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Autore: Giovievan    19/04/2021    0 recensioni
Ho impiegato molti anni e fin troppa sofferenza a farmene una ragione ma finalmente l’ho capito: il mio destino non è mai stato quello di essere Perfetto. Io sono nato per essere il padre degli dei. Il mio unico compito, la mia missione, è rendere reale la Leggenda, e ci proverò fino all’ultima goccia del mio sangue.
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Durante l'inverno più rigido che Arcos abbia mai vissuto Cold decide di infrangere la legge arcosiana per generare l'Essere Perfetto, il mutante che secondo la leggenda avrebbe una tale potenza da poter diventare padrone dell'intero Universo.
È così che nonostante le resistenze, in particolare quelle di Cooler, Freezer prende vita possedendo l’immenso potere che Cold sognava di generare da sempre. Ma le cose si fanno più complesse del previsto e lentamente tutto scivola fuori controllo...
Genere: Dark, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Cooler, Freezer, Re Cold
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Origins: come tutto ebbe inizio'
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11.
Essere Perfetto


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Stavolta tutto è estremamente diverso dalla precedente.
Di nuovo provo un viscerale terrore e di nuovo stringo tra le dita la stalattite che brama il mio sangue, ma le somiglianze con le scorse nascite terminano qui. Tutto ciò che mi circonda adesso è cambiato.
Sono all’esterno, per iniziare, e plasmerò mio figlio proprio qui all’aria aperta, sferzato dal vento e dalla neve. Mi hanno proposto di entrare nella grotta, al sicuro da eventuali occhi indiscreti, ma ho rifiutato: ora che davvero ne ho l’opportunità nessuno mi impedirà di far nascere Freezer sulla superficie del pianeta, come ho sempre sognato.
Inoltre, cosa più importante, non sono da solo. È chiaro dalla sua posa rigida e dalle braccia conserte che Cooler non sia entusiasta di essere qui, eppure c’è e so che veglierà su di me fino alla fine. Mi rilasso al pensiero che se dovessi essere in difficoltà lui farebbe di tutto per aiutarmi.
Froze, invece, si è offerto di fare la guardia all’ingresso dei tunnel. Ho avuto l’impressione che non volesse in alcun modo assistere allo spargimento di sangue che mi aspetta e sono certo che anche alla nascita di Cooler abbia provato lo stesso… o forse è soltanto molto contrariato dato che, come credevo, non ha accettato di buon grado la notizia di avere un ennesimo fratello, per di più nato illegalmente.
Ma non m’importa di nulla finché Cooler è qui con me, anzi, la sua sola presenza riesce a darmi forza. Dovrò dare davvero il massimo e dimostrargli chi sono; non posso esser debole se c’è lui ad assistere.
Lo guardo negli occhi per rincuorarlo e vi leggo solo un’indicibile preoccupazione. Tutto mi lascia intendere che non riesca ad accettare in alcun modo la mia decisione e non riesco a scegliere quale dei mille possibili motivi possa essere quello giusto.
«Andrà bene. L’ho già fatto due volte.»
«La seconda ero presente» ribatte lui, la voce quasi del tutto coperta dal vento. «E non andò così bene.»
Sì, lo ricordo anch’io. Vorrei dirgli che ha ragione ad aver paura ma non ho scelta, non stavolta. Mi sforzo di sorridergli mentre il ghiaccio inizia a bruciarmi le dita.
«Te lo prometto, andrà bene. Devo iniziare.»
Sospira, cerca di lasciarsi convincere e io sento di non avere più tempo da perdere. M’impongo di lasciar fare al corpo, senza più pensare; porto la lama sul solito palmo, sfiorandolo con delicatezza in corrispondenza della cicatrice che ancora si estende nel centro. Tremo visibilmente. Non devo pensare, mi ripeto: non devo ricordare com’è stato le due volte precedenti. Stavolta sarà diverso.
Chiudo gli occhi e inspiro l’aria gelida sentendomi già rigenerato. Il ruggito della neve che si alza nei cicloni e si schianta in lontananza diventa ben presto una melodia a cui decido di abbandonarmi. Mi sento incredibilmente in pace, tanto che quando l’energia inizia a ribollirmi sul palmo e la punta della lama penetra la carne provo meno dolore del previsto.
