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Autore: _MoonFlower02_    06/04/2021    1 recensioni
Dal testo:
"– Bene! Se per ora non ci sono altre domande ho preparato un’attività che spero troverete utile per conoscere meglio voi stessi e il vostro eroico futuro; a volte un aiutino dall’esterno può fare comodo. Se foste così gentili da controllare sotto al vostro banco, dovreste trovare una pianta con un biglietto. Su di esso c’è scritto il vostro nome, quello scientifico della pianta e quello comune; infine il suo significato. Può essere più diretto o più enigmatico, sta a voi interpretarlo come meglio credete si adatti alla vostra persona. Naturalmente ognuno ha pregi e difetti, ma sentendo parlare di voi e osservandovi quella che troverete sarà la pianta che in generale più vi rispecchia. Almeno al momento.
Un brusio elettrizzato seguì le parole dell’ospite: la curiosità di scoprire cosa si nascondesse sotto al proprio banco dilagava nella classe."
...
"Con il viso sorretto da una mano Bakugo tastò svogliatamente il sottobanco con l’altra, fino a stringerla intorno ad un gambo piuttosto robusto. Afferrò il cartoncino che penzolava da una cordicella attaccata ad esso e lesse:
Katsuki Bakugo
Paeonia
Peonia
Rabbia."
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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– Prendete posto ragazzi, non fatemelo ripetere – come ogni mattina al richiamo del professor Aizawa tutti gli studenti della 1A tornarono ai loro rispettivi banchi, ansiosi di conoscere il tema della lezione. Si vociferava sarebbe arrivato un eroe professionista, ma nessuno ne conosceva l’identità: alcuni avevano ipotizzato potesse essere Hawks, altri Endeavor oppure Best Jeanist; Mineta ovviamente avrebbe scommesso sarebbe stata Mount Lady a varcare la soglia.
– Come ormai sapete, questa mattina accoglieremo un ospite – la voce del professore era stanca come al solito, ma gli studenti poterono giurare si stesse quasi divertendo a tenerli sulle spine – Vi chiedo quindi di dargli il benvenuto.
La tensione era palpabile, alcuni ragazzi si alzarono persino in piedi per scorgere chi stesse per entrare nella classe e Midoriya, ovviamente, preparò i suoi quaderni per eventuali nuove informazioni.
Certo nessuno si aspettava di veder spuntare un uomo sulla quarantina dall’aria estremamente normale, se non fosse stato per un appariscente fiore rosso con numerosi petali infilato nel taschino. Indossava un completo marrone di tweed e un paio di occhiali davanti agli occhi verdi scuro, mentre i capelli bruni erano tirati indietro e striati d’argento. In gioventù doveva essere di bell’aspetto e conservava ancora un certo fascino, ma sembrava decisamente troppo un bibliotecario per essere un eroe. Bakugo emise un verso stizzito: sarebbe stata un’altra lezione noiosa.
– Mi presento – iniziò l’ospite misterioso con un sorriso – Io sono Poeta. Non fatevi ingannare dal nome, non vi annoierò con odi e sonetti. Il mio quirk si basa sulla lettura delle persone: osservando un individuo sono in grado di comprendere molti suoi aspetti caratteriali, psicologici, morali, ma anche i suoi desideri, le sue paure e molto altro ancora. So che potrà sembrarvi semplice intuizione, ma in realtà è qualcosa di molto più profondo, legato all’anima. Per questo non è semplice interpretare ciò che vedo; per permettermi di farlo la mia unicità traduce queste caratteristiche in forme naturali. Il suo nome infatti è Linguaggio dei fiori, che, me ne rendo conto, non sembra affatto intimidatorio. Occorre però una conoscenza pressoché illimitata delle varietà di piante e dei loro significati ed è un ottimo quirk per neutralizzare preventivamente azioni criminali o per gli interrogatori in centrale, diciamo che non sono esattamente un eroe da prima linea d’attacco. Non voglio annoiarvi però, se avete delle domande fatele pure.
Alcune mani si alzarono, e Aizawa diede la parola a Mina per prima:
– Se il suo quirk non riguarda la poesia come mai il suo nome da eroe?
– Domanda sensata – rispose Poeta con un sorriso soddisfatto – Diciamo che lo devo alla mia passione letteraria. Nella letteratura francese, durante il periodo simbolista, grazie alla sua sensibilità il poeta era visto come l’unico in grado di interpretare, attraverso simboli appunto, il linguaggio della natura e ciò che essa tentava di comunicare.
Midoriya riprese a scrivere furiosamente sul suo quaderno, alzando la mano subito dopo:
– Quindi cosa significa il fiore che indossa?
– Ottima domanda, mostrate più interesse di quanto mi aspettassi. Ne sono felice – l’eroe prese delicatamente il fiore e lo rigirò tra i polpastrelli, permettendo a tutti di osservarlo – Questa è Zinnia e significa Torna presto; un augurio che porto sempre con me da quando una persona a me cara è scomparsa. Aspetto il suo ritorno da molto tempo ormai.
Nella classe regnava il silenzio; sul volto dell’eroe si era dipinto uno sguardo triste che sembrava pieno di ricordi.
All’improvviso però batté le mani uscendo dal suo stato di malinconia e sorrise di nuovo, rivolgendosi all’intera classe.
– Bene! Se per ora non ci sono altre domande ho preparato un’attività che spero troverete utile per conoscere meglio voi stessi e il vostro eroico futuro; a volte un aiutino dall’esterno può fare comodo. Se foste così gentili da controllare sotto al vostro banco, dovreste trovare una pianta con un biglietto. Su di esso c’è scritto il vostro nome, quello scientifico della pianta e quello comune; infine il suo significato. Può essere più diretto o più enigmatico, sta a voi interpretarlo come meglio credete si adatti alla vostra persona. Naturalmente ognuno ha pregi e difetti, ma sentendo parlare di voi e osservandovi quella che troverete sarà la pianta che in generale più vi rispecchia. Almeno al momento.
Un brusio elettrizzato seguì le parole dell’ospite: la curiosità di scoprire cosa si nascondesse sotto al proprio banco dilagava nella classe.
 
