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Autore: Little Firestar84    23/04/2021    10 recensioni
“Ryo, io non so cosa tu abbia fatto al Professore per farlo arrabbiare così, ma quel vecchio babbeo ti ha messo alle calcagna l’immigrazione, e se non ti inventi qualcosa subito…” La donna gli sbraitò contro a bassa voce, afferrandolo per il collo e dandogli una bella scrollata perché capisse la gravità della situazione.
Alla vigilia delle nozze di Sayuri, Ryo si scopre in difficoltà: qualcuno gli ha tirato un tiro mancino, dandogli un nome, una data di nasciata, ed un passaporto... non Giapponese. Con un piccolo burocrate alle calcagne, deciso a caricarlo sul primo aereo con destinazione Colombia, Ryo si vede costretto ad improvvisare un fidanzamento con una certa Giapponesina dai capelli rossi e gli occhi castani per evitare guai... Peccato che questa piccola bugia scateni guai ancora più grossi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Il forte rumore di qualcuno che bussava alla porta dell’appartamento con forza ed insistenza destò Ryo dal suo giusto sonno; ancora rimbambito dalle poche ore passate a letto, e soprattutto dalle troppe bevute fatte con il compare Mick la notte precedente, mentre se la spassavano per localini equivoci, lo sweeper scese dal letto col piede sbagliato, solo in boxer, furibondo con chiunque avesse avuto la malsana idea di andarlo a disturbare a quell’ora, Python in mano pronta a servire la sua vendetta.

“SI PUÒ SAPERE CHE CAVOLO VOLETE A QUEST’ORA!?” Tuonò appena aprì la porta, senza troppi indugi; non avvertiva pericoli, tuttavia sentiva chiaramente la presenza di Saeko, e che la poliziotta era… preoccupata? Sì, però c’era chiaramente qualcos’altro - era nervosa, più che altro.

“Saeko. A cosa debbo questo onore?” le domandò, incrociando le braccia e lasciando che la sua amata Magnum, compare di tante avventure, rimanesse in bella vista. Squadrando la donna dall’alto in basso con un’espressione interrogativa,  solo allora lo sweeper si rese conto che la bella poliziotta non era sola. Con lei c’era un ometto, piccolo, mezzo pelato, così magro da sembrare patito e con una pessima cera, talmente pallido che probabilmente non aveva mai visto il sole in tutta la sua vita. Aveva inoltre un paio di occhiali così piccoli che davano al suo viso la conformazione della testa di un topo.

Lo sweeper non disse nulla; si limitò a lanciare un’occhiata molto eloquente alla donna, come a dirle che lo aveva capito che la sua visita avrebbe nuovamente significato rogne per la premiata ditta City Hunter… con lei erano sempre problemi, ma quando riusciva ad appioppargli clienti maschi le cose andavano ancora peggio, perché se le donne si lasciavano incantare dalla sua aria da bel tenebroso, gli uomini finivano per innamorarsi, tutti, di Kaori.

Unico lato positivo di tutta quella faccenda che certamente avrebbe portato guai: il tipo era orrendo, quindi, fosse ben finito a  correre dietro a Kaori come tutti gli altri, la bella rossa ci avrebbe pensato due volte prima di accettare le avances di un tipo del genere.

Aveva gusto, lei, in fatto di uomini, come dimostrato dal fatto che fossero anni che era pazza di lui.

“Ehm, Ryo, sono qui per lavoro… cioè, non solo!” la donna ammise, entrando forzatamente nello spazioso appartamento, seguita dall’ometto che continuava a sistemarsi gli occhiali su quegli occhietti malefici, squadrandolo con un’aria a dir poco rancorosa. Senza aspettare che lui dicesse o facesse qualcosa, Saeko prese Ryo a braccetto, e lo trascinò verso la zona cucina, lasciando l’ometto a sedere sul divano da solo, la ventiquattr’ore di logora pelle tenuta compostamente sulle ginocchia quasi fosse un trofeo o un prolungamento di quell’essere.

Una volta trovatasi faccia  a faccia con Ryo, Saeko prese a controllare che l’ometto non li stesse guardando né stesse origliando la loro conversazione, dopodiché, prese a sbattere i suoi grandi occhi con fare sensuale, nella speranza di addolcire qualunque pillola stesse per lanciargli. Ryo, che aveva capito che tirava male e che sentiva la puzza di rogne lontano un miglio, la guardava risentito e nervoso, talmente seccato che non ci aveva nemmeno provato con lei.

