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Autore: BreathE    03/04/2021    4 recensioni
Valanyar è stata portata nella Terra di Mezzo da Gandalf per aiutarlo con il futuro della Compagnia dell’Anello e distruggere Sauron, ma aver letto un libro e vivere una vera avventura sono due cose completamente diverse.
Riuscirà a portare a termine il compito che le è stato affidato, oppure cadrà mutando per sempre il destino dei nostri eroi preferiti?
Tra cambiamenti di copione improvvisati e il mondo degli uomini che la crede un ragazzo, Valanyar cercherà di proteggere a tutti i costi la sua nuova famiglia mentre lotterà per il suo posto nel nuovo mondo.
*
Ragazza dei giorni nostri finisce nell’universo del Signore degli Anelli. Niente di più scontato.
PARING: Legolas/ Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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▌ FARAMIR - FRODO - SAM  ▌
 








 
«  Quando non riuscirai a vedere il lato positivo,
mi siederò con te al buio »
 

__Alice nel Paese delle Meraviglie ; Lewis Carrol
 







 
« Frodo scappa! Trova Faramir! Al Fiume! »
Gli uruk-hai si stavano precipitando giù per la collina ad una velocità tale che Frodo per un attimo temette di restarne investito.
Osservò Valanyar sguainare le spade davanti a lui mentre gli urlava di andarsene, di fuggire e trovare il Capitano di Gondor. Ma l’hobbit sentiva la paura stringergli la gola come quella notte, lungo la strada della Contea quando avevano incontrato per la prima volta il Cavaliere Nero.
Una voce nella testa gli sussurrava di restare fermo, di farsi prendere, che quelle creature abominevoli non gli avrebbero fatto del male perché lui era importante. Era il signore dell’anello.
Scosse la testa, incrociando gli occhi della sua più cara amica che gli ammiccò un occhiolino e un sorriso affettuoso, anche in un momento simile, quando si trovava a pochi passi dalla morte.
« Ci rivedremo » gli promise prima di voltarsi ad affronta un uruk-hai grosso almeno il doppio di lei, nello stesso istante in cui l’Hobbit si obbligò a voltarsi e a correre nella direzione opposta.
Il cuore gli rimbombava nelle orecchie, mentre incespicava tra le foglie e le radici, cercando di sfrecciare il più velocemente possibile verso il fiume.
Era lì che Valanyar gli aveva detto di andare, da Faramir quindi probabilmente era il posto più sicuro. Frodo non si fidava più di nessuno, non del Ramingo di nome Granpasso, non della bellissima e crudele Dama di Luce che aveva incontrato a Lòrien e ben che meno, di sé stesso.
Ma di qualcuno si fidava ancora, e quella persona in quell’istante stava affrontando un intero esercito di uruk-hai per permettergli di scappare, qualunque cosa avesse avuto in mente Valanyar, Frodo si fidava di lei.
Corse più velocemente, cercando di non farsi prendere dal panico quando inciampò su una radice, continuando a scivolare sulle foglie, verso il fiume.
Poteva quasi sentirlo ora, l’odore dell’acqua era sempre più vicino, ma lo erano anche le grida di battaglia dietro di lui e in un momento di idiozia, alzò lo sguardo da terra, voltandosi verso le voci che gridavano il suo nome.
« Frodo! » bisbigliò una voce pochi metri più in là, ma la conosceva quindi si mise a cercare con lo sguardo il proprietario tra le fronde degli arbusti.
Merry e Pipino lo guardavano, immersi dietro un cespuglio.
Appariva a Frodo come un ottimo riparo, probabilmente in quel modo, i suoi familiari se la sarebbero cavata.
Era tutta colpa sua, se adesso stava rischiando tanto, sperò i cuor suo che Sam avesse trovato un nascondiglio altrettanto buono e non fosse allo scoperto, alla ricerca di lui.
« Vieni qui Frodo forza! » urlarono nuovamente ma tenendo un tono sommesso, gesticolandogli lo spazio accanto a se stessi. Ma il moro scosse la testa, sussurrandogli delle scuse che non avrebbero potuto udire, ma che compresero ugualmente leggendogli il labiale:
« Mi dispiace, ma devo andare » gli stava dicendo. Così il più anziano dei due Tuc, prese in mano la situazione, quando vide due uruk-hai farsi strada tra gli alberi. Comprese che gli sarebbero serviti solo pochi passi per notare Frodo. Così fece la cosa più folle e coraggiosa che gli venne in mente, si alzò, attirando su di sé l’attenzione del guerriero.
« Vieni qui feccia disgustosa! Vieni a prendermi! » urlò attirando l’attenzione di tutti i nemici presenti.
Frodo non riusciva a credere ai suoi occhi mentre anche Pipino si tirava in piedi, tirando sassi verso le creature più vicine al suo amico, per attirare il loro sguardo lontano da lui.
« Ehi sta funzionando! » urlò ingenuamente a Merry, che lo prese per un braccio, ed iniziò a tirarlo verso di sé in una corsa scapicollata.
« Lo vedo che funziona! Corri! » Frodo osservò mentre i suoi cugini attiravano verso sé stessi l’attenzione di tutte quelle creature disgustose permettendo a lui, di completare la sua discesa in relativa sicurezza.
Arrivò sulle sponde del fiume, che i rumori della battaglia parvero attenuarsi tra le fronde dietro di lui, mentre in preda al panico si guardava tutt’attorno.
L’accampamento era deserto, Aragorn, Legolas e Gimli dovevano essere in mezzo agli alberi a lottare come Valanyar. Ma Faramir? Dove era il Capitano di Gondor?
« Frodo! » lo richiamò una voce proprio nel momento in cui stava iniziando a disperare « Frodo forza dobbiamo andarcene » disse Faramir entrando nel suo raggio visivo, aveva sulle spalle due zaini e in mano la spada sguainata. Nonostante i suoi occhi saettassero spesso verso i rumori provenienti dagli alberi, la sua postura era calma e sicura, come se si fosse preparato a lungo per quel momento.
« Andiamo, Sam ci sta aspettando, ho riparato una delle barche in quello stretto, in caso fossero giunti fino al fiume » l’hobbit annuì, mentre l’uomo di Gondor gli dava una pacca incoraggiatrice sulla spalla, invitandolo ad affrettare il passo.
Dopo neppure cinquanta metri, Frodo e Faramir ritrovarono Sam e l’imbarcazione elfica. L’hobbit aveva sistemato il suo zaino nella piccola barca, e si stava affrettando a spezzare tutti i remi restanti, tranne ovviamente, quelli destinati alla loro imbarcazione.
« Dobbiamo andare Sam, copriamo i remi restanti e le barche alla belle e meglio tra le foglie dobbiamo attraversare il fiume prima che si accorgano di noi » lo affrettò l’uomo.
I tre compagni lavorarono in fretta e assieme, mentre cercavano di ignorare le grida di aiuto dei giovani Tuc, e soprattutto quelle di disperazione che portavano il nome di Valanyar.
« Andrà tutto bene vedrai, Gwend è un grande guerriero » commentò Faramir dopo un urlo particolarmente straziante, che obbligò Frodo ad alzare il capo in quella direzione.
L’hobbit annuì, cercando di tenere a bada la voce che gli sussurrava tutti gli orrendi modi in cui i suoi amici sarebbero morti, e come lui, utilizzando l’anello li avrebbe potuti salvare.
Ma era una menzogna, e lo sapeva, l’anello li avrebbe solo condannati tutti, doveva essere forte ed ignorare quell’orrendo sussurro.
Si sedette per primo sulla braca, seguito poi da Sam ed infine Faramir che montò per ultimo, dopo averli spinti leggermente più a largo.
Attraversarono le acque in silenzio, mentre i due hobbit facevano del loro meglio per aiutare il giovane Capitano di Gondor a remare più velocemente. Ma le acque del fiume parvero accoglierli, nonostante stessero remando perpendicolari alla corrente, essa non li rallentò, anzi sembrò accompagnarli facilitando la loro traversata.
Frodo si ricordò di fare un ringraziamento silenzioso per le acque, mentre finalmente la piccola imbarcazione attraccava sulla riva, portandoli tutti a scendere.
Faramir porse il suo zaino personale a Sam, poiché era il più leggero e prese su di sé quelli di Frodo e di Sam, che conteneva la maggior quantità di provviste per il viaggio.
 
« E’ Valanyar » sussurrò Sam in mezzo ai due compagni. L’hobbit giardiniere, stava guardando la sponda opposta, e esattamente dall’altra parte, tutti riconobbero la figura slanciata che li osservava dalla riva.
« E’ viva » mormorò grato Sam, mentre i suoi occhi brillavano dalla felicità. Aveva temuto per la sua signora, più che per se stesso, poiché se lei fosse caduta sapeva che il suo amato Signore non sarebbe riuscito ad andare avanti. Occorreva determinazione per salvare ciò che si ama, ma nel tragitto non puoi perdere tutto, o di te non sarebbe rimasto niente.
« Dobbiamo andare » disse Faramir poggiando una mano su ogni spalla dei due hobbit «La strada è lunga » aggiunse mentre Frodo si voltava, lanciando un’ultima occhiata ai membri della compagnia.
Erano giunti anche Aragorn, Legolas e Gimli, ma non vi era traccia di Merry e Pipino. Frodo si rifiutò di pensare al peggio, ma ovviamente quel pensiero sorse comunque nella sua mente, come in quella dei suoi due compagni.
« Sì andiamo » concordò mentre anche Sam iniziava a seguirlo, addentrandosi tra gli alberi assieme a lui.
 


 


 
Camminarono per giorni, fino a quando persero ogni traccia del fiume e degli alberi che lo abbracciavano.
Adesso vi erano solo rocce, su rocce lungo il loro cammino e ogni giorno pareva scorrere nello stesso luogo per i due Hobbit.
Solo Faramir sembrava riuscire ad orientarsi senza problemi, seguiva un percorso, che a quanto pareva gli era stato mostrato da Valanyar stessa. Quando questo fosse successo, i due della Contea non ne avevano idea, ma la situazione li aveva un po’ rincuorati, poiché era un po’ come se la compagnia non avesse mai fallito.
« Mordor » annunciò Faramir da in cima un masso, che precedeva un burrone a picco.
« Spero che gli altri ci arrivino più facilmente, perché così è una faticaccia. Scommetto che è per questo che Valanyar ci ha lasciati andare da soli » commentò Sam mentre si sedeva in terra, sorseggiando un po’ d’acqua dalla sua borraccia prima di porgerla a Frodo, che la prese altrettanto volentieri, accennando un sorriso dinanzi la battuta del compagno.
« Temo che non la rivedrò più » commentò l’hobbit moro, prendendo una piccola sorsata d’acqua, mentre osservava le nubi nere in lontananza.
« Perché dite così Frodo? » domandò Faramir scendendo dalla sua roccia e avvicinandosi al portatore dell’anello.
« Non saprei, quando l’ho guardata l’ultima volta ho come avuto l’impressione che avrei dovuto imprimermi a fuoco nella mente il suo viso. Perché non l’avrei rivista » spiegò cupo Frodo. Nessuno dei presenti ebbe il coraggio di interferire con i sentimenti bui dell’hobbit, mentre nei suoi occhi era possibile leggere tanta cruda tristezza.
« Magari sì Padron Frodo, magari sì » tentò dopo qualche minuto di silenzio Sam, mentre si avvicinava all’hobbit più anziano, prendendogli una mano tra le sue e lasciando che i loro sguardi si incrociassero così che Frodo potesse leggere in essi, tutto l’ottimismo che il Giardiniere portava con sé « Se vi è qualcuno capace di sconfiggere la morte, è proprio lei, la rivedremo vedrete » disse stringendogli nuovamente la mano per trasmettergli il proprio calore.
I due si persero negli occhi dell’altro per qualche altro secondo, prima che Frodo sorridesse, ringraziando il più giovane.
« Sono felice che tu sia con me Sam » disse sincero prima di aggiungere « E anche tu Faramir »
« Oh certo non fate caso a me » commento il giovane Capitano di Gondor che aveva assistito alla scena con un sorriso sornione « Sono solo di passaggio » tentò umoristico, rubando una leggera risata ai due compagni, prima di rimettersi in piedi per valutare il da farsi.
« Dovremmo scendere lungo questo crinale, Sam avete ancora vero la corda donatavi da Dama Galadriel? » domandò il soldato di Gondor, guardando oltre il precipizio. Non si vedeva il fondo il che non faceva ben sperare, ma se non errava, ricordava che la corda elfica tendeva ad essere sempre lunga esattamente quanto ne necessitavi.
Chissà se la Dama Elfica aveva previsto persino che si sarebbero divisi. Sicuramente non aveva previsto lui, poiché gli aveva consigliato di morire lungo le sponde del fiume.
Una volta ancora, Faramir sperò che Gwend avesse ragione sulla strada scelta, e che il suo attaccamento alla vita, non avrebbe finito per condannarli tutti.
« Certo » disse l’hobbit iniziando a frugare nel suo zaino, che Faramir aveva poggiato a terra poco prima di fermarsi.
 