Dolore che aumenta sempre più man mano che il tempo passa. Credevo di aver dimenticato quanto male facesse, forse addirittura di essermi abituato a sopportarlo, ma ora so che non ci si abitua mai a una cosa del genere. A questo punto sono certo che il dolore sia parte integrante del processo; senza sofferenza non può esserci la vita, una consapevolezza che la rende ancora più preziosa ai miei occhi.
Eppure non ho scelta: stringo i denti e vado avanti nel premere la punta a fondo. Sento il ghiaccio sciogliersi e diventare acqua gelida che si mescola al sangue e all’aura componendo muscoli, ossa, esoscheletro del piccolo corpo che inizio a percepire mio palmo… ma stavolta c’è davvero qualcosa di differente. Non ho neanche bisogno di procedere lungo il polso: il sangue sembra fluire via dalle mie vene come se fosse la cosa più naturale al mondo, così come l’energia che scorre, rapida, sfuggendo al mio controllo. Per qualche attimo credo di essere io ad esser migliorato ma presto capisco che non è così: è la sfera che si accresce tra le mie dita a richiamarli a sé, attraendoli come se fosse una calamita. Come se mi stesse risucchiando la vita per creare la sua.
Vedo sott’occhio Cooler arretrare; si è di certo accorto che qualcosa non va come dovrebbe ma qualsiasi cosa sia non posso distrarmi, non ora. Ho la sensazione che questa nascita sia speciale. Nel mio cuore si risveglia una sola, incredibile speranza che mi riprometto di scacciare.
«Padre, tutto bene?» mi sento domandare. Un attimo dopo mi accorgo di stringere il vuoto tra le dita che prima ghermivano la lama: il calore l’ha totalmente disciolta ben prima che potessi arrivare a usarla tutta.
«Cosa…» dico, ma non riesco a parlare. La sfera di luce inizia a farsi accecante e avverto il mio braccio tremare ma non so se è per lo sforzo, per l’energia che lo avvolge o per la paura. Mi afferro il polso con l’altra per tenerla ferma; il sangue che gocciola via dalla ferita mi scorre lungo le dita ma non è neanche lontanamente paragonabile alla quantità che ho perso per la nascita di Cooler e Froze.
Poi, d’un tratto, la terra sotto i miei piedi inizia a vibrare, minacciosa, e la bolla di luce si ingrandisce fino a inghiottirmi. Persino le tempeste si attenuano, non sento neanche più il rumore del vento o la neve cadermi addosso. Mi sembra che si stia espandendo attorno alla mia mano una capsula di energia vorace che mi ingloba senza possibilità di fuga.
«Stai indietro!» urlo a Cooler sperando che mi senta.
Resto così, una mano a pararmi gli occhi e l’altra tesa, illuminata da quella luce esplosiva, per tutto il tempo necessario. Mi sembrano passate ore intere quando il chiarore svanisce, riassorbito dal bianco della neve o dal mio stesso palmo, proprio lì al centro… lì dove una piccola figura inizia a delinearsi.
È uno spettacolo incredibilmente affascinante da cui non riesco a staccare gli occhi. L’aura sembra ribollire attorno a un minuscolo corpo che sento incredibilmente leggero, molto più di quanto lo fossero i suoi fratelli. Tuttavia c’è qualcos’altro di ben più spettacolare che lo rende diverso dai suoi fratelli.
Freezer è seduto a gambe incrociate proprio al centro della mia mano, esattamente sopra la ferita che non ho nemmeno avuto la necessità di cauterizzare. È lì, composto, come se fosse nato proprio in quella posizione; non confuso, non spaventato da ciò che sta accadendo ma fermo, immobile e calmo.
Lo osservo man mano che gli occhi si abituano e la luce si dirada: il suo corpo è esile, bianco come la neve che ci circonda; le bioplacche che gli si incastonano in molti punti sull’esoscheletro e sul cranio sono ancora trasparenti anche se so che presto si coloreranno a contatto con il sangue che già inizia a pompargli nelle vene.
Ciò che però mi sorprende e mi turba di più è il suo sguardo. Come accade sempre, la prima cosa che fa il figlio è alzare gli occhi per incontrare quelli del padre; questa volta, però, il figlio sembra pienamente consapevole della propria esistenza e il padre ha un profondo e incomprensibile brivido.