Non tirava aria, ed era decisamente meglio che la donna lo capisse.

Continuarono a guardarsi, ma Ryo sentiva che Saeko faceva fatica a mantenere il contatto visivo; inoltre, non aveva ancora spiaccicato mezza parola, tutte chiare indicazioni che la donna non aveva il coraggio di dirgli qualcosa di a dir poco fondamentale.  Cosa aveva combinato stavolta? In che guai li aveva cacciati? Per un attimo il cuore dello sweeper fu attanagliato dal panico più profondo…. Dov’era Kaori? La sera prima lei, a cena, gli aveva detto qualcosa, ma dopo le parole Ryo, ricordati che domani lui aveva solo finto di prestare attenzione, preferendo concentrarsi (nascostamente) sulla porzione di pelle lasciata in bella vista dalla scollatura. Cosa gli aveva detto? Era importante? Dov’era finita? Le era forse capitato qualcosa? Prese a guardarsi intorno alla ricerca di indizi, ma nulla, cercò di ricordare cosa gli avesse detto ma nella sua mente c’era solo un grosso buco nero.

Saeko, quasi avesse compreso lo stato d’animo del vecchio amico, mise le mani avanti per tranquillizzarlo, assicurandolo, con un tenero sorriso quasi materno, che la sua visita non riguardava la sua socia.

“Tranquillo Ryo, non sono qui per Kaori. La questione è un po’ delicata ma riguarda te. Vedi, il fatto è che ultimamente mi hai aiutata parecchio nelle indagini, ed inoltre il contributo di City Hunter è stato cruciale nel risolvere la delicata questione dell’Union Teope ma anche per quel che riguarda il tentato colpo di stato nella Ratuania.” La donna sospirò. Incrociando le braccia, si poggiò a uno dei mobili della cucina, guardando, risoluta e determinata, Ryo: era lampante come il suo comportamento di poco prima fosse stato messo in atto a beneficio del piccolo burocrate da strapazzo che occupava il salotto. “Purtroppo però in questo modo il tuo operato non ha più potuto passare inosservato come faceva un tempo, e mio padre per primo si stava insospettendo per le tue intromissioni nei casi della polizia, in più ricordati che adesso lui ti conosce direttamente, dopo quello che è successo con Yuka. Per questo, con l’aiuto del Professore, abbiamo creato una vera identità ufficiale a Ryo Saeba, inserendolo nel libro paga della questura di Tokyo in qualità di consulente investigativo.”

“Ufficiale o no,” Ryo le si avvicinò, mettendole il broncio nemmeno fosse stato un bimbo di tre anni, il suo comportamento l’opposto di quello serio di Saeko. “Io pretendo i pagamenti in natura! Con arretrati! Ed interessi! Chiaro?” Le sibilò contro. Saeko sospirò, scuotendo lieve il capo: Ryo non sarebbe mai cambiato, forse aveva un po’ affievolito i bollenti spiriti dopo il matrimonio di Miki e Falcon di poco più di un mese prima, ma Saeko immaginava che ci fossero alcune cattive abitudini ormai così radicate nello sweeper che sarebbe stato davvero difficile fargliele perdere. Inutile dire che considerava Kaori a dir poco una santa, e che ogni martellata che l’uomo si prendeva era più che meritata.

“Ma vuoi smetterla sì o no e farmi finire il discorso?!” La donna gli coprì la bocca con le mani, spingendolo letteralmente in un angolo mentre continuava  lanciare occhiate furtive all’omino, che si era messo a controllare l’orologio e muovere ritmicamente il piede, in preda al nervoso e probabilmente stufo di starsene in disparte ad aspettare i porci comodi dei due. “Ryo, ascolta, hai litigato col Professore? Gli hai fatto qualche torto?”

Lo sweeper ci pensò su. Lui ed il professore in linea di massima andavano d’amore e d’accordo, il buffo ometto era stato, dopotutto, un mentore ed una sorta di padre putativo, e se Shin gli aveva insegnato a sparare, il vecchietto gli aveva insegnato tutto il resto. Ma, effettivamente, alcune settimane prima c’era stato un piccolo inghippo, subito dopo il matrimonio di Umi e Miki. Ryo aveva insistito perché Kaori si facesse dare una controllata, e casualmente, mentre il vecchio stava provando a palparla, a lui era partito un colpo dalla Python, che aveva portato via una delle poche ciocche di capelli ingrigiti dagli anni che il satiro aveva ancora in testa.

