Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: Sea    20/03/2021    0 recensioni
Non sempre le cose vanno come ci aspettiamo e Sara ed Edward lo sapevano bene. Nulla di tutto ciò che avevano immaginato prima di incontrarsi si era avverato, la vita aveva superato di gran lunga le loro aspettative. Non credevano che avrebbero potuto provare davvero la felicità, eppure…
Eppure, non sempre le cose vanno come ci aspettiamo. Non sempre, al mattino, ci svegliamo nello stesso letto, nella stessa vita in cui credevamo di essere. Non sempre siamo le persone che gli altri credono di conoscere. Non sempre il senso che diamo alle cose, le verità da cui dipendiamo, sono corrette.
A volte la vita ci costringe a ricominciare da capo.
Edward e Sara, i protagonisti di Afire Love, dovranno varcare il sottile confine che separa i sogni dalla realtà ed intraprendere un nuovo viaggio. Di una sola cosa sono certi: comincia una nuova vita.
«Si portò una mano al petto, sperando di contenere il dolore, ma non servì.
Scoppiò in lacrime non appena Edward cominciò a cantare: Loving can hurt…»
Il sequel di Afire Love cambia scenario e si ambienta nella...realtà.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XXII
 




Lo scirocco diffondeva l’odore di resine e salsedine per tutta la pineta, quasi un incenso in quello che era stato un tempio, nell’altro mondo. Avevano cominciato a girare due ore dopo il loro arrivo, la preparazione di telecamere e luci, per non parlare di trucco e parrucco, era stata più complessa in un luogo così spartano, ma quella quiete e quello specchio di mare risparmiato dalle onde che gridavano a largo, gli dava una quiete inusuale. Aveva deciso di non affannarsi più a capire, ma di godersi quei giorni che sembravano riservare molte sorprese. Lui e Sofia, ormai abituati a condividere la scena, proseguivano quel ciack senza troppi problemi, ma la voce di Webber continuava a rimbombargli nella testa: dovrai essere più che convincente. Tutti sapevano che quel capitolo fosse il più atteso di tutto il film, ma questo non lo faceva sentire motivato. Se Sara fosse stata la coprotagonista – rifletté – forse non avrebbe dovuto affatto preoccuparsi della sua recitazione, ma a quanto pareva non era destino che toccasse ancora le sue labbra. Se ne stava sulla sua sedia, come al solito, accanto a Webber, a fissare le riprese senza battere ciglio.
Ad ora di pranzo avevano finito la prima parte. Lo aveva guardato per tutto il tempo, sentendo nelle viscere di voler essere al posto di Sofia che più tardi lo avrebbe accarezzato e baciato così come lei aveva raccontato. Avrebbe resistito solo per poterlo guardare di nuovo negli occhi ad ogni pausa e sentire quelle farfalle nello stomaco. Adesso sì, lo sentiva quel filo. Prepotentemente agganciato al proprio petto, apriva la strada verso il suo.
Era tutto così nuovo ai suoi sensi che si sentiva quasi elettrizzata, come se fosse il primo giorno di scuola, come se fosse il primo giorno che metteva piede sul set. Si aggirava per i tavoli di legno imbastiti di cibo e bevande per il pranzo e riuscì a scambiare qualche parola con quelle persone che fino a poco tempo fa quasi non esistevano per lei. Riusciva a ridere con le sue amiche, succhiano la cola dalla cannuccia come una bambina. Non si aspettava di vedere coperta la figura di Ed, così sorridente quella mattina, dalla presenza di Emanuele.
 
  • Certo che hai avuto coraggio. – le disse, in piedi con un piatto tra le mani.
  • Oh, ciao Ema. – Arianne non nascose la sorpresa.
Lo guardarono tutte e tre in attesa di capire come sarebbe evoluta quella situazione.
 
  • Dici a me? – gli chiese, indicandosi.
  • Sei l’unica donna con dei capelli così corti, o sbaglio? – quasi rise, ma non si lasciò andare del tutto.
  • Non mi dispiacciono. – commentò allora, chiedendosi quali fossero le sue reali intenzioni.
Per un momento piombò il silenzio tra loro, Arianne e Federica fecero per andarsene, ma le trattenne fisicamente.
 