La discesa fu lunga e noiosa, anche se la parte dove Sam preferì rischiare di uccidere Frodo piuttosto che perdere il suo sale per condimenti, tirò su l’umore di Faramir come non succedeva da quando si erano separati dagli altri.
« Potremmo prepararci un pollo arrosto » stava dicendo l’hobbit giardiniere mentre il soldato di Gondor cercava di trattenere l’ennesima risata « Non si sa mai! » persistette il mezzuomo strappando una risata anche al suo padrone.
In quel momento Faramir decise che se avesse potuto, avrebbe dovuto cacciare a tutti i costi un uccello, un fagiano magari non sarebbe stato male, solo per vedere quell’espressione soddisfatta nel viso di Sam.
« Non possiamo lasciarla qui » commentò Frodo riguardo la corda che ancora penzolava lungo l’alto muro di pietra, di cui adesso non si vedeva la fine.
« Ah non c’è niente da fare, il nodo l’ho fatto io. Non si scioglierà facilmente » e così come toccò la corda elfica, ella cadde ai suoi piedi riprendendo la sua normale lunghezza mentre Sam si ritrovava ammutolito a fissare il groviglio ai suoi piedi e Frodo e Faramir se la ridevano di gusto.
In quei momenti, pareva a tutti loro di potersi dimenticare quanto fosse suicida la loro missione ma bastava poco per rovinare ogni volta il loro buon umore.
 
Un sussurrò nella mente per Frodo, o un’occhiata verso la catenella che l’hobbit portava al collo per Sam e Faramir.
La pelle oramai aveva assunto un orrendo colorito come se si stessero preparando ad uscire varie vesciche. La catena elfica avrebbe impedito all’anello di sfuggire, ma a pagarne il prezzo era ancora una volta Frodo che sembrava dover lottare contro un nuovo e costante dolore.
« A breve saremo costretti a medicarti » commentò Faramir guardando sotto la nuca del mezzuomo con preoccupazione.
Frodo tentò di ignorare la voce nei suoi pensieri, che cercava di convincerlo che l’uomo di Gondor cercava solo una scusa per prendersi l’anello. Voleva che abbassasse la guardia così avrebbe potuto ucciderlo e rubarglielo…  E Frodo non poteva permetterglielo no, l’anello gli era così caro, non voleva separarsene. Forse avrebbe dovuto toglierlo da quella catena, sarebbe stato molto più al sicuro al suo dito, sì forse doveva fare così …
Frodo scosse il capo, cercando di schiarirsi le idee mentre alzava gli occhi, incontrando quelli del soldato di Gondor.
Faramir lo guardava con un sorriso triste, non era lo sguardo di un ladro o un traditore, ma di un amico che era preoccupato per lui che voleva solo risparmiargli un minimo di quel dolore. Quell’uomo sarebbe morto per proteggerlo e una parte dell’hobbit lo sapeva, quindi si costrinse ad annuire al giocane Capitano, mentre spostava delicatamente i suoi riccioli neri dalla base del collo.
Sam si avvicinò cauto, mentre osservava la fresca ferita che la catena aveva procurato sulla pelle di colui a cui teneva di più a mondo. In quel momento, voleva solo strappare via quell’orrendo anello dal collo di Frodo e lanciarlo via, lontano, dove non avrebbe più potuto ferire il suo padrone.
Ma la sua signora lo aveva avvertito, Valanyar era stata molto chiara, Frodo non sarebbe mai stato salvo fino a quando l’anello sarebbe esistito. I loro destini erano legati.
« Valanyar mi ha dato un po’ della sua pomata elfica Padron Frodo aspettate. » disse l’hobbit frugando tra le tasche del panciotto  e trovando in poco tempo l’ampolla, nascosta tra vari strati di stoffa.
A Sam era particolarmente cara, Valanyar aveva rinunciato a metà della sua dose per affidargli tutta quella quantità e anche se lei marciava verso la guerra aperta, aveva preferito che l’avesse Sam. E lui non ne avrebbe sprecata neanche una goccia.
Si unse attentamente i polpastrelli di tre dita, prima di carezzare con più delicatezza possibile la pelle rossa e gonfia del collo. Frodo gemette, sentendosi come se qualcuno gli stesse offrendo dell’acqua fresca dopo un intero viaggio nel deserto. La pomata fece subito effetto, mentre sentiva le spalle immediatamente più leggere, e quell’eterno dolore farsi sordo nel retro dei suoi pensieri.
Frodo ebbe uno scorcio del suo passato, di quando non era altro che un ragazzino e aveva raccontato a Valanyar come aveva perso i propri genitori e che iniziava a dimenticarsi il suono delle loro voci.
Riprovò di nuovo quella sensazione di calore che aveva provato allora, consumando sulle spalle della ragazza tutte le sue lacrime, mentre lei gli aveva accarezzato i riccioli senza mai lamentarsi della scomoda posizione, canticchiandogli una dolce melodia per coprire  suoi singhiozzi. Frodo si ricordò cosa aveva provato quel giorno, si ricordò ancora una volta, che non era solo a vivere quella vita, che vi erano persone che desideravano rivederlo per poterlo amare di persona, non appena fosse riuscito a distruggere quell’orribile anello.
« Grazie Sam » mormorò l’hobbit voltandosi verso il suo amico più caro. Sperò di riuscire a trasmettergli il suo affetto in quel breve sorriso e a giudicare dal rossore che si sparse sulle guance del giovane giardiniere, ci riuscì.
 


 



 
« Faramir sei sicuro che non ci siamo persi? Quella roccia credo di averla già vista » disse Sam alle spalle di Frodo e Faramir che stavano camminando uno di fianco all’altro.
Il portatore dell’anello aveva bisogno di distrarsi, poiché quella mattina la testa gli faceva più male che mai, così si era volentieri sottoposto ad una chiacchierata leggera sull’infanzia del Capitano.
Gli aveva raccontato di suo fratello Boromir e del suo incontro con Valanyar. Di suo padre invece, non aveva mai fatto accenno ma Frodo non indagò oltre, ricordandosi che per l’uomo doveva essere un tasto dolente.
« Non preoccuparti Sam, può sembrare che stiamo girando in tondo ma conosco la via » lo rassicurò il Capitano mentre l’hobbit annuiva.
A lui, continuava ad essere tutto familiare quindi si riteneva più grato che mai che il giovane uomo fosse con loro. Era piuttosto certo, che senza Faramir lui e Frodo si sarebbero già persi più volte.
Soprattutto perché Sam avrebbe preso come punto di riferimento quelle orrende nuvole che aleggiavano in eterno su Mordor e avrebbe puntato dritto verso di loro.
Il Capitano di Gondor invece, decideva la loro direzione durante le ore notturne, senza curarsi se a volte Mordor appariva alla loro sinistra o davanti a loro, ieri erano passate ore prima che riuscissero nuovamente ad avvistare l’orrendo posto.
Sam non se ne lamentava, quelle nuvole lo mettevano sempre di malumore.
« Cosa ci è rimasto di cibo? » domandò Frodo dopo un’altra ora, mentre lo stomaco dei suoi compagni gorgogliava, per una volta imitato dal suo.
« Emh… » mormorò il giardiniere frugando nel suo zaino « Pan di Via!  » commentò entusiasta « Ed, ancora Pan di Via! » aggiunse con un sorriso che apparve quasi sincero ai suoi due compagni.
« Riempiti un po’ lo stomaco Frodo, più avanti troveremo degli alberi, cercherò di prenderci un fagiano o un coniglio, così da rimetterci un po’ in forze » commentò Faramir riempiendo di entusiasmo il giovane Sam.
« Questa è una notizia meravigliosa! » commentò l’hobbit mentre prendeva un morso della schiacciata elfica, porgendone più della metà a Frodo che la addentò con molto meno appetito.
« Vedrete padron Frodo vi preparerò una cena deliziosa! Sarà degna di una cena a casa di Padron Bilbo! » annunciò con ritrovato vigore l’hobbit mentre non appena Frodo ebbe finito di spiluzzicare la sua merenda, riprendendo tutti la marcia ma con umore infinitamente migliore.
Niente riusciva a rendere un hobbit felice, quando la prospettiva di una buona cena.
 


 
 
 
 
« Ma la sentite che puzza? Deve esserci una palude rancida da qualche parte qui vicino o che so io. Disgustoso » commentò Sam dalle retrovie, mentre si sventolava una mano davanti al naso.
Faramir e Frodo si guardarono per qualche secondo di troppo, comprendendosi a vicenda fin troppo bene, poiché entrambi avevano riconosciuto il pericolo. Non erano soli ed oramai la distanza tra loro e la creatura di nome Gollum di cui Gwend lo aveva messo in guardia, si era fatta esigua, avrebbe tentato di colpire quella notte stessa e il Capitano di Gondor lo sapeva.
« Vai pure a riposarti un po’ con Sam, io cercherò un posto per la notte, temo che a breve inizierà a piovere non voglio che ti bagni » gli disse onestamente Faramir, mentre mandava il portatore dell’Anello ad avvertire il compagno restante.
Una parte di lui, si chiese se sarebbe stato proprio necessario, forse Gwend si sbagliava e Frodo sarebbe stato d’accordo con l’ucciderlo e tanti saluti. Ma la sua amica l’aveva avvertito che lui non sarebbe potuto restare con gli hobbit fino alla fine del loro viaggio, prima  o poi gli eventi lo avrebbero costretto ad abbandonarli e se la loro unica possibilità fosse stata davvero quella fetida creatura? Come poteva Faramir privargliene?
Senza contare che secondo il Capitano di Gondor vi era qualcos’altro, qualcosa che Gwend non aveva voluto dirgli a proposito di Frodo. Altrimenti, perchè rimandare proprio all’hobbit la sua sorte? Frodo aveva un cuore buono, lo aveva visto Faramir mentre era stato costretto anche ad affrontare i goblin a Moria. Aveva tolto loro la vita perché doveva, ma in nessun momento era parso sicuro di sé, anzi l’idea di uccidere qualcuno sembrava ripugnarlo almeno quanto aver visto lo Stregone cadere.
Dopo meno di un’ora di ricerche il Capitano di Gondor tornò dai suoi compagni, felice di portare buone notizie di un possibile riparo, non lontano da lì poiché iniziava a piovigginare.
Data la situazione geografica, non era proprio l’ideale, ma la sporgenza rocciosa che aveva scovato, era sufficientemente lunga per accoglierli tutti e tre seduti e gli permetteva perfino di accendere un piccolo fuoco. Soprattutto se la pioggia avrebbe continuato a cadere perpendicolarmente grazie all’assenza di vento. Ogni tanto anche loro si meritavano un briciolo di fortuna, e Faramir riteneva che i due poveri hobbit
non si meritassero anche un raffreddore.
 