Effettivamente, quella volta gli aveva promesso che se la sarebbe legata al dito.

“Ehm… perché?” Aveva paura a chiederlo. Sudava freddo e dentro si sentiva tremare, avvertiva i guai che era certo si stessero avvicinando pericolosamente con ogni parola della donna, pronti a travolgerlo e sconvolgere la sua esistenza.

Tuttavia, doveva sapere: era una questione di professionalità, era imperativo che uno sweeper fosse sempre al corrente di ogni minaccia, di ogni pericolo alla sua persona, poco importava se, per l’ennesima volta, l’attacco proveniva da qualcuno a lui vicino- a lui caro. Socchiudendo gli occhi, Ryo prese un profondo respiro, pronto ad affrontare il tradimento. Sarebbe stato difficile, più doloroso forse della sofferenza inferta da Kaibara, ma avrebbe fatto in modo di farsela passare. Come tutte le altre volte.

“Quando ha creato il tuo file, il Professore ha insistito perché la tua nazionalità non fosse solo Giapponese, secondo lui non era plausibile. Secondo i dati che ha falsificato, sei nato in Colombia da madre Colombiana e padre Giapponese, ma dato che non hai risieduto a Tokyo fino all’età adulta non hai mai chiesto la doppia cittadinanza,  limitandoti ad ottenere un permesso di soggiorno temporaneo.”

Ryo ingoiò a vuoto, sudando copiosamente, dopo aver udito quella parola. Temeva dove Saeko stesse andando a parare, e non era certo che gli piacesse – per nulla- e se l’aria affranta della donna significava qualcosa, voleva dire che lo stesso valeva anche per lei.

“Ryo, io non so cosa tu abbia fatto al Professore per farlo arrabbiare così, ma quel vecchio babbeo ti ha messo alle calcagna l’immigrazione, e se non ti inventi qualcosa subito…” La donna gli sbraitò contro a bassa voce, afferrandolo per il collo e dandogli una bella scrollata perché capisse la gravità della situazione.

“ISPETTORE NOGAMI, ADESSO BASTA!” L’ometto saltò in piedi, ringhiando, rosso in volto che quasi pareva fosse un palloncino che si apprestava ad esplodere; sbatté i piedi a terra, quasi a voler sottolineare la sua impazienza, e di  quanto fosse stufo di quel comportamento che lui vedeva come a dir poco infantile ed al limite della legalità. “Vorrei ricordarle che è estremamente poco professionale appartarsi con il signor Saeba per discutere i particolari del suo caso!”

“Ma, ma no signor Shinsato, cosa dice,” la donna impallidì, e ridacchiando mise le mani avanti. “Il signor Saeba ed io stavamo discutendo di un vecchissimo caso, sa, tanto lavoro, a volte la memoria fa cilecca, eh, eh…”

“Ancora peggio! Senza un permesso di soggiorno valido se il Signor Saeba lavora per lei dietro compenso economico si tratta di un crimine punibile con fino a sette mesi di reclusione ed una sanzione pecuniaria per il datore di lavoro!”

“Compenso? Questa sono anni che non salda nemmeno mezzo conto, ha un debito arretrato lungo un chilometro, altro che lavorare dietro compenso, ma non scherziamo!” Sbuffò Ryo, grattandosi la testa. “Allora, si può sapere cosa devo fare per rinnovare il mio… permesso di soggiorno? Dove devo firmare?”

“Signor Saeba!” L’ometto sibilò, avvicinandosi allo sweeper con espressione minacciosa e decisa, quasi letale, la valigetta che aveva in mano un’arma forse più pericolosa delle automatiche che  Ryo si era trovato ad affrontare nel corso della sua tumultuosa vita.

La burocrazia, il vero nemico dell’umanità.

“La sua situazione non è così semplice. In questi mesi, mentre era sprovvisto di un permesso di soggiorno valido, mi risulta che lei abbia anche lasciato il paese in almeno due occasioni, ed inoltre, c’è anche la questione dei documenti non presentati. Mi vedo quindi costretto a chiederle di fare immediatamente i bagagli cosicché la possa imbarcare sul prossimo volo e deportarla nel  suo paese natale.”

