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Autore: Rohan    26/04/2021    2 recensioni
Dal testo:
[Voi non potete nemmeno lontanamente immaginare quanta sofferenza stava provando Videl in quel periodo.
Era distrutta mentalmente, se non avesse avuto un lavoro era sicura che non sarebbe uscita più da camera sua. Perché, in fondo, per quale ragione doveva farlo?
Era una persona orribile, il mondo sarebbe stato decisamente senza di lei che seminava distruzione tutto intorno a sé.]
Genere: Angst, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gohan, Videl | Coppie: Gohan/Videl
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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L’altra faccia della medaglia.
 








Quando soffrite, o meglio, quando qualcuno vi fa soffrire… pensate mai se colui o colei che vi sta causando dolore, ne sta provando altrettanto?
Raramente, vero?
All’inizio per niente.
Ci chiudiamo nella nostra sfera di delusione, amarezza e angoscia e pensiamo, giustamente, solo a noi stessi.
Perché poi, in fondo, perché dovremmo pensare all’altra persona? Ci sta facendo del male, quindi è lei la cattiva, di certo non dobbiamo preoccuparci per lei.
Senza contare che molto spesso è vero che chi fa soffrire qualcun altro non prova nessun rimorso, lo fa con una freddezza assurda, come se non capisse quanto dolore sta provocando.
E poi, invece, c’è chi fa soffrire e a sua volta soffre per questa cosa.
Ebbene, eccoci qui.
Voi non potete nemmeno lontanamente immaginare quanta sofferenza stava provando Videl in quel periodo.
Era distrutta mentalmente, se non avesse avuto un lavoro era sicura che non sarebbe uscita più da camera sua. Perché, in fondo, per quale ragione doveva farlo?
Era una persona orribile, il mondo sarebbe stato decisamente meglio senza di lei che seminava distruzione tutto intorno a sé.
Dopo l’ultima delusione amorosa aveva deciso di chiudere con gli uomini, tanto la prendevano sempre in giro e lei come una stupida ci cascava sempre, perché non era mai capace di cogliere i famosi campanellini d’allarme che suonano quando qualcuno fa qualcosa che non va.
Questa volta ne aveva cacciati di ragazzi che avrebbero voluto avvicinarsi e anche lei aveva imparato ad essere fredda e distaccata.
Perché continuare a provare a costruire qualcosa che tanto, prima o dopo, si sarebbe irrimediabilmente rotta?
E no, non voleva mai più soffrire come l’ultima volta.
Non voleva più sentire il cuore strappato dal petto e calpestato decine e decine di volte.
Basta con quella sensazione di non riuscire nemmeno a respirare tanto sentiva la sua mancanza.
Basta, era stato uno stronzo, aveva aperto per fortuna gli occhi, ma soprattutto aveva deciso di chiudere il cuore.
E poi, eccolo lì, durante una grigliata: Gohan.
L’aveva visto a malapena quel giorno, lei non stava tanto bene e come scoprì poi, dopo molti mesi, neanche lui.
Neanche si parlarono, fino a quando, in una nuova festa in casa propria fu invitato nuovamente.
E lì qualche parola se la scambiarono.
Ma niente di eccezionale, fondamentalmente l’aveva solo costretto ad aprire del vino -che poi non aveva bevuto nessuno- e nel corso della sera lui le aveva parlato di un vecchio film in bianco e nero che boh, non si ricordava assolutamente più.
Però era simpatico.
Gli occhi e i capelli scuri, il sorriso e i modi gentili… ma stop.
Cuore chiuso, ricordate?
Eppure lui ci provò comunque.
…ma lei lo rifiutò.
“Sai, esco da poco da una relazione importante, non mi va di conoscere nessuno al momento sotto quell’aspetto, ma se vuoi possiamo essere amici”
Come suonano false queste parole, eppure era la verità.
Si rese conto in quel momento che lui era la prima persona che non aveva mandato a quel paese dopo Sharpner, infatti ci mise un bel po’ a scrivergli quelle quattro parole, dopo che lui le aveva chiesto di uscire, perché aveva un po’ di paura che lui scomparisse nel nulla.
In fondo gli piaceva il modo in cui scherzavano in chat da qualche giorno.