La notte scese veloce su di loro, Faramir fece sistemare Frodo nella parte più interna al muro mentre lui e Sam prendevano i lati. Nessun membro della compagnia si sentiva a suo agio, ma non avevano altra scelta se non lasciarsi avvicinare da chi li stava inseguendo.
L’uomo continuava a ripetersi le parole di Gwend, di come non avrebbe dovuto ucciderlo, non importava quanto spregevole fosse, la sorte della creatura era legata a Frodo e lui si sarebbe dovuto trattenere dal ferirla mortalmente.
Ma quando i primi rumori si fecero evidenti sotto lo scroscio della pioggia, tutti e tre rabbrividirono mentre il buio portava con sé i bisbigli della creatura di nome Gollum. Sam si costrinse a stringere più forte gli occhi, mentre cercava con tutto se stesso di non spalancarli per guardare sopra di sé, con il suo istinto che gli urlava di scappare il più lontano possibile.
L’acre odore si fece sempre più prominente costringendolo a deglutire per evitare che la cena della sera gli tornasse in gola mentre i sussurri che fino a quel momento erano parsi come un parlottio incomprensibile, assumevano un senso:
« I ladri, i ladri schifosi. Ce lo hanno tolto, rubato » la creatura parlava al plurale come se vi fosse qualcuno assieme ad essa. Ma chi avrebbe mai potuto scegliere di passare un’eternità assieme a Gollum?
Faramir strinse la sua presa sull’elsa della spada mentre drizzava le orecchie.
Doveva essere sopra di loro, un magnifico arrampicatore per riuscire a scendere da una simile roccia senza l’utilizzo di alcun cordame. Piccoli sassi scivolarono tra i suoi capelli e capì che si era spostato da sopra di lui cosa che fece increspare al soldato un sopracciglio. Era certo che la creatura fosse senziente e scaltra per averli seguiti fino a qui, allora perché non attaccava il più forte della compagnia?
« Il mio Tessoro! Maledetti…Noi li odiamo è nostro lo vogliamo! » Faramir riconobbe lo scatto di due gambe che prendono lo slanciò e con un salto repentino si alzò frapponendosi tra Gollum e Frodo che si era alzato anche lui in quel momento.
La creatura era ancora più rivoltante di quando Faramir fosse riuscito a scorgerne sul fiume, ma lo attaccò senza timore mentre si fiondava contro di lui, mirando immediatamente ai suoi punti vitali.
Ma il Capitano di Gondor non era certo un hobbit inesperto, schivò l’attacco girando la spada su stessa e colpendo la creatura con il piatto della lama. Così che non lo ferisse ma lo rintronasse, Gollum si girò folle di rabbia ma ebbe solo il tempo di gridare nuovamente prima che subisse un calcio dritto in bocca dallo stivale di Faramir.
Gollum rotolò di qualche metro, scattò per cercare di atterrare un altro avversario, uno di quegli schifosi hobbit magari, quello magro aveva il suo tesoro, ma fu fermato prima che potesse fare niente, dalla punta di una lama lungo la sua gola.
Gollum gemette, guardando la lama  elfica che risplendeva sotto la luce della luna. Il portatore dell’anello lo minacciava a terra con un’espressione indecifrabile mentre veniva affiancato dai suoi compagni.
« Questa è Pungolo, l’hai veduta altre volte dico bene Gollum? » sibilò Frodo mentre osservava il volto della creatura davanti a lui. Gollum mugolò, come un animale ferito, si raggomitolò su se stesso portando le mani davanti al viso come se fosse abituato a venire picchiato e si preparasse al peggio.
« Tolto, rubato, schifosi hobbit della Contea » mugolò come se stesse parlando con qualcun altro, mentre Sam e Faramir si scambiavano uno sguardo dubbioso. L’uomo rinfoderò la spada facendosi avanti per affiancare il portatore dell’anello che intelligentemente non aveva ancora abbassato la lama.
« Cosa ne facciamo di lui Frodo? » domandò il giovane Capitano osservando la figura rannicchiata a terra.
« Beh lo uccidiamo ovviamente, no? » disse Sam guardando incerto tra il suo Padrone e Faramir. Onestamente non vedeva l’ora di mandare quella schifezza all’altro mondo. Puzzava in maniera terribile e per quanto lo riguardava rappresentava solo un pericolo costante per Frodo. Voleva l’anello e per esso li avrebbe sicuramente uccisi tutti nel sonno alla prossima occasione.  Se Faramir non fosse stato con loro, chissà se sarebbero mai riusciti a trattenerlo.
« Potremmo legarlo » propose Frodo lanciando un’occhiata incerta all’uomo accanto a sé. Faramir ricambiò la sua occhiata con un sorriso mesto.
Avrebbe preferito anche lui ucciderlo e togliersi la preoccupazione una volta per tutte, ma comprendeva Frodo, ora che Gollum era raggomitolato a terra, mendicando pietà tra un insulto e l’altro era difficile non provare pena per lui.
Suo padre, lo avrebbe probabilmente definito un debole per quello e forse era così, ma in certi momenti era grato di non essere uno forte se significava uccidere senza rimorso una creatura tanto distrutta dalla vita.
 
Ovviamente l’unica corda disponibile risultò quella elfica, ma da subito non apparve una buona idea.
Gollum urlava e rotolava cercando di togliersi il cappio dal collo senza riuscirci.
Sam guardava con un misto di fascino ed orrore la creatura che si grattava come se cercasse di strapparsi la pelle dai muscoli, la corda era così larga che la sua testa sarebbe passata dal buco con facilità.
Inizialmente Sam gliela voleva stringere, ma Gollum aveva preso a gridare non appena era entrata a contatto con il suo collo e per quanto all’inizio l’hobbit avesse pensato che fosse un trucco, adesso gli faceva pena chiedendosi se non vi fosse una soluzione migliore, sembrava davvero soffrirne e Sam non era certo un torturatore provetto.
« Tutti gli orchi di Mordor sentiranno le sue urla, non possiamo proseguire in questo modo » annunciò Faramir dando perfettamente voce ai pensieri di Sam.
« Potremmo lasciarlo qui » suggerì l’hobbit passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore. La mano gli tornò indietro umida e leggermente sudicia, non ricordava neppure l’ultima volta che aveva potuto fare un bagno caldo, gli mancava la Contea ma sperava di puzzare meno della creatura davanti a lui. Quello si che sarebbe stato un affronto.
« Non potete lasciarci qui! Loro ci uccideranno! » supplicò Gollum momentaneamente distratto, crollando sulle ginocchia e spostando lo sguardo implorane sui tre presenti. Sam lo evitò, mentre Frodo e Faramir lo studiavano.
« E non meriti forse la morte? » domandò Faramir guardandolo, l’hobbit più anziano spostò lo sguardo sull’uomo di Gondor, ma lesse nel suo sguardo la stessa pietà che sentiva nel suo cuore. Come lui, Faramir non sarebbe riuscito ad ucciderlo, e abbandonarlo alla stregua degli orchi, sembrava solo un tipo diverso di omicidio e Frodo sapeva che l’uomo che viaggiava assieme a lui, non era il tipo da lasciarsi fuorviare da certe sottigliezze.
« Noi siamo gentili se loro sono gentili. Toglietecela! Noi giuriamo di fare quello che volte. Giuriamo! » disse Gollum accennando un orrendo sorriso con i soli quattro denti rimastigli.
« Non c’è promessa che puoi fare di cui io mi fidi » gli rispose saggiamente Frodo. Anche se non fosse stato vittima della persuasione dell’anello, l’hobbit dubitava che la creatura sarebbe stata degna di qualunque tipo di fiducia.
« Giuriamo di servire il padrone del Tesoro, lo giuriamo sul… sul Tesoro sì! » ribatté esultante Gollum mentre fissava il collo di Frodo, da cui era possibile intravedere una sottile linea dorata come se fosse sotto ipnosi. In quel momento a Faramir fece ancora più pena, ma allo stesso tempo intuì quanto fosse pericoloso. Se anche li avesse accompagnati fino al Monte Fato mantenendo la sua promessa, non avrebbe mai permesso a Frodo di distruggerlo.
« Ti vincoliamo alla tua parola » disse Frodo dopo essersi scambiato uno sguardo d’intesa con Faramir che aggiunse « Possa la morte raggiungerti in fretta se oserai infrangerla ».
Le parole risuonarono solenni nella valle, mentre i Valar stessi sembravano seguire la scena. Gollum si voltò a guardare l’uomo alto, riconoscendo in lui fattezze che non aveva mai scorto in altri, mentre un tuono rimbombava forte nel cielo suggellando il giuramento. La creatura rabbrividì mentre la parte più debole di lui mugolava sapendo in cuor suo che quella sorte sarebbe stata la sua se avesse mancato alla parola data.
« Una nostra amica sostiene che conosci una via nascosta per arrivare a Mordor, una via per degli acquitrini » aggiunse corrucciando le sopracciglia. Gwend gli aveva assicurato che quella strada sarebbe stata più veloce e sicura poiché tranne Gollum, era nascosta a chiunque altro. Certo li avrebbe portati leggermente fuori strada, facendoli avvicinare al nero cancello ma se alla fine gli risparmiava del cammino tra i sassi, era sicuramente la scelta migliore.
« Oh sì! Gollum conosce! Noi vi possiamo portare! » disse la creatura mentre Faramir si avvicinava a sfilargli il cappio. Sam fece un verso di disappunto ma non commentò oltre mentre Gollum tratteneva uno sguardo di terrore alla vicinanza dell’uomo. Ma quest’ultimo non lo picchiò né lo strattonò più forte con la cattiva corda elfica.
Oh no, fu gentile, Gollum non conosceva la gentilezza non la ricordava, ma notò che l’uomo bravo a combattere gli sfilò via la cattiva corda facendo attenzione a non sfiorargli ulteriormente la pelle. La creatura non capì cosa fosse, ma  non gli piaceva il dolore e ora stava meglio senza corda, quindi saltellò un po’ sul posto prima di guardare nuovamente verso il suo Padrone. Il Padrone del tesoro era il suo Padrone e lui l’avrebbe guidato sìsì, verso gli acquitrini avevano detto.
« Venite, seguite Gollum. Lui conosce la strada oh sì! » la creatura scattò in avanti, obbligando il resto della compagnia a stargli al passo. Faramir prese in spalla tutti e tre gli zaini mentre dava una pacca rassicurante sulla spalla di Sam, che si aprì in un sorriso timido.
L’hobbit sapeva che poteva fidarsi dell’uomo di Gondor, ma soprattutto di Valanyar se la sua signora aveva detto che Gollum poteva aiutarli allora era così. E solo gli Dei sapevano, di quanto aiuto avevano ancora bisogno prima di vedere la fine di quel viaggio.
 

 



