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Autore: Nuage_Rose    12/04/2021    0 recensioni
24 Dicembre 1914, Belgio
La pioggia batte anche oggi, inesorabile. Le trincee sono tutte allagate, i miei stivali ormai affondano nel fango da mesi. Mi sistemo un ciuffo di capelli ribelli con una mano, con l’altra stringo il fucile. In un attimo di lucidità, ricordo che giorno è oggi: la vigilia di Natale.
★ Iniziativa: Questa storia partecipa alla sfida natalizia del gruppo Ritrovo scrittori anonimi (s)bloccati
★ Consegna assegnata: 7. Natale in un periodo storico diverso dal nostro (ambientato prima del 1950 almeno)
★ #narratoridistorie
I testi delle canzoni sono stati estrapolati da Wikipedia, mentre le informazioni per scrivere questa storia sono tratte sia da Wikipedia sia da video su YuoTube di Extra Credits.
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature
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Silent Night - Stille Nacht

 

24 Dicembre 1914, Belgio

La pioggia batte anche oggi, inesorabile. Le trincee sono tutte allagate, i miei stivali ormai affondano nel fango da mesi. Mi sistemo un ciuffo di capelli ribelli con una mano, con l’altra stringo il fucile. In un attimo di lucidità, ricordo che giorno è oggi: la vigilia di Natale.
Giusto, infatti ci sono anche arrivati i doni da parte della principessa Mary: una scatola con sigarette, tabacco, un biglietto di auguri e dolciumi vari. Io però sono uno dei pochi che non fuma, detesto l’odore del tabacco. Ma capisco perché gli altri siano contenti di fumare: è un modo meno deprimente per passare il tempo. Scarto finalmente il regalo che mi è stato inviato dai miei genitori da casa, impacchettato in carta di giornale. Srotolo una bella sciarpa blu notte, calda e avvolgente. La porto al naso, ha il profumo dei biscotti al burro di mia madre. La metto subito al collo, l’aria è sempre così gelida qua e vorrei tanto avere anche dei guanti, visto che le mie mani ormai stanno gelando. “Ehi, Peter, bella sciarpa!” esclama Edmund Wilson, un altro soldato come me con cui ho stretto amicizia qui al fronte, per poi darmi una bella pacca sulla schiena.
Nonostante sia un ragazzo pallido e più basso di me, oltre che più giovane di un anno, Edmund ha una forza d’animo che gli invidio. Riesce sempre a cavarsela in ogni situazione e a scherzarci su, anche se so che dentro è terrorizzato come tutti noi. Ma ognuno affronta la paura in modo diverso, Edmund ci scherza su e la nasconde, io invece scrivo lettere sui pezzi di carta straccia che riesco a trovare, con la matita che porto sempre con me.
Casa ci manca molto e qui cerchiamo di tirarci su a vicenda. “A te cosa hanno regalato da casa, Wilson?” gli chiedo, mentre lui sfoggia un paio di guanti in pelle marroni con un sorriso che stona in modo stridulo con la pioggia, il freddo ed il cielo grigio e deprimente che copre le trincee. “Questi me li ha presi Sunny, non è un amore?” mi mostra una foto della sua sorellina di dieci anni, ha i capelli scuri a caschetto e la pelle chiara, indossa un vestitino di lino bianco con del pizzo e sorride timidamente. La pioggia ci costringe a rannicchiarci contro i muri delle trincee, ormai preghiamo da giorni che smetta. La giornata scorre lenta, si sente qualche sparo in lontananza, ma ormai siamo tutti stanchi e demoralizzati.
Abbiamo perso molti compagni in questo gelido Dicembre e ora che è Natale siamo lontani dalle nostre case, molti per la prima volta. Ad esempio, per me ed Edmund è la prima volta e per ora ce la siamo cavata bene. Ormai quello che conta è sopravvivere per tornare a casa, il resto non conta.
Una nuvoletta di vapore freddo esce da ognuno di noi, soldati scozzesi ammassati nelle trincee, mentre la pioggia inizia piano piano a scemare e la sera della Vigilia si avvicina. Arriva il vero regalo che tutti aspettavamo: la pioggia cessa e le trincee lentamente si prosciugano, mentre il suolo fangoso si trasforma in un pavimento gelato e la neve candida scende lentamente e dolcemente sulla campagna e su di noi. Tutti guardano quello spettacolo, sospirando e ringraziando il Signore per quella tregua dalla maledetta pioggia, anche se il freddo ancora c’è. Ma si respira proprio aria di Natale, il tempo è troppo bello per non goderselo e non si sentono più gli spari in lontananza, solo quiete. Improvvisamente, vedo una luce verso le trincee tedesche. Mi irrigidisco, stringo il fucile e immediatamente punto verso la luce, chiamando anche Edmund.
Aguzziamo meglio la vista, mentre anche tutti gli altri soldati si accorgono della anomalia e sono pronti coi fucili. “Aspettate!” esclama Edmund, alzando la voce. Mi indica le luci, che ora si sono moltiplicate fino ad essere innumerevoli. “Sono dei piccoli abeti di Natale decorati con delle candele!” mi dice poi, sospirando di sollievo. Aguzzo la vista, ha ragione. I tedeschi hanno disposto lungo i parapetti delle trincee tanti piccoli abeti, ognuno ha almeno tre candele accese sopra. Come se questo non fosse già abbastanza straordinario, i nemici iniziano a cantare:

