CAPITOLO XXII
Lo scirocco diffondeva l’odore di resine e salsedine per tutta la pineta, quasi un incenso in quello che era stato un tempio, nell’altro mondo. Avevano cominciato a girare due ore dopo il loro arrivo, la preparazione di telecamere e luci, per non parlare di trucco e parrucco, era stata più complessa in un luogo così spartano, ma quella quiete e quello specchio di mare risparmiato dalle onde che gridavano a largo, gli dava una quiete inusuale. Aveva deciso di non affannarsi più a capire, ma di godersi quei giorni che sembravano riservare molte sorprese. Lui e Sofia, ormai abituati a condividere la scena, proseguivano quel ciack senza troppi problemi, ma la voce di Webber continuava a rimbombargli nella testa: dovrai essere più che convincente. Tutti sapevano che quel capitolo fosse il più atteso di tutto il film, ma questo non lo faceva sentire motivato. Se Sara fosse stata la coprotagonista – rifletté – forse non avrebbe dovuto affatto preoccuparsi della sua recitazione, ma a quanto pareva non era destino che toccasse ancora le sue labbra. Se ne stava sulla sua sedia, come al solito, accanto a Webber, a fissare le riprese senza battere ciglio.
Ad ora di pranzo avevano finito la prima parte. Lo aveva guardato per tutto il tempo, sentendo nelle viscere di voler essere al posto di Sofia che più tardi lo avrebbe accarezzato e baciato così come lei aveva raccontato. Avrebbe resistito solo per poterlo guardare di nuovo negli occhi ad ogni pausa e sentire quelle farfalle nello stomaco. Adesso sì, lo sentiva quel filo. Prepotentemente agganciato al proprio petto, apriva la strada verso il suo.
Era tutto così nuovo ai suoi sensi che si sentiva quasi elettrizzata, come se fosse il primo giorno di scuola, come se fosse il primo giorno che metteva piede sul set. Si aggirava per i tavoli di legno imbastiti di cibo e bevande per il pranzo e riuscì a scambiare qualche parola con quelle persone che fino a poco tempo fa quasi non esistevano per lei. Riusciva a ridere con le sue amiche, succhiano la cola dalla cannuccia come una bambina. Non si aspettava di vedere coperta la figura di Ed, così sorridente quella mattina, dalla presenza di Emanuele.
- Certo che hai avuto coraggio. – le disse, in piedi con un piatto tra le mani.
- Oh, ciao Ema. – Arianne non nascose la sorpresa.
- Dici a me? – gli chiese, indicandosi.
- Sei l’unica donna con dei capelli così corti, o sbaglio? – quasi rise, ma non si lasciò andare del tutto.
- Non mi dispiacciono. – commentò allora, chiedendosi quali fossero le sue reali intenzioni.
- Volevi dirmi qualcosa?
- No. – disse lui – Solo che stai molto bene.
- Grazie. – gli sorrise.
- Magari… - vide i suoi occhi vagare nel dubbio – una volta possiamo fare due passi.
- Certo.
Quando la lasciarono sola, in missione a recuperare del caffè, seduta su una di quelle panchine, poté perdersi nella contemplazione di quel ragazzo. Così inspiegabilmente familiare, così incredibilmente reale. Sentiva chiaramente il desiderio di restare da sola con lui e parlare, parlare, parlare. Come si spiegava quella sensazione? Come si spiegava che, ogni volta che si guardavano da lontano, leggesse anche nei suoi occhi quella connessione?
Si alzò, ormai decisa a raggiungerlo, senza distaccare lo sguardo dal suo, ma al secondo passo il suo cammino fu interrotto. Qualcuno la tratteneva per un braccio.
- Quasi non ti riconoscevo. – la voce di Sofia. – Alla fine ti sei ripresentata.
- Non vedo perché non avrei dovuto.
- Io non ne avrei avuto il coraggio. – ghignò. Era chiaramente venuta ad attaccar briga.
- Certo, non ne dubitavo. – rispose allora, con sicurezza – Hai bisogno di me?
- In effetti avrei bisogno di un favore. – ma il suo viso suggeriva solo ostilità. – Sta alla larga da Ed.
- E tu me lo staresti chiedendo in qualità di… - disse, impaziente di sentirle dire la prossima bugia. Le maniche corte non nascosero i brividi che le correvano sulle braccia.
- Beh, è da qualche mese che io e Ed…sai… - sorrise fingendosi imbarazzata, lasciando alla sua interpretazione il resto – Non voglio che tu lo infastidisca.
- Cosa c’è? – disse ancora – Non dirmi che non lo sapevi! Ormai tutti se ne sono accorti, anche se siamo molto discreti.
- C’è qualcosa che non va? – Federica aveva fatto ritorno.
- Sai, - disse allora alla sua amica – Sofia è così discreta che è venuta ad informarmi di avere una relazione con Ed. – atona e indifferente.