 
« Credo che Valanyar mi abbia parlato di lui sapete padron Frodo? » disse una sera Sam, quanti giorni fossero passati da l’ultima volta che l’aveva vista l’hobbit non avrebbe più saputo dirlo mentre accampati negli acquitrini, Gollum parlottava tra sé e sé avvilito lamentandosi che non vi era niente da mangiare.
Niente sopravviveva alle paludi dove l’antica guerra era stata combattuta.
L’intera compagnia si sentiva scossa, se per sbaglio uno di loro poggiava lo sguardo nelle acque, trovavano sempre dei visi pronti ad osservarli a meno di un palmo della superficie.
« Non mi stupirebbe, lei ci ha parlato sempre di cose che avremmo capito solo con gli anni a venire … Credo che abbia consigliato anche me, su Gollum » rispose Frodo.
« E cosa vi ha detto ? » domandò Faramir mentre frugava nello zaino, ricercando la carne essiccata che aveva mantenuto proprio per quella parte del percorso.
« Che non avrei potuto salvarlo credo. Non ricordo bene ero ancora un ragazzo, fu prima che Bilbo lasciasse dietro di sé l’anello … » l’hobbit moro si perse per un attimo nei propri ricordi, stupendo Sam quando dopo tanto tempo, accennò un piccolo sorriso « Credo mi stesse raccontando una storia sulle sue Terre, come una leggenda. Vi era un ladro e un Re, ma il ladro era il buono poiché rubava agli ingordi di potere per poter ridistribuire le loro ricchezze con i poveri, ed il Re invece era il cattivo, si nascondeva nel suo castello desideroso solo di più potere e tesoro, ignorando i bisogni del suo popolo.
Fu alla fine del racconto che il fratello del Re, torna dalla guerra ed il popolo è felice perché lui era un Re giusto, così il ladro smette di essere un fuggiasco e il Regno torna a vivere in serenità ed in pace.
Quando me la raccontò, le dissi che l’eroe però era comunque il ladro gentiluomo ma lei mi disse che me l’aveva raccontata per un altro motivo. Voleva che mi concentrassi sui due fratelli che erano stati entrambi Re, ma ognuno aveva scelto un modo diverso di governare:
“ A volte alle persone Frodo viene offerto lo stesso potere di qualcun altro, ma questo non significa che la persona che viene dopo vivrà una vita uguale a quella che l’ha preceduta.  Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità¹. “
Penso stesse parlando proprio di lui, di come non sono condannato a diventare … così. » mormorò Frodo con lo sguardo perso nella figura in lontananza che continuava  muoversi su quattro zampe.
Ma non era mai stato l’aspetto esteriore a turbare Frodo, bensì quello che Gollum portava dentro, poiché le sue fattezze rispecchiavano oramai, solo ciò che era diventato.
« Non potete salvarlo padron Frodo » disse Sam in un sussurro triste, mentre guardava la persona a cui teneva di più in questo mondo, svanire sotto il suo sguardo, piegato dalla forza dell’anello. Cosa sarebbe rimasto, dell’hobbit che tanto adorava e rispettava alla fine di quel viaggio?
Era già cambiato così tanto, che a volte Sam faceva fatica a riconoscerlo, ma non per questo il suo affetto era diminuito, lo avrebbe accompagnato, fino alla fine dei tempi se fosse stato necessario.
« Devo credere che sia recuperabile Sam » mormorò l’hobbit moro. Faramir in quel momento si sentì quasi fuoriposto in quel piccolo gruppo, mentre i due hobbit si guardavano con un tipo di amore e fiducia, che a lui era sempre stato negato. Certo Boromir lo amava e lo sapeva, a differenza di suo padre, ma certamente non si era rivolto mai a lui nello stesso modo in cui Frodo parlava di Sam. Boromir sapeva che Faramir era un uomo di valore ma niente di più, mentre Sam guardava il suo Padrone come se fosse l’essere migliore del creato, come se niente e nessuno sarebbe mai riuscito a superarlo.
 Anche dopo aver visto lo splendore degli elfi, gli occhi di Sam non avevano mai brillato quanto in questo momento, in una lurida palude mentre comprendeva che Frodo aveva bisogno di lui e del suo sostegno.
« Se salvarlo è ciò che desiderate Padron Frodo, allora io vi aiuterò » disse Sam rimboccandosi le maniche mentre tirava fuori dei condimenti dal suo panciotto, buttandoli nella pentola che aveva davanti mentre continuava a mescolare. Scansò la carne essiccata di Faramir, optando invece per la carne di coniglio che il soldato si era procurato prima di addentrarsi nelle paludi e mettendola a cuocere nell’acqua bollente.
« Ehi Gollum! Vieni metti anche tu qualcosa sotto i denti, ci servi in forze se devi guidarci fino alla fine di questo incubo! » urlò l’hobbit da sopra la sua spalla.
Nonostante il silenzio impregnasse la palude, la voce dell’hobbit risultò come ovattata, come se gli acquitrini potessero rubarne la forza.
Ma Gollum lo udì lo stesso, mentre si voltava circospetto verso colui che lo aveva chiamato.
« Altro schifoso pane elfico? A Gollum non piace. Noi non lo vogliamo » ripose la creatura sputando a terra ma avvicinandosi comunque di qualche metro.
« No niente pane » rispose Sam quando vide che si era avvicinato a sufficienza. Tolse un coscio del coniglio dal brodo, poggiandolo su un pezzo di stoffa che passò a Gollum.
« Tieni, ho dovuto bollirlo un po’, era morto da troppo e il sale non può fare miracoli » disse l’hobbit mentre la creatura si avvicinava lentamente, circospetto, annusando l’aria e l’odore che proveniva dalla pentola.
Era forse un imbroglio? Un'altra tattica per fargli bruciare la gola in quel modo terribile come il giorno addietro? Oh ma Gollum aveva così tanta fame, e la carne aveva un odore che conosceva. Oh sì lo conosceva.
Gollum non si fidava degli hobbit no no, non di quello grasso e sopratutto non dell’umano che vestiva pesanti armi affilate che avrebbero fatto a Gollum tanto male. Ma l’odore era così buono, e il suo stomaco così vuoto.
« Non preoccuparti, va tutto bene » lo incoraggiò il portatore dell’anello. Gollum non si fidava neppure di lui, ma vi era qualcosa di diverso negli occhi di questo padrone. Non lo guardava con odio e disgusto.
Gollum lo aveva visto negli occhi degli elfi quando era stato imprigionato dai biondi immortali, l’avevano chiamata pietà. Ma a Gollum loro non piacevano, erano amici del ramingo vestito di nero e dello stregone Grigio.. E loro avevano fatto tanto male a Gollum.
Non quanto l’Oscuro oh no no, torturato così a lungo. Brutti ricordi, orribili.
Gollum si concentrò nuovamente sulla carne.
Si accovacciò solo sui piedi, allungando una mano e sgraffignando in fretta la carne di coniglio prima che l’hobbit potesse riprendersela. Oh se l’hobbit voleva ingannare Gollum non c’era riuscito.
Gollum leccò la pelle, vi era qualcosa che non tornava, non era abituato alla carne cotta, gli piaceva cruda con il cuore che batte ancora e il sangue che gli scorreva tra i denti. Ma non gli bruciava la gola.
Così dette un morso e poi in fretta, divorò l’intero pezzo.
I tre della compagnia osservarono Gollum, Faramir, piegò persino le labbra in un piccolo sorriso. Aveva visto cani abbandonati viaggiare per i territori di Gondor, con le stesse mosse diffidenti. Certo Gwend lo aveva messo in guardia di non fidarsi di Gollum, ma si chiese se forse non fosse giusto pensare come Frodo, e dargli una possibilità.
 « Senza sangue, come ha fatto l’hobbit grasso a togliergli il sangue? Perché poi? A noi piace il sangue » mormorò irritato Gollum.
« Te l’ho già detto » disse Sam evidentemente più spazientito dall’essere chiamato grasso « Era morto da due giorni, ti avrebbe fatto stare male mangiarlo crudo »
« Come se all’hobbit interessasse se Gollum sta male. Ci ha dato il pane elfico ieri, bruciava »sibilò la creatura guardando Sam con una smorfia arcigna.
« Ti ho già chiesto scusa » ribatté l’hobbit giardiniere prima di tornare alla sua zuppa. Per lui e i suoi compagni, sarebbe dovuta cuocere almeno un’altra mezzora. Sopratutto per Frodo,che ultimamente mangiava sempre meno, Sam voleva assicurarsi che la zuppa potesse restare nel suo stomaco. Aveva bisogno di stare in forze.
Il portato dell’anello stava sempre guardando il giovane Hobbit con uno sguardo amorevole. Era così felice che Sam fosse venuto con lui.
Certo era molto grato anche a Faramir ma non era certamente la stessa cosa, mentre il soldato di Gondor lo faceva sentire al sicuro. Sam gli ricordava costantemente di casa sua, della Contea. Gli permetteva di restare attaccato a  coloro che amava, senza sprofondare sempre di più nell’abisso oscuro che oramai aveva preso posto fisso nel retro della sua mente.
Era così grato della presenza di Sam, che avrebbe voluto cacciare l’hobbit per mandarlo al sicuro lontano da quell’orribile persona che sapeva sarebbe diventato. Voleva che Sam si ricordasse di lui, come una persona degna da amare e non come uno schiavo sottomesso dalle brame dell’anello… Ma se lo avesse allontanato, Frodo sapeva, che non sarebbe riuscito a fare che pochi passi prima di soccombere alla volontà di Sauron.
« Un tempo non eri molti diverso da un hobbit, non è vero Sméagol? » domandò il portatore dell’anello alla creatura attirano in fretta l’attenzione di tutti i presenti.
Faramir restò più sorpreso dal fatto che Gollum potesse avere qualcosa in comunque con la pacifiche creature che aveva iniziato a considerare amici. Gwend gli aveva spesso parlato del suo tempo passato nella Contea, e anche personaggi più estroversi come Merry e Pipino sicuramente non avevano niente in comunque con la creatura a meno di un metro da lui.
Ma il più sorpreso di tutti, fu proprio Gollum « Come mi hai chiamato? » mormorò e Sam lo guardò e per una volta provò la stessa pietà con cui aveva visto il suo Padrone guardare quella creatura.
Da quanto tempo si era perso dentro sé stesso? I suoi occhi così grandi e sproporzionati, cresciuti per aiutarlo nel buio delle caverne, adesso sembravano quelli di un animale spaventato, come se avesse appena rivisto il proprio padrone dopo anni che aveva vissuto in mezzo alla strada, tra stenti e maltrattamenti.
« Questo era il tuo nome una vola non è vero? Molto tempo fa ... » continuò Frodo cercando di ricordare tutta la storia che Gandalf gli aveva raccontato della creatura, quando l’aveva scorta nelle miniere di Moria.
« Oh sì… Il mio nome, Sméagol » la creatura lo pronunciò come se si posasse male sulla propria lingua. E così era, Sméagol non esisteva più da così tanto tempo. Gollum si era preso cura di loro negli ultimi secoli e Sméagol era stato dimenticato. D’altronde era una creatura debole e ripugnante … Niente di più di un assassino.
« Il mio nome » mormorò nuovamente. Nessuno della compagnia ruppe più il silenzio, mentre la creatura si allontanava di qualche metro, raccogliendosi tra i suoi pensieri e ciondolando avanti ed indietro.
Il resto dei viaggiatori, mangiò in silenzio non appena lo stufato di Sam fu pronto, ognuno assorto nei propri ricordi nelle proprie colpe del passato, ritrovandosi a chiedersi quanti di loro fossero davvero migliori della creatura chiamata Sméagol. Quanti di loro sarebbero sopravvissuti al suo posto e comprendendo finalmente appieno, i timori dell’attuale portatore dell’anello.
Sam prese una decisione, dove sarebbe stato cauto, come aveva promesso al Capitano di Gondor, ma avrebbe fatto il possibile per aiutare quella ripugnante creatura. Non perché credesse che vi fosse rimedio, oramai era costituita solo da bugie ed inganni, desiderava solo l’anello. Ma per Frodo, il suo padrone se la meritava un po’ più di speranza e Sam lo avrebbe aiutato.
Perché Sam era un brava persone, la migliore probabilmente che avesse mai attraversato quelle nefaste Terre.
 

 

 
 
« Da quanto conoscete Gwend? » domandò una sera Faramir mentre il fuoco scoppiettava danti a loro e l’unico pasto a riempire i loro stomaci era stato del brodo caldo e qualche morso di Pan di Via. Sam teneva le scorte e le distribuiva con molta rigidità, anche se Faramir aveva notato, che l’hobbit giardiniere aveva l’abitudine di dare sempre il pezzo più grande a Frodo.
Il soldato ovviamente, non se ne era mai lamentato e si era guardato bene dal commentare. Aveva imparato molto tempo addietro durante le spedizioni di guerra nella sua prima giovinezza che commenti simili potevano rovinare per sempre i rapporti tra due compagni.
Li portavano a credere che erano indecorosi o perfino, che andavo nascosti ed evitati perché sbagliati. Ovviamente Faramir non ci aveva mai visto niente di male, neppure quando era il suo stesso fratello a prenderlo in giro, dicendogli che non poteva sempre essere “troppo buono” o i suoi compagni avrebbero finito con il credere che fosse una femminuccia.
Ma se c’era una cosa che Faramir aveva imparato, soprattutto grazie ad una certa conoscenza, era che non c’era proprio niente di debole in una donna.
Era stata una donna a metterlo al mondo e una donna gli aveva salvato la vita più volte. In futuro, sperava che avrebbe amato una donna, e se tale fanciulla lo avrebbe guardato con gli stessi occhi con cui Sam guardava Frodo, beh, Faramir si sarebbe sentito l’uomo più fortunato e felice del mondo.
« Conosco Valanyar da quando ero piccolo, anche se inizialmente era solo uno strano personaggio che si aggirava attorno casa Baggins. Sam invece, la conosce da sempre » disse il portatore dell’anello con un sorriso amaro. Parlare di casa sua, gli risultava sempre più difficile, Sam avrebbe voluto non averlo notato ma temeva che il suo Signore avesse sempre più difficoltà a ricordarsi tutte le cose belle della Contea.
« Oh sì! Conosco la mia signora da sempre » disse quindi il giardiniere, ben deciso a coinvolgere Frodo in un ricordo, così da poterlo almeno far sorridere.
« Valanyar è sempre stata gentile con me. Molto più paziente di Padron Bilbo ed è stata lei a consigliare a vostro Zio di prendermi come giardiniere » aggiunse Sam guardando l’hobbit moro negli occhi, che gli scoccò un’occhiata incuriosita prima di sorridere dolcemente. Cosa , che fece ovviamente arrossire il povero Sam.
« Quindi dovrò ringraziare Valanyar anche di questo al nostro ritorno, donandomi te, si è assicurata che la mia vita fosse completa » annunciò il giovane Baggins senza alcuna timidezza, mentre Faramir doveva trattenere una risata sotto i baffi, dinanzi al puro panico che si presentò negli occhi dell’hobbit più giovane.
Sam di suo grado, non sapeva neppure dove guardare, mentre sentiva le guance ribollirgli di calore, con gli occhi di Frodo che gli sembravano brillare più delle stelle nel cielo. Ma la cosa che lo rendeva più felice in assoluto era che Frodo avesse parlato del loro ritorno a casa. Era bello sapere che in lui vi fosse ancora quel tipo di speranza, era stato compito di Sam mantenercela e adesso ne pagava le conseguenze, ma il cuore continuava a battergli all’impazzata più felice che mai.
 
