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Autore: milkbreeeead    26/04/2021    2 recensioni
[FtM Reki!AU]
C'erano due cose da cui Reki non sapeva fuggire: ciò che provava per Langa e il proprio stesso corpo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Langa Hasegawa, Reki Kyan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Reki era sempre stato bravo a nascondere le cose.

Era facile, bastava accatastarle tutte in un angolino, coprirle con un telone e far finta che non fossero mai esistite; lo faceva così spesso che non se ne accorgeva, un po' come fosse abitudine, come fosse una sorta di meccanismo di autodifesa: mettere da parte i sentimenti risultava spesso utile, e riusciva a cavarsela da determinate situazioni senza troppe lacrime versate. Era diventato, di conseguenza, anche parecchio abile a fuggire, a sgusciare via dalle mani delle persone, a lasciare che lui si dimenticasse di loro prima che loro lo facessero con lui, che mica sapeva se avrebbe potuto tenere a bada quel groviglio plumbeo che si agitava nella sua mente per tutto il tempo. Che mica sapeva se un giorno sarebbe scoppiato.
E quindi fuggiva, fuggiva sempre lontano, e sì, all'inizio il risentimento aveva la meglio, ma riusciva a reprimere anche quello: pensava di avere un inquietante autocontrollo, ma così instabile che di protettivo non aveva un bel niente. Era come quando metti troppa acqua in un bicchiere e si crea quella sorta di pellicola che la tiene al suo posto, senza che straripi, ma sai che se verserai un'ultima sola goccia troverai acqua dovunque fino ad affogarci dentro. E lui si sentiva così, ma era furbo, e sapeva anche come celare questa sua paura. Maestro delle illusioni, si potrebbe dir di lui.

Ma c'era una cosa da cui non poteva fuggire: il suo corpo. 

Quelle forme troppo accentuate. Le labbra troppo morbide. Il naso troppo piccolo. Gli occhi troppo tondeggianti. Le ciglia troppo lunghe. La voce troppo chiara. La pelle troppo liscia. Le braccia, le ascelle, le gambe glabre. Il seno troppo prorompente. I capezzoli troppo grandi. I fianchi troppo dolci. Il pube. Il pube. Il pube. Così vuoto e così pieno allo stesso tempo. Così doloroso da guardare, che non appena si sfilava le mutande per fare un bagno sbocciava come fiore dell'odio una sensazione pesante in quel petto sbagliato, che lo trascinava verso il fondo, quasi a fargli venir voglia di affogare. Così strano guardarsi allo specchio, toccarsi, e avere orrore di se stesso. Così struggente essere lui, ma essere anche lei, e non voleva essere lei. Non lo voleva e basta. E non lo era.

Aveva fatto il possibile per stare il più possibile a suo agio con se stesso, aveva comprato boxer e magliette di due taglie in più e pantaloni larghi e usurati e top sportivi e si era tagliato i capelli corti e se li era tinti di rosso, che magari gli avrebbero dato un'aria più mascolina. E c'era chi l'aveva scambiato per un maschio, in effetti. Sorrideva tra sé e sé quando succedeva, anche se era costretto a fare una correzione se era in presenza di qualcun altro: perché era stato bravo a nascondere anche quella verità sconcertante, e non pensava che nessuno lo avesse capito. Sua madre gli aveva chiesto un paio di volte se fosse lesbica per via di come vestiva e di come portava i capelli, ma lui, ridendo, aveva risposto di no, ricevendo la conseguente e tipica risposta: "Meno male! Se fossi una di quelle persone, per me sarebbe davvero un colpo al cuore! Resta così, mia bellissima Rei".

E lui sorrideva, sì. Sorrideva. Poi quando tornava in camera sua qualche lacrima la versava. Ma non in modo esagerato, no, non voleva che sua madre se ne accorgesse, non avrebbe avuto alcun senso: avrebbe solo peggiorato le cose. Meglio se pensasse di avere una figlia eccentrica, più che un figlio transgender. Sarebbe stato solo condannarsi a morte, e non voleva, non ora. Magari dopo, quando se ne sarebbe andato e avesse iniziato la transizione. Non voleva rendere la propria vita un inferno già da allora. Non aveva ancora considerato di parlarne con nessuno, men che meno col suo migliore amico Langa, perché avrebbe dovuto parlarne con le sue sorelle e sua madre?