Non riesco a fare a meno di paragonare questa nascita a quella di Cooler. L’emozione che ho provato in quei momenti era unica, totalizzante; adesso invece sento un miscuglio di sensazioni, positive e negative, che mi bloccano il respiro. Una in particolare, quella dannata speranza, torna a stringermi il petto. Provo a dirle di smetterla ma non vuole saperne di andarsene. Le due parole che mi sussurra (Essere Perfetto) sono troppo affascinanti per scacciarle.
«Freezer» gli sussurro, ma il mio tono è meno caloroso e commosso di quanto avessi sperato.
«Freezer» ripete lui dopo un attimo di silenzio, come se stesse valutando il proprio nome.
Si esamina le mani con lentezza valutando il dorso, poi il palmo, richiudendole e riaprendole. Poi torna a guardarmi negli occhi. I suoi sono due perle sanguigne che sembrano brillare di luce propria al riflesso della neve candida.
«Freezer» ripete. «Cosa sono?»
Un brivido mi pugnala la schiena fino a raggiungere le ossa.
Questo… questo non è normale.
«Sai parlare?» gli chiedo, sconvolto. Lui sembra analizzare le mie parole, comprenderle, cercare il modo opportuno di rispondere.
«Sei sorpreso. Suppongo che non te lo aspettassi.»
Osservo mio figlio, Freezer, alzarsi in piedi utilizzando la coda per bilanciarsi alla perfezione, senza neanche l’ombra di un vacillamento nonostante il vento che ci colpisce. Se soltanto penso a Froze, a quanta difficoltà fece la prima volta che provò a mettersi sulle sue gambe il giorno dopo la nascita, o a Cooler, che sembrava incredibilmente goffo persino nel tentativo di sedersi…
Essere Perfetto, continua a sussurrare la mia mente, e faccio sempre più fatica a negare a me stesso l’evidenza.
Provo la strana necessità di rapportarmi a lui come se avesse già un anno, una sensazione assurda e paradossale.
«Sì. Di solito gli arcosiani impiegano giorni prima di parlare.»
«Arcosiano» ripete lui. «È questo che sono?»
Sei molto di più, vorrei dirgli, ma non ci riesco.
«Sì. Quello che vedi qui attorno è il pianeta Arcos.»
Lo osservo ruotare la minuscola testa tonda e guardare le tempeste per alcuni attimi, poi fissarli su qualcosa, anzi, su qualcuno alle mie spalle. Mi volto verso Cooler: i suoi occhi sono sgranati, sembra incredulo quanto me nel vedere di cosa sia già capace suo fratello. Poi gli occhi di Freezer, sottili come fessure, cambiano obiettivo e osservano tutto ciò che possono. Sono certo che stia apprendendo.
«Mi devi delle spiegazioni» dice. Poi, senza che me lo aspettassi, si solleva nell’aria e sgranchisce le gambe e la coda, perfettamente padrone del suo corpo. Non fa una piega neanche quando una folata più intensa delle altre ci colpisce con uno sbuffo di neve. Resto troppo basito persino per tentare di afferrarlo.
So che ha ragione ma non riesco a comprendere quanto in fretta sia accaduto tutto ciò. Mi aspettavo di dover raccontare la nostra storia a un essere ben più fragile di questo e invece ho la sensazione di essere di fronte a un arcosiano già adulto, forse persino mio pari. La cosa è così destabilizzante che non so se esserne felice o meno.
«Sì» dico solo. «Ti spiegherò tutto. Vieni con me.»
Si stringe nelle spalle come se si annoiasse a seguirmi ma non protesta quando mi dirigo verso la grotta. Mentre mi incammino analizzo la mia mano: perfettamente sana. Il dolore, tutto sommato, è stato minore del previsto, anche se compensato da un terrore primordiale che forse è stato anche un’esperienza peggiore del male fisico considerando che ancora ne sento lo strascico.
È stata una nascita davvero impeccabile, ma sono sempre meno certo che sia merito mio.
Freezer mi segue levitando alle mie spalle con invidiabile sicurezza e così fa anche Cooler. Entriamo nella grotta posizionandoci dove io e suo fratello abbiamo discusso proprio di lui. Freezer si guarda attorno con fare curioso ma mi sembra teso, ostile. Infatti a un certo punto si volta verso di me, impaziente.