Fu quella stessa notte che gli incubi si fecero più vivi che mai. Frodo si rigirava, scostandosi di dosso il mantello elfico, solo per rabbrividire un attimo dopo dal freddo.
Si arrese, aprendo gli occhi nella semi oscurità, aiutato solo dal lieve tepore del fuoco che ancora scoppiettava a pochi metri da lui.
« Non riuscite a dormire Padron Frodo? » domandò delicatamente una voce alle spalle dell’hobbit. Aveva riconosciuto la voce che gli aveva parlato, ma si voltò comunque, così da incontrare lo sguardo preoccupato di Sam, doveva essere il cuore della notte poiché solitamente Faramir faceva sempre il primo turno di guardia.
Frodo si era più volte offerto di aiutare i due compagni, ma avevano sempre rifiutato, a volte gli avevano persino mentito dicendogli che lo avrebbero svegliato, ma non era mai successo.
L’hobbit si guardò attorno, rabbrividendo un ultima volta prima di tirarsi lentamente a sedere, a pochi metri da lui Faramir dormiva su un fianco dandogli le spalle. Di Gollum nessuna traccia ma lui svaniva sempre nella notte, forse per procacciarsi del cibo, o semplicemente per diventare più inquietante del solito.
« No … Gli incubi » rispose finalmente al suo fedele amico, mentre quest’ultimo si alzava, per andarsi a sedere vicino a lui. Sam gli portò una mano sulla fronte, il contatto fece fremere la pelle di Frodo, che tremò felice al contatto.
« Siete freddo come un ghiacciolo, questi mantelli elfici sono una truffa » commentò l’hobbit sbrigandosi a togliersi il suo, per posarlo attorno alle spalle del portatore dell’anello. Frodo se lo strinse attorno, grato che portasse con sé il calore del suo proprietario e il profumo tipico di Sam che gli ricordava con così tanta nostalgia la Contea.
«Volete parlarne? » domandò dolcemente il più giovane, mentre ancora passava le mani sulle spalle del più anziano carezzando velocemente la stoffa così da poterlo riscaldare più in fretta.
Frodo scosse la testa, ignorando lo sguardo triste del suo compagno. Ma erano vecchi terrori, cose già successe come la caduta di Gandalf, le urla di Merry e Pipino, Bilbo che cercava di strappargli l’anello dal collo a Gran Burrone. Sembrava che non ricordasse altro dalla sua vita se non dolore e sofferenza, eppure era certo di aver vissuto nella più totale felicità e spensieratezza per tutti i suoi anni a casa Baggins. Ma ora, non riusciva neppure a ricordare i fuochi d’artificio del vecchio stregone, i pomeriggi con Bilbo e Valanyar gli svanivamo dalla mente come fumo. Più cercava di trattenerli, per potersi ancorare ad essi, più scivolavano via.
« Ho paura Sam » mormorò l’hobbit sottovoce, stupendo perfino se stesso quando si rese conto di averlo detto ad alta voce « Temo che alla fine di questo viaggio, non ricorderò più chi sono. Per cosa lo sto facendo … » continuò comunque come in trance, mentre fissava un punto impreciso del terreno.
Udì dei moventi, Sam vicino a lui si era alzato e gli si era portato alle sue spalle, sedendosi dietro di lui.
Sam non era la tipica persona che iniziava un contatto fisico, ma riconosceva con facilità che in quel momento il suo Padrone aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi.
Non era tempo per lui, per tergiversare nell’imbarazzo, Frodo aveva bisogno di lui e lui, ci sarebbe stato, come era destino che fosse.
Passo le braccia sotto quelle del portatore dell’anello, attirandolo a sé, così che la schiena di Frodo finisse ad adagiarsi sul suo torace, mentre lo stringeva a sé, poggiando il mento tra i suoi riccioli scuri.
« Ve lo ricorderò io Padron Frodo, io so chi siete » iniziò lui sempre sottovoce, l’hobbit più anziano tremò leggermente al suono della sua voce, ma si sistemò meglio nell’ abbraccio, finendo per poggiare la nuca sulla spalla dell’hobbit giardiniere, così che potesse scorgergli lo sguardo se lo avesse desiderato.
« E chi sono Sam? » domandò Frodo ed in qualche modo si ritrovò ad arrossire. La domanda gli parve più intima di quanto non avrebbe dovuto essere. A volte stare vicino a Sam gli faceva quell’effetto, come le serate d’inverno davanti al camino, poteva sentire la sua pelle gemere con gioia in ogni punto in cui era abbracciato dall’hobbit condividendo il suo calore.
Ma non era solo una semplice questione di freddo e Frodo lo sapeva, ma preferì accoccolarsi meglio tra quelle braccia e lasciarsi cullare dalle parole di Sam.
«Voi siete una brava persona. Qualcuno di forte, avete affrontato questo viaggio per Padron Bilbo, vi preoccupate per gli altri anche se sono forti e capaci. Ogni volta che Valanyar tornava da una spedizione volevate sempre accertarvi che non fosse ferita, quando abbiamo capito che Gandalf era in pericolo vi siete adoperato per raggiungerlo il prima possibile… » la lista continuò per vari minuti. Alternandosi tra fatti accaduti negli ultimi mesi, a quelli di molto anni prima. Sam continuava a parlare, evocando i ricordi migliori che aveva sull’hobbit tra le sue braccia senza alcuna difficoltà come se lo facesse spesso tra i suoi pensieri. Frodo restò colpito nello scoprire che il compagno aveva anche molti ricordi della sua infanzia di quando Frodo lo aveva aiutato nei compiti per la scuola o nelle letture di Bilbo…
In ogni ricordo era possibile quasi toccare con mano tutto quell’affetto e sotto quel dolce incantesimo, Frodo richiuse gli occhi addormentandosi ad un sogno che profumava di Contea e sapeva di Sam.
Frodo, per la prima volta dopo mesi, fece bei sogni, dove neanche la persuasione dell’anello riuscì a raggiungerlo mentre si ricordava appieno cosa fosse la felicità e come ci si sentisse a venire amati.
 
Quando Faramir si destò la mattina dopo e notò i due hobbit abbracciati, si limitò a fingere di continuare a dormire, così da poter dar loro l’opportunità di sciogliere quella leggera intimità se non desideravano che venisse condivisa con il giovane Capitano di Gondor.
E così accadde, quando Gollum venne a svegliarli tutti, Faramir se la prese comoda di proposito e quando riaprì gli occhi, finse di non notare il forte rossore sul viso di entrambi i suoi compagni.
La felicità a volte la possiamo trovare anche nei luoghi più bui².
 

 

 
 
«Dobbiamo fare attenzione da adesso in poi, gli alleati di Mordor si aggirano spesso per queste terre e molti uomini di Gondor si annidano tra di esse per impedirgli il passaggio »
« Beh è una buona cosa però no? Sono i tuoi uomini, male che vada possono aiutarci » commentò Sam mentre scarpinava dietro Frodo lungo una salita particolarmente ripida, che a causa del pesante zaino lo stava mettendo chiaramente in difficoltà.
Faramir lo affiancò, sfilandogli via il grosso carico, e mettendoselo lui stesso in spalla, viaggiando a quale modo con tre zaini sulla schiena. A destra quello di Sam e a sinistra il proprio e quello di Frodo.
« Forse, ma vi sarà anche Boromir tra di loro. Gwend ha detto che potrebbe essere pericoloso » mormorò piano mentre si guardava cautamente attorno, imitato subito dai due hobbit che iniziarono a parlare più piano.
« Credevo tuo fratello ti amasse » disse Frodo lanciando uno sguardo preoccupato al giovane capitano di Gondor, chiedendosi se forse non aveva posto la domanda sbagliata.
« E’ così infatti, ma mio fratello è anche figlio di nostro padre, ama molto il potere » commentò senza più bisogno che dicesse altro. Tutti compresero a cosa si stava riferendo Faramir mentre il portatore dell’anello richiamava Sméagol, invitandolo a stargli vicino.
 
Quella sera, i tre della compagnia erano incerti, il sole non era ancora calato all’orizzonte ma poco cambiava poiché la sua luce non raggiungeva le terre sulla quale stavano sostando.
Gollum vedeva bene al buio, anzi a lui piaceva, oh sì il buio lo faceva sentire a casa, come nelle caverne quando erano solo lui e il suo tesoro.
« Tolto, Rubato » mormorò tristemente lanciando un’occhiata alle sue spalle e verso le re figure che stavano consumando una fetida cena a base di pane elfico.
Bleah. A Gollum non piaceva e non capiva come potessero mangiarlo così spesso, a lui piacevano gli animali vivi o sì, e il sangue che gli scorre lungo la gola mentre lo addenta e quello si dibatte… Oh così dolce, così succoso.
« Ma gli amici del padrone sono stati gentili con noi, ci hanno dato a mangiare » disse un’altra parte di sé, mentre si specchiava nel piccolo lago ad una cinquantina di metri dal campo. L’acqua era putrida, nessun pesce ci sguazzava felice, Gollum era affamato, ma l’umano che sapeva combattere gli aveva dato della carne affumicata.
Non piaceva a Gollum quanto uno scoiattolo, ma non era stata male no, aveva pensato fosse un altro trucco ma alla fine la gola non gli era bruciata e il suo stomaco aveva gradito.
L’hobbit grasso gli aveva detto che era molto saporito grazie al sale, Gollum non ricordava cosa fosse quindi aveva ignorato l’amico del Padrone del tesoro. Inutile hobbit che si ingozzava sempre con lo schifoso pane elfico.
« Io ci ho aiutato, io ci ho procurato sempre da mangiare » ringhiò Gollum nello specchio d’acqua, che gli rispose con l’ espressione rabbiosa di una orrenda creatura, dal volto scavato e pallido come uno scheletro.
« Ma ora Sméagol ha il padrone, lui si prende cura di noi » la creatura riflessa ringhiò di nuovo, ma a lui non interessava ,mentre dava una veloce occhiata alle sue spalle.
Incontrò lo sguardo dell’uomo alto, ma non vide alcun pericolo l’amico del Padrone si limitò a passare lo sguardo su di lui per poi andare oltre cercando pericoli veri. Sméagol non era un pericolo, no, Sméagol avrebbe guidato il padrone dentro Mordor come promesso.
« Falsi! Ti imbroglieranno, feriranno e mentiranno! » urlò Gollum prima di tossire nella foga di far uscire tutta quella rabbia. Quello sciocco doveva capire, solo lui poteva salvarli, lui li aveva sempre protetti, stupidi hobbit non c’era da fidarsi e gli uomini erano tutti crudeli. Avevano sempre fatto male a Gollum, sempre.
« No no il Padrone è mio amico » si lagnò Smèagol mettendosi le mani sulle orecchie. Non lo avrebbe ascoltato, non voleva. Cercò di concentrarsi sulle cose belle, ma non ne conosceva.
Conosceva il tesoro sì, lui era tanto bello ma non erano più loro il Padrone del tesoro, no no… Era un altro adesso.
L’hobbit gentile, l’hobbit che toccava Smèagol con delicatezza, e il Padrone aveva amici gentili, non si fidavano di Smèagol lui lo sapeva, ma sempre gentili erano stati… Gli avevano dato da mangiare sìsì, e l’uomo non lo aveva mai picchiato, mai no no.
Il padrone non lo avrebbe comunque permesso, il padrone era buono. Il padrone guardava Smèagol come se fosse importante, il tesoro non l’aveva mai fatto, no no.
« Tu non hai nessun amico, non piaci a nessuno! » ringhiò nuovamente Gollum frustrato. Quello sciocco cercava di ignorarlo, si rifugiava dietro gli occhi chiusi come un bambino nella gonna della madre, sciocco era. Li avrebbe fatti uccidere sìsì. Loro invece dovevano riprendersi l’anello, era loro!
Era suo. Glielo avevano tolto, rubato…
« Non ascolto non ascolto! Va via! » urlò Smèagol stupendo Gollum.
Da quando pensava di aver voce in capitolo? Lui li aveva salvati per tutti quegli anni, lui li aveva mantenuti in vita. Mentre l’altro oh solo un bugiardo e un assassino era! Un assassino!
« No no non più, non ci servi più » pigolò ancora la creatura. Il riflesso non era più visibile nello stagno, rannicchiato su se stesso, come se stesse cercando di proteggersi  da dei calci Smèagol era in posizione fetale, piangendo sommessamente mentre cercava di cacciare via Gollum.
« Vattene! » urlò stremato continuando a singhiozzare e poi Gollum … Gollum … Dove era ?
Smèagol aprì lentamente le dita davanti agli occhi, guardando davanti a sé spaventato, ma non lo vide da nessuna parte.
Dove era finito?
« Se ne è andato? » mormorò la creatura alzandosi cautamente su quattro zampe, si guardò attorno sempre più frenetico fino ad aprirsi in un sorriso « Noi gli abbiamo detto di andare via, e via lui se ne va! » urlò iniziando a saltare felice tutt’intorno al masso dietro il quale si era inizialmente riparato.
« Sì!!! Libero! Tesoro! Libero! » urlò ancora la creatura, senza realizzare che non era più solo.
Ma non era tornato Gollum oh no, era il giovane Capitano di Gondor ch si era avvicinato dopo aver osservato con attenzione la scena.
 