  • Volevi dirmi qualcosa?
  • No. – disse lui – Solo che stai molto bene.
  • Grazie. – gli sorrise.
  • Magari… - vide i suoi occhi vagare nel dubbio – una volta possiamo fare due passi.
  • Certo.
Non lasciò nulla all’interpretazione, fu chiara e trasparente: aveva risposto come avrebbe fatto una sua qualsiasi amica. Non voleva procurargli altre preoccupazioni, piuttosto sarebbe stata contenta di chiarire ogni cosa nel modo più civile e amichevole possibile.
Quando la lasciarono sola, in missione a recuperare del caffè, seduta su una di quelle panchine, poté perdersi nella contemplazione di quel ragazzo. Così inspiegabilmente familiare, così incredibilmente reale. Sentiva chiaramente il desiderio di restare da sola con lui e parlare, parlare, parlare. Come si spiegava quella sensazione? Come si spiegava che, ogni volta che si guardavano da lontano, leggesse anche nei suoi occhi quella connessione?
Si alzò, ormai decisa a raggiungerlo, senza distaccare lo sguardo dal suo, ma al secondo passo il suo cammino fu interrotto. Qualcuno la tratteneva per un braccio.
 
  • Quasi non ti riconoscevo. – la voce di Sofia. – Alla fine ti sei ripresentata.
  • Non vedo perché non avrei dovuto.
Non avrebbe ceduto un solo istante. L’istinto di differenziarsi da lei era esponenzialmente aumentato dopo le ultime vicende. Purtroppo non le era più molto simpatica e non l’avrebbe nascosto.
 
  • Io non ne avrei avuto il coraggio. – ghignò. Era chiaramente venuta ad attaccar briga.
  • Certo, non ne dubitavo. – rispose allora, con sicurezza – Hai bisogno di me?
  • In effetti avrei bisogno di un favore. – ma il suo viso suggeriva solo ostilità. – Sta alla larga da Ed.
Dovette impegnarsi non poco per non battere ciglio e riuscì – pensò – a mantenere un’espressione neutra e impassibile, ma dentro di lei qualcosa esplose. Cosa diamine volesse quella ragazza da lei, non lo capiva. Notò che anche i suoi capelli si stessero allungando troppo per il film.
 
  • E tu me lo staresti chiedendo in qualità di… - disse, impaziente di sentirle dire la prossima bugia. Le maniche corte non nascosero i brividi che le correvano sulle braccia.
  • Beh, è da qualche mese che io e Ed…sai… - sorrise fingendosi imbarazzata, lasciando alla sua interpretazione il resto – Non voglio che tu lo infastidisca.
L’immagine di lui e Sofia chiusi in quella stanza non tardò a ripresentarsi ai suoi occhi. Le bottiglie vuote, il loro litigio. Il pensiero che stesse dicendo la verità la ferì. Fu tentata di voltarsi a guardarlo, ma trattenne gli occhi in quelli di Sofia, alla ricerca del trucco.
 
  • Cosa c’è? – disse ancora – Non dirmi che non lo sapevi! Ormai tutti se ne sono accorti, anche se siamo molto discreti.
  • C’è qualcosa che non va? – Federica aveva fatto ritorno.
Aveva intravisto la scena da lontano e aveva preceduto Arianne per controllare cosa accadesse, dato che intorno a loro la tensione era quasi palpabile.
 