Ogni tanto ci pensava, a Langa, a quante cose non sapesse e a quanto gli volesse dire a proprio rischio e pericolo; ma non voleva perdere anche lui, no. Non adesso che erano così affiatati, non adesso che aveva sviluppato una sorta di cotta per lui, non adesso. Ma quando, allora? Se mai si fossero messi insieme, per quanto avrebbe dovuto tenere in piedi questa farsa? Per quanto tempo avrebbe dovuto continuare a farsi chiamare Rei, e per quanto tempo Langa avrebbe tenuto a bada i suoi bisogni sessuali, che -giustamente- avrebbe chiesto di soddisfare? Per quanto tempo avrebbe dovuto tenergli nascosto che il suo nome era Reki e che per tutto quel tempo, senza saperlo, era stato con un ragazzo? E se non fosse ciò che voleva? E se, confessandoglielo, lo dicesse a tutto il gruppo e Cherry, Joe, Miya e Shadow non volessero stare con una persona come lui? Insomma, non li biasimava. Lui stesso riconosceva che non era normale. Lui stesso, più volte, si era domandato se ciò che sentiva fosse dovuto alla mancanza di una figura paterna, se non stesse solo cercando di imitarla. Lui stesso si odiava, tanto valeva che lo facessero gli altri.

Ma per ora andava tutto bene, nessuno sospettava di niente, Langa continuava a invitarlo ad andare sullo skate, e continuavano a fare quel saluto che avevano solo loro, e ogni tanto Langa gli poggiava qualche bacio sulla fronte in modo affettuoso, e ogni tanto arrossivano entrambi. Talvolta era capitato che anche Langa gli avesse chiesto se fosse lesbica, e lui aveva riso ancor più fragorosamente, e l'altro ragazzo era arrossito. No, Langa, non lo sono. Però sì, sono gay, se volessi saperlo. Se ti interessasse, se ti fosse passato per la mente.

Vorrei solo che mi guardassi e pensassi: 'cazzo, lui è proprio carino'.

Ma comunque andava bene così, andava bene fingere, ancora per un po'. Cioè, era andata bene fino a quando non era saltata in mente ai ragazzi del gruppo quell'idea folle di passare qualche giorno al mare tutti insieme, Reki compreso.

Si era quasi messo a piangere quando Langa glielo aveva detto. "Che succede, Rei? Non ti toccheremo neanche con un dito. Beata tra gli uomini, giuro! Non devi aver paura, siamo tra noi, andrà tutto bene" e l'aveva abbracciato. A Reki, inizialmente, era balenata per la mente la malsana idea di fare coming out lì, così su due piedi, e spiegargli a cuore aperto cosa ci fosse che non andava; poi, decise di sfruttare quella motivazione per farsi prestare magliette larghe e boxer da Langa -che per inciso, lo mettevano ancora più a disagio, perché avevano il suo odore addosso e Dio, se non riusciva più a respirare. Però erano già qualcosa, e poteva indossarli quando era con gli altri. Certo, non erano mica un binder o un packer, ma avrebbero garantito un'esistenza pressoché sopportabile in un contesto del genere. 

O meglio, lo avrebbero fatto se la disforia non lo avesse preso in pugno proprio quel giorno.

Aveva pianto un po' più del solito guardandosi allo specchio, quella mattina, poco prima di uscire, ma era presto e sua madre non era ancora sveglia, e anche se Langa avesse notato qualcosa Reki avrebbe potuto semplicemente dire che aveva dormito male; e così era stato. Langa aveva scosso la testa, sorridendo. "Devi smetterla di guardare i video di skating fino a tardi, ti rovinerai gli occhi!" Reki gli aveva dato un pugnetto amichevole contro la spalla. "Questo vale anche per te. Ti ho visto online alle tre di notte ieri".

Langa si grattò il capo e guardò altrove. "Beccato".

