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Autore: Slytherin_Divergent    12/03/2021    0 recensioni
In un mondo dove la popolazione ha tatuato sul proprio corpo il nome della propria anima gemella, quando si compie una certa età sul corpo di chi può rimanere incinta compare una macchia bianca.
Kenjirou tiene nascosta la sua da anni a causa del terrore dei genitori e quando scopre di aspettare due gemelli allontana Eita e tutti i suoi cari. Per tre anni lui e la sua anima gemella non si vedono e quando riprendono i contatti sembra andare tutto per il meglio, almeno fino a quando Kenjirou non trova il suo migliore amico svenuto in bagno e scopre che qualcuno ha rapito i suoi figli e vuole ucciderlo.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Taichi Kawanishi
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Violenza
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Kenjirou aprì il portone del palazzo con una spinta ed entrò all'interno con un sospiro stanco.

Erano passate tre settimane da quando Yukine e Fuyuki si erano quasi fatti ammazzare nella casa abbandonata e da quel momento Kenjirou aveva quadruplicato la sua attenzione su tutto ciò che facevano. Quando Taichi accompagnava prima loro all'asilo – Akihito aveva detto lui che i loro genitori lo avevano praticamente pregato per far sì che convincesse il fratello ad accettare i soldi per la retta – e poi lui all'università il castano attendeva ogni giorno che entrassero in classe, si togliessero le giacche e dicessero alla maestra che erano arrivati per poi andare a giocare con gli altri bambini e quando erano a casa non passava un minuto senza sapere cosa stessero facendo. Quando Eita aveva notato questa sua guardia quasi ossessiva aveva provato a dirgli qualcosa, ma l'occhiata omicida che aveva ricevuto non appena aveva aperto bocca lo aveva convinto a rimanere in silenzio e accettare le decisioni della sua anima gemella.

Shirabu prese in mano la chiave dell'appartamento e fece per inserirla nella toppa ed esclamare un "sono a casa" per avvertire Taichi, ma si bloccò non appena notò che la porta era socchiusa. Tirò un profondo respiro tentando di convincersi che il suo migliore amico l'aveva appena aperta per uscire, ma non udì alcun rumore all'interno dell'abitazione quindi scacciò quella speranza. Si tolse le scarpe e la giacca il più silenziosamente possibile ed entrò, stando attento a chiudere la porta facendo il minimo rumore possibile.

Il salotto era deserto. Per terra erano sparse parecchie costruzioni e sul fuoco stava bollendo dell'acqua. Kenjirou lasciò la giacca sul divano assieme allo zaino e si diresse verso la camera da letto. Anche questa era completamente vuota, quindi optò per il bagno. La porta era socchiusa e la luce accesa, quindi, si disse, forse, erano tutti lì e non c'era motivo di preoccuparsi, ma il silenzio spettrale del posto non lo convinceva. Spinse leggermente la porta e per poco non sentì le gambe cedere.

Per terra c'era il suo migliore amico. Doveva aver perso conoscenza, ma sembrava ancora vivo. La parte più spaventosa della scena di fronte a lui era il suo riflesso nello specchio di fronte alla porta. Al centro c'era lui, con gli occhi sgranati e pieni di paura, e dietro di lui c'era la figura di una ragazza incappucciata e completamente vestita di nero, con in mano una mazza da baseball.

Schivò il colpo diretto verso la sua testa solo perché le sue ginocchia cedettero e crollò a terra, ma il secondo non glielo risparmiò nessuno. La ragazza lo scaraventò contro la muro del corridoio afferrandolo per il colletto della maglia e il castano si accasciò a terra con un gemito di dolore. Si puntellò sui gomiti e si rialzò in fretta e furia, afferrando la maniglia del salotto e strattonando la porta. Quando quella non si aprì, si rese conto che dovevano averla chiusa a chiave. Quando la sconosciuta ne avesse avuto il tempo, poi, lui non lo sapeva.

