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Autore: Eevaa    21/03/2021    6 recensioni
Vincitrice del "Premio voto popolare" dei Ciambella Awards 2020-2021
«Ci pensi mai a cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate in un altro modo?» domandò Goku.
«Intendi se tu non fossi stato così imbecille da risparmiare la vita ad un pazzo assassino pericoloso – come fai sempre, del resto – lasciandolo salpare alla volta dell'universo dopo che ha ammazzato la metà dei tuoi alleati? Oh, a volte ci penso» rispose Vegeta, cinico. Come non pensarci? Diciannove anni prima, in quell'esatto deserto, Kakaroth l'aveva lasciato vivere. E il resto era storia.
«Beh, se non avessi risparmiato quel pazzo assassino, a quest'ora non avrei un fratello».

Vegeta detesta i sentimentalismi. È il principe del cinismo per eccellenza, così emotivamente incapace da non riuscire a esprimere gratitudine o affetto nemmeno nei confronti delle persone a lui più care.
Un evento inaspettato e doloroso, però, lo porterà a un lungo percorso di riflessione su se stesso. Un nuovo cambiamento, una presa di coscienza.
[Post-Torneo del Potere] [No-spoiler alle nuove saghe del manga] [BROTP]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
Nessun copyright si intende violato.
Attenzione!
Ricetta per la costruzione di questo capitolo: 200g di dramma, 100g di tristezza setacciata, 50g di cinismo, linguaggio scurrile q.b e 1 cucchiaino di attacco di panico. Assemblare tutto in una bacinella di frustrazione e infornare per 15 minuti. Et voilà!
Da degustare solo se sicuri di poterla digerire.

- I've got you, brother -


Capitolo 3
Mental-Breakdown



Quel bastardo peggiorava.
Peggiorava ogni minuto, ogni ora sempre di più. Dopo una giornata da quella visita notturna, le condizioni di salute di Kakaroth si erano fatte così gravi da doverlo semi-sedare. Sarebbe stato sveglio, ma per molto meno tempo e con una coscienza davvero ridotta.
Era stato uno strazio. Un vero strazio per tutti, ma soprattutto per i figli.
Goten e Gohan, i quali Vegeta aveva imparato a considerare quasi come parte della propria famiglia, erano distrutti. Vedere uscire Goten da quella stanza dopo aver salutato – con probabilità per l'ultima volta – suo padre, era stato il colpo di grazia per Vegeta.
Neanche un cuore arido come il suo avrebbe potuto reggere a tanto senza quantomeno scricchiolare.
Aveva dovuto allontanarsi – di nuovo, medaglia d'oro per l'evanescenza – e stare un poco da solo.
Si era ritrovato in quell'oramai consueto deserto, ma quella volta senza dare sfoggio del suo catalogo di blasfemia e ira funesta.
Era rimasto zitto, impalato lì, ad aspettare il brillare delle stelle. Pericolosamente calmo.
La quiete prima della tempesta, avrebbe detto chiunque. Ma la tempesta c'era già, eccome: dentro, Vegeta, sentiva di stare implodendo per davvero.



«Zio 'Geta! Ma è vero che tu eri amico del mio papà?»
Una pulce di cinque anni e una stupida finestrella tra denti.
«Niente di più falso».
«Ma lo conoscevi, uh, papà?» intervenne Trunks, un'altra scimmietta impertinente.
Goten e Trunks insieme erano l'accoppiata più pericolosa sulla faccia della Terra. Sicuramente le loro capacità distruttive dell'ambiente non erano nulla contro l'ottimo lavoro di distruzione della pazienza del principe dei saiyan.
«Sì» sbuffò Vegeta.
Goten si illuminò. Gli stessi occhi gioiosi di quel deficiente del padre, gli stessi capelli stupidi e lo stesso entusiasmo. Era come avere un micro-Kakaroth in giro per casa ogni santo giorno, forse un poco meno idiota.
Goku era morto oramai una manciata di anni prima, durante il torneo di Cell. Goten non l'aveva mai conosciuto.

