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Autore: aplaceformyhead    25/04/2021    2 recensioni
Il Capitano Zuko della Blue Spirit è alla ricerca del Tesoro dell'Avatar. Per i mari delle Quattro Nazioni, si vocifera che il Capitano Katara della Painted Lady sia un possesso delle mappe del tesoro.
[Pirates AU - Scritta per lo Zutara Month 2021 - Giorno 24: "I'll save you from the pirates"]
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Sokka, Zuko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Capitano, è stata avvistata una nave all’orizzonte.”
Katara ignorò il quartiermastro e continuò a leggere le mappe. Il vento favorevole stava garantendo alla sua nave un buon andamento. Se avessero proseguito su questa rotta, con i venti favorevoli e una bella dose di buona fortuna, avrebbero potuto raggiungere il Sud in meno tempo del previsto. Il solo pensiero di mettere le mani sul tesoro perduto, l’Avatar, così lo chiamavano, la riempiva di adrenalina e di quella folle determinazione che l’aveva portata a salpare gli oceani incessantemente per mesi.
“Capitano,” continuò il quartiermastro, una nota più grave nella voce. “Si sta dirigendo verso di noi.”
La donna inarcò un sopracciglio – nessuno sano di mente nei Quattro Mari avrebbe osato attaccare la Painted Lady, non dopo che la voce della loro ultima conquista si era diffusa anche nelle più lontane isole della Nazione del Fuoco. Non distolse in ogni caso lo sguardo dalle mappe. Ancora ricordava il giorno in cui era riuscita a mettere le mani su quelle pergamene, rubate in uno sperduto porto nel Regno della Terra. Se qualcuno avesse saputo che erano in loro possesso, si sarebbero ritrovati tutti i pirati delle Quattro Nazioni alle loro calcagna.
“Capitano,” disse l’uomo per la terza volta, l’impazienza che si faceva strada nella sua voce. “La ciurma aspetta un ordine!”
Katara sospirò e sollevò lo sguardo verso suo fratello, alzando gli occhi al cielo quando si accorse della preoccupazione e dell’urgenza nel suo sguardo.
“Mastro Sokka,” si prese il tempo necessario per finire di scrivere un’annotazione sul diario di bordo. “A cosa è dovuta la vostra preoccupazione?”
“Si tratta della Blue Spirit, Capitano.”
Katara fu colta di sorpresa. Chiuse di scatto il diario e si alzò dalla propria sedia. La sua mano corse automaticamente all’elsa della sciabola che pendeva al suo fianco.
“La Blue Spirit, hai detto?”
Per Terra e per Mare non c’era uomo vivente che non avesse sentito parlare della Blue Spirit. C’erano molte leggende sulla sua ciurma e sul loro capitano.
Nessuno l’aveva mai vista attraccare per più di una notte, nessuno osava intralciare il suo percorso. Una ciurma di dannati, così si vociferava nelle affollate taverne dell’entroterra. Erano sussurri che serpeggiavano a bassa voce, di orecchio in orecchio. I marinai avevano paura di essere uditi, i locandieri temevano che si sarebbero trovati nei guai.
La verità è che nessuno ne sapeva poi molto e Katara non aveva idea di dove finissero le leggende, fino a che punto il mistero e la paura avessero manipolato la realtà.
Si diceva che il loro capitano, un principe caduto in disgrazia, fosse sulle tracce dell’Avatar da anni, che ritrovarlo gli avrebbe concesso il perdono reale e per questo motivo ne era ossessionato al punto da spingere la sua ciurma nella bocca dell’inferno. Altri sostenevano che bramava semplicemente il potere, il controllo degli oceani e tutto ciò che il ritrovamento dell’Avatar gli avrebbe garantito. Forse persino l’immortalità.
“Capitano, quali sono gli ordini?”
La voce di Sokka la riportò alla realtà e Katara uscì dalla sua cabina, con passo deciso e senza guardarsi alle spalle.
La sua ciurma era radunata sul pontile della nave, in attesa di un suo ordine.
Katara li ignorò e si avvicinò al parapetto, puntando il cannocchiale verso il mare. La Blue Spirit continuava ad avvicinarsi verso di loro con le sue enormi vele blu gonfiate dal vento. Erano pericolosamente vicini, avevano il vento a favore e se non si fossero sbrigati a preparare un contrattacco, non avrebbero avuto nemmeno una possibilità di uscirne interi.