  • Sai, - disse allora alla sua amica – Sofia è così discreta che è venuta ad informarmi di avere una relazione con Ed. – atona e indifferente.
Colta nel sacco grazie alla presenza di Federica, che era onnipresente e onnivedente sul set, Sofia si limitò ad un verso di disprezzo e si allontanò in silenzio, nel suo accappatoio.
Federica la guardò allontanarsi, pronta a negare quelle parole dinanzi a Sara, ma lei parve già altrove. La vide voltarsi a guardare Ed, probabilmente cercando di capire quanta verità fosse nascosta in quelle parole. Quando anche lui la guardò e lesse nel suo sguardo quella rabbia, fece per raggiungerla, ma Sara gli voltò le spalle e trascinò Federica con sé lontano dal buffet.
Sapeva che Sofia volesse solo provocarla, ma quel ricordo non riusciva ad abbandonare la sua mente. Si chiese perché mai non avesse un attimo di tregua.
 
Sembrava che la sedia su cui giaceva potesse sciogliersi da un momento all’altro al calore della sua rabbia. Mentre procedevano con le riprese dell’attesissima scena, ogni secondo pareva poter essere fatale per le loro vite. L’unica persona che sembrava concentrata era proprio Sofia, che stentava a trattenere il suo sguardo languido, cavalcandolo sulla sabbia. Ed invece doveva sforzarsi di rimanere lucido nonostante quegli occhi di fuoco puntati sulla schiena. Sentiva chiaramente che qualcosa fosse andato storto, ma non sapeva cosa. Intanto era costretto a continuare a recitare, altrimenti avrebbero tardato ulteriormente e provocato altri problemi. Il vento caldo di scirocco gli sfiorava la pelle mentre faceva correre le mani sul corpo di Sofia, sforzandosi di immaginarsi dall’altra parte.
 
  • Stop. – la voce di Webber più stanca del solito.
Sofia sospirò pesantemente, mostrando al regista tutto il suo spazientirsi, all’oscuro del fatto che a quell’ora poteva non esserci lei sul set.
 
  • Sofia – fu lui a parlare prima che intervenissero altri – forse devi andarci più piano.
  • Come se la gente volesse vedere tutto quel miele. – borbottò lei, in risposta.
Dovette alzarsi e guardare verso di loro per ricevere le indicazioni che sicuramente volevano dare a entrambi e la vide ancora seduta, Arianne che si avvicinava a parlare con Sofia. Ancora una volta, non incontrò il suo sguardo. Si passò una mano tra i capelli, confuso, ma percepì ancora quel sussulto che le sfuggiva ogni volta che faceva quel gesto. Stava per avvicinarsi, ma fu richiamato all’azione. Riprese a muoversi, giocando con Sofia sulla sabbia, fino a farla ricadere su di sé. Leggeva nei suoi occhi qualcosa che non poteva corrispondere. Il suo bacino però continuava ad insistere su di lui, provocandolo apertamente. Si sentì in imbarazzo.
 
  • STOP! – Webber stavolta era furioso. – Miss Moretti! What the hell are you doing!?
  • COSA?
Stavolta fu lui a prenderla di peso e spostarla da quel punto del suo corpo, aveva bisogno di una pausa. Si alzò senza badare a lei e si diresse verso le telecamere, ma vide Sara avanzare verso di lui. Finalmente, pensò, ma ancora lei non lo guardò. Era tentato di afferrarla e trascinarla via, la detestava quando faceva così, ma si fermò per capire cosa volesse fare. La vide accostarsi a Sofia.
 
  • Devi andarci piano! – le disse – Non devi strofinarti in quel modo!
  • Oh, abbiamo toccato un tasto dolente! – Sofia rispose con derisione.
Non gli sfuggì quel commento acido, ma era sicuro che lei non fosse al corrente di ciò che era successo in spiaggia, poteva al massimo averlo immaginato. Fece per avvicinarsi.
 
  • Non fare la stupida, stai girando un film! – fece Sara.
  • Sei solo gelosa.
  • Di cosa?
Il suo intervento lasciò entrambe spiazzate. Si intromise fisicamente tra loro per impedire che scattasse una rissa, ma ancora di più voleva capire cosa stesse succedendo. Qualcosa non lo convinceva e quella sensazione non svaniva dal suo stomaco.
 
  • Di te, ovvio. – ghignò Sofia – Credo che Sara si sia presa una cotta per te, ma-
  • E allora? – le rispose freddamente.
Sofia si pietrificò sotto i suoi occhi chiari, così impose la sua presenza senza esitare. Si sentì più alto di un metro, ponendosi davanti a Sara.
 