«E che tipo era?» domandò il bambino.
Un fottuto clown. Un buffone. Una testa di cazzo. Una pallida imitazione di saiyan di terza classe. Un decerebrato con una faccia da scemo.
«Un tipo fastidiosamente curioso, come te» disse però sua maestà. Gli occhietti furbi di Goten si spensero un poco e Vegeta si maledisse per essere diventato un patetico sentimentale nel provare qualcosa di minimamente diverso all'indifferenza, nei riguardi di quel moccioso. «Ma un bravo guerriero» sbuffò quindi, per concludere, rosso come un peperone.
«Uh! Forte! Diventerò anche io un bravo guerriero come te e il mio papà» trillò Goten.
«E come me!» puntualizzò Trunks.
E insieme iniziarono a lottare, esattamente come i cuccioli di saiyan che Vegeta vedeva dal suo castello, quando aveva poco meno che la loro età.

Chi l'avrebbe mai detto che prima o poi avrebbe avuto dei figli?
Figli?! Aveva detto “figli!”? Plurale?


Vegeta aprì gli occhi dopo un lungo momento meditativo e ne uscì più provato che prima.
Aveva cresciuto quel piccolo scimmiotto come se fosse suo, negli anni in cui Kakaroth era a farsi gli affari suoi nell'Alildà. Il più grande desiderio di Goten era stato conoscere suo padre, ne aveva sempre parlato in continuazione. E quando l'aveva finalmente incontrato era stato così felice che Vegeta aveva quasi avuto il vomito per tutta quella felicità nell'aria.
E ora erano tutti una bellissima famiglia di idioti.
Perché? Perché il destino aveva voluto lanciar loro quel tiro losco?
Goten non lo merita. Non lo merita. Vegeta strinse i pugni a quei pensieri così paterni, così umani. Non li sopportava. Non sopportava quella situazione che lo portava a essere così fragile.
Kakaroth stava morendo e lui non aveva ancora trovato alcun modo di aiutarlo, di poter far sì che vivesse. Per poter far sì che rimanesse accanto alla sua famiglia, a quella donna isterica, a Goten e suo fratello più grande.
Fratello.
Fratello?
Vegeta spalancò gli occhi tanto da farseli uscire dalle orbite. Erano le stelle che illuminavano così tanto, o la lampadina che si era appena accesa nel lobo frontale?
«Merda!»