“Ciurma! Ai vostri posti!” Gridò, rivolgendosi verso gli uomini sul pontile, che avevano già afferrato le loro armi ed erano pronti a prendere posizione.
“Attendete il mio ordine per fare fuoco!”
Katara tornò a rivolgere lo sguardo verso il vascello da guerra, ormai a perfetta distanza da tiro, aspettandosi che compisse la manovra per puntare i cannoni verso la Painted Lady.
La nave continuò ad avvicinarsi.
Perché si stavano avvicinando così velocemente? Non aveva alcun senso, erano abbastanza vicini da potersi posizionare per attaccare, se avessero voluto farlo. Perché continuavano a proseguire verso di loro?
“Capitano, cosa succede?” Disse il quartiermastro.
Katara aggrottò la fronte, senza distogliere lo sguardo dall’enorme vascello.
“Non ne sono sicura. Perché non ci attaccano?”
Passò il cannocchiale a Sokka e lo vide accigliarsi a sua volta.
“Stanno continuando ad avanzare verso di noi, Capitano.”
“Cosa?” Katara gli strappò il cannocchiale dalle mani, puntandolo di nuovo verso il mare. “Ma cosa cazzo hanno intenzione di fare?”
Sokka si strinse nelle spalle e gettò uno sguardo alla ciurma, pronta a fare fuoco.
“Così ci verranno addosso, cazzo!”
“Capitano,” chiamò il nostromo alle loro spalle. “L’artiglieria è pronta e la nave nemica è in una posizione tale da non poter rispondere subito all’attacco. Facciamo fuoco?”
Katara strinse la presa attorno al cannocchiale al punto da farsi sbiancare le nocche. Sentiva l’adrenalina scorrere nelle sue vene e una strana agitazione farsi strada nel suo stomaco, in contrasto con il silenzio assoluto che regnava sulla nave, con il rumore delle onde che si schiantavano contro la chiglia della sua nave.
“No. Aspettiamo.” Disse, ignorando lo sguardo sbalordito che le rivolse Sokka, che stava facendo un grande sforzo per inghiottire le sue proteste.
Che siano dannati.
 
La Spirito Blu fece manovra e abbordò la Painted Lady. Katara riusciva a percepire l’irrequietezza della sua ciurma, il modo in cui gli di tutti i marinai si spostavano dalla nave a lei, incerti su come comportarsi, forse cercando di indovinare le sue intenzioni.
Il Capitano Zuko voleva parlare con lei.
Katara navigava con la sua ciurma da anni, ormai, e non si era mai ritrovata in una situazione simile, né aveva mai sentito di un capitano di una nave che salisse su un’altra nave per stringere accordi con il suo capitano. Queste erano questioni che si sbrigavano a terra, negli angoli dimenticati di bordelli affollati. Questo Zuko doveva avere un bel coraggio per abbordare la sua nave con una bandiera bianca e mandare il suo quartiermastro, un uomo molto più grande di Katara, con una lettera in cui chiedeva di parlarle.
La ciurma non aveva preso bene la notizia e l’irrequietezza generale non fece che aumentare quando l’asse fu calato e il capitano raggiunse il suo pontile.
Katara non lo aveva mai visto prima e non sapeva cosa aspettarsi. Nessuno, in realtà, sembrava averlo mai visto. Il Capitano Fantasma, lo chiamavano alcuni. Uno Spirito, così come la sua nave. C’erano leggende che affermavano che la Blue Spirit non appartenesse a questo mondo, ma fosse una nave proveniente dal Mondo degli Spiriti, ma Katara non aveva mai dato conto a queste voci.
La sua mano corse di nuovo alla sciabola al suo fianco quando lo vide.
Il Capitano Zuko doveva avere all’incirca la sua età. I suoi capelli lunghi gli cadevano sulle spalle come una macchia d’inchiostro contro la sua pelle bianca. Il suo occhio dorato rifletteva la luce del sole, mentre l’altro occhio era coperto da una benda nera.
Il respiro di Katara diventò pesante e sentì la presa sull’elsa della sciabola diventare più incerta. Si avvicinò al Capitano con passo deciso, la testa alta e uno sguardo fiero. La sua ciurma, radunata sul pontile della nave, aprì un varco per farla passare non appena percepì la sua presenza.
“Capitano Zuko.”
