti restanti del suo corpo, quasi come se organi e cervello parlassero due lingue differenti e non riuscissero mai davvero ad armonizzarsi.
Soprattutto quando il loro destinatario… beh, è lui.
Kageyama dice a Hinata che la sua schiacciata è stata decente, però sotto sotto sorride e passa un braccio intorno alle sue spalle.
Kageyama gli rimprovera che mangia troppo e troppo velocemente, però lascia sempre qualche boccone di carne sul lato del piatto, così che gli sia più facile rubarlo, mentre lui farà finta di non vederlo.
Kageyama infila le dita nei suoi capelli, li stringe un poco e “Non c’è niente di cui avere paura, idiota...” gli sussurra bruscamente all’orecchio, quando stanno per entrare in campo, però -casualmente- poi lascia la mano sulla sua testa, finché non si è calmato.
Kageyama lo spinge, lo strattona e “Ti odio! Ti odio! Ti odio!” grida a squarciagola, riversandogli addosso tutta la rabbia e la frustrazione che la sconfitta subita gli sta svuotando nelle vene.
Però si siede accanto a lui sul pullman, in religioso silenzio.
Però Hinata lo sente piangere, senza emettere alcun lamento.
Però la sua gamba nuda preme contro la propria, forte, come a dire: non è vero, non è vero niente. Stai qui con me, ti prego, non te ne andare.
Però quando Hinata gli prende la mano, la intreccia stretta alla sua.
 
Per cui sì, non è sempre facile comprendere cosa passi per la testa di Kageyama Tobio.
Eppure, il corpo di Hinata ci riesce benissimo.
Non ha ancora capito perché.
 
Succede senza che lui se ne accorga, di solito all’improvviso, ma con una precisione e una immediatezza che lo lasciano sempre un po' stupito, disorientato come davanti ad un trucco di magia.
Hinata si muove nel mondo, inconsapevole e solo, e invece c’è qualcosa dentro di lui – un frammento di cuore, una libra di cervello- che semplicemente sa cosa farà Kageyama dopo, sul campo da pallavolo quanto al di fuori, nella vita reale. Sa quale azione compirà, quale osso muoverà, quali muscoli e quali tendini metterà in funzione e allora ecco che ha inizio, quella strana danza tra loro due, su una melodia silenziosa che né lui né Kageyama pensano di conoscere ma che, a quanto pare, deve essere stata inculcata loro dalla nascita, insieme alla vita.
A volte Hinata si guarda allo specchio, passando la mano tre le pieghe del suo corpo e scioccamente si chiede se gli spazi vuoti che vede potrebbero essere colmati da quelli di Tobio, in un incastro perfetto. O forse se essi, in realtà, siano nient’altro che cicatrici, ferite vecchissime, ormai rimarginate, lasciate dallo strappo con cui li hanno separati.
Pezzi dello stesso spirito.
Brandelli della stessa carne.
Parti dello stesso tutto.
 
E tutto sente, Hinata, quando Kageyama lo tocca.
E tutto è, Hinata, quando Kageyama, per la prima volta, lo bacia.
 