-兄弟愛-


Sgattaiolò dentro nel piano interrato della Capsule Corporation, l'area scientifico-tencologica, diretto furtivamente nel laboratorio segreto al quale avevano accesso solo i membri della famiglia Brief e pochi scienziati scelti.
Sillogismi e associazioni di idee folli a parte, Vegeta sapeva bene quando si trovava di fronte a un forte dilemma etico. E, pertanto, agì di conseguenza: se ne sbatté allegramente il cazzo.
Avrebbe fatto qualunque cosa in suo potere per mantenere in vita quell'esimia testa di clown, persino venir meno ai giuramenti alle divinità. Tuttalpiù che il rispetto delle divinità l'aveva smarrito in via definitiva pochi giorni prima.
Avrebbe fatto lui la divinità. Oh, avrebbe giovato al suo egocentrismo, oh, sì. Gli Dei avevano voluto far estinguere la razza saiyan? Avevano fatto un pessimo lavoro a lasciarne in vita qualcuno di troppo.
Tra i quali due imbecilli di proporzioni cosmiche, due scarti della società con i quali Vegeta aveva vagato nello spazio e ogni orribile giorno della sua vita aveva maledetto tra i denti. Guarda caso uno dei due era il fratello dell'inetto in punto di morte. Quante probabilità c'erano che anche lui condividesse lo stesso gruppo sanguigno con il suo parente più stretto? Alte, molto alte.
Quale dilemma etico? Non avrebbe dovuto uccidere nessuno! Avevano fatto tutto loro! Piccolo e Kakaroth l'avevano ammazzato vent'anni prima. Radish aveva commesso il terribile errore di mettersi a giocare a fare il cattivo con le puttane sbagliate, lì sulla Terra, e loro l'avevano ucciso. Fine dei giochi.
Lui non avrebbe dovuto fare niente, niente di niente di scorretto. Solo recarsi lì, in quell'esatto momento nel tempo e nello spazio, prendere in prestito l'inutile carcassa di Radish e renderla meno inutile. E probabilmente più utile di quanto fosse stato anche da vivo. Radish era morto agonizzando e spifferandogli tutto attraverso il loro rilevatore di potenza, improbabile che un organo vitale come il cuore fosse danneggiato.
Come aveva fatto a non venirgli in mente prima?
Vegeta si guardò intorno per accertarsi di non essere seguito, poi inserì il codice d'accesso al laboratorio, furtivo e frenetico.
Avrebbe fatto un lavoro pulito e veloce, nessuno si sarebbe accorto di nulla. Non avrebbero detto nulla agli Dei, avrebbero semplicemente inventato e plaudito a un “miracolo”, quelli che tanto piacevano a loro. “Pregate” gli avevano detto.
Bene, avrebbe raccontato agli Dei di aver pregato molto forte e di essere stato particolarmente convincente.
Si addentrò nel laboratorio diretto alla cassetta di sicurezza, ove sapeva ci avrebbe trovato quel trabiccolo infernale che avrebbe permesso loro di viaggiare nel tempo. Bulma aveva costruito una Macchina del Tempo di scorta, ma non l'avevano mai utilizzata. Beh. Quale momento migliore per un'inaugurazione?
Estrasse la capsula e se la girò tra le mani. Hope, c'era scritto.
Forse quella era davvero l'unica speranza. Un'unica, flebile speranza che vacillò al rimbombo di una voce graffiante.
«Sapevo che saresti venuto qui, Vegeta».
In termini deliziosamente tecnici c'era un solo modo per descrivere con minuziosa eleganza la serietà della situazione corrente: era fottuto.
Si voltò di scatto, con le mani ben spalmate dentro il barattolo di marmellata.
Lord Beerus e Whis, in piedi di fianco all'entrata del laboratorio, lo fissavano con sguardi tutt'altro che amichevoli. Specialmente quel gatto gigante e spelacchiato.
Perché, naturalmente, loro erano buoni a far nulla solamente fino a quando era il momento di infrangere le estensioni sferiche dell'apparato genitale maschile.
«Mi sembrava di essere stato sufficientemente chiaro sull'uso di quel marchingegno infernale» ringhiò Beerus, a braccia conserte.
Vegeta strinse le labbra e non rispose, ma comprese perfettamente come si fosse sentito Trunks quella volta in cui l'avevano sgridato quando aveva tentato di rubare la consolle dei videogiochi dopo che gli era stato vietato di usarla.
«Vegeta-san, vi è stato fatto divieto di usare la Macchina del Tempo» la voce di Whis, al contrario di quella furibonda di Beerus, era neutrale e calma. «Abbiamo soprasseduto sul fatto che foste in possesso di una di esse, ma stavamo oramai tenendo monitorata la sua ubicazione ed eventuali utilizzi a sproposito».
«Questo non sarebbe un utilizzo a sproposito» si stizzì Vegeta.
Utilizzo a sproposito sarebbe stato tornare indietro nel tempo e uccidere Freezer quando era ancora in fasce. Forse. O forse sarebbe stato il migliore degli utilizzi?
«L'unica concessione che potremmo permettere sarebbe di fronte a una minaccia all'umanità e gli universi. Questa situazione non rientra in quelle sopracitate» spiegò Whis.
Ma, giusto per tornare all'incapacità di gestione della rabbia, Vegeta non riuscì più a distinguere quale sarebbe stato un comportamento corretto da tenere con degli esseri divini. Perché, come già spiegato con ridondanza, lui non aveva alcun rispetto per le divinità.
Non aveva particolare rispetto per nessuno che gli andasse deliberatamente contro, a dirla tutta.
«È il fottuto unico modo che abbiamo per salvare quell'imbecille!» berciò.
«Passi le tue giornate a lamentarti di quanto sia imbecille e adesso ti lamenti perché non potrai più averlo intorno?! Dov'è finita la tua coerenza? Ne hai mai avuta una?» gracchiò Beerus, provocatorio e quasi annoiato.
Stupido felino troppo cresciuto. Se solo sua maestà non si fosse trattenuto gli avrebbe annodato quelle assurde orecchie lunghe attorno al collo.
«E dov'è la vostra, di coerenza? Siete delle divinità che millantano di doversi occupare dell'umanità e non potete fare un cazzo quando la persona che ha salvato più volte l'universo sta morendo!»
Decisamente inappropriato. Ma, ancora una volta, gliene poteva importare ben poco. Almeno fino a quando il Signore della Distruzione non lo prese per il bavero e creò una bolla di Hakai nella propria mano.
«Non osare parlare un'altra volta in questo modo, principe dei saiyan, o ti distruggo. E se non lo faccio io ci penserà Zeno-sama, quando scoprirà le intenzioni che avevi con questo affare» sibilò Beerus. Gli sottrasse la capsula dalle mani e se la infilò in tasca poi, con uno strattone, gettò Vegeta sul pavimento.
Scoprì che l'umiliazione bruciava solo la metà di quanto bruciasse il fallimento. Di quanto bruciasse il fatto che la sua idea non avrebbe potuto trovare realizzazione. Di quanto bruciasse la sconfitta.
Lord Beerus lo guardò dall'alto in basso con occhi gravi, poi si allontanò dal laboratorio, e con lui anche l'ultima possibilità di salvare Kakaroth.
Tremò dalla rabbia, dalla sconfitta, ma rimase in silenzio mentre Whis lo osservava rialzarsi con le ultime forze che aveva. Era stanco, distrutto, sconfitto.