  • Lei è l’autrice, ti suggerisco di seguire i suoi consigli, altrimenti non ci sbrigheremo mai.
Sentì la sua presenza sulla pelle della schiena, infervorata come poche volte.
 
  • Vacci piano. – disse Sara, per poi tornare al suo posto.
La afferrò prima che andasse via, per poterla guardare negli occhi. Lesse chiaramente che qualcosa la turbasse, così come sentì infuocarsi il suo viso a quel contatto. Ma la lasciò andare. Non era quello il momento di discutere.
Al terzo ciack costrinse l’attrice a tenere a freno i suoi bollenti spiriti, al punto da doversi impegnare a respingerla fisicamente sperando non si notasse. Quando finalmente lei andò via e rimase solo fuori da quella casupola, gli diedero una pausa per montare il set all’interno e girare le scene individuali. Fu allora che finalmente indossò un accappatoio e riuscì a raggiungerla. Voleva solo sincerarsi che stesse bene, non voleva tornare a quei giorni di angoscia. Le prese la mano prima ancora che si voltasse, al diavolo la presenza degli altri. Sentì le sue dita stranamente fredde, ma le sorrise spontaneamente. Per un momento vide quella rabbia dissolversi nelle iridi chiare, i capelli corti la rendevano ancora più particolare. Si sentiva così bene, in quel momento e gli sembrò che persino lei potesse sentire il cuore palpitargli nel petto. Stavano ricominciando tutto da capo ed era contento che si trovassero proprio lì.
 
  • Non sei con la tua ragazza? – gli lasciò la mano.
  • Ragazza? – esitò, distratto da quel gesto, ma riuscì a capire. – No, ti sbagli.
Lei mise il broncio e distolse lo sguardo da lui, ma Ed seguì il suo viso, distorcendo il capo.
 
  • Non è la mia ragazza. – disse con una serenità tale da non essere frainteso. – Cosa te lo ha fatto credere?
  • Pronti a girare!
La voce di Webber lo richiamò con urgenza, ormai il tramonto era cominciato ed era l’ultima possibilità che avevano per concludere il settimo giorno. Dovette voltarsi e lasciarla con un ultimo sguardo.
Sofia trepidava sulla scena, ma lui avrebbe volentieri fatto a meno di affiancarla dopo quella breve conversazione. Avrebbe voluto almeno che Sara non guardasse.
Gridarono azione prima che realizzasse di essere di nuovo sul set. Quando aprì quella porta e non vide i suoi occhi gli venne quasi il voltastomaco, sapendo che quelli invece lo osservassero alle sue spalle. Non era per niente concentrato, non sapeva nemmeno se stesse procedendo nel modo giusto, ma pregò che terminassero presto. Al di là dell’imbarazzo di trovarsi in quella situazione, sapeva che lei non sarebbe rimasta impassibile a quell’immagine. Quando alla fine unì le sue labbra a quelle di Sofia e lasciò che lei liberasse la sua libido poco celata, sapeva che lei non fosse più lì. Lo sentì. La foga della donna che stava baciando, anche se freddamente, pungeva sul suo cuore come uno spillo su un palloncino. Per un solo istante ripensò a quel momento estatico che li aveva uniti, quella sera. Lasciò che quelle sensazioni lo guidassero. Pregò che Webber non li interrompesse. L’urgenza di mettere fine a quella scena e raggiungerla ormai traboccava.
 
***
 
  • Va’.
Stuart sapeva leggergli nella mente come nessun altro al mondo.
 