Ryo sbatté le palpebre mentre un vento gelido attanagliava il suo intero essere: non aveva la benché minima intenzione di tornarsene in Sud America, lì era dove tutto era iniziato, dove la sua vita aveva cominciato ad andare a rotoli ed era stato privato della possibilità di vivere un’esistenza simile a quella di tutti gli altri bambini. E comunque, da quelle parti c’era ancora parecchia gente che ce l’aveva con lui per il suo irruento passato da guerrigliero: andare in Colombia significava gettarsi nella fossa del leone con la piena intenzione di farsi divorare.

“De… deportarmi?” Balbettò, gli occhi sgranati.

“Per almeno un anno, sì. Passati dodici mesi sia lei che il suo attuale datore di lavoro, ovvero il Dipartimento di Polizia di Tokyo, potrete appellarvi alla mia decisione, ma, come le ho detto, è imperativo che lei lasci il paese al più presto se non desidera peggiorare ulteriormente la sua situazione.”

L’ometto si sistemò gli occhialini sul viso, e guardò Ryo con un’espressione di trionfo, che lo rendeva alquanto sinistro e minaccioso, e che rese ancora più consapevole lo sweeper di come il vero nemico dell’umanità fosse la burocrazia ed i suoi ufficiali, e non folli generali governativi che tentavano golpe a destra e manca e poi rapivano manesche donzelle dai capelli rossi nel giorno del matrimonio della loro migliore amica, quando si presupponeva che suddetta donzella afferrasse il bouquet, per poterla prendere in giro prima e chiederle scusa poi, rubandole magari anche un bacio o due.

Ed intanto, mentre l’ometto sghignazzava sotto ai baffi che non aveva, una miriade di domande presero piede nella mente di Ryo, mentre sentiva risuonare nel cervello, come un martello pneumatico, la vocina stridula di quel burocrate da quattro soldi pieno di complessi: cosa ne sarebbe stato di City Hunter? E chi avrebbe vegliato sugli abitanti di Shinjuku? I vecchi nemici sarebbero corsi a fare la pelle ai suoi alleati, ai suoi amici – la sua famiglia- per fargliela pagare? E Kaori… cosa sarebbe successo a Kaori? Tutti quelli che credevano fosse la sua donna, o che comunque sapevano quanto lui tenesse a lei, che lei era l’altra metà di City Hunter, sarebbero accorsi per prendersela con la giovane, colpendola per distruggere il grande Ryo Saeba?

E lui, con tutti i nemici che ancora aveva in Sud America, quanto sarebbe durato? Sarebbe sopravvissuto, senza nessuno a guardargli le spalle, senza una vera ragione per svegliarsi la mattina?

No. Doveva inventarsi qualcosa. Trovare un modo di rimanere in Giappone, ma come?

Lui e l’ometto si stavano fronteggiando, in una lotta fatta di letali sguardi silenziosi, quando, lentamente, la porta d’ingresso si aprì, con un sinistro cigolio che sembrava preannunciare la fine del mondo, e fu esattamente così che Ryo si sentì quando intravide i disordinati capelli rossi fare capolino nella stanza.

“Ryo, mentre tornavo dall’aeroporto sono passata da Marie a prendere i croissant che ti piacciono tanto, e ho preso un po’ della miscela di caffè che preferisci e…”  Vedendo la scena davanti a lei, Kaori si impietrì, ed arrossì lievemente- vedere Ryo a petto nudo, nonostante ormai si conoscessero da una decina d’anni, le faceva sempre e comunque un certo effetto, provocandole un rimescolio nel basso addome. Era così concentrata su quei muscoli ben delineati e scolpiti che ci mise un attimo a vedere che c’era anche Saeko nella stanza, e con lei un buffo ometto- in una parola, guai. “Oh, vedo che abbiamo ospiti! Ehm… ho preso un paio di brioches in più… desiderate favorire?” domandò, ridacchiando imbarazzata.

Ryo la guardò per bene, lanciandole un’occhiata quasi imbarazzata, e l’uomo, forse per la prima volta da quando lo conosceva, arrossì; lentamente le si avvicinò, senza mai distogliere gli occhi dal viso di Kaori, che sosteneva, le gote arrossate, lo sguardo del partner. Ryo prese le mani di lei nelle sue, stringendole con delicatezza, e, lentamente, si voltò verso la polizotta e l’agente governativo.