«Vegeta-San... devi perdonare il mio signore, lui è un Dio e non può comprendere bene i sentimenti. Io, anche se sono un immortale, ho imparato molto guardando agire voi esseri umani» la voce dell'angelo aveva qualcosa di meno neutrale del solito. Era vero dispiacere, quello? O pietà?
Qualunque cosa fosse quel tono, era insopportabile.
«Mi è parso di capire che, nonostante l'ostilità tra te e Goku-san, voi due siate molto legati. È come un fratello, per te. Non è così?»
Vegeta strinse i denti.
“Beh, se non avessi risparmiato quel pazzo assassino, a quest'ora non avrei un fratello”.
Strizzò gli occhi. Ecco, stava impazzendo.
Non che fosse mai stato completamente sano nel cervello, ma sentire le voci non era per niente un buon segno.
Non era realtà.
La voce di Kakaroth nella sua testa non esisteva. Era solo immaginazione. Pura e irritante immaginazione.
«Vegeta-san» lo richiamò Whis.
Vegeta riaprì gli occhi e scoprì che pizzicavano. Probabilmente gli era entrata della polvere, qualcosa di simile. E probabilmente ben presto sarebbe stato mandato all'inferno per aver messo le mani al collo di un angelo, se Whis avesse continuato a guardarlo con quegli occhi impietositi.
«I sentimenti umani sono affascinanti. Anche se non riesco a provarli, posso avvertire quello che sta succedendo a te» disse. Vegeta ne dubitava altamente. Nessuno avrebbe potuto sopportare quella valanga di sentimenti contrastanti e confusi senza diventare completamente scemo. Lui oramai ci era abituato ad essere un caso patologico nella gestione delle emozioni.
«Provi dolore» rimarcò Whis, giusto per rigirare il coltello nella piaga.
Tra le tante cose, sì, provava dolore prima tra tutte. Forse non era così deficiente, quella divinità.
«Non c'è niente che io possa fare» dichiarò allora Vegeta, frustrato.
Whis sospirò. Quello sembrava un sospiro di dispiacere, non di pietà. Quindi un poco più tollerabile.
«Sono davvero spiacente, Vegeta-San. È quanto io possa sentire di più umano, in questo momento. Provo... tristezza, forse?» si interrogò, pacatamente. «Sono un poco affezionato anche io a quel ragazzo. Ma non possiamo lasciare ancora una volta che si commetta un crimine del tempo. Ti ricordi di ciò che è accaduto con Zamasu, giusto? Non vorrai certo mettere in pericolo tutti gli universi... per salvare una persona sola».
Vegeta si morse il labbro. No, certo che non voleva mettere a repentaglio la vita di tutti. Ma c'era davvero quel rischio? O erano solo paturnie idealistiche?
E se invece lui fosse stato disposto a rischiare? Kakaroth... Kakaroth forse l'avrebbe fatto. Oh, certo che l'avrebbe fatto, idiota com'era! Aveva messo a repentaglio la vita di dodici universi per molto meno.
«Pensa alla tua famiglia, Bulma, Trunks, la piccola Bra. Li metteresti in pericolo?»
Fu come una secchiata d'acqua gelida in piena faccia. Perché diavolo tutti sapevano colpirlo esattamente sul suo punto debole? Perché tutti tiravano sempre in mezzo Bulma, Trunks e Bra per farlo ragionare?
Era una maledizione. Quei tre erano una maledizione. Una benedetta maledizione.
Si trovava di fronte a una scelta, dunque: far morire Kakaroth o mettere a rischio la sua famiglia.
“Non avrei un fratello”.
No. Zitto, coglione di un Kakaroth mentale.
Lui non era davvero parte della sua famiglia. Kakaroth non era davvero...
«No...» sibilò, portandosi le mani tra i capelli. Solo per zittire quella voce orrenda nella sua testa.
«Forse il destino di Goku-san era semplicemente questo. Puoi accettarlo?» concluse quindi Whis, delicatamente.
Una delicatezza che suonò come una sberla. Oh, no, prendere quella decisione non avrebbe voluto dire accettarla. Mai.
«Non lo accetterò nemmeno quando avrà esalato l'ultimo respiro» sibilò Vegeta, il volto contratto dalla rabbia.
Camminò svelto fuori dalla stanza, senza alcuno scopo. Tanto non avrebbe potuto scappare da quel destino.
Whis lo guardò andarsene ed esalò un altro sospiro. Sì, era decisamente tristezza, quella.
«Ohi-ohi».