Una parte di lui, sapeva di non poter riporre troppa fiducia in una creatura tanto instabile, ma allo stesso tempo se qualcosa fosse andato storto e lui fosse caduto. Doveva accertarsi che Frodo sarebbe stato in buone mani, che la creatura lo avrebbe aiutato guidandolo il più vicino possibile al Monte Fato.
L’uomo inspirò, aspettando pazientemente che la figura davanti a lui notasse la sua presenza, e quando lo fece, fu sorpreso di vedere della felicità nel suo sguardo. Come se Smèagol si fosse in qualche modo abituato alla sua presenza e quasi si fidasse di lui adesso.
Proprio come un gatto randagio a cui dando un paio di volte da mangiare, poi ti segue a casa.
« Tutto bene? » domandò automaticamente Faramir poggiando un ginocchio a terra per arrivare alla stessa altezza degli occhi di Gollum.
Aveva notato che alla creatura faceva piacere quando si abbassava, a causa del suo modo di camminare, probabilmente per lui non era facile alzare la testa verso l’alto.
« Oh sì Smèagol è solo ora amico del padrone! Libero ! » gli rispose lui facendo una strana piroetta sul posto mentre sorrideva con i pochi denti ancora a sua disposizione.
Faramir contro ogni aspettativa sorrise, intenerito in qualche strano modo dalla felicità della strana creatura.
« Smèagol » ripeté il Capito chiamandolo come Frodo gli aveva detto era il suo vecchio nome. Sia lui che Sam avevano iniziato a farlo, sembrava fare piacere a Frodo e anche Gollum pareva più a suo agio attorno a quel modo, come se il suo corpo preferisse quella personalità rispetto all’altra.
Essendo Faramir un uomo di intelletto oltre che di forza, non vi aveva messo troppo a capire le due diverse personalità della creatura. Come gli aveva detto Gwend, Smèagol era sì colui che aveva ucciso il proprio fratello per l’anello ma era anche la parte migliore di sé e forse dopo tutto quel tempo ad essere l’orribile e subdola creatura di nome Gollum, voleva dimostrare di poter essere anche qualcos’altro.
« Ho un compito per te » disse pacatamente attirando su di se i grossi occhi chiari. Smèagol non capiva, un compito?
 Ma lui ne aveva già uno, portare il Padrone a Mordor, oh sìsì quella era la promessa fatta, Sméagol si ricordava bene.
« Se finissimo accerchiati da degli uomini, fuggi porta il Padrone in salvo va bene ? »
« Il padrone è in pericolo? » domandò Smèagol guardando oltre la spalla del capitano. No no, il padrone stava bene, dormiva ora. L’hobbit grasso gli stava mettendo sulle spalle anche il suo mantello. Faceva bene, l’hobbit grasso non ne aveva bisogno, il Padrone invece aveva sempre freddo.
«Non ora, ma potrebbe esserlo se veniamo attaccati Smèagol, portali al sicuro, c’è un lago sacro a diverse leghe da qui. Lo riconoscerai è pieno di vita » tentò di spiegare il più semplicemente possibile Faramir. Non era facile parlare con Gollum, spesso non era certo che capisse quello che stava dicendo, ma allo stesso tempo capiva molto più di un bambino o un animale ma aveva dei totali vuoti come se si fosse dimenticato l’utilità di una specifica cosa.
« Vita? Pesci?! Smèagol piacciono i pesci! » urlò eccitato guardandosi attorno come se il lago fosse nelle vicinanze.
« Sì ci sono i pesci bravo. Se Frodo sarà in pericolo e io vi tirò di fuggire, portalo lì va bene ?  »
« Padrone in pericolo, salvo con i pesci » annuì Smèagol piegando leggermente la testa di lato. Continuò a guardare l’uomo che lo ricambiò con un’espressione incerta come se non fosse convinto che avesse capito.
Ma Smèagol aveva capito, se qualcuno cercava di fare male al Padrone, lui lo portava in salvo dai pesci, e magari poi mangiavano. Pesci buoni e l’hobbit grasso era sempre di umore migliore dopo aver mangiato.
« Ti ringrazio Smèagol » disse infine Faramir alzandosi di nuovo e dedicando alla creatura un sorriso gentile prima di tornare dai suoi compagni verso il fuoco.  Tranquillizzò Sam, dicendogli di riposare e che lui avrebbe fatto il primo turno di guardia senza notare mai lo sguardo di completo stupore che gli aveva dedicato la creatura di nome Gollum.
 
Sméagol era stato ringraziato, era passato molto tempo dall’ultima volta. Ma qualcosa adesso era caldo proprio nel ventre di Smèagol, ma non era fame, cosa era?
Non bruciava come il pane elfico però no no, era piacevole. Smèagol non sapeva, non capitava era passato troppo tempo da quando qualcuno lo aveva ringraziato.
Decise però di cullare quella sensazione e per la prima volta da quando aveva iniziato il viaggio con il suo nuovo padrone, Smèagol si avvicinò al campo, raggomitolandosi vicino al fuoco e dormendo la sua prima notte, assieme al resto della compagnia. Al sicuro, dopo che qualcuno lo aveva ringraziato.
 

 


 
I giorni erano proseguiti tranquilli e veloci, senza che vi fossero brutti incontri. Ma Frodo poteva vedere quanto Faramir fosse turbato, continuava a guardarsi intorno come se fosse indeciso sui propri passi eppure il portatore dell’anello sapeva che non poteva essersi perso, era ovvio dallo sguardo con cui delle volte guardava la terra o gli alberi attorno a loro, era chiaro da come sapeva sempre da che parte fosse Minas Tirith.
Frodo aveva sentito grandi cose sulla città Bianca di Gondor, Valanyar gli aveva raccontato che era meravigliosa pari ad un reame elfico ma con ogni caratteristica di una città degli uomini. Per quello che ne sapeva in quella città vi era anche un trono, che apparteneva ad Aragorn se mai fosse andato a reclamarlo.
« Cosa ti preoccupa? » domandò infine il portatore dell’anello alzando il viso verso il compagno.
Faramir si riscosse dai suoi pensieri abbassando gli occhi su Frodo e accennando un sorriso spento. Il suo amico appariva invecchiato di dieci anni, la sporcizia disturbava la sua pelle altrimenti diafana e scure occhiaie affossavano i suoi occhi facendogli assumere uno sguardo stralunato.
Nonostante la pomata e le loro cure, la ferita sul collo lasciata dal peso dell’anello, si faceva sempre più livida ed evidente. Faramir temeva che alla fine gli avrebbe lasciato un’orrenda cicatrice, simile ad una bruciatura.
« Temo che il mio tempo con voi sia quasi giunto al termine, ma faccio fatica a costringermi ad andarmene » confidò lanciando un ultimo sguardo attorno a sé. Tutto appariva tranquillo, nonostante in sottofondo, fosse certo di poter udire un rumore che avrebbe dovuto riconoscere ma che al momento sfuggiva dalla sua memoria.
« Se ti è di consolazione, anche noi non vogliamo che tu te ne vada. Ci sei caro Faramir di Gondor » rispose sinceramente l’hobbit sorprendendo non poco il suo interlocutore. 
L’uomo si imbarazzò improvvisamente, stupito della facilità di quel commento e soprattutto della sua sincerità. Aveva compreso, che tra gli hobbit i sentimenti non venivano coperti da strati di frasi vuote e sotterfugi, erano creature semplici: se ti amavano te lo dicevano, se non lo facevano non ti restavano attorno. Eppure per qualcuno come Faramir, a cui l’affetto non era mai stato donato con facilità quel semplice commento significava molto più, di quanto Frodo avrebbe mai potuto sapere.
« Anche voi mi siete cari » confidò infine con imbarazzo, ma ricevendo in cambio un semplice sorriso sincero e una lieve pacca sul braccio.
 
Frodo aprì le labbra, probabilmente per deviare il discorso o commentare in qualche modo, ma fu anticipato da Sam che si guardò attorno confuso, imitato da Gollum.
«Cosa è stato? » domandò l’hobbit e Faramir comprese finalmente cosa era quel rumore sordo in sottofondo, mentre faceva gettare tutti i presenti a terra, sporgendosi poi dal burrone più vicino.
Una vista infelice gli si aprì davanti mentre acquattati tra i cespugli, sotto i loro un enorme esercito radunato da tutti gli angoli della Terra di Mezzo avanzava inesorabilmente verso il cuore della sua nazione.
« Chi sono? » gli domandò Frodo sottovoce, ma il Capitano di Gondor non ebbe la forza di rispondere mentre osservava affranto la mole di persone che era riuscito a radunare il nemico. Solo le file che aveva sotto gli occhi, sarebbero bastati per tenere sotto assedio Minas Tirith per mesi per non parlare degli Olifanti…
« Uomini crudeli, malvagi servi di Sauron. L’Oscuro li raduna tutti. Tra non molto lui sarà pronto per l’ultima guerra che ridurrà tutto il mondo nell’ombra … » rispose alla sua sinistra Gollum, con un tono di voce così straziato che se Faramir non lo avesse visto, avrebbe pensato che non fosse nient’altro, che un uomo comune, terrorizzato davanti al potere di Sauron che non desidera altro che vivere in pace la sua vita, senza guerre… Senza morte.
« Sono nemici dunque, speriamo periscano tutti  » sintetizzò Sam mentre Faramir studiava le espressioni degli uomini sotto di lui.
« Nemici? Il loro senso del dovere non era minore del vostro … Mi domando come si chiamino, da dove sono venuti. Se hanno veramente un cuore malvagio e quali menzogne o minacce li hanno condotti a marciare lontano da casa.
Se non avrebbero preferito restarvi in pace … La guerra farà di tutti noi dei cadaveri. » concluse amaramente sentendo su di sé lo sguardo dei suoi compagni. Perfino Gollum lo guardava con uno sguardo indecifrabile, prima di rizzarsi in piedi dal terrore, Faramir reagì di conseguenza forgiato da anni e anni di esperienza.
La spada calò su di lui, che già si stava voltando parando il fendente, strattonò con l’altra mano il mantello di Frodo mettendolo in piedi e portandolo dietro di sé, mentre Sam si tirava anche lui in piedi.
I due hobbit sguainarono le proprie armi, fronteggiando i nuovi nemici che però si fermarono non appena ebbero una buona vista sul panciotto di pelle di Faramir dove l’albero bianco appariva consumato, ma sempre presente.
« Fermi! » giunse una voce dalle retrovie. Frodo e Sam si strinsero ,mentre Faramir sentiva Smèagol mugolare agitato, avrebbe voluto girarsi per ricordargli la sua promessa ma non si azzardò. Giudico comunque un punto a suo favore, che la creatura non se fosse già data a gambe.
« Faramir? » risuonò una voce dalle retrovie mentre i soldati che aveva davanti a sé, si guardavano attorno smarriti. Il giovane Capitano però non abbassò la spada, semmai strinse con ancora più vigore l’elsa, consapevole che avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
« Fratello! » esclamò uno dei guerrieri facendosi strada tra di essi ed entrando nel raggio visivo di tutti i presenti « Credevamo foste spie » lo salutò Boromir con un sorriso a trentadue denti.
Frodo giudicò, che sembrava sinceramente felice di rivederlo, ma mantenne una posizione guardinga, notando che Faramir continuava a fargli scudo con il suo corpo.
Se possibile, Faramir sembrava ancora più spaventato di quando aveva scorto l’esercito di Mordor, accennò anche lui un sorriso al fratello, ma la felicità non raggiunse i suoi occhi, anzi sembrava fosse pronto a darsi alla fuga.
Frodo non capiva, Valanyar gli aveva assicurato che i due fratelli si amavano, ma sapeva anche che Faramir se ne era andato nella notte forse macchiandosi di tradimento quando era andato a Gran Burrone. Non aveva mai capito appieno cosa fosse successo, ma la sua amica aveva fatto uno scambio di fratelli o qualcosa di simile, gli era sembrato un dettaglio poco importante ai tempi.
« Boromir » lo salutò Faramir abbassando la spada ma senza rinfoderarla, la sua stretta nell’elsa, rimaneva ferma.
« Fratello ero così preoccupato! Sei sparito per mesi nessuno sapeva che fine avessi fatto! Nostro padre è furioso e crede che tu sia morto. L’ho temuto persino io prima di… Beh questo » disse indicandolo in piedi davanti a lui.
Boromir si avvicinò al fratello a grandi passi, come se nono notasse la posizione ancora schiva dell’altro uomo ed aprì le braccia, stringendolo i un abbraccio.
« Sei sano e salvo,che ti è successo? Cosa ti ha trattenuto dal tornare a casa? » domandò ancora tra i suoi capelli, mentre gli posava un bacio sulla fronte.
Boromir era così felice, dopo mesi e mesi di battaglie e perdite, finalmente gli Dei stavano ricompensando la sua dura fatica con un simile dono. Sorrise nuovamente, mentre oltre la sua schiena udiva un lesto mormorio da parte dei suoi uomini, sulla compagnia alle spalle di Faramir.
Il Capitano di Gondor non vi aveva posto alcuna attenzione inizialmente, troppo emozionato alla vista del fratello.
Era vivo! Dopo che aveva quasi perso ogni speranza, eppure eccolo lì sano e salvo e … « Cosa ci fai qui fratello? » domandò dunque dopo qualche minuto di esitazione, notando che il soldato dinanzi a lui continuava a tacere.
« Come mai non sei tornato a casa? Dove sei stato? » continuò frustrato dal silenzio dell’uomo davanti a lui mentre spostava lo sguardo sul resto della compagnia.
Alle sue spalle vi erano come due bambini, Boromir non aveva mai visto niente di simile, ma i loro volti apparivano adulti e guardinghi e poi ancora più indietro, una creatura disgustosa e quasi completamente nuda se non per un misero gonnellino di stoffa.
Quella era sicuramente una compagnia che non si sarebbe aspettato da Faramir.
« Sono andato a Gran Burrone ricordi? » tentò Faramir per riportare su di sé l’attenzione del fratello, forse Gwend si era sbagliata, forse Boromir non avrebbe tentato di fare niente. Magari lui sarebbe potuto tornare a Gondor con il fratello e lasciar proseguire Frodo e gli altri per la loro strada, guidati da Gollum.
« Oh sì ci sono giunte delle voci dopo che Rohan è stata attaccata » disse il fratello maggiore riportando gli occhi su Faramir « L’unico anello è stato trovato fratello » disse accennando un sorriso che a Sam non piacque per niente.
L’hobbit più giovane quindi  fece un piccolo passetto in avanti per portarsi a coprire meglio la figura di Frodo mentre Gollum, gemeva in un pigolio così acuto che attirò l’attenzione del Capitano di Gondor su di sé.
« Faramir chi sono loro? » domandò finalmente scrutandoli uno per uno, fino a che finalmente non lo vide.
 