«Ebbene?» dice per incitarmi a parlare.
«Cosa sai?» gli domando, questione che deve fargli esplodere il cervello considerando quanto intensamente pare rifletterci. Non trova una risposta, cosa che pare innervosirlo.
«Cosa dovrei sapere?» sbotta, irritato.
«Hai dei ricordi?» interviene Cooler, sinceramente curioso.
Freezer ci riflette per qualche attimo e sembra irritarsi sempre di più man mano che il tempo passa.
«So solo che sei stato tu a crearmi, perché l’ho visto con i miei occhi. Prima di questo, nulla. Il mio cervello sembra vuoto» dice, scuotendo il capo con stizza.
«Ma sai già comunicare. È assurdo.»
Pare che queste parole lo stuzzichino perché Freezer si volta verso Cooler e sul suo volto appare un accenno di sorriso.
«Assurdo, dici? Forse per te. Ti presenteresti?»
«Presentarmi?» ripete Cooler, visibilmente innervosito. «Cosa credi che ci faccia qui?»
«Spiegamelo tu. Non mi sei sembrato indispensabile nel processo.»
«Fermi» mi sento di intervenire nonostante lo stordimento di questa intera, surreale scena. Ho la sensazione che Cooler possa rispondere a Freezer con arroganza e non voglio vederli già litigare. «Lui è Cooler. È tuo fratello e dovrete fare squadra, quindi è meglio che andiate d’accordo.»
«È meglio per chi?» sorride Freezer, canzonatorio, e io capisco di dovermi far rispettare prima che questo neonato si convinca di potermi parlare con una tale arroganza.
«È meglio per te. Vuoi o non vuoi diventare il padrone di Arcos?»
La cosa sembra interessarlo. Si fa più attento.
Prendo un profondo respiro. Da ciò che sto per dire non si torna più indietro ma, anche se non posso negare che abbia qualcosa di speciale, non ho idea se lui sia davvero l’Essere Perfetto. È per questo che inizio a raccontare con cautela, senza sbilanciarmi.
«Ti spiegheremo tutto con calma» dico, rivolgendomi a Cooler. «O meglio, adesso lo farà tuo fratello. Io devo tornare all’Assemblea.»
Cooler annuisce, anche se in modo poco convinto. Sapeva già che avrebbe dovuto badare al nuovo nato in mia assenza ma sono certo che non si aspettasse un atteggiamento del genere, anzi, forse non credeva neanche che sarebbe riuscito a comunicare con suo fratello. La situazione è davvero fin troppo diversa da quanto avessimo preventivato.
«Oh, non vedo davvero l’ora di sentire questa storia» sorride Freezer, e il suo tono è fin troppo arrogante per i miei gusti e, sono certo, anche per quelli di Cooler. È per questo che gli faccio un cenno e lui annuisce, comunicandomi che riuscirà a gestire tutto al meglio. Me lo auguro davvero.
«A più tardi.»
Esco dalla grotta senza guardarmi indietro, con un terribile nodo allo stomaco. Avevo creduto che sarei stato traboccante di gioia eppure sento soltanto una divorante preoccupazione. Avevo anche creduto che dopo questa nascita avrei avuto un neonato da introdurre al mondo, cosa di cui non ho più nemmeno la certezza.
Un lato positivo di tutto ciò è che mi sento del tutto in forze, anzi sono sollevato al pensiero di non sentirmi stremato come avevo creduto. Quello dell’Assemblea era il maggior limite di questa follia… e per fortuna è un pericolo scampato.
Potrebbe esserci un altro pericolo, adesso… un pericolo che non mi sarei mai atteso. Spero di sbagliarmi ma ho l’impressione che Freezer potrebbe diventare più problematico del previsto.
Ma non voglio pensarci, non finché Cooler non mi riferirà come sono andate le prime ore di vita di Freezer… dell’Essere Perfetto.
Il cuore mi si stringe più forte in petto.
È il mio compito e io l’ho portato a termine. Devi essere fiero di me.



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Prossimo capitolo:
Spin-off: Freezer, il fervore dell'Essere Perfetto
2/05




   
 
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