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Autore: JasonTheHuman    20/04/2021    0 recensioni
Umani.
Verità o finzione? Antica civiltà perduta o solo una vecchia favola dei pony?
Nessun pony ne ha mai visto uno, e molti non ne hanno neanche sentito parlare. Ma Lyra sa che queste creature meravigliose sono più di una vecchia leggenda, ed è determinata a scoprirne di più… e possibilmente far impazzire la sua coinquilina nel processo.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 12

SHOCK CULTURALE

 

Continuò a suonare fino a che i morsi della fame non presero il sopravvento. Lyra non mangiava da, beh… da quella mattina, a casa, a Canterlot. Era stato davvero oggi? Sembrava che Des Moines fosse così lontana da essere irraggiungibile.

Si inginocchiò davanti la custodia della sua lira, ed esaminò ciò che gli umani le avevano elargito. Era felice di vedere un po’ di monete – d’argento e bronzo, niente oro – ma principalmente erano solo pezzi di carta verde. Ne prese uno. Aveva una faccia umana e un numero “1” su tutti gli angoli. Valeva qualcosa? Molti umani li avevano lasciati, quindi forse sì.

“Non ho mai visto uno strumento del genere prima.”

Lyra trasalì a quella voce. Si alzò e si girò di scatto, tenendo la lira stretta tra le sue mani.

Era una ragazza – probabilmente più o meno della sua età. Lyra riconobbe l’umana, era una degli spettatori che erano rimasti ad osservarla per un po’ di tempo. Aveva capelli scuri, legati dietro, che arrivavano poco oltre la scollatura della sua camicia a quadri rossa. Lyra respirò. E così un umano le stava parlando, di nuovo. Nessun problema. Doveva solo stare calma.

“Già…” disse Lyra. “Aspetta, tu… non hai mai visto una…” Non era possibile. Era uno strumento musicale umano – doveva esserlo. Non lo suonavano anche loro?

“È una lira, no?” chiese la ragazza.

“Sì.” Lyra tirò un silenzioso sospiro di sollievo. “Mi sembrava avessi detto che non ne avessi mai visto una.”

“Non dal vivo.” Sorridendo, la ragazza chiese, “Possiede qualche potere magico?”

Lyra fu presa alla sprovvista. “Magia? No, certo che no…”

La ragazza rise, scuotendo la testa. “Calma, calma, stavo scherzando. È solo che mi aveva fatto pensare a…” Notò lo sguardo confuso di Lyra. “Niente. Di sicuro non conosci Legend of Zelda.”

“Al momento non accetto richieste,” disse Lyra. Non sapeva suonare quel pezzo, ma poteva essere una di quelle leggende che si diceva gli umani recitassero accompagnati da una lira. Forse avrebbe potuto impararla. Raccolse i soldi e i pezzi di carta verde, mettendoseli in tasca, per poi sistemare il suo strumento. “In realtà, stavo per andarmene.” Lei si fermò e girò la testa. “Aspetta, tu vivi qui, non è vero? Dove posso trovare qualcosa da mangiare?”

L’umano alzò le spalle. “Non è che ci sia qualcosa di particolare qui attorno.”

“A questo punto, sono disposta a mangiare di tutto.” Lyra fece scattare le serrature della custodia e si alzò. Il suo stomaco brontolò. 

“Probabilmente vorrai qualcosa di economico. Non penso tu abbia fatto molto suonando. Anche se sei stata molto brava,”  disse la ragazza. “Oh, comunque, sono Audrey.” Le allungò una mano.

Le stava offrendo una stretta di mano, probabilmente. Lyra ne era a conoscenza. I pony ne avevano alcune varianti, ma senza le dita.

“Mi chiamo Lyra,” disse lei, prendendo la mano di Audrey. Le loro dita si strinsero assieme. Lyra fissò le mani, non riuscendo a credere che stesse succedendo per davvero. 

“Lyra? Come il tuo strumento,” disse Audrey.

“Huh?” disse Lyra. “Ah, già… Sì, è così.” Raccolse la custodia da terra e si portò la borsa sulle spalle. 

“Dove hai imparato a suonare una di quelle cose?” Audrey fece un cenno alla custodia mentre Lyra la infilava nella borsa.

“La suono da quando ero una pul – cioè, da quando ero piccola,” disse Lyra. “Me l’hanno comprata i miei genitori… Beh, non esattamente loro. Sono adottata.” La conversazione non stava andando bene. Sorrise goffamente. 