Un raggio di sole passò tra le nubi e cadde precisamente sulla camicia di Frodo, restituendo agli occhi di chiunque stesse guardando un leggero riflesso dorato.
Il tutto durò meno di un secondo ma fu sufficiente, per imprimere nel volto di Boromir uno sguardo entusiasta mentre con le labbra socchiuse si passava la lingua tra i denti come un felino che avvista la propria preda.
« Lo hai trovato, Faramir lo hai trovato » mormorò senza riuscire a staccare gli occhi dal collo di Frodo « Dunque le voci sulla compagnia erano vere, hai portato l’anello a Gondor bravo, qui sarà al sicuro » mormorò quasi tra se e sé.
Faramir si spostò coprendo completamente la visuale del fratello su Frodo.
« L’anello non è nostro da usare fratello » lo supplicò il più giovane. Ma riusciva a sentirlo lui stesso, dietro di sé la persuasione dell’anello si faceva più forte che mai, mentre gli sussurrava di prenderlo di farlo suo.
Oh suo padre sarebbe stato così fiero di lui e suo fratello lo avrebbe rispettato, sarebbe stato l’eroe di tutti, non era forse quello che Faramir desiderava?
Si vide davanti a suo padre che gli porgeva l’anello del potere e Denethor lo guardava con così tanto amore negli occhi, portandolo in piedi accanto a lui, mentre annunciava che quello era suo figlio, l’eroe di Gondor.
Faramir scosse la testa,cercando di scacciare via quell’illusione.
« Fratello, tu porti un dono … Possiamo usarlo contro di lui! Posiamo usarlo contro Mordor e vincere la guerra » mormorò Boromir irritato dal fratello che ora gli oscurava la vista del piccoletto. Riconosceva la posizione di Faramir, gliela aveva insegnata lui stesso era pronto a difendersi, ma da cosa? E da chi?
Vi era solo lui davanti al fratello, non vi erano pericoli … E l’anello del potere era così vicino. Avrebbero potuto risolvere tutto.
Oh sì, la guerra sarebbe stata loro da vincere e lui avrebbe regnato su Gondor, come un Re.
« No Boromir, la missione della compagnia è di distruggere l’anello. Non può essere usato » ribatté Faramir mentre sentiva Gollum agitarsi dietro di sé, guardò velocemente alle sue spalle senza voltarsi, sfruttando il riflesso della spada e vide la creatura tenersi le mani sulle orecchie come se tentasse di tenere una voce lontana dai suoi pensieri.
La persuasione dell’anello si stava facendo sempre più potente e Faramir poteva vedere la follia farsi strada negli occhi del fratello. Come poteva essersi piegato così facilmente? Come poteva non capire che l’anello voleva solamente ingannarlo?
« Padron Frodo! » gemette Sam alle sue spalle, l’hobbit più anziano era crollato tra le braccia del suo compagno, con gli occhi rivolti all’indietro, mostrando adesso solo la parte bianca dell’occhio mentre gemeva dal dolore evidentemente torturato dai bisbigli dell’anello.
« Faramir dobbiamo portarlo via di qui! » lo incalzò l’hobbit giardiniere mentre cercava di tenerlo in piedi. Ma l’uomo più giovane non si fidava in quel momento a dare le spalle al proprio fratello mentre si sentiva bloccato in una situazione di stallo.
« E’ una benedizione fratello non vedi? Questa è un’occasione per Faramir, Capitano di Gondor di mostrare le sue migliori qualità. Scostati, lasciamelo ammirare e poi portiamolo assieme nella città Bianca dove sarà al sicuro » la voce di Boromir era cambiata, pareva quasi suadente ora, alle orecchie di Faramir ma gli procurò anche un immenso terrore. Era questa dunque, la vera natura di suo fratello?
La sua forza era tutta lì? Cinque minuti dalla vista dell’anello e già aveva perso il lume della ragione.
Fece un passo indietro, frapponendo la spada tra sé e suo fratello.
« Non farmelo fare » lo supplicò mentre sentiva Sam iniziare a trascinare Frodo il più lontano possibile, un passo dopo l’altro.
« Faramir, vi prego » sopraggiunse un altro soldato che Faramir conosceva fin troppo bene, era Madril il suo secondo in comando avevano affrontato così tanti pericoli assieme, da averne perso il conto.
« Conoscete le leggi del nostro popolo, le leggi di vostro padre. Se incrociate la vostra lama con Boromir pagherai il fio con la vita. » gli ricordò con gli occhi colmi di tristezza. Il soldato non capiva perché il giovane capitano si stesse frapponendo a quel modo tra l’anello e suo fratello non erano loro il nemico, perché lo stava facendo?
« Con quali trami e inganni ti hanno riempito il cervello è fratello? E’ stato quell’apprendista e Mithrandir non è vero? » ringhiò Boromir sguainando a sua volta la propria spada.
« Ti manda Gwend? » domandò Madril ancora più confuso. Conosceva il ragazzo delle leggende, aveva combattuto assieme a lui in prima linea, quando lui stesso aveva molti meno anni ma poi era svanito. Aveva temuto fosse morto ma invece, era sempre vivo? Faceva anche lui parte di quella strana compagnia?
« Mi manda Gwend » confermò Faramir ritrovando forza e volontà in quell’affermazione. I suoi amici contavano su di lui, non li avrebbe delusi.
Era stanco di deludere coloro che amava, se con la sua vita o la sua morte avrebbe potuto fare la differenza, allora era quella la sua strada.
 
« Pagherò il fio con la vita, ma non ti lascerò prendere l’anello Boromir » avvisò.
« Potresti prenderlo tu » suggerì Boromir sorridendo quando il fratello perse un po’ della sua audacia, ma il minore si riprese in fretta, stringendo i denti mentre continuava a camminare all’indietro, mettendo sempre più distanza tra se stesso e il fratello « Non userei mai l’anello neppure se Minas Tirith crollasse e io fossi il solo a poterla salvare! » urlò prima di voltarsi verso i suoi compagni, guardandoli per quella che temette sarebbe stata l’ultima volta.
« Fuggite! Smèagol guidali dove sai, da lì il percorso per la scala sarà sicuro! » gli urlò dietro. Non aveva idea se la creatura avrebbe rispettato la parola data e neppure, se sarebbe riuscito a trovare il lago sacro ma Faramir non aveva tempo di tergiversare mentre si voltava pronto ad affrontare i suoi avversari.
La sua lama si scontrò contro quella di suo fratello.
Il metallo cozzò contro il metallo, mentre il minore dei due menava fendenti solo per trattenere il proprio avversario mentre invece Boromir lo attaccava senza esitazione un colpo dopo l’altro.
Sotto la sua furia cieca non vedeva suo fratello, ma un folle che si frapponeva tra lui e l’anello del potere.
Ma il sentiero sul baratro era stretto e nessuno dei guerrieri poteva passare se prima non eliminavano Faramir.
Al contrario di Boromir però gli altri soldati esitavano, non capivano le scelte del loro Capitano più giovane ma sapevano che era un uomo buono. Forse non un grande guerriero come Boromir ma teneva sinceramente al suo popolo e gli pareva impossibile che accettasse di tradirli a quel modo.
« E’ una follia fratello, ti prego! » supplicò Faramir mentre parava l’ennesima stoccata.
Non avrebbe potuto guadagnare molto altro tempo, suo fratello era molto più forte di lui e se non fosse stato guidato da quella furia cieca, lo avrebbe già sopraffatto.
Vide un punto cieco sul fianco di Boromir ma Faramir lo ignorò. Certo avrebbe potuto colpire suo fratello, costringerlo ad arretrare e ferirlo forse abbastanza da far guadagnare ancora più tempo agli hobbit. Ma non ne ebbe il cuore, dove stava la sua lealtà, se non verso colui che lo aveva sempre amato e difeso?
Quello che aveva davanti non era il suo amato fratello, ma Boromir viveva ancora, da qualche parte oltre quell’uomo impazzito.
« Ti prego » mormorò ancora ma la stoccata successiva fu troppo per lui, mentre la sua lama volava oltre il baratro lasciandolo disarmato.
Chiuse gli occhi, desiderando di vedere qualunque altra cosa che non fosse il suo stesso fratello ucciderlo, si scusò con tutti quelli che aveva fallito.
Pregò perché Frodo riuscisse nell’impresa e che Minas Tirith si salvasse. Prego che Aragorn trovasse la forza di diventare Re e che suo fratello non si struggesse tutta la vita per averlo ucciso.
Pregò che Gwend vivesse una vita lunga e felice, e per una volta senza guerre e dolori. Gli Dei glielo dovevano, troppe sofferenze da portare per delle spalle mortali … Sperò che non si sarebbe sentita in colpa, e poi si scusò perché sapeva che lei avrebbe pianto la sua perdita.
 
Quando finalmente fu colpito però, non fu come si sarebbe aspettato. Non fu infilzato da una lama, tanto più venne sbalzato dal suo posto e si ritrovò a spalancare gli occhi, mentre scivolava sulla nuda terra giù dalla montagna, rotolando su se stesso e sbatacchiando contro tronchi di alberi e cespugli.
Nella follia più pura, gli parve di udire Frodo urlare il nome di Valanyar, ma forse fu solo portato male via dal vento. Oppure l’hobbit invocava il nome di chi aveva più caro nei momenti di sconforto?
O più semplicemente, Frodo aveva urlato il suo di nomi, mentre ora rotolava lungo la montagna sperando che la fortuna lo assistesse evitando di sfracellarlo da qualche parte lungo la discesa.
Si portò le braccia attorno alla testa per proteggerla, mentre rovinava per qualche minuto fino a fermarsi.
Aprì lentamente gli occhi, emergendo da dietro le sue stesse mani.
Che cosa era successo lassù?
Qualcuno lo aveva come spinto, forse Boromir lo aveva lanciato via di lato per passare.
Sperò comunque di aver guadagnato abbastanza tempo per Frodo e gli altri. Gollum era una creatura scaltra, se solo la sua fedeltà fosse durata un po’ di più forse ce l’avrebbero fatta. Forse.
Il giovane capitano di Gondor si mise in piedi, notando che era rovinato giù dal fianco della montagna, che dava sul suo regno. A meno di un paio i kilometri da dove era, poteva riconoscere una delle uscite fognarie, un passaggio sicuro forse per riuscire a raggiungere la capitale.
Cercò per qualche minuto la sua spada, pregando che fosse da quelle parti, ma non la trovò così si arrese, iniziando a camminare verso l’unico posto che avrebbe potuto offrirgli un qualche tipo di riparo Osgiliath.
 