Socchiude le palpebre, le stringe.
Afferra le lenzuola madide sotto di lui, accartocciandole tra le dita fin quasi a strapparle, quindi soffoca un gemito tra i denti, ricacciandolo nelle profondità della gola mentre inarca la schiena.
Hinata non vorrebbe avere quelle reazioni imbarazzanti, scomposte; vorrebbe sapersi dosare come i personaggi di quei film romantici che ogni tanto Yachi lo costringe a vedere dopo gli allenamenti, dove il sesso sembra sempre così semplice e i corpi scivolano senza ostacoli o costrizioni, invece il dolore è una scarica di fuoco dritta nel suo basso ventre e la sua mente è un turbinio di sensazioni troppo sature, troppo intense, che insieme lo offuscano e lo schiacciano.
Non ha più il controllo, forse non lo ha mai avuto.
Non ricorda più dove si trova o che giorno sia, non percepisce più lo spazio intorno a sé. Tutto ciò che c’è, è il suo sangue impazzito che turbina nelle vene e gli ronza in testa, tanto bollente che forse gli scioglierà la pelle, e il suo cuore indomito che corre e corre e corre e probabilmente sta per fracassargli la cassa toracica.
Sente una lacrima scendere, solitaria, lungo la tempia.
Aspetta che arrivi ad accarezzargli l’orecchio, che si posi sul cuscino, accanto al suo volto in fiamme, per fargli compagnia, tuttavia all’improvviso una mano gentile la ferma e la raccoglie, portando con sé anche la sua guancia.
Hinata riapre gli occhi piano piano, un millimetro alla volta come se gli costasse fatica.
Poi lo vede e gli si spezza il fiato.
Kageyama è sopra di lui, i capelli nerissimi che gli ricadono sulla fronte in una pioggia di rovi, il corpo glabro, imperlato di sudore, bagnato dal sole aranciato del tramonto che inonda la stanza e colora le loro pelli della stessa tonalità del miele, il collo sottile arrossato in più punti, teso fino allo spasmo. 
È dentro di lui, finalmente.
Hinata sente il suo bacino combaciare con il retro delle proprie cosce, la sua durezza umida di lubrificante modellarsi nella morbidezza cedevole delle sue membra ed è qualcosa di così nuovo e così bello e così dolorosamente violento che tutto ciò che riesce a fare è rimanere lì – attonito, stordito- e tremare, mentre Kageyama lo osserva, in un silenzio immobile che porta dentro di sé un sentore quasi sacrale.
Nei suoi occhi di profondo oceano, c’è uno sguardo che Hinata non conosce, non gli ha mai visto addosso.
È aperto, nudo, indifeso, il baluginio di una tenerezza che mai avrebbe pensato di poter associare a quel ragazzo spesso un po' ruvido, un po' scontroso, ma che adesso invece riverbera, spiraglio minuscolo dell’universo che Kageyama nasconde gelosamente sotto la sua corazza di pietra.
Trema.
Trema quanto lui, forse anche di più.
La sua mano è ancora poggiata sulla sua guancia, quasi in un appiglio, la sua bocca è schiusa su un respiro pesante e roco come dopo una lunga corsa e allora Hinata all’improvviso capisce.
Capisce che Kageyama è bloccato sotto il suo stesso maremoto di emozioni, cristallizzato nel suo medesimo sgomento, a metà tra il terrore e la meraviglia, e allora si sente talmente stupido, talmente fortunato e talmente innamorato insieme, che pensa che presto il cuore gli esploderà nel petto, facendolo a pezzi.
“Kageyama.” lo chiama, le sillabe che si impigliano sulle labbra, fuoriescono appena “Tobio…”
A quel suono, le dita sul suo viso paiono rianimarsi, scivolando in una carezza lieve lungo il mento, lo sterno, lo stomaco teso, l’inguine leggermente ammorbidito dal bruciore che ancora avverte nelle profondità più recondite del suo corpo.
Kageyama non smette mai di guardarlo, nemmeno per un secondo, tuttavia la sua bocca si apre in un piccolo sorriso, uno di quelli che ha il potere di far sfrigolare la pelle di Hinata come una scossa elettrica e che gli piacerebbe tanto poter immortalare nella sua memoria per sempre, perché così rari e quindi così preziosi da somigliare ad un segreto.
“Shouyou.”* lo chiama a sua volta, parendo gustarsi il suo nome sulla lingua. Le sue dita vagabonde inaspettatamente si serrano intorno al suo sesso e iniziano a pomparlo in un modo che lo fa sussultare dal piacere. Poi, dal nulla  “Shouyou…” pronuncia di nuovo, sorridendo un po' di più questa volta, un guizzo di malcelata furbizia a luccicargli in viso “Mi piacciono queste lenzuola, non le strappare.”
Hinata resta interdetto per un momento.
Dopodiché scoppia a ridere.
Dovrebbe essere arrabbiato probabilmente, dovrebbe insultarlo, riempirlo di pugni perché – andiamo!- non è possibile che Kageyama faccia l’idiota re dispotico, che abbaia ordini a casaccio, perfino in un momento del genere, rovinando l’atmosfera, ma la verità è che non può farlo.
Non può farlo perché il ragazzo copre la sua bocca con la propria e lo bacia affamato, irruento.
E quando Hinata lascia finalmente la sua presa sulle lenzuola, come gli è stato detto, ecco che la magia si compie, che la danza ha inizio: il suo corpo si armonizza a quello di Kageyama di puro istinto, una catena perfetta di azioni e reazioni, simile agli accordi di una melodia.
Sa già che, nel momento in cui solleva le braccia sopra la testa, posando i palmi aperti sul cuscino, Tobio non lo farà attendere molto prima di intrecciare le loro mani, in una presa che avrà il sapore di protezione e di possesso. Sa già che, nel momento in cui allaccia le gambe intorno al suo busto, Tobio prenderà a muoversi lento, dondolandosi fuori e dentro di lui con una cura che non ha mai messo in niente, nemmeno nella pallavolo. Sa già che nel momento in cui il dolore arriva di nuovo e altre lacrime gli si addensano tra le ciglia, minacciando di cadere, le dita di Tobio si stringeranno alle sue ancora più forte – sto qui, va tutto bene, non avere paura – la sua bocca verrà a raccogliere i suoi respiri rotti e la sua fronte si poserà contro la sua, cullandolo dolcemente.
 