L'unica opzione plausibile fu quindi quella della camera. Girò la chiave della stanza appena in tempo perché la ragazza non riuscisse ad aprirla ci spostò davanti il comodino, poi tirò fuori il cellulare e compose con le dita tremanti il numero di Eita. Il biondo rispose al quarto squillo, quando ormai il legno della porta era sul punto di spezzarsi sotto i colpi della mazza.

«Pronto? Che succede?» domandò. Si sentiva un chiacchiericcio in sottofondo, quindi doveva essere in ufficio.

«Eita-» la voce di Kenjirou suonò quasi rotta e si domandò quando il suo panico fosse arrivato al punto di farlo piangere. Sentì immediatamente il suono di una sedia che strisciava per terra, segno del fatto che Eita doveva essersi alzato.

«Che succede? Stai bene?» Shirabu scosse la testa pur sapendo che il biondo non poteva vederlo e si appoggiò al muro per non cadere a terra.

«Per favore, per favore, per favore, per favore...» singhiozzò. «Chiama la polizia. Fai in fretta, per favore... Per favore, fai in fretta...»

Immediatamente la chiamata terminò e Kenjirou fece cadere il telefono a terra. Si accovacciò sul pavimento nascondendo bocca e naso tra le mani e stringendo gli occhi in una sorta di preghiera. Gridò quando il primo pezzo di legno crollò a terra. Si guardò intorno alla ricerca di un qualcosa che potesse dargli una mano a difendersi, ma l'unica cosa che gli venne in mente di relativamente utile furono le stampelle nell'armadio. Si pentì di non aver messo qualche foto incorniciata anche in camera – non che ne avesse molte. Di certo non poteva spaccare la finestra senza tagliarsi e dubitava di averne la forza in quel momento.

Udì la sirena della polizia dopo quella che gli sembrò un'eternità e proprio mentre il terzo pezzo di legno saltava via. La ragazza allungò una mano all'interno e sboccò la porta, poi incominciò a prenderla a spallate nel tentativo di spostare il grosso comodino. S'infilò in camera più velocemente di quanto Kenjirou sperava e si avvicinò.

Il castano scosse la testa e si raggomitolò nell'angolo della stanza, bloccato tra il muro e il letto. Parò le mani sopra la testa e chiuse gli occhi. Non era così che si aspettava che la sua vita sarebbe terminata. C'erano ancora tante cose che voleva fare, che voleva dire. Non voleva che finisse tutto così.

La porta che conduceva al salotto venne tirata giù dai cardini con un colpo secco e gli agenti di polizia si precipitarono all'interno della stanza proprio mentre la ragazza sollevava la mazza sopra la testa.

«Metti giù l'arma!» gridò uno dei poliziotti. Kenjirou si coprì le orecchie con le mani e strinse più forte che poté le palpebre, aspettando il colpo da un momento all'altro. Quello non arrivò mai e fu sostituto da due forti spari, poi qualcosa di caldo gli macchio le braccia e i capelli, scivolando sul suo viso, e quando rialzò lo sguardo davanti a lui c'era il corpo senza vita della ragazza.

Prima che potesse anche solo rendersi conto di quello che stava succedendo due agenti di polizia lo afferrarono per le braccia e lo tirarono in piedi, portandolo dapprima in salotto e poi giù per le scale del palazzo. Uscirono nell'esatto istante in cui due ambulanze si fermavano in mezzo alla strada e una terza vettura parcheggiava sul marciapiede.

Due medici lo superarono di corsa per entrare dentro il condominio e prima che gli altri due lo raggiungessero qualcuno gli afferrò le guance e lo fece voltare verso di lui, strattonandolo via dagli agenti di polizia che ancora lo sorreggevano. Eita lo chiamò – Kenjirou vide chiaramente le sue labbra muoversi, ma non udì nulla. Ci mise qualche secondo per realizzare la situazione.