“Oh…” Audrey non sembrava sicura sul cosa risponderle. 

“Sono davvero affamata ora. Ho bisogno di mangiare qualcosa.”

“Giusto. Stavo andando anch’io a cena. Perché non vieni con me?”

“Davvero?” Un umano le stava offrendo di mangiare insieme? Era quasi troppo bello per essere vero. E non era un sogno, stava succedendo realmente.

“Era solo una proposta. Non sentirti obbligata. Voglio dire, sono le vacanze estive, e sono in astinenza di interazioni umane – “

“Anch’io!” Lyra spiattellò senza riflettere.

“Bene, allora è deciso.”

Lyra annuì decisa e la seguì fuori dal parco.

“Suoni spesso al parco? Passo spesso di qui e non ti ho mai vista,” disse Audrey.

“No, vengo… da fuori città,” disse Lyra. “Dove vivi tu?”

“Walnut Street. A pochi passi da qui.” Audrey fece un gesto alla loro destra, e gli occhi di Lyra seguirono la sua mano. Era più interessata alla mano che al dove stesse puntando.

Dopo qualche isolato, raggiunsero un edificio dal tetto verde – un ristorante. Dalle finestre, Lyra vide degli umani seduti ai tavoli che mangiavano qualcosa. Le fece ricordare di nuovo quanto avesse fame. 

“Non è granché, ma hai detto che non ti importava,” disse Audrey mentre tirava la maniglia della porta. Lasciò entrare Lyra per prima. 

L’odore di qualcosa di buono – cibo, anche se Lyra non riusciva a capire di che tipo – era forte. L’interno dell’edificio era come ogni altro ristorante, eccetto che c’erano umani ai tavoli e nella cucina dietro. Una famiglia con dei bambini sedeva all’angolo del locale. Della musica era in riproduzione – da dove? Si trattava probabilmente di una registrazione, ma in giro non vedeva nessun grammofono.

Normalmente Lyra sarebbe stata più interessata nell’osservare ciò che le succedeva attorno, ma ora stava morendo di fame. Inoltre, stava per scoprire come era fatto il cibo umano. Magari era simile a quello che mangiavano i pony. Sperava che agli umani piacessero le torte tanto quanto a lei. 

Audrey si avviò al bancone e parlò all’umano alla cassa. “Prendo il… numero uno. Senza senape.” 

“Lo vuoi a menù?”

“Sì.”

“Cinque e sessantasette.” 

Lyra osservò con attenzione Audrey pagare alla cassa, ma tutto quello che consegnò al cassiere fu una piccola carta rettangolare. E poi lui gliela tornò. Non aveva bisogno di pagare?

“Come ti posso aiutare?” Ora il cassiere si stava rivolgendo a Lyra. Che cosa aveva ordinato prima? Audrey aveva solo detto un numero.

“Uh…” disse Lyra. “Io-Io prendo quello che ha preso lei.” Decise che era la maniera più sicura.

“Ok. Cinque e sessantasette.”

Cinque e sessantasette… cosa? Lyra mise la mano in tasca e tirò fuori il gruzzolo di carta. Era abbastanza sicura fosse valuta umana. Lo osservò per qualche secondo, e poi glielo consegnò.

L’umano sembrava confuso, ma prese alcuni pezzi di carta e le tornò il resto del gruzzolo. Raccolse qualche moneta dalla cassa. 

“Il resto è trentatre centesimi. Buona giornata.”

“Anche a lei...” le rispose Lyra.

Erano tutti così gentili qui. La Principessa Celestia si era sbagliata sugli umani. O almeno, Lyra aveva ragione a dire che gli umani nel suo mondo fossero diversi. Era difficile credere che solo questa mattina si trovava ancora nella vecchia e noiosa Canterlot, mentre ora era in un posto così grandioso come Des Moines. 

“Quindi, uhm…” iniziò Lyra. “Cosa significa esattamente ‘Des Moines’? È dove siamo ora, no?”

“Uh… Non ricordo,” disse Audrey, a braccia conserte. “È qualcosa di francese.”

“Oh… Davvero?” Quindi era finita in Francia… Lyra sorrise, immaginando la reazione di Rarity al venire a sapere dove si trovava al momento. La Francia era un posto vero. E in questo mondo era ancora florido.

“Da quanto tempo sei in città?” Audrey alzò un sopracciglio.