 
 
 
 

Il primo ad avvistarlo fu Pipino, il giovane hobbit aveva tenuto per la maggior parte del tempo gli occhi chiusi, poiché il viaggio a cavallo proprio non faceva per lui.
Si era affacciato dall’animale per evitare di sporcare il mantello di Gandalf in caso la nausea avesse avuto la meglio e … Beh vi era solo un uomo che riusciva ad assomigliare tanto ad Aragorn senza avere neppure un tratto estetico in comune.
« Gandalf, Faramir! » indicò il giovane allo stregone che sterzò immediatamente il cavallo in quella direzione.
La riunione fra l’hobbit e il soldato fu particolarmente toccante, mentre Pipino si sentiva felice come non mai, lieto che il suo primo amico nella compagnia se la fosse cavata. Lui e Merry si erano spessi chiesto cosa fosse stato di loro da dopo il fiume, ed ora era qui davanti a lui e perlopiù incolume tranne per qualche taglio superficiale.
« E’ bello rivederti Faramir, ma avremo tempo per i saluti, adesso dimmi: come sta Frodo? » domandò lo Stregone con urgenza, il giovane Capitano di Gondor accennò un sorriso, comprendendo appieno le paure dello Stregone, mentre riportava Pipino sul dorso del cavallo così da potersi dirigere assieme a Mithrandir verso la città bianca.
Gandalf era un ottimo ascoltatore, tacque per la maggior parte del racconto assieme a Pipino, troppo immerso nella storia mentre il più giovane reagiva vocalizzando alcuni dei suoi timori, ma perlopiù con semplici esclamazioni di stupore.
L’uomo di Gondor raccontò della loro separazione dal fiume, dell’incontro con Gollum del loro viaggio lungo gli acquitrini fino all’Ithilien dove era stato costretto a lasciare i due Hobbit a causa di suo fratello che era caduto vittima della persuasione dell’anello proprio come gli aveva predetto Gwend lungo le sponde del fiume nel reame elfico.
« Non credevo vi sarebbe stata più alcuna particella di bontà dentro Gollum, mi stupisce che Frodo sia riuscito ad estrarla, ma temo per questa nuova e singolare fiducia » commentò infine lo stregone.
« Non preoccuparti Gandalf, c’è Sam con Frodo,è un hobbit scaltro non permetterà a nessuna creatura di fare del male al portatore dell’anello. Lo stesso Sauron sarebbe perduto se tentasse di fare del male a Frodo sotto la supervisione di Mastro Samvise » tentò di rassicurarlo l’uomo, mentre si concedeva un sorriso  sornione.
Sapeva certo quanto Gandalf che dare troppa fiducia a Smèagol avrebbe potuto condannarli, ma allo stesso tempo era difficile condannare Frodo per una simile scelta. Faramir capiva quel desiderio di favorire quella poca speranza, era sempre più facile condannare la parte crudele nei cuori delle persone, ma lasciar fiorire quella buona per non condannare gli sbagli del passato?
Secondo Faramir quella, rappresentava la vera fiducia nell’umanità.
« Quindi non hai avuto nessuna notizia da Valanyar? » domandò Mithrandir mentre lo splendore di Minas Tirith entrava completamente nel loro raggio visivo.
« Nessuna » confermò confuso il Capitano di Gondor.
« Strano però che tuo fratello ti abbia semplicemente lasciato andare » commentò l’hobbit che seduto sopra il possente cavallo di Rohan, pareva a Faramir come un bambino di dieci anni scarsi. Si chiese cosa avessero pensato a Rohan dei due mezzuomini della Contea, se li avevano trattati con il rispetto che meritavano o meno.
« E’ vero, ma ieri sera Osgiliath era in fiamme, credo che possa aver attirato su di sé lo sguardo di Boromir. Sono certo che anche sotto l’influenza dell’anello, mio fratello sceglierebbe di salvare a sua gente » rispose Faramir mentre Pipino si mordeva il labbro inferiore, preoccupato per i suoi compagni, oramai sempre più distanti da lui,e Gandalf annuiva pensieroso.
« Speriamo che sia così » commentò lo stregone. Oramai la nuova compagnia era giunta davanti alle possente porte della Capitale, dove gli antichi Re li avrebbero giudicati.
« Per ora, speriamo che tu possa godere di un buon bentornato a casa caro Faramir » aggiunse sovrappensiero con un mezzo sorriso verso l’uomo. Mithrandir fece finta di non notare come il sorriso di Faramir vacillò, poiché sapeva che il padre del giovane Capitano era spesso stato ingiusto con il suo figlio minore.
Ma dopo le tante peripezie che lo avevano costretto lontano da casa, quale padre non sarebbe stato felice di rivedere il proprio figlio sano e salvo?
 
 
« Quell’albero Gandalf! E’ bianco! » mormorò il giovane Pipino guardando con stupore il grande tronco che si diramava pieno solo di rami secchi e poi, proprio nella cima più alta, dove era costretto a socchiudere gli occhi, eccolo lì, un bocciolo!
« Quello è l’Albero Bianco di Gondor, l’albero dei Re » disse Faramir guardandolo con rispetto, mentre sorrideva dolcemente, alla vista della sua meravigliosa città.
In quei mesi lontano da essa, gli era mancata molto, ma aveva capito l’entità del suo affetto, solo quando aveva temuto di perderla per sempre.
« E’ in fiore » gli fece notare l’hobbit, cogliendo completamente di sorpresa il giovane Capitano,lui non aveva mai visto l’albero in fiore, sotto il suo sguardo si era solo fatto sempre più debole e rigido come fosse stato colpito troppo in fretta dalla vecchiaia.
« Non è possibile » mormorò l’uomo facendo voltare anche Gandalf in direzione del grande albero. Si sforzarono a seguire il piccolo indice di Pipino che gli indicava proprio lì. Dove in alto a sinistra vi era un minuscolo bocciolo, da cui se si guardava attentamente era anche possibile intravederne il colore.
« L’albero lo sa, sa che il Aragorn è vicino. Percepisce che a breve un uomo degno si siederà sul trono di Gondor » disse Faramir attirando l’attenzione del Bianco Stregone che lo guardò con un sorriso ammirato.
Valanyar ci aveva visto giusto. Nella sua vita, Gandalf aveva avuto il piacere di conoscere molti uomini d’onore, ma in pochi possedevano una tale quantità di qualità come invece possedeva Faramir di Gondor. Era un peccato che il suo stesso padre non potesse vederlo come lo stava vedendo in quel momento il vecchio Stregone.
Mentre il Capitano di Gondor sorrideva, dinanzi ad una speranza divenuta certezza, dove non aveva alcun timore di perdere tutti i suoi titoli per il bene del suo popolo. Se anche Aragorn non fosse mai giunto, forse Minas Tirith avrebbe comunque avuto un Re degno, si ritrovò a pensare Mithrandir.
« Sarebbe meglio non pronunciare il nome di Aragorn in presenza di tuo padre. » avvisò lo stregone guardando entrambi i membri della compagnia « Ah e tenete Valanyar fuori da qualunque discussione, non sarebbe saggio  » annuirono nuovamente « Non dimentichiamoci neppure, di non fare cenno dell’anello e Frodo, se abbiamo fortuna tuo fratello non è ancora tornato a fargli rapporto » concluse lo stregone marciando qualche passo più avanti.
« Forse Mithrandir, sarebbe più opportuno se io e Pipino non parlassimo affatto » accennò con un sorriso divertito Faramir, imitato dal giovane hobbit che ridacchiò sotto i baffi, prima di ricomporsi in fretta a causa dell’occhiataccia che gli dedicò Gandalf.
« Mi sembra sensato » concluse lo stregone annuendo ai due, prima di spalancare le grandi porte che li avrebbero condotti nella sala del trono.
 
Denethor si trovava a molti metri da loro seduto su un trono, che però sostava ai piedi di una lunga scala nella cui cima, vi era un trono assai più magnifico e festoso. Quello che Pipino avrebbe senza dubbio identificato come un trono da vero Re.
Perfino l’intero palazzo d’oro di Re Théoden pareva impallidire, dinanzi a tale meraviglia.
« Salute a te, Denethor, figlio di Ecthelion, Signore e Sovrintendente di Gondor. Giungo con notizie in questa ora buia e con consigli. » salutò per primo il Bianco Stregone.
Il sovrintendente, alzò lo sguardo sui nuovi arrivati, senza dimostrare il minimo piacere nel rivedere il proprio secondogenito sano e salvo dopo tanto mesi, soprattutto perché il suo sguardo rimase fisso sullo Stregone.
Faramir non si era aspettato molto, non capiva perché ogni volta che tornava da una missione, si illudesse a quel modo… Che ogni volta sarebbe andata diversamente, che suo padre lo avrebbe accolto come ogni volta accoglieva Boromir. Felice ed orgoglioso.
Invece per lui, dopo tanti mesi lontano da casa, non vi era altro che indifferenza.
« Forse giungi per spiegare questo. Forse sei qui per dirmi perché hai mandato un traditore tra le mie file. » disse Denethor costringendo i presenti ad abbassare lo sguardo su ciò che il Sovrintendente aveva poggiato in grembo.
Sopra le sue gambe, Faramir riconobbe immediatamente le due spade bianche e a chi appartenevano. Mentre faceva qualche passo in avanti, scombussolato e Pipino urlava il nome di Valanyar senza che neppure Gandalf potesse reagire sufficientemente in fretta per fermare il giovane hobbit.
Ma lo stregone Bianco percepì il cuore piangergli, troppo impegnato a non crollare lui stesso emotivamente mentre i suoi occhi si posavano sui simboli sulle else delle spade:
Sia il simbolo della casata di Elrond che quella di Aragorn erano irrimediabilmente coperte dal sangue.
« Forse giungi per spiegarmi con quale incantesimo hai fuorviato il mio sciocco figlio, portandolo a cercare di uccidere il suo stesso fratello » il Sovrintendente conquistò nuovamente l’attenzione dei presenti, ma per poco poiché un uomo fuoriuscì dalla porta a pochi metri del trono minore.
« Boromir » lo guardò stupefatto il fratello minore. Quando questi alzò lo sguardo Faramir non riuscì a vedere alcuna traccia di follia nei suoi occhi ma la cosa non lo rassicurò minimamente poiché anche le sue mani erano insanguinate e il suo viso era dura mentre si fermava alle spalle di suo padre.
« Che cosa avete fatto!? » urlò Pipino marciando in avanti, mentre lacrime calde gli scorrevano lungo le guance. No non poteva essere vero, Valanyar non poteva essere morta, non aveva alcun senso.
« Che cosa hai fatto Denethor? » mormorò anche lo stregone sentendosi come se il terreno, potesse sprofondargli via da sotto i piedi. La sua Valanyar dopo tutti quegli anni, ma non aveva alcun senso, come poteva Boromir averla trovata in così poco tempo, quando il giorno prima si era affrontato con Faramir nell’Ithilien?
« Tu credi di essere saggio, Mithrandir. Ma con le tue sottigliezze non hai discernimento. Credi che gli occhi della Torre Bianca siano ciechi? Io ho visto più di quanto tu sappia. Con la tua mano sinistra mi useresti come scudo contro Mordor, e con la destra cercheresti di farmi uccidere dal tuo soldato di notte! Ma io ho scoperto i tuoi piani Stregone, nessun ramingo possederà il Trono di Gondor.
Tieniti pure quel traditore di mio figlio, usa lui come nuova cavia da macello necessiterai di un rimpiazzo dopo aver perso il tuo apprendista » sputò le parole con una rabbia quasi famelica, mentre lo stregone riconosceva la follia negli occhi dell’uomo e sapeva che niente avrebbe potuto guarirlo, non l’incantesimo più potente non la migliore medicina.
« Boromir che cosa hai fatto? » sussurrò Faramir con gli occhi che ancora saettavano dalle lame bianche insanguinate alle sue mani.
« Quello che andava fatto fratello. Io so quale è il mio posto, se vuoi accusare qualcuno dal tuo piedistallo accusa te stesso, poiché se è morto è a causa tua. Ha proposto uno scambio: una vita per una vita » concluse con un sogghigno trionfante mentre scrollava le spalle disinteressato, piantando i suoi sulla figura del Bianco Stregone che per un attimo vacillò così pericolosamente che apparve semplicemente come vecchio con il bastone.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità¹. = Harry Potter e la Camera dei segreti.
 

La felicità a volte la possiamo trovare anche nei luoghi più bui².= se uno si ricorda di accendere la luce! -Harry Potter e Il Calice di Fuoco.
 
 



 
NdA: Sto diventando brava vero con questi finali alla cazzo … emh, colpi di scena, non trovate? xD
Nella prossima torna Valanyar! E quindi il POV della storia, tornerà regolare dal suo, spero che leggendo i capitoli di fila, il cambiamento di narrazione costante non vi abbia creato noie e che risulti scorrevole. Solitamente preferisco scrivere in prima persona, proprio perché poi temo di incasinare tutto ^^’’
Se invece qualcuno di voi ha avuto problemi per come ho protratto la relazione tra Frodo e Sam e si sente offeso, beh problema vostro ;)
Probabilmente dovevo aggiungere altro in questa nota, ma non ricordo più cosa … quindi alla prossima!
Con Val e Legolas ;)
 
Mi scuso ovviamente per il ritardo, anche se, considerando che questo capitolo è quasi infinito, un po’ me lo meritavo no? xD Ho tagliato comunque un po’ di scene, poiché temevo che sennò sareste morti di noia, ma per il resto spero che vi sia piaciuto!
PS: Sono 16.000 parole! 16.000!!! xD Il capitolo più peso che abbia mai scritto ^^’
   
 
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