In pochi secondi la classe si era riempita di colori e profumi che si mescolavano alle risate e ai commenti degli studenti.
Non tutti avevano trovato dei fiori sotto al proprio banco, alcuni stringevano foglie e steli di arbusti o persino frutta.
Con il viso sorretto da una mano Bakugo tastò svogliatamente il sottobanco con l’altra, fino a stringerla intorno ad un gambo piuttosto robusto. Quando tirò fuori la pianta restò piuttosto sorpreso nel vedere che terminava con un grande fiore rosa formato da innumerevoli petali sottili, quasi fosse fatto di cartapesta. Doveva ammettere che non era male, poteva sempre trovare delle insulse foglioline verdi come sei-braccia, ma in ogni caso i fiori erano stupidi così come chi li regalava. Afferrò il cartoncino che penzolava da una cordicella attorcigliata al gambo spesso e lesse:
 
Katsuki Bakugo
Paeonia
Peonia
Rabbia.
 
L’espressione indifferente lasciò istantaneamente il suo volto, lasciando posto ad una smorfia stizzita. Sentì la collera iniziare a divorargli i polmoni come accadeva da sempre, ormai era una sensazione alla quale era abituato, ma quella consapevolezza lo colpì come uno schiaffo in pieno viso: stava bruciando di rabbia proprio perché uno stupido bibliotecario aveva letto quell’emozione stampata a caratteri cubitali sulla sua anima e gliel’aveva sbattuta in faccia; era un circolo vizioso. Queste riflessioni e il chiasso dei compagni schiamazzanti per le loro belle qualità messe in mostra non aiutarono per niente la sua irritazione, presto tramutata in un’esplosione che ridusse la povera peonia ad un ardente mucchio di petali. Calò il silenzio e tutti si voltarono verso di lui, che spostò lo sguardo su quello che restava del fiore. Avrebbe voluto dire che non l’aveva fatto apposta, che era stato un incidente, ma tanto non sarebbe interessato a nessuno.
– Bakugo – lo richiamò Aizawa brusco, ma prima che potesse continuare il ragazzo si era già alzato in piedi. Sentiva lo sguardo di tutti su di lui ma il suo era basso, era stanco di tutte quelle idiozie.
– Sì, sì, lo so. Non c’è bisogno di dire niente, me ne vado da solo – sbottò mentre, con i pugni stretti nelle tasche, si incamminava tra i banchi verso la porta.
 
