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Autore: ClostridiumDiff2020    08/04/2021    0 recensioni
Nella grande casa gialla in soffitta Micaela aveva sempre visto una gran confusione, tanti mobili vecchi e tanta polvere. Non pensava che al richiamo di un tintinnante campanello potesse dischiudere e liberare una stravagante creatura, chiusa in un innocuo cassettone, qualcosa di imprevisto. A creature immaginarie che prenderanno forma e consistenza: folletti, demoni e cacciatori. Infinite realtà di cui fino a quel momento ignorava l'esistenza.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billy Russo, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 02 - Io non ho fili eppur sto in piè…
 
 
 


Micaela aveva chiesto al folletto di non farsi vedere, poteva restare nella sua stanza ma Cristina non doveva scoprire niente. Si era avviata a prendere l’autobus, non sapeva esattamente perché aveva preso quegli occhiali da sole, perché se li portava dietro assieme alla busta vuota. Forse perché era una delle tante speranze svanite nel nulla.
Aveva riposto gli occhiali dentro la busta, buffo che si stesse focalizzando così tanto su quello, che si aspettava? Che restasse a bere un caffè con lei parlando del più e del meno?
Avrebbe anche dovuto trovare una soluzione per il suo piccolo problema, la sua tendenza incendiare involontariamente le cose. Aveva anche chiesto al folletto di riprendersi quel fastidioso dono ma Pixie aveva scosso la testa perché a detta sua non era quello che veramente desiderasse.
Le aveva anche chiesto perché non avesse seguito William nonostante fosse quello che desiderasse fare. Lei si era limitata a mandarlo al diavolo intimandolo di non uscire dalla sua camera.
Era dovuta correre via perché Cristina le aveva chiesto di coprire il turno di notte, fare l’OSS nel tempo che le mancava alla laurea era snervante. Oltretutto essendo l’ultima arrivata era quella che doveva coprire tutti i buchi ed essere sempre reperibile.
Scese dall’autobus mentre nelle cuffie veniva ripetuta per la milionesima volta Believer degli Imagine Dragons. Lo aveva associato a William da quando aveva visto un video a lui dedicato.
Assurdo, pensare che fosse veramente a giro per la sua città, mentre allo stesso tempo in quella stessa realtà un ignaro attore viveva inconsapevole che uno dei personaggi da lui interpretato avesse preso vita.
Micaela continuava ad arrovellarsi, come si comportava un personaggio al di fuori della propria storia?
Avrebbe dovuto preoccuparsi per tutti loro ma non riusciva a non pensare a William, forse perché lo aveva guardato negli occhi e aveva visto un profondo senso di smarrimento. Sapeva, che quello non era il suo posto. Un po’ era preoccupata, per lui, per chi lo avrebbe incontrato. Lo adorava ma non ignorava la sua natura, tendeva a prendere facilmente fuoco. Il che era ironico pensato da lei, ora che poteva incendiarsi veramente. C’era uno strano silenzio nell’aria, come se persino i merli che si appostavano negli alberi dietro all’ospedale temessero i cambiamenti nell’aria.
Lo spogliatoio era vuoto, lei arrivava sempre prima degli altri, Aprì l’armadietto, le foto delle sue serie la osservavano dall’interno, ovviamente tra quelle c’erano anche immagini di William.
“Ciao, chissà se anche a te toccherà una serata impegnativa…” borbottò Micaela rivolta alla sua immagine prediletta.
“Non saprei, tu cosa ne dici?”
La sua voce era gracchiante, roca, come se non la usasse da tempo ma era l sua, o meglio era la voce che il doppiatore gli aveva dato. Micaela balzò all’indietro e si voltò.
William la osservava appoggiato alla parete.
“Sai… Stai di nuovo andando a fuoco… Non ci sei molto abituata vero?”
Micaela imprecò e iniziò ad agitare la mano, nuovamente in fiamme.
“Dubito che sia di grande aiuto sai? Non che me ne intenda… ma non credo che sia del normale fuoco, dovresti… calmarti”
“Ma davvero?” Micaela si sentiva sempre più innervosita.
Pixie sapeva quello che voleva, a quanto pareva meglio di lei. William era un personaggio inventato e capiva al volto come gestire le sue fiamme, tutti comprendevano tutto tranne lei.
 