L’uomo fece un cenno del capo. Aveva un’espressione tremendamente seria nello sguardo e qualcosa che le incuteva timore e agitazione. Era sceso sulla sua nave da solo, ad eccezione dell’uomo che le aveva portato il messaggio.
“Capitano Katara”, la salutò, prima di guardarsi intorno. Si soffermò sul quartiermastro, prima di squadrare brevemente la sua ciurma, che li osservava con occhi affamati e curiosi. “Speravo che potessimo avere una parola in privato.”
Katara si scambiò uno sguardo con Sokka, che le fece un cenno negativo con il capo. Decise ovviamente di ignorarlo.
“Seguitemi.”
“Capitano –“ protestò Sokka, ma lei lo fulminò con lo sguardo e si diresse verso la sua cabina, senza voltarsi indietro per assicurarsi che Zuko la stesse seguendo. Dal silenzio che regnava sulla nave, supponeva di sì.
“Katara, ti sembra una buona idea?” Le sussurrò Sokka, agitandosi per stare al suo passo.
“Aspettami qui fuori. Tieni d’occhio la sua ciurma. Non mi fido di quest’uomo.”
Sokka annuì e tornò allo scoperto.
Arrivata alla cabina, Katara vide Zuko fermarsi a mormorare qualcosa all’uomo e poi seguirla nella cabina da solo. Lo lasciò entrare e si chiuse la porta alle sue spalle.
Katara andò a sedersi alla sua scrivania e gli indicò la sedia dall’altro lato, su cui l’uomo si accomodò senza troppe cerimonie. Gli versò del rum nel bicchiere, che accettò con un cenno del capo.
La tensione nella stanza poteva essere tagliata con la sua lama.
“Una situazione insolita, Capitano.”
Zuko ghignò. Era la prima volta che mostrava un qualche tipo di espressione.
“I bordelli non sono un luogo rinomato per la loro segretezza.”
“E qual è questa questione che richiede la massima segretezza?” Gli chiese, gettandogli un’occhiata mentre sorseggiava il rum. “E cosa c’entro io con la vostra nave, Capitano Zuko?”
Zuko si rigirò il bicchiere tra le mani, esaminando il liquido al suo interno, prima di gettarle un’occhiata maliziosa.
“Si vocifera, Capitano …” Fece una breve pausa, prendendosi il tempo di guardarla negli occhi. “Si vocifera che voi abbiate messo le mani su qualcosa che cerco di tempo.”
Katara inarcò un sopracciglio e si appoggiò alla sua sedia, incrociando le braccia al petto.
“Di cosa state parlando?”
“Si dice che voi abbiate trovato l’Avatar.”
Katara scoppiò a ridere, sperando in cuor suo che quella risata riuscisse a convincerlo. Come diamine faceva a saperlo? E cosa sapeva di preciso? Era sicurissima che nessuno sospettasse di nulla. Quelle mappe erano state trovate per caso e in segreto e soltanto poche settimane prima, non era possibile che le voci si fossero già diffuse. A meno che qualcuno della sua ciurma non la stesse tradendo.
“Non pensavo che un Capitano della vostra lega credesse alle voci che girano nei bordelli.”
Zuko la guardò con un’intensità tale che Katara pensò che riuscisse a leggere nella mente con il suo occhio buono.
“Non fingete con me, Capitano. Sappiamo entrambi che quelle voci sono fondate.”
“Non ho trovato l’Avatar, se è questo ciò che state insinuando.”
E non stava mentendo. Non sapeva nemmeno se quelle mappe fossero autentiche. Per quanto le riguardava, non sapeva nemmeno se l’Avatar, qualsiasi cosa fosse, esistesse davvero. Non sapeva se fosse un tesoro o una leggenda o l’ingresso per il Mondo degli Spiriti o il segreto per la vita eterna. Sapeva soltanto che chiunque avrebbe dato qualsiasi cosa per metterci le mani sopra e lei non aveva nessuna intenzione di farselo soffiare da sotto il naso.
“Allora avete trovato le mappe.” Insisté Zuko.
“E se pure fosse, Zuko?” Gli domandò, una punta di insolenza nella voce. “Per quale ragione dovrei dirlo a voi?”
“Potremmo aiutarci a vicenda.”