Non c’era niente, era tutto molto innocente, ma l’idea che lui potesse allontanarsi e che da lei volesse solamente qualcosa di più la faceva stare un po’ in pena.
Lesse subito il messaggio, lui, ma non rispose se non dopo svariati minuti, dicendo che si stava trovando bene a parlare con lei, per quello avrebbe voluto conoscerla meglio anche di presenza, ma che apprezzava la sua sincerità.
Ma non si allontanò, anzi, iniziarono a confidarsi a vicenda.
Si raccontarono il loro passato, cosa li avesse fatti soffrire e perché.
Poi iniziarono a giocare online insieme, mentre erano in chiamata.
Poi iniziarono a vedere serie tv insieme, mentre erano in chiamata.
E poi iniziarono semplicemente a parlare intere ore al telefono, senza sosta, ogni volta che potevano.
Nel giro di pochi mesi avevano legato così tanto che lei sentiva come se si conoscessero da sempre.
Abitavano lontani e lui le aveva fatto conoscere via chat i suoi amici, così da poter giocare insieme qualche volta.
Finché una sera un paio di loro fecero delle battute strane, come se alludessero che lui stesse conoscendo, sotto l’aspetto romantico, qualcuna.
Considerando che quando non lavoravano, erano praticamente sempre al telefono insieme, non le fu difficile capire a chi si riferissero, ma quando chiese spiegazioni a lui, negò tutto, dicendo che parlavano di una ragazza con cui era uscito un paio di volte quasi un anno prima.
Rimase con il dubbio per un po’, ma a dirla tutta, il pensiero che a Gohan potesse essere interessato a lei, non le dispiaceva.
I giorni passarono tranquillamente, fin quando lui non le chiese di nuovo di uscire.
Si impanicò? Sì.
Cosa gli rispose? “Forse è meglio di no”
Come reagì lui? Scomparendo.
Non si fece sentire per delle ore, ore nella quale lei si disperò perché si sentiva terribilmente in colpa e il pensiero di perderlo la faceva stare male.
“Scusami, mi ero addormentato”
Tirò un sospiro di sollievo.
Lo voleva uccidere, ma tirò un sospiro di sollievo.
Ma qualcosa cambiò.
Il pensiero di perderlo non le piaceva, stava diventando palese pure per lei che pian piano lui era riuscito a scalfire il muro di cemento che aveva costruito attorno al suo cuore per non affezionarsi più.
E allora uscirono.
Uscirono esattamente sei mesi dopo dal loro primo incontro, 13 Giugno, 13 Dicembre.
Lui la portò a mangiare in un posto in cui non andava da anni e in cui voleva tanto tornare, guidò ore ed ore pur di vederla e anche lei era entusiasta.
Ma aveva ancora paura, paura di soffrire di nuovo.
Durante tutto il primo appuntamento lei si sentiva così in imbarazzo che non riusciva quasi mai a guardarlo negli occhi.
È strano parlare per mesi con qualcuno solamente al telefono, sapere così tanto di lei, ma non averla praticamente mai vista di presenza.
È come se ti facessi un’idea tutta tua della persona con la quale parli e poi avercela davanti ovviamente è tutta un’altra storia.
Il modo di porsi in giro, il modo di camminare, quello di gesticolare… tutto un insieme di fattori che per mesi ti immagini a modo tuo, fin quando in effetti siete l’uno davanti all’altra.
Che non è una cosa positiva o negativa, è semplicemente un qualcosa che prima era astratto e di colpo diventa realtà tangibile.
Nel tardo pomeriggio, dopo una passeggiata, seduti su una panchina del porto della località balneare dov’erano andati, lui iniziò a dirle che non aveva intenzione di essere suo amico, perché semplicemente lei gli piaceva.
Gli piaceva sia fisicamente sia la sintonia che avevano e lui non poteva essere amico di una persona per la quale provava qualcosa.
E lei, anche se un po’ timorosa (e dopo aver iniziato a parlare a sproposito di un futuro decisamente lontano) gli rispose che le andava bene provarci, ma che voleva andarci piano… molto, molto piano.
Ecco, con il senno del poi, forse lei aveva già impostato male quella relazione sin da quel momento.