Il piacere è come un brusio di sottofondo.
Hinata lo insegue in mezzo al vortice di sensazioni che gli sta capovolgendo il flusso del sangue, lo cerca, lo brama e quando alla fine lo trova, è una musica che sale e sale, in un turbinoso crescendo, finché non scoppia in un grido roco che fa fatica a riconoscere come proprio.
Kageyama allora se lo preme addosso, quasi volesse fonderli insieme, lo divora pezzo a pezzo, mentre aumenta il ritmo e lo tocca rapidamente, facendogli inarcare la schiena.
“Tobio…” un nome che è una preghiera “Tobio.”
“Shouyou.” l’unica risposta possibile “Shouyou.”
E l’amore diventa un gioco, lo stesso che si divertono a creare sul campo.
 
Vengono insieme, in quel loro sincronismo unico e indefinibile, guardandosi dritto negli occhi senza doversi dire niente, mentre i gemiti si mescolano, viaggiando tra le loro labbra schiuse, affollate di ansiti.
Hinata circonda Kageyama con le braccia, se lo tiene contro il petto, non lo lascia andare via.
Scemo…” mormora a quel punto l’alzatore, però sorride lì dove si trova, immobile, a un millimetro dal suo cuore.
È il suo modo di dire: “Ti amo”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* Shoyo è il nome di Hinata, così come il precedente Tobio è il nome di Kageyama.*
Per chi non lo sapesse, i giapponesi usano molto i cognomi e poco i nomi.
Tra conoscenti, ma anche tra amici, è normale chiamarsi con il cognome. Il nome viene usato – e nemmeno sempre –
soltanto in caso di amici molto stretti, con cui si condivide una forte intimità.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE AUTORE
Buonasera amici! Mi presento, sono Violet Sparks e sono tanto, tanto emozionata perché questa è la mia prima volta nel fandom di Haikyuu e spero di aver cominciato con il piede giusto!
Ho scoperto questo anime/manga soltanto da poco - faccio mea culpa- ma è stato un colpo di fulmine totale e… impietoso, aggiungerei. L’ho divorato puntata dopo puntata, stagione dopo stagione ed esso, in cambio, mi ha letteralmente rubato il cuore con tutte le sue coppie, le loro dinamiche, nonché i personaggi stupendi che ne fanno parte!  
Kageyama e Hinata in primis, mi sembra scontato.
Devo ammettere che ho avuto non poca difficoltà a metterli su carta, sebbene il loro legame mi ispirasse da morire. Sarà che ci vedo dentro così tanto amore e così tanta tenerezza che a volte mi sono sentita quasi inadeguata nel mio tentativo di raccontarla, di metterne su carta almeno un frammento. Spero di esserci riuscita almeno un poco e di avervi trasmesso anche soltanto un grammo di quella purezza che loro hanno trasmesso a me nel corso della seria.
A voi l’ardua sentenza!
A presto
 

Violet Sparks
   
 
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