Federica la guardò allontanarsi, pronta a negare quelle parole dinanzi a Sara, ma lei parve già altrove. La vide voltarsi a guardare Ed, probabilmente cercando di capire quanta verità fosse nascosta in quelle parole. Quando anche lui la guardò e lesse nel suo sguardo quella rabbia, fece per raggiungerla, ma Sara gli voltò le spalle e trascinò Federica con sé lontano dal buffet.
Sapeva che Sofia volesse solo provocarla, ma quel ricordo non riusciva ad abbandonare la sua mente. Si chiese perché mai non avesse un attimo di tregua.
Sembrava che la sedia su cui giaceva potesse sciogliersi da un momento all’altro al calore della sua rabbia. Mentre procedevano con le riprese dell’attesissima scena, ogni secondo pareva poter essere fatale per le loro vite. L’unica persona che sembrava concentrata era proprio Sofia, che stentava a trattenere il suo sguardo languido, cavalcandolo sulla sabbia. Ed invece doveva sforzarsi di rimanere lucido nonostante quegli occhi di fuoco puntati sulla schiena. Sentiva chiaramente che qualcosa fosse andato storto, ma non sapeva cosa. Intanto era costretto a continuare a recitare, altrimenti avrebbero tardato ulteriormente e provocato altri problemi. Il vento caldo di scirocco gli sfiorava la pelle mentre faceva correre le mani sul corpo di Sofia, sforzandosi di immaginarsi dall’altra parte.
- Stop. – la voce di Webber più stanca del solito.
- Sofia – fu lui a parlare prima che intervenissero altri – forse devi andarci più piano.
- Come se la gente volesse vedere tutto quel miele. – borbottò lei, in risposta.
- STOP! – Webber stavolta era furioso. – Miss Moretti! What the hell are you doing!?
- COSA?
- Devi andarci piano! – le disse – Non devi strofinarti in quel modo!
- Oh, abbiamo toccato un tasto dolente! – Sofia rispose con derisione.
- Non fare la stupida, stai girando un film! – fece Sara.
- Sei solo gelosa.
- Di cosa?
- Di te, ovvio. – ghignò Sofia – Credo che Sara si sia presa una cotta per te, ma-
- E allora? – le rispose freddamente.
- Lei è l’autrice, ti suggerisco di seguire i suoi consigli, altrimenti non ci sbrigheremo mai.
- Vacci piano. – disse Sara, per poi tornare al suo posto.
Al terzo ciack costrinse l’attrice a tenere a freno i suoi bollenti spiriti, al punto da doversi impegnare a respingerla fisicamente sperando non si notasse. Quando finalmente lei andò via e rimase solo fuori da quella casupola, gli diedero una pausa per montare il set all’interno e girare le scene individuali. Fu allora che finalmente indossò un accappatoio e riuscì a raggiungerla. Voleva solo sincerarsi che stesse bene, non voleva tornare a quei giorni di angoscia. Le prese la mano prima ancora che si voltasse, al diavolo la presenza degli altri. Sentì le sue dita stranamente fredde, ma le sorrise spontaneamente. Per un momento vide quella rabbia dissolversi nelle iridi chiare, i capelli corti la rendevano ancora più particolare. Si sentiva così bene, in quel momento e gli sembrò che persino lei potesse sentire il cuore palpitargli nel petto. Stavano ricominciando tutto da capo ed era contento che si trovassero proprio lì.
- Non sei con la tua ragazza? – gli lasciò la mano.
- Ragazza? – esitò, distratto da quel gesto, ma riuscì a capire. – No, ti sbagli.
- Non è la mia ragazza. – disse con una serenità tale da non essere frainteso. – Cosa te lo ha fatto credere?
- Pronti a girare!
Sofia trepidava sulla scena, ma lui avrebbe volentieri fatto a meno di affiancarla dopo quella breve conversazione. Avrebbe voluto almeno che Sara non guardasse.
Gridarono azione prima che realizzasse di essere di nuovo sul set. Quando aprì quella porta e non vide i suoi occhi gli venne quasi il voltastomaco, sapendo che quelli invece lo osservassero alle sue spalle. Non era per niente concentrato, non sapeva nemmeno se stesse procedendo nel modo giusto, ma pregò che terminassero presto. Al di là dell’imbarazzo di trovarsi in quella situazione, sapeva che lei non sarebbe rimasta impassibile a quell’immagine. Quando alla fine unì le sue labbra a quelle di Sofia e lasciò che lei liberasse la sua libido poco celata, sapeva che lei non fosse più lì. Lo sentì. La foga della donna che stava baciando, anche se freddamente, pungeva sul suo cuore come uno spillo su un palloncino. Per un solo istante ripensò a quel momento estatico che li aveva uniti, quella sera. Lasciò che quelle sensazioni lo guidassero. Pregò che Webber non li interrompesse. L’urgenza di mettere fine a quella scena e raggiungerla ormai traboccava.
***
- Va’.
- Al resto penso io.