“Sono arrivata oggi,” disse Lyra.

“Ti ci abituerai presto. È abbastanza noioso qui in giro.” 

“Non credo proprio che lo sia,” disse Lyra sorridendo. 

Aspettando il cibo, Lyra si mise ad ascoltare la musica, da dovunque provenisse. Era molto orecchiabile, qualunque cosa fosse. 

It don't take money, it don't take fame, don't need no credit card to ride this train…” Era un brano vivace. Questa era musica umana, realizzò Lyra. Le piaceva più della classica roba che andava a casa sua. “It's strong and it's sudden and it's cruel sometimes, but it might just save your life - That's the power of love!

Il cibo arrivò su dei vassoi marroni. Lyra riconobbe che una parte del cibo erano patatine, ma non sembravano fatte di fieno come quelle in Equestria. Il resto del cibo era dentro piccole scatole quadrate fatte di cartoncino. 

Ricevettero dei bicchieri vuoti fatti di carta. Guardò Audrey mentre si dirigeva verso una scatola vicino alla cassa e riempiva il suo con qualcosa. Lyra imitò quello che aveva fatto, e sorseggiò la bevanda – era solo normale gazzosa. Un po’ più dolce e più frizzante di quella di casa, ma a parte quello, era come essere di nuovo all’Angolo Zuccherino.

Quando si sedettero, Lyra non riuscì più a trattenersi. Aprì la scatola – era un tipo di panino  – e cominciò immediatamente a mangiare.

“Quindi eri davvero affamata,” disse Audrey, osservandola leggermente divertita. 

Lyra annuì, e mandò giù un boccone. “È delizioso.” 

“Non è niente di speciale,” disse Audrey. Si sporse in avanti. “Comunque, da dove hai detto che vieni?”

“È, uhm…” Lyra diede un altro morso, domandandosi quanto fosse saggio rivelare. Che cosa ne pensavano gli umani dei pony? Non avrebbe corso rischi finché non lo avesse scoperto. “Una piccola città. Molto lontana da qui. Probabilmente non l’hai mai sentita nominare, da quanto è lontana.”

“Ok…” Audrey annuì lentamente, e cominciò ad aggredire il suo cibo.

La lattuga stava uscendo fuori dal panino di Lyra e stava cadendo sul vassoio. Era difficile tenere il tutto assieme. Forse non aveva abbastanza esperienza con le sue nuove mani.

Lyra osservò Audrey prendere e mangiare qualche patatina. Usava le dita senza pensarci. Le aveva sempre avute, pertanto non realizzava che fossero qualcosa di speciale. Gli umani come lei non riuscivano neanche ad immaginare la fortuna che avevano.

“Mi piacerebbe sapere di più su di te,” disse Lyra. “Che fai? Hai un lavoro?”

“Ho provato a fare domanda per un po’ di posti la scorsa estate, ma non mi hanno mai risposto. Stessa cosa quest’anno.” Le mani di Audrey si muovevano pigramente mentre parlava. “Solitamente sono troppo occupata con la scuola per lavorare il resto dell’anno.”

Lyra si fermò e la fissò. “Vai ancora a scuola? Ma… quanti anni hai?”

“Sedici, fatti questo Febbraio. Cosa intendi con ‘ancora’?”

“Mi sono diplomata anni fa,” disse Lyra.

“Diplomata da cosa?” chiese Audrey. “Ho altri due anni di superiore. Poi voglio andare a Grand View per studiare psicologia, e ci vorranno almeno altri quattro anni.”

Lyra non seppe che risponderle. Gli umani andavano davvero a scuola per così tanto tempo? Lei era solo qualche mese più vecchia di questa umana, eppure aveva finito con la scuola di magia anni prima. 

I suoi pensieri furono interrotti da un’improvvisa esplosione musicale. Aveva un timbro metallico e sembrava provenire da vicino, più della musica ambientale. 

“Whoops. È il mio,” disse Audrey, tirando fuori un piccolo oggetto nero dalla tasca. Lo osservò per qualche momento, con un’espressione irritata. Lyra stette lì, senza sapere quale fosse la reazione adatta. “Perché pensa che io sappia qualcosa di eBay?” Audrey non stava parlando con lei, stava fissando l’oggetto nelle sue mani, e quindi lo cominciò a premete con i pollici, il che era interessante. Lo rimise a posto, e tornò istantaneamente alla sua espressione amichevole. “Scusa. Era il mio amico Nathan.”