  • Al resto penso io.
Indossò la prima maglietta che trovò e si avviò verso il suo alloggio, convinto di poterla trovare a scrivere o a fotografare l’ambiente. Quelle infradito non erano il massimo per camminare nella pineta, gli aghi gli pungevano le dita ad ogni passo, ma se ne dimenticò presto, troppo occupato a cercare la sua casetta tra i pini profumati d’estate. Ancora, la sensazione di aver sbagliato mondo lo colse alla sprovvista. Talvolta riusciva a capirla più di quanto credesse. Riconobbe le sue scarpe lasciate all’esterno e quando bussò alla sua porta trattenne il fiato. Non ricevette risposta. Provò ad aprirla, ma era chiusa a chiave.
Bastò un secondo per capire dove andare, ma avrebbe dovuto fare il giro lungo per evitare di incontrare chiunque. Si destreggiò tra le case e gli alberi fino ad arrivare alla spiaggia. Vi avanzò volgendo lo sguardo su tutto il litorale alla ricerca della sua figura. Una sagoma in lontananza, ormai quasi del tutto oscurata dall’arrivo della sera, attirò la sua attenzione e si incamminò a passo svelto, ma dopo pochi metri si rese conto che non fosse sola. Anzi, erano due le persone con lei. Immaginò che fossero le sue amiche, ma quando fu abbastanza vicino si rese conto che Emanuele fosse seduto accanto a lei e che Sofia, ancora in accappatoio, stesse parlando con loro. Prima di fare la sua comparsa, approfittò della prima oscurità per defilarsi di nuovo tra i pini e capire cosa stesse accadendo. La presenza di Sofia, più che quella di Emanuele, non gli faceva pensare a niente di buono.
 
  • Si può sapere cosa sei venuta a fare? – Sara stava mantenendo la calma.
  • Volevo solo dirti che la scena è andata benissimo, ho notato che te la sei persa.
Emanuele guardava Sara per capire cosa stesse accadendo, ma Ed cominciava a collegare tutti i fili di quel groviglio provocato da Sofia. Quel che non capiva era perché Emanuele fosse di nuovo accanto a lei, così…vicino.
 
  • Ne sono felice. – le rispose – Altro? – prese un sorso dalla bottiglia di birra che non riusciva a scorgere del tutto.
  • No. – ghignava, lo capiva persino senza cogliere del tutto le sue espressioni da quella distanza. – Siete davvero molto carini voi due. Vi lascio soli.
Se ne andò prima che potessero risponderle, così li vide restare in silenzio. Quasi gli mancava il respiro pensando che in effetti li stesse spiando. Si sentiva uno sciocco, l’ansia che aveva nel petto era del tutto inutile: poteva sbucare fuori in qualsiasi momento, senza che scoprissero di essere stati osservati di nascosto. Eppure, attese. Attese di sentire e vedere cosa sarebbe accaduto, nonostante non fosse giusto.
 
  • Ema. – gli venne un colpo ascoltando la sua voce pronunciare quel nome – Scusami per tutto. Davvero.
  • Non fa niente. – il suo braccio le cinse le spalle, sotto i capelli corti – La vita riserva sempre brutti scherzi, ma io…
  • No. – il sollievo nel vedere quella mano fermarlo – Non posso. Scusa.
Lui sembrò esitare, come sul punto di provare di nuovo ad avvicinarsi alle sue labbra.
 
  • È per lui? – chiese soltanto. Un guizzo di piacere lo fece vergognare.
  • È per te. Ti voglio davvero bene e forse, in un’altra situazione, non ti avrei rifiutato, ma adesso non voglio illuderti. – un lungo momento di silenzio.
  • Posso…baciarti un’ultima volta?
Sapeva di non doversi trovare lì. Sapeva di non doverla spiare. Sapeva di non dover sapere e sapeva che lei non gli dovesse alcuna attenzione, in quel senso. Tuttavia, il suo corpo gli impose la volontà del suo cuore prima ancora che se ne rendesse conto. Uscì dalla pineta e fece i primi passi sulla sabbia sottile con una fretta insensata ed espirò per il sollievo quando si accorse che entrambi lo avevano notato. Aveva ottenuto quello che voleva: li aveva fermati. Anche se non avrebbe mai saputo come sarebbe andata in sua assenza.
 