I due furono accompagnati in macchina dalla madre di Langa, che si rivelò essere una gran chiacchierona e amante di domande inopportune: "Ciao, Rei, tesoro! Come stai? Tua madre? Le tue sorelle? Che adorabile famiglia di donne, la vostra vita dev'essere uno spasso! Io sto sempre con questa faccia da pesce lesso, sai che divertimento! Ehi, Langa, non era un insulto! Hai preso tutto? Bisogno di crema solare o qualche cosa più da donna? Sei indisposta? Hai degli assorbenti di riserva? Sai metterli quelli interni? Oh, sono sicura che ne sarai piena, vivendo tra donne..." Langa, notando la sua espressione nauseabonda e assolutamente in imbarazzo, chiese gentilmente a sua madre di non assillarlo con tutte quelle domande di prima mattina, visto che aveva dormito poco e non era di buonumore. "Mi dispiace, cara! È che mi fa sempre molto piacere parlare con te, visto che non ho femminucce in casa". Non odiava la madre di Langa, per carità, ma si sentiva davvero male, quella mattina, e lei non era d'aiuto. 

Il viaggio in battello non aveva certo migliorato le cose, e quando nel primo pomeriggio misero piede in spiaggia - e ciò significava spogliarsi e gettarsi in mare- a Reki salì un conato di vomito, che lo costrinse a tossire violentemente sotto l'ombra di una delle cabine da lido in cui si depositavano borse ed altri effetti personali, la calura del sole che gli inondava i polmoni e la sabbia a pizzicargli le punte dei piedi. Langa, dopo aver tranquillizzato gli altri che si trattava di un semplice malessere e che lo avrebbe assistito lui, si sedette al suo fianco, gli diede un po' d'acqua. Reki declinò con un cenno della mano, ma Langa insistette. "Hai perso dei liquidi, Rei. Reidratati un pochino, magari bevi a piccoli sorsi. Ti fa male la pancia? Hai la nausea?"

Reki annuì. "Sento tutto vorticare."

"Magari è il caldo. Ti porto un secchiello con dell'acqua, così te ne puoi versare un po' in testa" Lui fece cenno d'assenso. Langa aggiunse poi: "Ti conviene anche toglierti la maglietta- c-cioè, naturalmente non guarderò, non lo farei mai! Uhm, se te la senti. Poi se non ti va è okay comunque. V-Vado a prendere il secchio, aspettami qui e non dimenticarti di bere un po'!" tra qualche balbettio, si fiondò verso l'ombrellone dei suoi amici. Reki lo guardò da lontano immergere le caviglie nell'acqua per raccogliere un po' d'acqua dal mare, e un piccolo sorriso fece capolino. Era bello vedere quanto Langa tenesse a lui. Era bello immaginarlo indaffarato per farlo stare meglio, era bello sentire le sue parole, era bello quando gli accarezzava i capelli e gli poggiava una mano sulla fronte e la sostituiva con le sue labbra. Lo osservò, i suoi capelli dal taglio medio di quel colore acceso, la sua pelle candida con due righe di crema solare ancora da asciugare sul naso e le guance, quel corpo piatto come una tavola, il rigonfiamento sulla patta dei pantaloni, le gambe ricoperte di peli chiari, le mani da uomo. E guardò le proprie.

Mani da donna. Mani docili, mani morbide. Unghie lunghe, smalto mangiucchiato sopra, messo dalle sue sorelle. Nemmeno un accenno di vene. Provò a mettere forza, ma niente. Non c'era niente.

Gli venne di nuovo da piangere, e lo fece. Lo fece un po' per le sue mani, un po' per il suo corpo, un po' per la spiaggia, ma soprattutto per l'aver davvero provato invidia per Langa. Voleva essere lui, voleva terribilmente essere lui, in maniera indescrivibile e imprescindibile; e Langa, di ritorno, lo fissò, attonito, il secchio ormai abbandonato per terra, e si precipitò ad abbracciarlo malgrado il caldo, asciugandogli le lacrime, il viso corrugato in un'espressione allarmata, mormorando: "Va tutto bene, Rei. Sono qui". Lui, a sentire quel nome che era come una coltellata nel petto, singhiozzò ancora più forte e si strinse il più forte possibile al ragazzo, graffiandogli leggermente la schiena, come a dimostrare quanto odiasse che lui fosse così e Reki no. Perché? Si chiese.

Perché lui era stato così fortunato e io no?

Perché io non potevo nascere uomo?