“Signor Shinsato, sono consapevole della sgradevole situazione in cui io stesso mi sono cacciato, ma, tuttavia, credo che ci sia qualcosa che lei debba sapere prima di prendere una decisione definitiva…” Ryo parlò in tono serio, deciso, mentre Kaori sgranava gli occhi e sbatteva le palpebre, non comprendendo pienamente cosa stesse accadendo.

“Vede, Kaori… ehm, la signorina Makimura ed io ci stiamo per sposare!” Lui affermò, con voce tonante e portamento fiero, quasi avesse appena fatto giuramento.

“Che… ma… ma Ryo, si può sapere cosa diavolo stai dicendo?” Sibilò la rossa, la voce stridula indice di quanto fosse furibonda. Poco più di un mese dal matrimonio dei loro migliori amici, da quando lui le aveva dichiarato il suo amore, ed era già tanto se Ryo era stato un po’ più gentile con lei, un po’ meno cretino con tutte le altre donne, ma non era ancora mai successo nulla, non si erano nemmeno mai scambiati un vero bacio. E adesso… lui la voleva sposare? Com’era possibile? Gelide stalattiti, come spilli, trafissero il cuore della donna, che temette di essere nuovamente vittima dei giochi sciocchi ed immaturi, delle prese in giro, dell’amato partner.

Ryo si voltò verso di lei, e la guardò facendole intendere con uno sguardo che aveva bisogno che lei stesse al gioco- e che si trattava di una cosa seria. Kaori arrossì, e, facendo cenno di sì col capo, emise un flebile sospiro dalle labbra socchiuse, a cui Ryo rispose con un tenero sorriso dolce, carico di affetto e stima.

“Eravamo reticenti ad ammettere davanti ai nostri amici questa relazione perché  sappiamo di essere molto diversi, e temevamo che le cose potessero andare male tra di noi. Tuttavia, col tempo abbiamo capito che queste differenze invece di allontanarci ci aiutavano a compensarci a vicenda. Sappiamo che la vita è dura ed il nostro un mestiere pericoloso.” Il burocrate alzò un sopracciglio, scettico, chiedendosi cosa del lavoro di consulente comportasse un simile pericolo. “…E che per tipi come noi l’amore è un lusso, ma siamo arrivati ad un punto in cui non ci è più stato possibile nascondere i nostri sentimenti, ed abbiamo dovuto affrontare la realtà: non esistiamo l’uno senza l’altra. PER QUESTO ABBIAMO DECISO DI SPOSARCI!

Saeko quasi volle battergli le mani e fare i complimenti- Ryo era davvero bravo in quanto ad improvvisazione. Certo, si disse con un sorrisetto, buona parte di quello che l’amico stava dicendo doveva essere effettivamente quello che lui provava per Kaori, ma la donna sapeva che, non avesse potuto fingere che fosse tutto una finta, non avesse avuto un muro di scuse dietro cui trincerarsi, lo sweeper non avrebbe mai fatto una simile ammissione.

L’ometto sospirò, e si avvicinò a Kaori, guardandola dal basso verso l’alto con quegli occhietti da topo, che dietro alle spesse lenti sembravano brillare rossi quasi inumani. La donna fece un mezzo passo all’indietro, e se non ci fosse stato Ryo a sorreggerla, sarebbe di certo caduta.

Quell’ometto le metteva i brividi.

“Vedo che ha anche l’anello di fidanzamento, uhm… certo che il suo fidanzato si è sprecato, paccottiglia… non fatico a credere che la Polizia non paghi mai il suo onorario se alla donna che ama regala roba del genere…”

Kaori si guardò, stupita, la mano sinistra, pronta a dare del cretino cieco all’ometto, quando però vide che sì, effettivamente aveva un anello all’anulare sinistro: giallo, una pietra rossa, era l’anello regalatole dalla madre alla sua nascita, identico a quello di Sayuri, che la donna aveva sperato di veder loro indossare alle rispettive nozze. Kaori lo aveva indossato quella mattina prima di andare in aeroporto a prendere la sorella ed il fidanzato Peter. Lo aveva messo, come sempre, alla mano destra, ma Ryo doveva aver fatto uno dei suoi giochetti di prestigio quando le aveva preso le mani, rendendo così la loro pagliacciata più credibile.

E comunque, come osava quel tipo definire il suo anello paccottiglia? Aveva idea di quanti sacrifici fosse costato, quante rinunce? Mica erano tutti così fortunati da starsene seduti dietro a una scrivania tutto il giorno e ricevere tutti i mesi, ogni mese, lo stipendio, indipendentemente da quanto si fosse fatto!