  • Ed. – non tardò a riconoscerlo più di un secondo.
  • Hey. – nemmeno l’ostilità del suo tono era coscientemente voluta.
  • Cosa ci fai qui?
Si avvicinò ancora, guardando soltanto lei.
 
  • Se cerchi Sofia, è appena andata via. – lo fissava dal basso, mentre il braccio di Emanuele la lasciava lentamente, per qualche motivo.
  • Cercavo te. – ritirò le mani nelle tasche del costume.
Era ovvio che volesse restare solo con lei, ma solo quando Sara guardò Emanuele autorizzandolo ad andare, poté sedersi anche lui sulla sabbia. Ovviamente lui non si risparmiò di guardarlo in modo truce e riservargli una spallata. Quando se lo lasciarono alle spalle, inaspettatamente Sara gli offrì la bottiglia e non la rifiutò.
 
  • Sei andata via. – cominciò, prendendo un sorso.
  • Avresti preferito che guardassi? – il suo tono era decisamente ambiguo.
  • No. – la guardò.
  • Perché mi cercavi? – posò la testa sulle ginocchia piegate al petto.
  • Volevo accertarmi che stessi bene. Oggi mi sembravi un po’… - fece spallucce – arrabbiata.
La ascoltò sospirare, mentre rialzava il capo.
 
  • Guarda che Sofia non è la mia ragazza. – chiarì, sapendo a cosa stesse pensando.
  • Ma lei-
  • Non darle ascolto. – continuò, cercando di ammorbidire lo sguardo e la voce. Non riusciva più a tenerle il muso e si passò una mano tra i capelli – Ti sta solo provocando.
  • In fondo lo sapevo, ma non potevo restare sul set. – disse, rilassata come mai prima di allora.
Sara lo guardò e riconobbe la sincerità dei suoi occhi. Era ancora così leggibile che non dovette aggiungere una parola di più. I suoi capelli ancora spettinati la intenerirono.
 
  • Perché? – le chiese di proposito. Aveva voglia di ascoltare quella risposta, forse perché non aveva il coraggio di chiederle di Emanuele.
  • Avanti, lo sai perché. – il broncio di una bambina.
Sorrise sotto i baffi e si avvicinò un po’ di più.
 
  • No, non lo so. – ormai sorrideva. Si sentiva così bene mentre anche lei arrossiva.
  • Non avrei sopportato di vederti…con lei.
  • E io non sopporto di vederti con lui. – vomitò fuori quella frase, liberandosi.
  • Dovremmo sapere entrambi che la gelosia non porta mai nulla di buono. – disse, contemplando quella loro conversazione.
  • Voi due… - ma non riuscì a continuare.
  • Te l’ho già detto. In questo momento Emanuele non è la persona per me.
Voleva tornare a fidarsi di lei con tutto se stesso, ma il morso della gelosia aveva ben conficcato le zanne nel suo cuore. Si sforzò di ripensare alle parole che gli aveva detto poco prima. I loro sorrisi erano svaniti, ma stavano finalmente incontrandosi.
 
  • Che ne dici di andare a cena? – disse lei, ritrovando la serenità.
Si alzò, sistemandosi i capelli corti con le mani e attese che anche lui si alzasse.
Ed puntò i piedi nella sabbia e si innalzò accanto a lei, quei pochi centimetri di differenza attivavano quell’attrazione così incontrollabile. Entrambi rimasero fermi, senza osare avvicinarsi troppo, anche se nessuno dei due voleva veramente trattenersi, a quel punto.
Avrebbero potuto approfittare dell’oscurità e rientrare solo quando tutti si sarebbero ritirati, ma Sara, inaspettatamente, lo prese sotto braccio e cominciò a camminare verso le luci in lontananza. Uno spicchio di luna sorgeva dalle montagne, il mare continuava ad ululare a largo.
Ed, per quanto ammaliato, fu felice di quel gesto.
Proseguì sulla sabbia con lei e cominciò a farle delle domande, alcune di quelle che avrebbe voluto porgerle già prima di incontrarla.
Dietro di loro, solo le impronte di un passato che svaniva all’ombra del vento.

 
  
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