Perché non sono una donna?

Sarebbe tutto più facile, pensò. Sarebbe decisamente più facile, non avrei problemi nel chiedere a Langa di uscire. Saremmo una bella coppia. Faremmo cose da coppie come andare a fare un picnic e baciarci al tramonto, io farei il bagno con lui al mare senza avere conati di vomito, e lascerei che mi toccasse, e lascerei che mi baciasse ovunque, e ci spingeremmo tranquillamente oltre, se lo volessimo. No, invece no. Invece devo sentire un magone afferrarmi il petto ogni volta che le mie curve sono messe in risalto dall'uniforme scolastica. Ogni volta che metto una gonna. Ogni volta che Langa mi prende per i fianchi, se capita. Ogni volta che lo abbraccio e sento il seno spingere contro il suo petto, ricordandomi che sì, esiste, è ancora lì, come una brutta macchia che non va via. Ogni volta, ogni volta, ogni volta. E io non ne posso più.

Langa gli accarezzò piano i capelli e Reki si adagiò contro la sua spalla, smettendo di conficcargli le unghie nella schiena nuda, e si mise a muoverle distrattamente nel tentativo di dargli una carezza di rimando, ma non riusciva molto bene per via della nausea e del sudore. Ogni tanto il ragazzo dai capelli blu gli lasciava qualche bacio sulla tempia e lui si beava di quei piccoli gesti, e chiuse gli occhi, abbandonandosi a Langa, lasciando che si prendesse cura di lui con quella minuziosità che tanto lo caratterizzava. Stava iniziando a calmarsi, i suoni sembravano meno ovattati di prima: Langa sembrava sapere il fatto suo, in fatto di rassicurazioni. Non riusciva a capire se fosse una cosa che aveva imparato per necessità dopo la morte di suo padre o se fosse una sua dote naturale.

Dopo un po' arrivò Joe, visibilmente preoccupato. "Ehi, ragazzi, ho interrotto qualcosa?"

Langa si ritrasse rapidamente e Reki fece lo stesso, entrambi rossi in viso. "N-No" replicò Langa balbettando "Stavo solo rassicurando Rei, si era un po' spaventata per la storia del vomito".

"Volete che vi porti all'albergo? Rei, sei pallida come un cero. Almeno lì puoi riposarti un pochino" Reki annuì e si alzò in piedi, seguito da Langa; i tre, poi, salirono in auto, e Joe li lasciò da soli al motel, per poi ritornare da Cherry, Shadow e Miya. Langa, con un sorriso mite, gli chiese se riuscisse a camminare da solo e lui annuì, e a passi titubanti raggiunse la propria stanza con l'altro ragazzo alla calcagna. Non appena aprì la porta si fiondò alla disperata ricerca nel proprio borsone di quella felpa oversize che copriva così bene le sue forme, cosicché potesse nascondervisi al suo interno per sentirsi meglio; mise a soqquadro il suo bagaglio sotto lo sguardo perplesso dell'amico, che gli poggiò una mano sulla spalla. 

"Cosa stai cercando? Posso aiutarti, per caso?"

Mentire. Doveva mentire, ma non se la sentiva. Doveva mentire, ma era Langa.

Forse avrebbe dovuto smetterla.

"Una felpa. Potrei giurare di averla presa, dannazione! Ricordo perfettamente di averla messa nella borsa, possibile che non la trovi?!" disse digrignando i denti con stizza, poi si mise a sedere sul letto e lasciò andare uno sbuffo teso, la testa tra le mani nel tentativo di calmarsi per non piangere di nuovo, ma la frustrazione e il malessere stavano iniziando a intrecciarsi tra loro e a intersecarsi in tutti i suoi pori, come un'infezione, e trattenersi sembrava la sfida più ardua che avesse mai affrontato.