“Rilassati” si disse Micaela cercando di concentrarsi sulla fiamma che ardeva nella sua mano.
“Parli da sola?”
Micaela fulminò William con lo sguardo. “Non stare là a fissarmi e girati, mi innervosisci! Se come dici, per spengere questo fuoco devo calmarmi, sappi che essere osservata da quegli occhioni che ti ritrovi non aiuta minimamente a rassenerare la mente… affatto…”
William ridacchiò ma si voltò subito. “Ho solo notato che prendi fuoco solo quando sei nervosa, ti ho osservato da quando hai lasciato casa, sono semplici deduzioni…”
Micaela trasse un profondo respiro. Era tutto assurdo, lui l’aveva osservata quasi impassibile, come se accettare l’impossibile fosse la sola cosa intelligente da fare. Voleva rubare la sua calma, farla propria. Micaela respirò di nuovo e d’un tratto si immaginò nel suo posto sicuro. Quella vecchia libreria con la porta a vetri scheggiata, e la scritta rossa mezza cancellata, dove da bambina passava ogni momento. In mano aveva lui, il volume più bello dell’universo, la copertina in pelle chiara e le scritte scintillanti incise sul dorso. L’odore di polvere e carta invecchiata le riempiva le narici. Ed era di nuovo una bambina che viaggiava con l’immaginazione, persa in una foresta, mentre osservava delle strane creature strette attorno al fuoco, mentre un’oscura e impalpabile minaccia incombeva su di loro, di spazzarli via dal loro mondo rendendoli… nulla.
Quando Micaela riaprì gli occhi le fiamme erano scomparse e William era ancora davanti a lei, , poteva intravedere nell’oscura profondità dei suoi occhi, il nulla.
Nulla, a cosa ti aggrappi quando ogni certezza ti viene strappata via? Quando ti rendi conto di non avere un passato? Era tornato da lei perché era il vero principio, la sua vera nascita.
Lo sapeva, glielo leggeva in quegli occhi rassegnati, lui aveva capito che tutto quel casino che nella sua testa gli aveva causato tanto dolore erano solo storie inventate.
Micaela si sentì colpevole, ma sei davvero un mostro se torturi delle creature fatte solo d’inchiostro e non di carne e sangue?
“Vorresti vedere la tua storia?” Micaela si soprese della determinazione nella sua voce. Forse era il più grande degli errori, ma se non poteva aiutarlo almeno doveva mostrargli cosa i suoi autori avevano scritto per lui.
Lui annuì quasi impercettibilmente, Micaela trovava incomprensibile il fatto che sembrava si comprendessero tanto bene senza che si dovessero dire niente, surreale. Eppure glielo leggeva in quello sguardo smarrito. Era fuggito, ma aveva compreso fin troppo presto che non c’era posto in quel mondo dove potesse andare, perché non ne faceva parte. Quella non era la sua storia. Chi era veramente? Forse nemmeno lo ricordava, chi era stato? Forse non pensava avevesse nemmeno più alcuna importanza, dopotutto era tutta una finzione.
Micaela lo accompagnò in una stanza in manutenzione e gli lasciò il suo telefono, un caricabatteria e le sue cuffie. Avrebbe avuto tutta la notte e era certa che al mattino lo avrebbe trovato nuovamente là. Non sapeva bene come avrebbe reagito alla visione. Dopotutto avrebbe avuto finalmente un punto di vista esterno al suo, per la prima volta. Era come un palloncino smarrito che fluttuava verso il cielo, smarrito, senza più alcun legame.
Avrebbe voluto lasciarlo da solo tutto il tempo ma non riuscì a trattenersi dal controllare se stesse bene.
Lo trovò rannicchiato su quella sedia, con l’espressione persa. Lei gli lasciò una bottiglia d’acqua e dei panini sul tavolo ma lui se ne accorse appena. Micaela era sgattaiolata via pensando di aver violato uno spazio sacro, intimo.
Il resto delle ore di lavoro furono un continuo cercare di non pensare a William, a cosa stesse pensando, provando. Micaela si soprese più volte di se stessa, stava volutamente ignorando che ci fosse un folletto esaudisci desideri nella sua stanza che per qualche assurdo motivo aveva deciso di attaccarsele addosso come una cozza perché? Perché lei lo aveva liberato senza nemmeno sapere come?
Come?
Micaela aveva ripensato più volte agli avvenimenti di quella sera.
Era andata a letto… Aveva sognato di nuovo la stessa cosa… aveva chiuso gli occhi per pochi minuti e quell’auto era tornata subito da lei.
Era stato quello scampanellio ad attirarla in soffitta, come un irresistibile richiamo.
Forse stava ancora dormendo e niente di quel che era accaduto era davvero reale.
Ma William la aspettava dove l’aveva lasciato, quando lo raggiunse lo trovò ad occhi chiusi, Micaela per un attimo pensò che stesse dormendo. Appoggiato alla parente.
Ma quando sentì i suoi passi aprì gli occhi, quei pozzi oscuri vuoti, come se ciò che avesse visto gli avesse sottratto ogni scintilla di luce.
“Grazie per i panini e per l’acqua…” sussurrò con voce spezzata.
“Scusa se non ti ho lasciato in un posto più confortevole, questo ospedale è vecchio, ha molti spazi vuoti, ma non sono particolarmente comodi”
Alle parole di Micaela lui fece spallucce, era abituato a ben peggio, o almeno così doveva aver creduto.
“Tranquilla, sono uscito solo per andare in bagno e… solo dopo essermi accertato che non ci fosse nessuno nei paraggi...”
Micaela gli si sedette accanto, non sapeva bene che dirgli, però riconosceva quello sguardo perso di chi improvvisamente realizza di essere caduto oltre il bordo e di essere finito fuori dal mondo.
“Molte cose nemmeno le ricordavo, forse non le avevo ancora vissute o… forse arrivare qua me le ha strappate via… Tutto il resto era… Estraneo… E adesso non so…” William chiuse di nuovo gli occhi come a cercare di riordinare le parole, che Micaela poteva vedere vorticare nella sua mente confusa. “Sono fatto di storie, sono nato da una penna, ho preso vita in una pellicola e… tutto quello che mi definisce mi è stato attaccato addosso da altri, mi hanno costruito come si fa con una macchina, mettendomi su un binario che poteva andare in una sola direzione e… Adesso che sono al di fuori di tutto e vedo il mio mondo dall’alto e mi appare tutto così piccolo e approssimativo… Non so più niente. Chi sono? Chi potrei mai essere?”
“William…” la voce di Micaela lo scosse, aprì gli occhi e la osservò come se si aggrappasse alla sua presenza. “Puoi essere tutto quello che desideri! Hanno reciso i fili, ma non sei caduto a terra perché sei vivo, sei nato nuovamente, puoi essere tutto quello che vuoi… Adesso stai iniziando a scrivere da solo la tua storia”
 

 
   
 
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