Afferrò le braccia del biondo proprio mentre i due medici lo raggiungevano e mormorò: «Eita...?»

Poi le sue gambe cedettero e crollò a terra, perdendo conoscenza.

<°>.°.<°>

Si svegliò sentendo le urla dei suoi genitori, di Eita e dei genitori di Semi. Socchiuse gli occhi ed incontrò lo sguardo preoccupato di suo fratello. Akihito era seduto al fianco del suo capezzale e gli stringeva delicatamente una mano. Di fianco a lui c'era Mizuki, la sorella di Semi, e dall'altro lato invece si trovavano Seiichi e Hideyoshi.

Prima che qualcuno potesse aprire bocca, Shirabu guardò il fratello maggiore. «Il bambino sta bene? E Taichi?»

«Stanno tutti e due bene. Kawanishi è nell'altra stanza. Dicono che si riprenderà in breve tempo. Non l'hanno colpito troppo forte ed era solo svenuto. Come ti senti?» mormorò il maggiore. Kenjirou chiuse gli occhi tirando un profondo respiro e tentò di riordinare le proprie idee.

Non si sentiva male, decise alla fine. Il danno era stato solo emotivo. Annuì, mormorando: «Bene. Solo fisicamente.»

Mizuki gli strinse la mano, mormorando. «Mi dispiace per quello che è successo. Yukine e Fuyuki-... Loro erano-»

«Loro sono.» sbottò il castano, mettendosi seduto. «Dov'è Eita?»

«Con i nostri genitori.» rispose Seiichi. «Dietro... Dietro la tenda.»

Si voltarono verso la spessa tenda tirata che li separava dal resto della stanza e da cui provenivano parecchie urla. Kenjirou si alzò ignorando le proteste dei fratelli. «Potete uscire cinque minuti?»

Attese che i quattro lasciassero la stanza prima di scostare bruscamente il tessuto. I quattro adulti e il biondo si voltarono di scatto verso di lui, interrompendo la loro discussione. Eita scattò in piedi e si avvicinò al castano, scostandogli i capelli dalla fronte.

«Non dovresti alzarti. Come ti senti?» lo prese per mano e lo trascinò di nuovo verso il letto, facendolo quantomeno sedere.

«Sto bene.» mormorò il più piccolo, stringendo le labbra e guardandolo con apprensione. «Hai parlato con la polizia? Che ha detto? Hanno trovato i complici? C'entra la ragazza? È collegato-»

Semi posò le mani sulle sue spalle, mormorando. «Calmati. Non farà bene a nessuno dei due.»

Kenjirou chiude gli occhi tirando un profondo respiro, poi lo fissò deciso. «Non mi calmerò fino a quando la polizia non avrà arrestato quella stronza e non mi avrà riportato i miei figli. Voglio sapere dove sono.»

«Non lo sappiamo. Hanno iniziato le indagini ma per avere delle piste vogliono parlare anche con te e Kawanishi. Aspettavano che vi svegliaste.» Eita lo guardò stringendo le labbra e gli strinse le mani. «Li ritroveremo. Te lo giuro.»

Kenjirou chiuse gli occhi e tirò un profondo respiro. Poi, all'improvviso, suo padre fece un passo avanti, sbottando.

«Tutta questa situazione è ridicola! Avresti dovuto informarci! Ti avremmo protetto noi! E non questo... » scrutò Eita dall'alto al basso con una smorfia. «E non la persona che ti ha quasi fatto ammazzare. Ti ha solo incasinato la vita.»

Il castano fece scattare lo sguardo verso l'alto e lo fissò come se gli fossero improvvisamente spuntate due teste, poi si alzò lentamente in piedi e lo fissò senza saper come iniziare il discorso. «Cos'hai detto?»

Vide la signora Semi stringere i pugni lungo i fianchi e abbassare lo sguardo e suo marito serrare la stretta attorno alle sue spalle. Eita gli afferrò un polso e serrò le labbra. «Kenjirou, lascia stare...»