Fu solo all’ora di pranzo che qualcuno varcò la soglia del campo di allenamento, annunciato dalle porte automatiche. Bakugo non smise di colpire la montagna rocciosa, che stava usando come bersaglio per migliorare la precisione delle esplosioni, nemmeno quando lo raggiunse la voce di Denki, seguito da Kirishima.
– Bakugo! Eccoti finalmente, è dalla fine delle lezioni che ti cerchiamo!
– Beh mi avete trovato – ribatté lui brusco senza nemmeno guardarlo – Adesso potete anche tornare a raccogliere fiorellini con quel bibliotecario.
– Andiamo, Poeta è forte! Il linguaggio dei fiori è super-virile! – fu la risposta allegra di
Eijiro, che come al solito non si faceva scoraggiare dal caratteraccio del biondo.
– Direi super-merdoso – non gli sarebbero bastati migliaia di colpi per sfogarsi, ma se avesse potuto almeno provarci in pace ne sarebbe stato grato – Si può sapere cosa volete? – chiese rudemente, smettendo però finalmente di lanciare esplosioni e voltandosi verso di loro.
– Bakugo, a quest’ora dovresti esserti reso conto che ormai ti conosco bene. Io non voglio niente, solo aiutarti; se solo mi dicessi qual è il problema...
– Non c’è nessun problema! – sbraitò l’altro interrompendolo – Possibile che nessuno riesca a farsi gli affaracci suoi? Non c’è; nessun; problema – ripeté soffermandosi su ogni parola.
Kirishima sapeva che stava ovviamente mentendo, ma prima che potesse insistere Bakugo indicò ciò che lui si era persino dimenticato di star stringendo in mano:
– E quelli? Che merda sono?
Eijiro abbassò lo sguardo sui fiori viola scuro e sorrise, ritrovando l’entusiasmo:
– È Veronica! Bella vero? Secondo Poeta significa lealtà; non è super-virile?
Tsk. Se sei un cane, senza dubbio. Vuoi che ti lanci anche un osso?
Il sorriso del rosso vacillò, ma lui cercò di non darlo a vedere. Fu Kaminari ad intervenire, abituato alla sua irascibilità ma comunque deciso a difendere l’amico:
– Dai Bakugo, non c’è bisogno di essere cattivi. È una grande qualità! Io avevo il coraggio! Mi sembra che il fiore si chiamasse... Protea.
– Non mi sembra di avertelo chiesto – sibilò Katsuki a denti stretti: era al limite della sopportazione, in quel momento la sola vista di quei due gli dava sui nervi – Se non sbaglio non ho chiesto niente di tutto questo! Lasciatemi in pace, inutili comparse!
Puntò loro contro uno dei suoi guantoni, sul punto di sparare, ma all’ultimo deviò il colpo tornando a prendersela con il povero ammasso di rocce. Non gli era sfuggito, però, che Kirishima si era prontamente spostato davanti a Denki pronto ad attivare il suo quirk.
– Andiamo Kirishima, non siamo i benvenuti qui – si arrese alla fine Kaminari, incamminandosi rassegnato verso l’uscita – Forse quando sbollirà la rabbia ci cucinerà una cena di scuse – scherzò guadagnandosi un’occhiata infuocata da parte del biondo, ma dandogli ormai le spalle poté solo immaginarsela.
Rabbia. Rabbia. Rabbia. Sempre e solo rabbia.
Eijiro si trattenne ancora qualche secondo, visibilmente indeciso sul da farsi. Un paio di volte fu lì lì per dire qualcosa, ma alla fine sospirò e seguì il compagno di classe.
– A dopo, Bakugo – lo salutò, ma non c’era più traccia di entusiasmo nella sua voce.
Inutili comparse. Il suo cervello lo ripeté innumerevoli volte come un mantra mentre le sue esplosioni frantumavano la montagna, incolpandoli per l’intollerabile irritazione che lo stava consumando.
Fu solo quando le sue braccia smisero di rispondere ai comandi che si fermò, ricoperto di sudore e con il fiato corto. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma il cielo fuori dalle finestre era ancora di un azzurro terso quindi immaginò non potesse essere troppo tardi. Sentiva l’adrenalina abbandonare piano piano il suo corpo, lasciando spazio a stanchezza e a sgradevoli dolori muscolari, ma quella sensazione era ancora lì: quel grumo fervente alla base della cassa toracica, quel peso che forse non se ne sarebbe mai andato.
Si avviò a grandi passi verso l’uscita, non vedendo l’ora di chiudersi in camera e fare una doccia calda.
Appena superate le porte automatiche si fermò, la sua attenzione catturata da un punto poco più avanti accanto al muro del corridoio, dove dei fiori viola giacevano abbandonati sul pavimento.
   
 
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