"È... strano che tu voglia mettere una felpa con questo caldo, se vuoi posso dartene una mia-"

"No, deve essere quella. Non può essere un'altra! Ho bisogno di quella felpa, sennò..." le parole gli si strozzarono in gola, ed emise un respiro tremulo. Langa sospirò e si mise al suo fianco, mettendogli un braccio intorno alle spalle e attirandolo a sé, invitandolo a poggiare la testa sulle sue gambe. Reki ebbe un attimo di esitazione, poi si lasciò andare, e poggiò la sua guancia contro la sua coscia, distendendosi. Qualche lacrima si mise a correre lungo il suo viso mentre Langa gli accarezzava la chioma rossa, mormorandogli qualche parola di conforto, il che era inusuale, visto il suo solito fare taciturno, e un po' lo imbarazzava; tuttavia non chiese nulla, non chiese proprio nulla, e Reki era così felice che non lo avesse fatto. Non era il momento, lo sapevano entrambi, e quindi stare in silenzio sembrava l'opzione migliore; a cullarli, solo il rumore del ventilatore e delle dita di Langa che scivolavano tra i suoi capelli, e le parole dolci che gli stava rivolgendo. "Tranquilla", gli sussurrava. "Ora passa tutto".

Non passa, Langa. Non passa.

***

Dopo aver passato la giornata al mare e in seguito a fare due passi in città, gli altri componenti della combriccola fecero ritorno all'albergo, facendo parecchio frastuono, tra i soliti battibecchi tra Kojiro e Kaoru e i passi pesanti di Shadow, che aveva Miya aggrappato alle spalle larghe e che non aveva la minima intenzione di scendere. Reki si svegliò per via del rumore, notando che si era assopito per parecchio tempo, tanto che dalle fessure delle veneziane si poteva scorgere la luce tenue del crepuscolo. Tentò di muoversi, ma un braccio lo arpionava al letto: era Langa. Reki si sentì arrossire dalla vergogna: aveva davvero dormito con lui per tutto quel tempo? Abbracciati? Nello stesso letto? Si lasciò scappare un sorriso.

E Langa era... era così bello, la luce del tardo pomeriggio a illuminare a fasce quel viso pallido, l'espressione rilassata, i piccoli sbuffetti che faceva con la bocca nell'espirare, i capelli blu come una tenda a coprirgli le palpebre chiuse, le guance arrossate. E quasi Reki ebbe l'impulso di baciare quelle labbra arricciate, così, solo per provare, per vedere che consistenza avessero, senza alcuna reazione da parte sua. Sarebbe rimasto un segreto, che Reki avrebbe tenuto sotto chiave all'interno della propria mente. Ma non lo fece; anzi, aveva bisogno di una soluzione per sfuggire alle sue grinfie, prima che se ne accorgesse e prima che si pentisse.

Sospirò, poggiando le mani delicatamente sotto il suo braccio per sollevarlo quel poco che bastava per strisciare via, e al proprio posto poggiò un cuscino, giusto per non fargli sentire la mancanza di qualcosa da stringere. Lui mugugnò nel sonno qualcosa di incomprensibile, e Reki ridacchiò sottovoce, e restò lì, al suo fianco, ad osservarlo, fino a quando non si svegliò - merito di Miya che aveva fatto capolino nella stanza di Reki per avvisarlo che era ora di cena e che gli altri erano già al ristorante. Il ragazzino si era un attimo irrigidito quando aveva trovato Reki seduto accanto a Langa, il quale, da quando erano arrivati, era senza maglietta, che per il caldo non aveva intenzione di indossare. 

Miya lo guardò con aria civettuola. "Rei? Non è che avete fatto..."

Reki arrossì di botto e gli tirò contro un cuscino che aveva a portata di mano. "Mio Dio, Miya! Fatti i cazzi tuoi!" gli urlò dietro, tra le risate sonnolente di Langa e quelle fragorose del corvino.

I due raggiunsero gli altri, che già avevano iniziato a mangiare, nella sala ristorante. Joe li accolse con un sorriso, e subito chiese a Reki come stesse. "Un po' meglio, grazie"

Non era vero, ma a cosa serviva farli preoccupare ulteriormente?

Miya addentò con appetito un onigiri, e sputacchiò con qualche chicco di riso: "Rei e Langa hanno scopat-" Shadow gli diede uno scappellotto sul capo, facendogli quasi saltare di bocca tutto il cibo che stava ingoiando. "Miya, sei inopportuno! La loro vita sessuale non ti riguarda!"

Langa e Reki si lanciarono un'occhiata sconcertata, rossi come due pomodori maturi. Joe scrollò le spalle. "Ragazzi, se avete bisogno di consigli sapete che ci sono sempre. Mi raccomando, sesso sempre protetto! Una volta è successo che..."