“Vi aspetto domani mattina nel mio ufficio, per chiarire le vostre posizioni rispetto a questa… faccenda.” L’ometto sibilò, chiaramente sospettoso riguardo a quell’inatteso sviluppo che sembrava non piacergli per nulla. Aprì leggermente la valigetta, e come per magia produsse due plichi di documenti tenuti insieme da piccole graffette argentate. “Li voglio vedere compilati.”

L’ometto si voltò verso Saeko prima, e Kaori poi, facendo loro piccoli inchini, e poi, scusandosi, alzò le tende; non appena la porta si chiuse alle sue spalle, un rombo di tuono risuonò nelle mura del palazzo, che tremarono per l’inaudita potenza della scossa tettonica, facendo alzare dai palazzi circostanti stormi di uccelli grigi che decisero che migrare era meglio di rischiare la pelle in quella che temevano potesse essere una zona di guerra.

Ed invece, era stato solo un martello, da cento tonnellate, che aveva fatto piantare saldamente Ryo nel muro dell’appartamento.

“Si può sapere che diavolo vai blaterando, brutto idiota maniaco che non sei altro?” gli ringhiò contro Kaori, pronta a colpirlo nuovamente una volta che si fosse alzato, brandendo il suo fedele martello. Le mani sudate, stringeva il manico tra le mani con tale forza che le nocche erano divenute bianche, e le braccia le tremavano per lo sforzo, ma tuttavia il suo animo non avvertiva quella sensazione di spossatezza che seguiva ai suoi attacchi, sovrastata sopra ogni cosa da una rabbia cieca.

Un mese. Una dichiarazione d’amore. E niente corte, baci, coccole, sesso manco a morire… e lui adesso aveva il coraggio di uscirsene con quella ridicola storia per… per cosa, uscire ancora una volta dai guai? Come osava giocare con i suoi sentimenti in quel modo così freddo e razionale? Non capiva quanto questa cosa la facesse star male- quanto lei lo odiasse quasi, l’essere consapevole che lui la voleva solo quando gli tornava utile?

No, stavolta non ci stava, questa era la classica goccia che faceva traboccare il vaso.

“Ascoltami bene, Ryo Saeba, io non ho la benché minima intenzione di sposarti solo per farti rimanere in Giappone! Non ho intenzione di aggiungere un altro crimine alla lunga lista di reati che abbiamo già commesso!” Gli urlò contro, il martello appoggiato alla fronte dell’uomo, che aveva provato a rialzarsi. “Il matrimonio è una cosa seria, e io non insozzerò un’istituzione sacra per unirmi ad uomo che di donne e di me non ne capisce nulla!”

“Unirsi a te? E che si vuole unire a te! Tu sei l’unica donna che non riesce ad eccitarmi, io non la voglio una virago mezza uomo come moglie!” Le sbraitò contro, sputacchiando, senza rendersi conto di cosa avesse detto e del tono usato, bisbetico, petulante ed infantile e cattivello, ormai troppo abituato a dire quelle parole, usarle ad oltranza nella speranza di ingannare tutti, sé stesso in primis.

Mentre l’ennesima martellata lo scaraventava al piano di sotto, Saeko sospirava, coprendosi il volto per non vedere quella scena patetica: quei due non sarebbero mai cambiati, ma se Ryo non voleva rischiare di essere deportato e finire nella lista nera dell’immigrazione, avrebbero fatto meglio a darsi una bella regolata ed imparare a convivere e comportarsi non solo in modo civile, ma come due perfetti  innamorati.

Sconsolata, scavalcò la voragine con una falcata sui suoi svettanti tacchi a spillo. Ryo e Kaori i sentimenti li avevano, il problema era che avevano bisogno di imparare a seguirli, a viverli, ed avevano solo ventiquattro ore di tempo per trasformarsi da coppia in affari in coppia in amore. Ne sarebbero stati capaci? Su questo non aveva alcun dubbio. Quello che la preoccupava era Ryo: per l’amore verso il suo lavoro, la sua città, i suoi amici- e soprattutto Kaori- sarebbe stato in grado di resistere agli allettanti corpi femminili che lo circondavano in continuazione, alle avances delle fanciulle che chiedevano, disperate, di essere soccorse dal grande City Hunter?

Diede una scrollata di spalle, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.

Qualunque cosa fosse accaduta, sarebbe di certo stata uno spettacolo!

   
 
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