Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: annika0775    10/04/2021    2 recensioni
Ogni tanto capita che gli ufficiali del Corpo di Ricerca escano per una bevuta. C'è chi si trattiene, come il Capitano Levi, e chi raggiunge e supera i propri limiti, come il Caposquadra Hanji. La mattina dopo, una tazza di tè a lenire nausee e mal di testa, qualcuno dovrà fare i conti con le 'situazioni di merda' che si sono create.
Genere: Comico, Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Situazioni di merda
 
 
Petra con una tazza di tè, la mattina, era una visione celestiale. Specialmente quella mattina.
I soffici capelli ramati che ondeggiavano a ogni suo movimento, un accenno di sorriso sulle labbra e un leggero rossore sulle guance di pesca.
Il suo profumo delicato poteva perfino fargli dimenticare il mal di testa.
Così dolce. Forse un po’ troppo dolce, per uno come lui che il tè lo prendeva nero e non zuccherato.
“Perché mai” pensò prendendole la tazza dalle mani “devo sempre cacciarmi in situazioni di merda?”
Le ciglia lunghissime di lei si abbassarono in un pudico cenno di assenso al suo strascicato ringraziamento. Quante tazze di tè ci sarebbero volute per sedare i postumi della sbornia della notte precedente?
Mentre sorseggiava la bevanda salvifica, ecco la ‘situazione di merda’ entrare nella sala comune. Nanaba le rivolse un saluto e lui s’impietrì, la faccia nascosta dietro la mano sulla tazza, per spiare la conversazione.
- Ho un gran mal di testa. Sono svenuta come al solito?
- Sì, più o meno.
“Porca miseria, Capelliaspazzola!” digrignò i denti “Che cavolo fai? Prosegui quella conversazione!”poi cominciò a ripetere mentalmente “Nanaba… Nanaba… Nanaba...” sperando di indurre così la ‘situazione di merda’ a sistemarsi accanto all’amica.
Possibile che non avessero nient’altro da dirsi?
Il tè gli andò di traverso, considerando quello che avrebbero potuto effettivamente dirsi, e il suo tossire non passò inosservato.
-Ah, sei qui.
-Tsk!
Come volevasi dimostrare, la ‘situazione di merda’ venne a sedersi esattamente davanti a lui.
Petra le sorrise:
-Caposquadra, posso portarvi una tazza di tè?
“Mica sei la sua cameriera!” gli venne da pensare, poi decise di bere un altro sorso anziché intervenire.
-Grazie cara. Fallo forte: ho lo stomaco sottosopra.
Era giunto alla conclusione di odiare profondamente l’alcol ma, in quelle serate di baldoria tra ufficiali, andava giù una meraviglia. Il fatto che lui lo reggesse meglio degli altri, poi, finiva per essere un’arma a doppio taglio.
-Grazie, Levi. Moblit mi ha detto che mi hai accompagnata tu in camera.
Sollevò un sopracciglio. “Moblit ti ha detto?” rifletté “Che diamine! Non ti ricordi?”
-Comunque,  carina la tua… com’è che si chiama?
-Petra.
-Sì, Petra. Giusto!- le rivolse uno sguardo vago, dietro le lenti sudicie -Stareste bene insieme.
-Vai a cagare!
-Dopo. Adesso non mi scappa. - si passò una mano sulla faccia -Non so cosa è successo ieri sera, ma temo di aver vomitato.
Davvero non ricordava?
Le diede un’occhiata più accurata: di sicuro non si era né lavata né cambiata. L’avrebbe volentieri presa per i capelli e scaraventata sotto la doccia. Un segno violaceo alla base del collo attirò la sua attenzione e immediatamente trasalì.
Possibile che non ricordasse niente?
-’Accompagnato’ è un eufemismo.
-Come?
-Moblit. - si sentì in dovere di spiegare -Come al solito, ti ho dovuto portare di peso.
-Non mi dire che ti ho di nuovo vomitato addosso?!
Odiava profondamente l’alcol, le serate di baldoria tra ufficiali e le situazioni di merda che le accompagnavano.
-No. La prossima volta che succede, ti ci annego.
-Beh, almeno è andata bene.
-Bene? Ti ho dovuto portare via perché hai vomitato in ogni centimetro del locale. Dicevo che ci cacciavano fuori a calci in culo!
Nel frattempo, Petra portò una tazza di tè nero anche a Hanji.
-Petra, come fai a sopportare l’umorismo di Levi?
La ragazza si limitò a ridere, arrossire e scuotere la testa, allontanandosi imbarazzata.
-È cotta di te. Quando ti decidi a…
-Quando ti decidi a farti gli affari tuoi?
Da quella posizione, il segno sul collo era spaventosamente visibile. Non tentava per niente di coprirlo. Forse non se n’era nemmeno accorta.
“La prima gallina che canta ha atto l’uovo.” ricordò a se stesso. Ma pensò anche che, conoscendolo, Erwin, Mike e gli altri avrebbero dato al suo commento un peso diverso:
-Ohi, Occhialidimmerda, chi diavolo ti ha fatto un succhiotto?
Lei lo guardò stralunata:
-Cosa?
-Un gigante ti avrebbe staccato la testa, quindi non raccontare stronzate: quello è un succhiotto!- e indicò il livido con aria platealmente disgustata.
Nella foga di capire cosa e dove fosse, Hanji coinvolse gli altri ufficiali, aprendo a Levi uno spiraglio di fuga.
Si alzò comodamente, appoggiò la tazza sul piattino e fece la sua uscita di scena, nell’indifferenza generale, mentre tutti erano concentrati a decidere cosa fosse il segno incriminato.
-...Levi!- la voce di Nanaba lo fulminò sulla soglia.
-Prego?- si girò lui, per metà  già fuori dalla porta, ma nell’impossibilità logistica di ignorarli e dileguarsi.
-Ogni singolo livido sul corpo di Hanji è colpa tua.
Nanaba era sempre piuttosto acida nei suoi confronti. Non che lui, di rimando, fosse uno zuccherino!
-Vieni al punto.- brontolò, stringendo le braccia sul petto. Mike aveva preso a ridacchiare sotto i baffi ed Erwin osservava la scena con aria imperscrutabile.
-Non fai altro che strapazzarla, tirarle i capelli, prenderla a calci. Ieri sera te la sei caricata in spalla come fosse un sacco di patate. Non ti rendi conto di farle male e poi la prendi anche in giro. Sei un animale!
“Finita l’arringa?” Levi scrollò le spalle e uscì dalla sala.
 