Cherry fece una smorfia di disgusto, e gli diede una gomitata per far sì che tagliasse corto. "Cristo, Kojiro! Hanno sedici anni, smettila di parlare delle tue esperienze intime, è mortificante e nauseabondo, e io sto cercando di mangiare in santa pace".

"Lo dici solo perché sei geloso".

"Ah, sì? E perché dovrei?"

"Per favore, Kaoru. Si vede da centinaia di chilometri che vorresti andare a letto con me".

"Ma fammi il piacere, brutto gorilla dalle ascelle pezzate!"

I due continuarono a battibeccare tra le risate di Miya e Langa, e Reki, per la prima volta in tutta quella maledetta giornata, poteva dire di essere sereno.

"Rei, ma perché stavi male? Hai pianto" riprese l'argomento Miya, e Reki era a un passo da inventarsi una scusa qualsiasi, ma Shadow fu più veloce di lui: "Eddai, Miya, non puoi chiedere certe cose a una donna! Magari era in quel periodo del mese, sai, capita spesso di piangere."

"Non gliel'ho chiesto per cattiveria! Mica so come funzionano, le femmine!"

Donna. Periodo del mese. Femmine. Donna. Periodo del mese. Femmine. Donna. Femmina. Donna. Donna. Donna. Donna. Donna. Tutto stava iniziando a vorticare, sentiva i suoni ovattati. Non di nuovo, per favore. Donna. Donna. Donna. Donna. Deglutì, sentì qualcuno chiedergli cosa avesse, non riuscì a distinguere la voce. "Esco un attimo fuori" riuscì a formulare mentre tremava. Rei, dove vai? Rei, tutto bene? Rei, oggi sei proprio strana. Rei, aspetta, non andare da sola. Rei, Rei, Rei. Quel nome gli passava da un orecchio e gli usciva dall'altro. Quel nome gli si conficcava nel cuore come miriadi di spilli infuocati. Quel nome lo odiava. Lo odiava a tal punto dal desiderare ardentemente di strappare in tanti piccoli pezzettini tutti i propri documenti. Lo odiava a tal punto dal voler diventare sordo, così non poteva più udirlo. Basta, per favore, basta.

Si precipitò fuori, la brezza notturna a scalfirgli la pelle, altre lacrime a solcare le sue guance. Era tutto inutile, non sarebbe mai stato come loro. Era una ragazza! Era così, avrebbe dovuto farsene una ragione. Era una femmina, aveva le tette e la vagina, era così, perché non poteva andare bene?! Se era nato così c'era un motivo. C'era, anche se non riusciva a vederlo. E sperava che tutto questo passasse, come un'influenza, ma non accennava ad andar via. E Dio, se si sentiva patetico. Era la terza volta in tutta la giornata che scoppiava a piangere, quasi non aveva più lacrime, le tempie gli pulsavano come mai prima d'ora, e voleva solo tornare a casa ma non sapeva più dove fosse.

"Rei!" una voce, forse quella di Langa, lo chiamò; e Reki si voltò, il viso rigato di lacrime e un sorriso triste, e lui lo accolse, per l'ennesima volta, tra le sue braccia, e gli baciò il viso, gli baciò le guance, gli baciò le tempie, la fronte, e poi lo strinse forte contro il suo petto.

"Mi farai prendere un colpo, scema"

Terminazione al femminile. A Reki quasi salì la cena su per lo stomaco, ma cercò di rimandarla indietro. Non era il caso di vomitare addosso a Langa.

Si poggiò alla sua spalla, Langa poggiò la propria testa sulla sua. Per un po' rimasero così, in silenzio, a osservare la strada nero pece, a percepire il vento accarezzare i loro capelli, ad ascoltare le cicale intonare una serenata notturna.

"Rei" disse a un certo punto Langa.

"Mh?"

"Volevo chiederti come stai".

Reki sospirò, un'ombra di risata amara. "Male, non si vede?"

"Posso... posso chiederti cosa c'è che non va?"

Tuffo al cuore. Ha capito. Ha capito. Ha capito. Cristo, ha capito.

"Un po' tutto".