Bastò un secondo per capire dove andare, ma avrebbe dovuto fare il giro lungo per evitare di incontrare chiunque. Si destreggiò tra le case e gli alberi fino ad arrivare alla spiaggia. Vi avanzò volgendo lo sguardo su tutto il litorale alla ricerca della sua figura. Una sagoma in lontananza, ormai quasi del tutto oscurata dall’arrivo della sera, attirò la sua attenzione e si incamminò a passo svelto, ma dopo pochi metri si rese conto che non fosse sola. Anzi, erano due le persone con lei. Immaginò che fossero le sue amiche, ma quando fu abbastanza vicino si rese conto che Emanuele fosse seduto accanto a lei e che Sofia, ancora in accappatoio, stesse parlando con loro. Prima di fare la sua comparsa, approfittò della prima oscurità per defilarsi di nuovo tra i pini e capire cosa stesse accadendo. La presenza di Sofia, più che quella di Emanuele, non gli faceva pensare a niente di buono.
- Si può sapere cosa sei venuta a fare? – Sara stava mantenendo la calma.
- Volevo solo dirti che la scena è andata benissimo, ho notato che te la sei persa.
- Ne sono felice. – le rispose – Altro? – prese un sorso dalla bottiglia di birra che non riusciva a scorgere del tutto.
- No. – ghignava, lo capiva persino senza cogliere del tutto le sue espressioni da quella distanza. – Siete davvero molto carini voi due. Vi lascio soli.
- Ema. – gli venne un colpo ascoltando la sua voce pronunciare quel nome – Scusami per tutto. Davvero.
- Non fa niente. – il suo braccio le cinse le spalle, sotto i capelli corti – La vita riserva sempre brutti scherzi, ma io…
- No. – il sollievo nel vedere quella mano fermarlo – Non posso. Scusa.
- È per lui? – chiese soltanto. Un guizzo di piacere lo fece vergognare.
- È per te. Ti voglio davvero bene e forse, in un’altra situazione, non ti avrei rifiutato, ma adesso non voglio illuderti. – un lungo momento di silenzio.
- Posso…baciarti un’ultima volta?
- Ed. – non tardò a riconoscerlo più di un secondo.
- Hey. – nemmeno l’ostilità del suo tono era coscientemente voluta.
- Cosa ci fai qui?
- Se cerchi Sofia, è appena andata via. – lo fissava dal basso, mentre il braccio di Emanuele la lasciava lentamente, per qualche motivo.
- Cercavo te. – ritirò le mani nelle tasche del costume.
- Sei andata via. – cominciò, prendendo un sorso.
- Avresti preferito che guardassi? – il suo tono era decisamente ambiguo.
- No. – la guardò.
- Perché mi cercavi? – posò la testa sulle ginocchia piegate al petto.
- Volevo accertarmi che stessi bene. Oggi mi sembravi un po’… - fece spallucce – arrabbiata.
- Guarda che Sofia non è la mia ragazza. – chiarì, sapendo a cosa stesse pensando.
- Ma lei-
- Non darle ascolto. – continuò, cercando di ammorbidire lo sguardo e la voce. Non riusciva più a tenerle il muso e si passò una mano tra i capelli – Ti sta solo provocando.
- In fondo lo sapevo, ma non potevo restare sul set. – disse, rilassata come mai prima di allora.
- Perché? – le chiese di proposito. Aveva voglia di ascoltare quella risposta, forse perché non aveva il coraggio di chiederle di Emanuele.
- Avanti, lo sai perché. – il broncio di una bambina.
- No, non lo so. – ormai sorrideva. Si sentiva così bene mentre anche lei arrossiva.
- Non avrei sopportato di vederti…con lei.
- E io non sopporto di vederti con lui. – vomitò fuori quella frase, liberandosi.
- Dovremmo sapere entrambi che la gelosia non porta mai nulla di buono. – disse, contemplando quella loro conversazione.
- Voi due… - ma non riuscì a continuare.
- Te l’ho già detto. In questo momento Emanuele non è la persona per me.
- Che ne dici di andare a cena? – disse lei, ritrovando la serenità.
Ed puntò i piedi nella sabbia e si innalzò accanto a lei, quei pochi centimetri di differenza attivavano quell’attrazione così incontrollabile. Entrambi rimasero fermi, senza osare avvicinarsi troppo, anche se nessuno dei due voleva veramente trattenersi, a quel punto.
Avrebbero potuto approfittare dell’oscurità e rientrare solo quando tutti si sarebbero ritirati, ma Sara, inaspettatamente, lo prese sotto braccio e cominciò a camminare verso le luci in lontananza. Uno spicchio di luna sorgeva dalle montagne, il mare continuava ad ululare a largo.
Ed, per quanto ammaliato, fu felice di quel gesto.
Proseguì sulla sabbia con lei e cominciò a farle delle domande, alcune di quelle che avrebbe voluto porgerle già prima di incontrarla.
Dietro di loro, solo le impronte di un passato che svaniva all’ombra del vento.