Lyra annuì, nonostante fosse più confusa che mai. Quell’oggetto aveva un nome, e Audrey lo considerava un “amico”. Dalla sua spiegazione così disinvolta, Lyra intuì che Audrey si aspettava lei la comprendesse facilmente. 

“Ma in ogni caso, non so ancora niente di te. Che ci fai qui a Des Moines?” chiese Audrey.

“Oh, beh…” Lyra esitò. Probabilmente era meglio dirle la verità. “In realtà sto cercando i miei genitori.”

Audrey annuì, e bevve un sorso dalla sua bibita. “Giusto… Avevi detto di essere adottata prima,” disse lei, e poi aggiunse velocemente, “Ti secca se ti faccio domande a proposito?”

“Assolutamente no,” disse Lyra. “Ho scoperto solo da poco di essere stata adottata.”

“Davvero? La maggior parte dei bambini adottati ai nostri giorni lo sanno. Riduce di molto lo stigma, lasciare che i bambini sappiano che sono ancora voluti…” disse Audrey. “Non riesco ad immaginare cosa devi aver provato quando l’hai scoperto.”

“La mia situazione era… complicata. Diciamola così.”

Scuotendo la testa, Audrey disse, “Però. Prendere e lasciare i tuoi genitori così.”

“Mi sono già trasferita tempo fa… Sarei potuta restare in città, più vicina a casa. Twilight l’ha fatto,” disse Lyra, alzando le spalle.

“Twilight?”

“Sì, era… un’amica,” disse Lyra. Le tornarono in mente le ricerche in coppia di qualche mese prima. Indovina ora chi aveva ragione.

“È… un nome strano,” disse Audrey, arricciando il naso. “I suoi genitori erano hippy o cose del genere?”

Lyra realizzò di colpo cosa aveva fatto. I nomi dei pony erano diversi da quelli umani. Se n’era totalmente scordata. “Già… completi hippy.” Qualunque cosa significasse, pensò Lyra. Sembrava essere comunque una risposta convincente.

“Sicuramente le persone la prenderanno sempre in giro. Sai, per i libri.”

“Beh, qualche volta, ma…” Lyra sbattè le palpebre. “Aspetta, come sai che le piacciono i libri?”

“No, stavo parlando di…” Audrey sospirò. “Sai cosa? Lascia stare. Torniamo a noi. Mi stavi raccontando di quando ti sei trasferita. Quanto tempo fa è stato?”

“Circa…” Lyra rifletté per un momento “Quattro anni fa?”

Audrey la fissò. “E… quanti anni hai?”

“Sedici. Come te.” Lyra sorrise.

“Vivi da sola da quando avevi dodici anni.”

“Sì. Beh, cioè, avevo una coinquilina,” disse Lyra. “Questa città è più grande di dove vivevo, ma penso riuscirò a cavarmela.”

“I tuoi genitori ti hanno sbattuta fuori di casa quando avevi dodici anni?” Audrey sembrava scioccata per qualche ragione.

“No, ho deciso io di andarmene,” disse Lyra. “Non mi hanno costretta né niente. E io volevo stare per conto mio. Ai miei genitori non piacevano tutti gli studi che stavo facendo sugli… Uh…” La voce di Lyra si spense. I suoi occhi spazzarono il ristorante, soffermandosi sugli umani al bancone, ai tavoli, e su Audrey che sedeva davanti a lei. “Non è davvero importante. Ma fui in grado di fare come volevo.”

“Avevi dodici anni,” ripetè Audrey. “È, non so… un grave caso di negligenza, o simile… I servizi sociali non vi hanno scoperto?”

“Non era niente di grave,” disse Lyra.

Audrey scosse la testa, e continuò. “E… parlavi di cercare i tuoi veri genitori. Ed è per questo che sei venuta qui.”

“Sì. I miei genitori… beh, i miei genitori adottivi… Mi hanno dato questo.” Si calò per prendere la borsa a lato del tavolo, ed estrasse la foto. “È tutto ciò che ho della mia vera famiglia.”

Audrey prese la foto e la osservò per alcuni momenti. “È tutto ciò che ti hanno dato? Sai almeno i loro nomi, o di dove siano?”

Tutto quello che Lyra sapesse era che provenivano da questo mondo. Tuttavia, non pensava che gli umani sapessero dell’esistenza di Equestria. Come lei non sapeva che questo mondo esistesse. “No… Non so proprio niente su di loro.”