Katara si ritrovò a pensare alle leggende sul Capitano Zuko e sulla sua ciurma, alle voci che raccontavano della sua ricerca ossessiva dell’Avatar. Si soffermò a guardare il suo viso, come se potesse cavarne qualcosa soltanto guardandolo negli occhi. Le si fermò il respiro quando il suo sguardo si soffermò sui suoi lineamenti perfetti, sulla linea forte del collo e sul petto lasciato scoperto dalla sua camicia.
Deglutì e portò nuovamente lo sguardo sul suo viso. Gli rivolse un sorriso malizioso.
“Se pure avessi queste mappe, cosa di cui voi non avete la certezza, perché mai dovrebbe servirmi il vostro aiuto?”
Fu il turno di Zuko di ghignare. Si inumidì le labbra e si appoggiò allo schienale della sedia, rigirandosi il bicchiere di rum tra le dita.
“Ora vi spiego come stanno le cose, Capitano.”
Katara gli rivolse uno sguardo scettico, cercando di nascondere la propria curiosità e l’agitazione che era tornata a farsi strada nel suo stomaco.
“Conoscete il Capitano Zhao, vero?”
Katara annuì. Zhao comandava la peggior ciurma che navigasse gli oceani ed era abbastanza certa che chiunque, per mare o per terra, li disprezzasse dal primo all’ultimo.
“Zhao e la sua ciurma di animali si sono convinti che io abbia trovato le mappe e ci stanno seguendo da settimane. La Nazione del Fuoco mi alita sul collo da mesi per la stessa ragione. Ecco perché sono venuto a parlarti sulla tua nave.”
“Non capisco cosa vogliate da me.”
“Voglio che collaboriate con me. Voglio che condividiate le vostre mappe con me.”
Katara scoppiò a ridere.
“Pensate che sia un’idiota, Capitano? Perché mai dovrei fare una cosa del genere?”
“Ascoltatemi, Capitano Katara”, le disse con una voce che nascondeva una punta di tensione. “Avrei potuto tranquillamente abbordare la vostra nave, uccidere ogni singolo membro della vostra ciurma e perlustrare la vostra nave da cima a fondo fino a trovare ciò che mi serve.”
“E siete così sicuro che non sarebbe stata la vostra ciurma ad essere sconfitta?”
Zuko inarcò un sopracciglio.
“La mia ciurma è lì fuori pronta ad abbordarvi. Aspettano solo un mio ordine.”
Katara si alzò di scatto e sentì la rabbia prendere il controllo di sé. Fece il giro della scrivania e si trovò a fronteggiare Zuko, che si alzò a sua volta. Non si lasciò intimidire dal fatto che la torreggiava in altezza e si avvicinò comunque pericolosamente a lui.
“Siete venuto sulla mia nave per minacciarmi, Capitano Zuko?” Gli disse minacciosamente.
“No. Sono venuto qui per collaborare con voi.”
“E io cosa dovrei mai guadagnarci?”
Contro ogni aspettativa, fu Zuko a scoppiare a ridere.
“Pensate che io sia l’unico a sapere che possiediate le mappe, Capitano?”
Katara fu presa alla sprovvista e fece un passo indietro, pentendosi immediatamente di aver mostrato un attimo di vulnerabilità quando vide una scintilla nel suo occhio. Sapeva di aver fatto centro, sapeva di aver catturato la sua attenzione.
“Cosa intendete dire?”
“Intendo dire che a Kyoshi ne sono a conoscenza.”
“Le piratesse di Kyoshi non sono interessate all’Avatar.”
“I pirati del Nord lo sanno”, continuò imperterrito, ignorando le sue parole. “La Blind Bandit lo sa.”
Katara deglutì. La Blind Bandit? Come facevano Toph e la sua ciurma a saperlo? E se loro lo sapevano, non c’era dubbio che Jet e i Freedom Fighters ne fossero a conoscenza e a quel punto non sarebbe mai riuscita a raggiungere il Polo Sud senza essere seguita. E la sua nave, per quanto forte, non poteva permettersi di entrare in guerra con tutte le Quattro Nazioni, non quando la Nazione del Fuoco e la sua marina perlustravano ossessivamente gli oceani alla ricerca di pirati da mettere alla forca, non quando le servivano tutte le risorse che erano riusciti ad accumulare nell’ultimo mese per affrontare un viaggio del genere. La tratta fino al Polo Sud non era priva di pericoli e, oltre al freddo, non sapeva chi si sarebbero trovati davanti. Per non parlare del fatto che, se avesse rifiutato l’accordo, la Blue Spirit lì avrebbe attaccati lì ed ora e, se pure fossero riusciti a sovrastarli, cosa di cui non ne era neppure certa, ne sarebbero usciti tanto distrutti da dover rimandare il loro viaggio, concedendo un notevole vantaggio alle altre ciurme.