L’aria fresca del cortile gli alleviò il mal di testa.
Allora, perché continuava a sentire un certo groppo in gola?
L’espressione di Hanji era limpida e ingenua come sempre. La notte precedente era così ubriaca da non ricordare. Davvero.
Era stata male, non si reggeva in piedi.
Levi non sopportava di vederla così. Di solito straparlava e si rendeva ridicola. Appena ne aveva avuta l’occasione, se l’era caricata sulla spalla e l’aveva riportata in caserma. Aveva risalito le scale in fretta, fino a raggiungere la stanza di lei.
Mentre l’adagiava sul letto in disordine, Hanji lo aveva afferrato per la nuca, trascinandolo su di sé.
Non era riuscito a scappare, oppure non aveva voluto? Quell’interrogativo continuava a frullargli nel cervello. L’alcol lo aveva offuscato oppure solo disinibito? Quanto di lui aveva goduto all’abbandonarsi in quell’abbraccio, al tuffarsi nella sua bocca?
Ripensare alle dita di lei sul collo e alle proprie che le accarezzavano i capezzoli, attraverso il cotone ruvido della camicia, gli provocò di nuovo un fremito all’inguine. L’istinto che lo aveva guidato a unire le loro labbra, incurante dell’odore di alcol, era così forte da ottundergli qualsiasi residuo di raziocinio.
Era ritornato padrone di sé nell’istante in cui aveva provato a sfilarle la camicia dai pantaloni e non c’era riuscito, perché era troppo ubriaco:
-Ohi, Occhialidimmerda, sei talmente bevuta da confondermi con Shadis?
Glielo aveva sussurrato all’orecchio, come ultimo tentativo di aggrapparsi alla realtà. Lei aveva riso, inarcando la schiena per premerglisi ancora di più addosso:
-Non ti si può confondere con Shadis, Levi: sei almeno trenta centimetri più basso!
Quindi la stronza non era confusa dall’alcol! Stava amoreggiando con lui consapevolmente, fosse anche solo la parte ubriaca di lei.
Non sapendo se essere felice o spaventato da ciò, Levi aveva deciso che la sua impudenza andava punita e le aveva stretto un lembo di pelle tra i denti, due dita sopra la clavicola.
-Ahia! Cosa fai?!
-Non osare mai più prenderti gioco della mia altezza. I giganti non riescono a morderti, io sì.
La sua risata cristallina aveva riempito la stanza.
-Resta con me.
Una supplica roca, accompagnata da una stretta nell’abbraccio, le gambe allacciate alle proprie. Quanto gli ribolliva il sangue!
Ripetendosi di non lasciarle altri segni equivoci, aveva percorso lentamente, con la lingua, lo spazio tra la clavicola e l’orecchio, facendo tesoro di ogni suo gemito. Si era soffermato con piccoli baci, all’attaccatura dei capelli, vergognandosi di quanto l’odore acre del sudore di lei lo eccitasse.
-Dannazione, Hanji. Sei troppo ubriaca.- le aveva soffiato le parole nell’orecchio, faticando a racimolare i frammenti sparsi del suo autocontrollo, per interrompere la caduta a precipizio -E anche io.
Troppo ubriaco per trattenersi e troppo poco per andare fino in fondo.
“Che situazione di merda!”
Hanji aveva allentato un po’ la presa e Levi aveva colto l’opportunità per scivolare via da lei.
Aveva cercato delle parole da dirle, cosa in cui non era per niente ferrato. Voleva e non voleva dirle talmente tante cose che, come al solito, la sua testa era rimasta vuota e le uniche frasi che rigiravano chiare, in quell’atmosfera rarefatta, erano quattro volgarità.
Quando si era girato a guardarla, aveva visto che dormiva già. Non si era accorta delle sue frustranti digressioni, ma era già tornata nel proprio mondo fatto di sogni.
Le aveva sfilato delicatamente gli occhiali. Li aveva puliti col lembo del lenzuolo, per poi appoggiarli sul bordo della scrivania.
Le aveva rimboccato le coperte, come si fa a un bambino, poi era rimasto qualche minuto a guardarla dormire, interrogandosi sulla liceità di darle un ultimo bacio sulla fronte.
Non avrebbe saputo che cosa fare il giorno dopo.
Con quale coraggio l’avrebbe guardata negli occhi, nella sala comune, davanti a una tazza di tè, ricordando il sapore delle loro lingue allacciate in quell’amplesso osceno?
Il sole della mattina era troppo tiepido in confronto al calore bruciante del corpo di lei e Levi sentì freddo.
Non ricordava niente di niente.
Meglio così.
Tante cose in meno da dire.
Tante cose in meno da spiegare.
Tante domande in meno da porsi e meno ancora risposte da cercare. Riposte che diventavano come bagagli scomodi e ingombranti, dentro una stanza troppo piccola.
Forse l’alcol avrebbe potuto lavare via pure le sue, di memorie, poi convenne che no: gradiva ricordare.
  
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