-兄弟愛-


Camminò lento lungo i corridoi della Capsule Corporation. L'unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stato mettersi a letto, addormentarsi e risvegliarsi una settimana prima, quando ancora andava tutto bene e l'unica sua preoccupazione era con quale dei due pugni avrebbe spiaccicato il muso da cretino del cretino. Niente più, niente meno.
Si sentì al limite della sopportazione. O almeno, così pensava. Non avrebbe mai immaginato che il limite fosse ancora un asticella più in alto, non fino a che passò di fianco alla cameretta dei ragazzi.
La famiglia di Kakaroth stava alloggiando oramai da sei giorni lì alla Capsule Corporation, giusto per potergli stare più vicino. E Trunks era stato più che felice di ospitare in camera sua il suo migliore amico.
Non si stupì affatto di trovarli svegli a mezzanotte. C'erano state volte in cui, durante i loro “pigiama party” - così li chiamavano i terrestri – avevano tenuto lui e Bulma svegli con urla e schiamazzi fino alle cinque del mattino. Oh, come li aveva massacrati nella Gravity Room, il giorno dopo!
Dannati mocciosi.
«-fare niente, Trunks» la voce di Goten suonò particolarmente tremolante ma chiara, fuori dalla porta socchiusa
Vegeta interruppe il suo cammino e si avvicinò. Non era da lui origliare come una vecchia bisbetica, ma gli venne spontaneo.
«Neanche se ti proponessi il tuo videogioco preferito? Faccio iniziare prima te, eh? Che dici?» propose Trunks.
Una lunga pausa.
«Non lo so, non mi va molto».
«Vorrei poter far qualcosa per farti stare meglio» mormorò Trunks.
Vegeta ringraziò la genetica perché suo figlio avesse preso l'empatia di sua madre.
«Nessuno può fare niente. Neanche gli Dei» la voce di Goten si fece più cupa. «Il mio papà sta morendo e io sarò di nuovo solo. Un'altra volta!»
Vegeta trattenne il respiro e, quasi, gli sembrò di udire uno scricchiolio. Era il suo cuore, giusto?
Era proprio il suo cuore ad aver fatto quel rumore orripilante!
«Anche se non è la stessa cosa... ci sarò per te. Sei mio fratello. Non ti lascerò solo, te lo prometto!» disse Trunks.
“Non avrei un fratello”.
Un altro scricchiolio.
Cazzo. Cazzo. Cazzo. Gli mancava il respiro. Che stesse avendo qualche problema cardiaco anche lui?
«Grazie, Trunks. Per fortuna che ci sei tu!»
Vegeta si sentì sull'orlo di un collasso e, lentamente, si lasciò scivolare a terra contro al muro, senza far rumore.
Quei due mocciosi pestiferi maledetti. Maledettissimi.
Maledette copie in miniatura di lui e Kakaroth, di quello che erano, solo molto meno imbranati emotivamente.
Maledetti loro, maledetta la loro trasparenza, maledetto Trunks e la sua empatia che lo faceva sentire un bastardo più di quanto non fosse, maledetto Goten e la sua consapevolezza.
Vegeta sentì un nodo in gola.
Cazzo. Cazzo. Cazzo. Quand'è che avrebbe ripreso a respirare normalmente? Perché gli girava la testa? Ok, quello era decisamente un attacco di panico. Aveva letto sull'argomento e quelli erano tutti i sintomi: pesantezza toracica, secchezza delle fauci, giramenti di testa, respiro corto, orecchie che fischiano. Calma. Calma.
Calma un cazzo. Sarebbe svenuto lì come una mammoletta, se lo sentiva.
Sentì i mocciosi ridere per qualcosa di scemo, forse una battutaccia di Trunks di quelle che non facevano ridere nessuno.
“Sei mio fratello. Non ti lascerò solo, te lo prometto!”
Beh, almeno loro ci sarebbero stati l'uno per l'altro.
Magra consolazione che gli servì però a realizzare, purtroppo, il perché di quel panico. Il perché di quelle sensazioni orrende.
Perché anche lui aveva fatto una promessa. Una promessa che andava mantenuta. Perché non c'erano più speranze ed era giunto il momento di fare ciò che Kakaroth gli aveva chiesto. Dargli una morte dignitosa.
“Non avrei un fratello”.
Vegeta chiuse gli occhi e si concentrò sul respiro – che era sempre più corto. Sul serio, sarebbe morto lì? - ma qualcos'altro catturò la propria attenzione.
Calore. Umido. Sulle proprie guance.
Una reazione emotiva normale, da essere umano. Da quando in qua?
E più sentiva bagnato sulle guance e più il respiro tornava normale, faticoso, ma normale. E le orecchie smettevano di fischiare.
Si raggomitolò su se stesso e si portò una mano sulla bocca, giusto per essere più silenzioso in quella reazione a cui non era abituato neanche lui. Non voleva turbare i ragazzi, avevano già troppe preoccupazioni.
Non riuscì a contare quanti minuti rimase lì, sul pavimento, a versare lacrime come un bambino. Giusto il tempo di realizzare che quella notte avrebbe dovuto mantenere quella promessa.
Quella notte... avrebbe perso suo fratello.