Shirabu strattonò la mano e fissò il padre facendo un passo avanti. «No, non lascio stare.»

Sua madre scosse la testa e posò una mano sul suo braccio. «È meglio così. Starai più al sicuro a casa. Tu e... E il bambino.»

Il castano si allontanò dal suo tocco e scosse la testa. «Se avessi voluto farvi ammazzare ve lo avrei detto.»

«Se tu non ti fossi avvicinato a quel ragazzo, ora quella psicopatica non ti vorrebbe morto!» sbottò suo padre, afferrandolo per un gomito e strattonandolo in avanti. Semi scattò in piedi ma Kenjirou alzò una mano per fermarlo. «Andiamo a casa.»

«Io non vado proprio da nessuna parte, ma penso che voi dobbiate farlo.» fece un passo indietro e strattonò con forza il braccio, fissando l'uomo negli occhi. «Non è stato un piacere.»

«Kenjirou, andiamo... Non fare il bambino.» mormorò la madre e gli tese una mano. Il castano scosse la testa e fece un passo indietro. «Kenjirou...!»

«Per favore, non portate con voi i miei fratelli.» il castano tornò a sedersi sul letto. «Penso ne abbiano avute già abbastanza delle vostre stronzate.»

Suo padre rimase ad osservarlo per qualche secondo e quando capì che il figlio non avrebbe aggiunto nulla afferrò la mano della moglie e lasciò la stanza senza salutare né le persone al suo interno né i figli fuori. Quando lo vide passare Hideyoshi si alzò per andargli dietro, ma Akihito gli bloccò la strada con un braccio, fissando i genitori allontanarsi, poi sentenziò: «Stasera dormite fuori. Dopo vi accompagno a casa a fare le valigie.»

Nessuno dei due obiettò niente e tornarono a sedersi in silenzio.

Kenjirou fece visita a Taichi quando si svegliò, ma non rimase molto con lui. Vennero interrotti dall'arrivo della polizia che interrogò entrambi sul momento.

«Quindi non ricordi nulla?» il poliziotto guardò il biondo con un sopracciglio alzato.

«Non ho proprio visto niente.» spiegò Taichi. «Sono entrato in bagno senza chiudere la porta per prendere degli asciugamani e qualcosa mi ha colpito in testa.»

«Quindi sei svenuto sul colpo.» spostò lo sguardo su Kenjirou. «Pensi che l'uomo che vi ha attaccato tre settimane fa di cui ci ha parlato la tua anima gemella possa aver avuto la forza di sferrare un colpo del genere?»

Il castano scrollò le spalle e annuì. «Non l'ho visto molto bene in realtà perché era abbastanza buio e pioveva molto... Sì, penso di sì.»

Il poliziotto annuì e si alzò. «Ti chiamiamo appena scopriamo qualcosa. Fuori dall'ospedale ti aspettano due agenti. Non appena sarai dimesso, ti faranno da scorta ogni volta che dovrai uscire e vogliamo che ci siano sempre almeno due persone con te anche in casa. Se questo non è possibile, allora faremo in modo che ci siano due poliziotti. Infine, vogliamo che tu abbia sempre con te un qualcosa che sia collegato ai nostri software per rintracciarti nel caso succeda qualcosa.»

Kenjirou annuì e l'uomo se ne andò. Taichi sforzò un sorriso e gli diede un piccolo pungo sul braccio. «Sei talmente importante da aver bisogno di una scorta. Quand'è che mi hai superato?»

Shirabu rimase in silenzio per qualche secondo, poi semplicemente mormorò: «Quando ho scoperto il nome della mia anima gemella.»

Nessuno dei due parlò più per i restanti minuti, tranne quando un'infermiera lo venne a chiamare per informarlo degli ultimi controlli che doveva fare prima di essere dimesso.

 

   
 
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