Un attimo di esitazione.

"Capisco. Ti senti almeno un po' meglio ora?"

Reki annuì. "Mi fa piacere".

Silenzio, un gatto zampettò lungo il marciapiede. 

"Volevo dirti una cosa"

Il ragazzo dai capelli rossi si passò una mano sul viso, il cuore a mille. "Dimmi pure".

Langa si grattò il capo. "Non so come".

Reki scrollò le spalle. "Fai come ti senti. Puoi anche non dirmela, se non vuoi".

"No, no, vorrei dirtela adesso".

"Fai pure".

Langa si voltò per guardarlo, e fu come se stesse guardando il più bello dei paesaggi: gli occhi languidi, le gote arrossite, le sopracciglia gravi, un sorriso dolce a dipingergli il viso. Voleva baciarlo.

"Rei, tu significhi davvero moltissimo per me" iniziò. Reki si morse il labbro, il suo respiro si fece più veloce, il battito ancora di più, e brividi freddi scorrevano lungo la sua spina dorsale. Non era amore né emozione. Era paura.

"Sei sempre lì quando ho bisogno, sei la persona più vicina che ho, e sono davvero felice di averti come amica..."

Non dirlo. Non dirlo. Non dirlo.

"...Ma penso di volere di più. Dell'essere amici, intendo. Cioè, v-vorrei che tu fossi..."

"Langa".

"Sì?"

"Non voglio essere la tua ragazza".

Il sorriso di Langa si spense in un istante. Deglutì rumorosamente e fece una risatina nervosa, si prese qualche istante per assimilare la risposta. "S-scusami, io... Me lo sarei dovuto aspettare. Va tutto bene comunque, non cambierà-"

"Voglio essere il tuo ragazzo" disse Reki in un solo respiro.

Langa lo guardò, attonito. "Cosa?"

Reki stava affogando nel terrore, ma ormai il dado era tratto. Non poteva più tornare indietro. Se Langa l'avesse presa male o bene, no, questo non importava. Doveva dirlo, doveva liberarsi.

"Quello che ho detto. Voglio essere il tuo ragazzo. Con la o"

Lui boccheggiò, forse un po' confuso dalle troppe informazioni da processare. "Ciò significa che..."

"Chiamami Reki: è questo il mio nome. E sì, è per questo che per tutta la giornata sono stato così male, è per questo che ho pianto così spesso, che volevo la mia felpa, che sono scappato da tavola quando gli altri hanno iniziato ad attribuirmi cose da ragazze. Non sono una ragazza. Non lo sono mai stato".

"E tu quindi..."

Reki sorrise. "Sì, cioè, provo lo stesso".

Ancora silenzio, ma non fu imbarazzante: Langa si prese qualche istante per osservare Reki, come fosse nuovo, come fosse la prima volta. Sorrise, e lo abbracciò, e lui ricambiò, lo avrebbe fatto mille e mille altre volte, e restarono incastonati l'uno nell'altro per qualche preziosissimo istante; era come se fosse il primo abbraccio che si fossero mai dati, era come se tutti quelli che erano venuti prima non avessero più valore. Come se per la prima volta sentisse il suo odore, il suo calore, la sua voce. 
"Mi piaci, Reki" E non si trattenne più: quelle parole furono come un toccasana, udire quel nome pronunciato dalle sue labbra faceva più di un bell'effetto: era estasi, era la fine del mondo, e Reki baciò quelle labbra, fu quasi istantaneo, e lo fece ancora, e una volta di più, e Langa ricambiò, e Reki sembrò non sentire più il peso del suo fardello sulla schiena: era libero. Era libero di essere se stesso, di chiamarsi Reki e di poter amare un altro ragazzo. Non c'erano più limiti, infinito.

Quando entrambi si separarono per prendere aria, le mani intrecciate e le fronti appoggiate l'una conto l'altra, Langa gli accarezzò il viso, e Reki si beò di quella carezza morbida, che tanto sapeva di casa; poi gli lasciò un bacio sulla guancia rossa, e disse:

"Cazzo, sei proprio carino".

 

....

Sono di ritorno con una one shot Renga, nata da un sogno che avevo fatto in cui Reki era FtM. Spero vi piaccia!

   
 
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