“Accidenti. Mi duole dirlo, ma non penso che sia abbastanza.” La girò, ma non c’era niente dietro. Gliela tornò. “Non posso credere che ti abbiano mandata da sola, e unicamente con quella. Questo cose non succedono. Non ha alcun senso.”

“Oh, va tutto bene. Come ho detto, vivo da sola da molto tempo,” disse Lyra, infilando di nuovo la foto nella borsa vicino al suo diario. “Penso di riuscire a cavarmela.”

“Di dove sei?”

“Come ti ho detto… Non riconosceresti il luogo. Non è importante.” Lyra sventolò una mano, tenendo il quarto di panino rimanente nell’altra.

“Non so cosa dirti.”

“Uh, già,” Lyra diede un altro morso mentre cercava di pensare a cosa dire. Finì l’ultimo pezzo di panino. Era esattamente ciò di cui aveva bisogno, e si sentiva completamente piena. “Era delizioso. Cos’era?”

“Sul serio non hai mai mangiato un Big Mac prima?” disse Audrey.

La prima cosa che le venne in mente era il fratello maggiore di Applejack, ma ovviamente non era ciò di cui lei stava parlando. Il panino doveva avere lo stesso nome per coincidenza.

“Quindi, cosa c’era dentro?” Chiese Lyra.

Audrey fece spallucce. “Carne unta e formaggio dentro una pagnotta scadente? Non so esattamente che salsa sia, ma è – “

Lyra smise di ascoltarla alla prima parola. Lentamente si portò la mano alla bocca. “Hai detto… che c’era carne dentro.”

“Certo. Beh, circa. Voglio dire, è un fast food. Chissà cosa mettono davvero – “

“Erano… animali.”

“Huh?”

“Quello… Quella cosa proveniva da qualcosa di vivo! Chi ho mangiato?” domandò Lyra. 

Gli occhi di Audrey si spalancarono dalla paura. Si mise la testa in una mano e fissò il tavolo. “O mio dio. Sei vegetariana,” disse lei. “Avresti dovuto dirmelo! Pensavo che chiunque conoscesse quei panini. Non dirmi che non sei mai stata in un McDonald prima.” 

“Chi era…?” disse Lyra, la sua voce poco più forte di un bisbiglio.

“Era… una mucca, probabilmente. Per la maggior parte. Non so che percentuale fosse altro.” Audrey si stava impappinando. 

C’erano mucche nella fattoria di Applejack. Le allevavano per il latte, e le trattavano gentilmente. Gli umani le mangiavano. E Lyra aveva appena…

Si stava sentendo male.

Anche Audrey sembrava terrorizzata, ma non era neanche per la metà quello che stava provando Lyra. “O mio dio… Se sei vegetariana, me l’avresti potuto dire prima. Avrei suggerito un posto diverso. Mi dispiace, seriamente.”

Lyra scosse lentamente la testa. “Pinkie aveva ragione…” mormorò lei. E la cosa peggiore? La carne era deliziosa.

“Chi?” disse Audrey. “Aveva ragione su cosa?”

“Oh, ho detto Pinkie? Volevo dire… Diane.” Lyra sperava di poter evitare altre domande. Il suo stomaco si stava rivoltando. “La chiamiamo Pinkie perché è il suo colore preferito. Ma… Mi ha detto che…” La voce di Lyra si affievolì, e gemette.

“Lyra, stai bene? Cioè… Sono terribilmente dispiaciuta per tutto ciò.”

“Starò bene…” farfugliò. “Tutti… Tutti gli umani mangiano così?”

“No… Hai detto che sei vegetariana…” Audrey scosse la testa. “Dio. Mi dispiace tantissimo.” 

Finì il resto del suo pasto in uno sgradevole silenzio, evitando gli occhi di Lyra. Il resto del cibo sembrava okay. O almeno, era innocuo. A Lyra era passata la fame, ma mangiò comunque controvoglia le patatine.

Infine, Lyra parlò nuovamente. “Audrey… tu non mangi… pony, no?”

“Cosa? No.”

“Uh… okay…” Era confortante, anche se non rendeva davvero migliore la situazione.

Lyra desiderava veramente potersi fidare di questa umana. Era andato tutto così bene, ma questo… Poteva davvero passarci sopra? Eppure gli umani, o la maggior parte di loro, mangiava così. Era nella loro biologia naturale. Forse non avevano scelta. 