“Stille Nacht! Heilige Nacht!

Alles schläft; einsam wacht

Nur das traute hochheilige Paar.

Holder Knab´ im lockigen Haar,

Schlafe in himmlischer Ruh!

Schlafe in himmlischer Ruh!”

 

Restiamo tutti imbambolati, incapaci di realizzare quello che sta accadendo. Ma non abbiamo più i fucili puntati contro i tedeschi, che cantano ancora quelle note così dolci.
Un tenente prende la parola, dicendoci di replicare con un canto dei nostri, decisamente migliore di quello dei mangia crauti: è il tenente delle guardie Sir Edward Hulse, un uomo dai baffi bruni e la tempra d’acciaio. Inizia lui ad intonare il canto e, come un sol uomo, ci uniamo tutti a lui.

“Silent night, holy night!
All is calm, all is bright
Round yon Virgin, Mother and Child
Holy Infant so tender and mild
Sleep in heavenly peace
Sleep in heavenly peace”

 

 

Ci sembra un miracolo di Natale, qualcuno inizia anche a ridere, non si capisce se per il nervosismo o la gioia. I tedeschi ci urlano qualcosa, in una lingua a noi incomprensibile. Chiedo ad Ed se capisce, visto che lui sa il tedesco. Annuisce: “Ci stanno chiedendo di non sparare. Né oggi né domani. Io sono d’accordo, Pet: è Natale, Cristo Santo!” Con uno scatto, si alza dalla sua postazione. Allungo una mano per fermarlo, ma è troppo tardi. Ormai il mio amico è uscito dalla trincea.
Gli tremano le gambe, mentre affonda gli stivali nella neve candida e, per un istante, si gode la sensazione dello stare in piedi, dopo mesi rannicchiato nella terra. Noto che ha paura, vorrei dirgli di tornare subito indietro finché è in tempo. I canti intanto continuano e, dopo aver messo la mano destra in tasca per prendere il tabacco che gli è rimasto, lo alza verso i tedeschi. Mi domando cosa faranno: gli spareranno lo stesso? Vorrei correre a prenderlo per riportarlo qui, ma sarebbe ugualmente pericoloso e potrebbero uccidere entrambi. Prego, non mi resta altro da fare, mentre stringo il fucile impotente e guardo il mio amico dirigersi verso i tedeschi.
Ma una cosa accade, che mi spiazza un’altra volta: un soldato nemico si alza, attraversa anche lui la zona neutrale, tremante nella sua divisa. Guarda Edmund. Ha in mano un pezzo di cioccolata, la porge a Wilson, che ne rimane stupito. Si avvicinano, ormai sono uno di fronte all’altro. Si studiano.
Il tedesco ha la pelle pallida come Ed, è malnutrito come noi, ma ha i baffi biondi con qualche briciola di cioccolato. Si scambiano i doni. Si guardano riconoscenti e si stringono la mano. Così iniziamo tutti ad uscire, lentamente. O meglio, molti di noi. Alcuni non ci credono a questa tregua spontanea. Sono indeciso, finché non vedo il tenente Hulse uscire anche lui, dopo aver ravvivato i baffi a manubrio. Prendo il coraggio ed esco anche io. Dio, è così bello stare finalmente in piedi, ho quasi voglia di piangere. Cammino anche io verso il centro, dove i nostri soldati ed i loro si scambiano i doni in eccesso: tabacco, cioccolato, trota di prugne, birra… Incontro lo sguardo di un soldato tedesco.
Ha gli occhi di un bellissimo azzurro, i capelli invece sono color rame.