“Come fanno a saperlo?” Gli chiese.
“Forse la vostra ciurma dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa, soprattutto il vostro quartiermastro.”
Maledizione! Sokka e la sua stupida bocca larga. Avrebbe dovuto impedirgli di mettere piede sulla terraferma a costo di mozzargli le gambe con la sua stessa sciabola.
Zuko le lasciò uno sguardo divertito e si leccò nuovamente le labbra, facendole improvvisamente perdere tutta la concentrazione nel momento meno opportuno.
“Avete bisogno di me”, le disse, facendo un passo verso di lei. “E io ho bisogno di quelle mappe.”
“E dovrei fidarmi di un maledetto pirata senza spina dorsale e senza onore come voi?”
Zuko si irrigidì, ma anziché indietreggiare, si avvicinò pericolosamente al suo volto. Katara riusciva a sentire l’odore di rum e di fumo del suo respiro.
“Non mettete in discussione il mio onore, Capitano. Non ne sapete niente.”
Katara restò in silenzio per qualche istante, lasciando che l’uomo la scrutasse con il suo occhio dorato. Era così vicina al suo volto che riusciva a vedere che porzioni di pelle bruciata erano visibili ai bordi della sua benda.
“E poi,” aggiunse Zuko, recuperando la malizia nella sua voce. “Potrei avere qualcos’altro da offrirvi.”
Katara sollevò lo sguardo incuriosita e vide la sua mano allungarsi verso di lei e farsi strada verso il suo collo. Il suo sguardo era rivolto verso la collana al suo collo, quella che era appartenuta a sua madre e che era il suo più grande e prezioso tesoro. Le sue dita toccarono i bordi del ciondolo e i suoi polpastrelli ruvidi sfiorarono la sua pelle. Katara cercò di ignorare il brivido che corse lungo la sua schiena e fu combattuta tra la tentazione di infilzargli la mano con il suo pugnale o quella di abbandonarsi al suo tocco, ma l’uomo ritrasse la mano troppo in fretta. Katara sentì improvvisamente una sensazione di mancanza, maledicendosi per quei pensieri in quel momento poco opportuno.
“Potrei avere delle informazioni sul Tesoro della Tribù del Sud.”
Katara sbarrò gli occhi. Se aveva trovato le mappe dell’Avatar, era solo perché, da oltre un anno, era alla disperata ricerca del Tesoro della Tribù del Sud, la sua terra d’origine. Non solo sarebbe stato un tesoro insormontabile, ma per lei e per Sokka avrebbe avuto un valore inestimabile.
“E sareste disposto a condividere le vostre informazioni con me?”
Zuko annuì.
“Perché?”
“Perché non ne sono interessato. Non sono interessato ai tesori o alle ricchezze. Voglio soltanto trovare l’Avatar.”
Il suo sguardo si rabbuiò e Katara fu ancora più intrigata dai misteri che si nascondevano dietro gli occhi di quell’uomo.
Sapeva che probabilmente non avrebbe dovuto fidarsi di lui e cercò di giustificarsi pensando che, dopotutto, non aveva altra scelta.
“Ne parlerò con il mio quartiermastro.”
Zuko annuì e si allontanò da lei. Solo in quel momento Katara realizzò quanto erano stati vicini – e quanto avrebbe desiderato esserlo ancora di più.
“Aspetterò sulla mia nave. Vi diamo un’ora di tempo.”
Katara annuì a sua volta e lo vide dirigersi verso la porta.
“Capitano!” Lo chiamò, prima che aprisse la porta. “E la vostra ciurma?”
“Cosa?”
“La vostra ciurma è d’accordo? Ad aiutarci e condividere le informazioni con noi?”
“La mia ciurma è leale al suo Capitano.” Le disse con una nota grave nella voce.
“E se dovessero decidere di ammutinarsi? Se dovessero tradire voi, tradire me e attaccare la mia nave?”
Ma Zuko le rivolse un sorriso e uno sguardo malizioso.
“Non preoccupatevi, Capitano.”, le disse. “Vi salverò io dai pirati.”
 
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