Tuttavia… Era buono.

Audrey l’aveva chiamata una “vegetariana,” dunque forse era normale che alcuni umani non mangiassero carne, ma sembrava più un’eccezione che la regola. Lyra non era più sicura su cosa pensare. 

Finalmente Audrey parlò di nuovo. 

“Uh… Lyra. Hai detto che eri solo di passaggio qui in città,” disse, puntando pigramente un dito verso l’esterno.

“Sì, è corretto,” disse Lyra.

“Dov’è che stai?”

“Io… ad essere onesta, non ci ho ancora davvero pensato,” ammise Lyra. La giornata era stata troppo travolgente. 

“Beh, uh…” Audrey stava cercando le parole da dire. Bevve un altro sorso della sua gassosa. “Sei una persona singolare, Lyra, questo posso dirlo.”

Lyra sorrise un po’. “Grazie…” Un umano la stava chiamando “singolare”, era un onore incredibile. Ma lei pensava che Audrey fosse molto più interessante.

“Sei anche incredibilmente naïve, e se stai da sola,     ti succederanno cose terrificanti.”

“Che intendi?” chiese Lyra. Il mondo umano le era sembrato sicuro. Beh… a parte il cibo. Le sembrava impossibile le potesse capitare qualcosa di peggiore di quello.

“Voglio dire…” Audrey fece una risatina, e guardò giù al tavolo. “Quello che sto per dire è da pazzi, ti ho appena conosciuto. Ma abbiamo una stanza degli ospiti a casa, e se hai bisogno di un posto dove stare fino a quando non ti raccapezzi – “

“Sarebbe bellissimo!” disse Lyra, illuminandosi in viso. Poi si ritrasse indietro. Quello sfogo era stato più rumoroso di quanto avesse voluto. 

“Direi che è deciso, allora,” disse Audrey sorridendo. “Andiamo, ti mostro dove abito.”

 

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La casa di Audrey era solo a mezz’ora di cammino. Era di due piani, dipinta di bianco, con un tetto grigio. Assomigliava molto a tutte le altre case attorno, in verità. Sembravano essere disposte in maniera più regolare rispetto a Ponyville, come in una griglia. Si capiva dalle strade, che servivano per le carrozze umane. Una di esse era ferma davanti la casa.

Questa parte della città era più tranquilla rispetto al centro. Tutte le case avevano dei prati con erba e alberi, alcuni meglio tenuti degli altri.

“Sembra che mamma sia a casa,” disse Audrey, facendo un cenno verso la carrozza in sosta. “Le dico che rimani con noi. Non ti preoccupare. Non dovrebbe essere un problema.”

“Va bene…” Lyra era ancora meravigliata che avrebbe vissuto in una casa umana. Le aveva quasi fatto dimenticare cosa aveva appena mangiato. Quasi.

Lyra notò la parola ”LOREN” a lato della cassetta delle lettera davanti alla casa. Seguì Audrey alla porta, ed entrò dentro. L’ingresso non le sembrava troppo estraneo. C’era un ritratto di natura morta, qualche frutto, appeso su un muro, e di fronte ad esso, delle scale che salivano a destra. Lyra constatò che le scale erano più strette di quelle di casa sua, rendendole più compatte. Dopotutto, lo spessore extra non sarebbe servito ad un bipede umano.

Poco dopo entrati in casa, e dopo che Audrey ebbe chiuso la porta, comparve un altro umano. Somigliava ad Audrey, ma aveva capelli ricci anziché lisci. “Oh, sospettavo che saresti tornata presto.”

“Papà è ancora a lavoro?”

La madre di Audrey annuì, poi si accorse di Lyra. “E lei chi è?”

“Lei è Lyra. Le ho detto che poteva restare con noi per un po’...” La voce di audrey si spense, e sua madre la fissò in tralice. Poi si rivolse a Lyra. “Um, mettiti comoda. Ci penso io.” 

“Oh. Grazie,” disse Lyra. Lei percorse il corridoio e lasciò soli i due umani nell’entrata.

Iniziarono a parlare a bassa voce. Lyra non riusciva a comprendere ciò che dicevano, ma si fidava di Audrey. Forse anche più di quanto avesse dovuto… No, la carne era stata un equivoco. Non poteva continuare a rimuginare su quello. Anche se non riusciva a non pensarci, a prescindere di quanto intensamente ci provasse. In ogni modo, era davvero in posizione di poter rifiutare la gentilezza di altre persone? Specialmente umane?