Timidamente, mi allunga la mano. La stringo e, nei suoi occhi, in quel momento, non vedo il mostruoso nemico che mi ero immaginato. Ora è soltanto un soldato come me, un disgraziato che vede i suoi amici morire ogni giorno e che oggi vuole solo avere almeno una giornata di pace.
Vedo nel suo sguardo il mio stesso dolore, la mia stessa pena e le mie stesse paure. Ci scambiamo un  mezzo sorriso. Intorno a noi, molti hanno iniziato a fumare ed il confine tra tedeschi e scozzesi è ormai dissolto. Il tedesco mi allunga una sigaretta, ma rifiuto con un gesto. Lui allora mi porge un pezzo di cioccolata e a quella non rinuncio, nonostante il dubbio che possa essere avvelenata. Ma tanto, di qualcosa dovrò pur morire e potrebbero essere i cannoni dopo questa tregua: meglio la cioccolata. Do un morso alla tavoletta, penso che sia la cioccolata migliore della mia vita. Mugugno felice, mentre il tedesco annuisce e tira dalla sigaretta. Edmund è vicino a me, parla con il primo tedesco uscito allo scoperto insieme a lui.
Gli fa una domanda, non capisco bene cosa si stiano dicendo. Mi avvicino, sono curioso. “Ed, che succede?” gli chiedo allora, lui scuote la testa: “Mio caro Peter, non ci crederai! Ho chiesto al mio amico crucco per cosa sta combattendo. Sai cosa mi ha risposto? Per la libertà. La libertà, Pit! Ma questo è impossibile, siamo noi che combattiamo per la libertà!”
Ridiamo come se quella fosse una battuta favolosa, anche i tedeschi vicino a noi si uniscono a quella risata dolce amara, mentre mi chiedo allora che diavolo stiamo facendo qui. Perché stiamo combattendo, se vogliamo tutti la stessa cosa?
I canti continuano, mischiandosi tra loro. Vedo il tenente Hulse levarsi la sciarpa e donarla al tenente tedesco, mentre con una mano stringe delle lettere accartocciate. Il tedesco ha un’aria agitata, chiede ad un sottoposto qualcosa e quello torna con un paio di guanti da donare al nostro tenente. Ormai la mezzanotte è passata, è Natale. Restiamo ancora tutti sui parapetti delle trincee, in piedi, a bere cognac e mangiare dolci.
A fumare da pipe inglesi con tabacco tedesco. A cantare, con il fiato che ci è rimasto e che forse presto non avremo più.

Good King Wenceslas look'd out,
On the Feast of Stephen;
When the snow lay round about,
Deep, and crisp, and even:
Brightly shone the moon that night,
Though the frost was cruel,
When a poor man came in sight,
Gath'ring winter fuel.

Should auld acquaintance be forgot
And never brought to mind?
Should auld acquaintance be forgot
And days of auld lang syne?

For auld lang syne, my dear
For auld lang syne
We'll tak a cup o' kindness yet
For days of auld lang syne

 

Questa notte, abbiamo tutti dormito placidamente. Questa notte, una stella solitaria brilla nel cielo del Belgio, illumina la terra di nessuno dove nessuno spara più. Per questa notte.

È una notte silenziosa…




Non ci sarebbe più stata una tregua di Natale. Molti non videro il Natale successivo, tra loro il tenente Hulse. Morì tre mesi dopo soccorrendo un commilitone ferito: aveva 25 anni.

   
 
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