Continua...

ANGOLO DI EEVAA:
... scusate? Ehm, lo so... questo capitolo è stato particolarmente strappalacrime. E anche breve, tralaltro. Si tratta di un capitolo di passaggio, di consapevolezza.
Vegeta ha preso coscienza finalmente di quello che Goku rappresenta per lui, e Goten ha avuto un ruolo abbastanza fondamentale in tutto ciò. Come sapete sono una grande amante del rapporto padre-figlio tra Goten e Vegeta, quindi ho voluto inserirlo anche qui!
Un vero peccato che l'idea di prendere in prestito il cuore di Radish non abbia funzionato, mh? Che ve ne sarebbe parso, di quell'idea?
E infine anche il nostro principe sembrerebbe essersi arreso. Davvero non c'è più nulla da fare? Davvero sono state esaurite tutte le carte?
Questo lo vedremo nel capitolo numero 4.
Spero che siate arrivati tutti sani e salvi fino a qui e che, nonostante tutto questo dramma, siate disposti ad attendere fino alla fine per scoprire cosa accadrà. Grazie come sempre alla mia cara Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Un abbraccio,
Eevaa



Riferimenti:
-Ho voluto mantenere i suffissi onorifici giapponesi (-san, -sama) nella parlata di Whis per mettere meglio in luce la distanza tra divino e umano. Inoltre trovo che nel doppiaggio originale siano una caratteristica molto specifica del parlato dell'angelo.
-Per quanto riguarda l'attacco di panico, mi sono basata principalmente a quello che in passato era accaduto a me. Non so se siano sintomi comuni a tutti, ma mi sono basata su un'esperienza personale.
-Nel mio immaginario durante il periodo post-torneo di Cell, Goten e Gohan erano soliti bazzicare la Capsule Corp ed è così che Trunks e Goten sono diventati amici. E, sempre nel mio immaginario, Vegeta ha avuto un ruolo importante nella crescita di Goten e il loro rapporto è particolare. Ovviamente non è canonico ma una mia fantasia personale.
-Lord Beerus è rappresentato un po' come uno stronzo, ma in realtà non è cattivo: semplicemente è indifferente ai sentimenti umani ed è anche stato fatto chiaro nel manga. Anche se, come abbiamo visto durante il Torneo del Potere, sembrava quasi dispiaciuto a veder scomparire Champa.

  
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