Doveva togliersi dalla testa quello che aveva fatto. Questa era una casa umana – il solo pensiero la eccitava, nonostante tutto il resto. Lyra si diresse nell’altra stanza.

Ora la casa cominciava a sembrava diversa da quella di Ponyville. Il soggiorno – se era quello – aveva una strana impostazione. Un divano e qualche sedia, tutte disposte davanti ad una scatola nera. Al momento Lyra non aveva idea a cosa servisse. Sembrava noiosa, quindi si concentrò sulle foto incorniciate sul tavolino. 

Questa… Sembrava proprio come la Festa del Focolare dell’Amicizia. Avevano addobbato un albero e tutto il resto. No, aspetta. Doveva essere Natale, no? Lyra ghignò. Forse avrebbe potuto chiedergli cosa fosse… Ma non poteva far capire che non ne sapeva niente. Tutti gli umani celebravano il Natale, dopotutto.

Un’altra sembrava la Notte degli Incubi. Un piccolo umano, dell’età di quelli che aveva visto al ristorante, era vestito da gatto nero. Era probabilmente Audrey da piccola. Ma se gli umani non conoscevano Nightmare Moon, cosa celebravano allora?

Notò che sul tavolino di fronte al divano era poggiato un vaso con dei fiori. Lyra sentì l’acquolina. Sperabilmente non avrebbe oltrepassato i limiti se da ospite ne avesse preso giusto uno.

Morse i petali, e istantaneamente resistette dal sputarli fuori. Erano troppo amari. Tossì e provò ad ingoiarli.

Lyra tornò nell’ingresso. Avvicinandosi, le voci diventarono più chiare. 

“Ha avuto una vita difficile. Non mi vuole neanche dire cosa ha passato.”

“Lo capisco, ma non è come quando portavi a casa gli animali abbandonati. Questo è un essere umano, Audrey. Un estraneo. Sai almeno qualcosa su di lei? Da dove viene?”

“Sta attraversando un brutto periodo ed è confusa.” Questa era la voce di Audrey.

Lyra entrò. “Um, scusate, ma… Penso che i vostri fiori siano andati a male. Non hanno per niente un gusto normale.” Teneva in mano lo stelo del fiore con la corolla parzialmente morsa.

Silenzio.

“Uh…” Audrey non era sicura di cosa dire.

“Mi dispiace…” Mormorò Lyra.

“No, è… Va tutto bene,” disse Audrey.

“Il tuo nome è Lyra, no?” disse la madre di Audrey. “Audrey dice che sei in città e lavori per guadagnarti da vivere.” 

Lyra annuì. “Non vi darò fastidio, lo giuro. Posso restare?” Diede un altro morso al gambo del fiore senza realizzarlo, e fece di nuovo una smorfia. Com’era possibile che questo avesse un sapore così cattivo quando lo stesso giorno aveva mangiato…

Audrey scambiò uno sguardo con la madre, e poi si rivolse a Lyra. “Vieni. Ti mostro dove starai.” Audrey la portò su per le scale.

 

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Si stava facendo buio fuori. Lyra stava aiutando Audrey a sistemare il letto degli ospiti dove avrebbe dormito.

“Puoi sistemare quell’angolo?” Audrey stava tenendo un capo del coprimaterasso a motivi floreali e indicava con l’altra mano. 

“Certo.” Lyra aiutò a infilarlo sotto il materasso. “Posso davvero restare qui? Per quanto?” 

“Per quanto tempo avrai bisogno. Però devi trovare un piano migliore di quello che hai. Nel tuo stato è impensabile riuscire a trovare le persone di quella foto.”

Finirono di coprire il materasso ed iniziarono con le lenzuola. Era un lavoro semplice, ma stavano usando le mani per farlo. Una mano doveva reggere l’angolo del materasso mentre l’altra vi sistemava il lenzuolo attorno. Audrey aveva appena recuperato una coperta quando un uomo entrò dal corridoio.

“Tu devi essere Lyra,” disse lui. “Ho sentito che resterai con noi?”

Lei si voltò verso di lui. Era probabilmente il padre di Audrey. “Si.”

“Hai parlato con mamma?” chiese Audrey. “A proposito di… beh…”

“Non voglio davvero essere un fastidio,” si intromise Lyra.

“Sono sicuro che non lo sarai,” disse lui, sorridendo. “E non ti possiamo certo gettare per strada, no?”

Lyra riusciva a stento a credere alla fortuna che stava avendo. “Io… Non so esprimere quanto questo significhi per me.”

“È un piacere fare la tua conoscenza, Lyra. Facci sapere se hai bisogno di qualsiasi cosa. Siamo qui per aiutarti.”

“Grazie mille,” disse Lyra, sorridendo. “Penso che me la posso cavare per ora.” Ritornò a fare il letto, terminando col mettere le coperte. 

“Allora vi lascio per ora.” Si girò ed uscì mentre finivano di sistemare il letto.

“Non è male,” disse Audrey. “E come ha detto papà. Dicci pure se hai bisogno di qualcosa.”

Lyra stava osservando lo scaffale con i libri in fondo alla stanza. “Ti dispiace se ne leggo alcuni?” Chiese indicandolo.

Audrey fece spallucce. “Certo. Se vuoi, fa’ pure.” 

“Grazie,” disse Lyra, sbadigliando. “Anche se… penso che per stanotte andrò semplicemente a letto.” Realizzò di nuovo che stamattina si era svegliata a Canterlot. Sembravano passati anni. Aveva bisogno di riposare.

“Okay. Allora, buona notte.”

“Notte.”

 

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C’erano strani suoni non identificabili, là fuori nel mondo umano. Lyra pensava che potessero provenire da quelle carrozze, ma ci fu pure un rumoroso ed acuto sibilo che prima crebbe e poi scemò. Lyra era distesa sul suo letto, col diario aperto davanti, e una matita in mano.

Non era così diverso da casa, eccetto che ora stava scrivendo le sue esperienze. E c’erano così tante cose nuove che aveva imparato sugli umani oggi. Da dove cominciare? Si toccò le labbra con la gomma.

Diede un’altra occhiata alla stanza in cui si trovava. Era scura, a parte la zona illuminata dalla lampada che si trovava sul tavolo vicino a lei, a cui aveva poggiato la borsa. Delle tende erano appese alle finestre, ma non si sentiva di chiuderle. Prima aveva passato in rassegna i titoli di tutti i libri sullo scaffale, e non sapeva da dove cominciare. La cultura umana era più vasta e variegata di quella di Equestria. 

Ritornando al diario. Prima di tutto – Attenzione a quello che mangi.

Era un appunto che valeva la pena cerchiare. Lyra rabbrividì al solo pensiero di quello che era accaduto oggi. Audrey non voleva farle del male. Mangiare carne era una normale abitudine per gli umani.

Non cambiava il fatto che Lyra non fosse intenzionata a fare il bis. 

Andando avanti, c’erano tutte le invenzioni di questo mondo. Sfogliò qualche pagina indietro per trovare gli schizzi delle carrozze che aveva fatto basandosi sui suoi sogni. Erano incredibilmente fedeli. Tornò ad una pagina bianca. 

L’idea che questo fosse il suo mondo – questo posto enorme e affascinante – era straordinario. Equestria non reggeva il confronto con quello che la Francia le teneva ancora in serbo. E si era già fatta un’amica che la poteva aiutare ad orientarsi.

Nonostante ciò… Le mancava Bon-Bon. Sorrise a pensare la reazione di Bon-Bon nel vederla adesso. Ma… questo non sarebbe mai successo. Come poteva tornare senza magia? Inoltre, quell’incantesimo era molto difficile per un normale unicorno.

Ma prima di tutto, com’era arrivata in Equestria partendo da lì?

Troppe domande, e ne aveva passate troppe per oggi da mettersi a pensare seriamente a tutte. Sbadigliò – Doveva davvero andare a dormire.

Si girò e vide la sua collana penzolare dalla colonna del letto. Una lira dorata, come il suo cutie mark. La superò con la mano e cercò l’interruttore della lampada. Si domandava se tutti gli umani avessero cose del genere in casa. In Equestria esistevano dei dispositivi magici, ma non erano così diffusi. A giudicare da quello che aveva detto Audrey quella mattina, però, sembrava che la magia fosse considerata alla stregua di una barzelletta. Allora com’era possibile che una qualsiasi di quelle cose funzionasse?

Chiuse le dita sulla manopola, che scattò quando venne girata nella posizione “off”. Era troppo stanca per pensare a tutte quelle domande ora.

Tutto sommato, il suo primo giorno da umana era stato un successo.

   
 
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