Dopo quello che aveva passato era ovvio che volesse andarci piano, ma tra l’andare piano e fare le cose quasi con la paura di essere scoperti da qualcuno, come se stessero facendo qualcosa di male… no, non andava bene.
Quasi lo nascondeva, poche erano le persone che sapevano che si stavano vedendo, e mentre lui la faceva entrare nel suo mondo, lei invece (anche se a volte ci aveva provato) non lo faceva mai entrare nel suo.
E se poi va di nuovo male? Dovrei di nuovo dare spiegazioni, l’ennesimo buco nell’acqua fatto da me, per essere così dannatamente stupida da non riuscire ad avere una relazione con una persona che mi vuole bene veramente.
Ma lui sembra che me ne voglia in realtà, non sono molti i ragazzi che guidano per ore pur di vederti.
Sì, anche il mio ex sembrava mi volesse bene e poi com’è andata? Malissimo.
Quante volte ho dovuto raccontare della nostra rottura?
Vuoi di nuovo fare un altro errore?
Beh, se non lo vivo come faccio a sapere se è un errore o no?
E se lo fosse?
Okay, allora conosciamoci senza per forza sbandierarlo in giro.
Ma comunque sia, stava andando tutto bene, lei si sentiva sempre più presa, si sentivano in continuazione, si conoscevano ogni giorno di più e la loro intesa mentale era pazzesca.
Spessissimo capitava loro di pensare la stessa identica cosa nello stesso istante e, anche se quando lui le faceva notare quanto fosse bella questa cosa lei cercava di minimizzare perché si vergognava un po’, anche per Videl era una cosa stupenda.
E poi, una sera, la lite.
Non una lite, quelle a volte capitavano, ma LA lite.
Fu una notte surreale.
Si sarebbe potuta concludere immediatamente, senza creare nessun dramma, invece fu qualcosa di inverosimile.
E come spiegarla, poi?
Entrambi avevano un modo di affrontare i momenti difficili di coppia completamente opposti.
Lui preferiva sbollire e poi risolvere, lei voleva risolvere tutto subito.
Lei non parlava a sproposito quando era arrabbiata (anzi la sua prima reazione era proprio quella di ammutolirsi) lui invece sì, per questo preferiva calmarsi prima.
Ma se Gohan in quei momenti se ne andava per smaltire la rabbia senza inveire su di lei, Videl piangeva perché non stavano affrontando quel momento insieme.
Ma se Gohan in quei momenti, come in quel momento, restava per non farla piangere, succedeva il finimondo.
Quella sera, entrambi, decisero di mandarsi a quel paese.
Lui perché si sentiva privato della sua libertà, lei perché non si sentiva messa al primo posto.
La delusione che provò Videl in quel momento non era immaginabile.
Anche per lui, come per tutti del resto, non era abbastanza importante, perché se era disposto a posticipare l’appuntamento con lei di un’altra settimana, pur non vedendosi da quasi due mesi, due mesi in cui le aveva promesso in continuazione di festeggiare insieme il suo compleanno che a causa di forze maggiori avevano dovuto passare separati, così come San Valentino e, diavolo, due mesi!, ma non era disposto invece a posticipare di una settimana l’impegno preso con i suoi amici con cui si era già visto quella settimana… beh, vuol dire che poi alla fine dei conti anche lui era tanto bravo a parole, ma con i fatti si era già perso.
Non dormì per tutta la notte, aveva un’ansia e una nausea assurda e la consapevolezza di essersi di nuovo fidata della persona sbagliata premeva sul suo stomaco come un macigno.
Nel corso della notte e poi la mattina successiva si chiarirono, lui sbollì la rabbia e annullò con i suoi amici per vederla finalmente.
Però, da quella notte, l’ansia non abbandonò più Videl.
All’inizio tutto bene, era gestibile, poi, più passavano i giorni, più la nausea aumentava e lo stomaco si chiudeva.
Non capiva a cosa fosse dovuto, ma l’ultima volta in cui si videro, la sera prima, lei non riuscì a dormire, tanto era forte l’ansia.
E lì iniziò ad interrogarsi seriamente su quello che il suo corpo le stava dicendo.
Le cose erano due: si era indubbiamente affezionata a lui, quindi poteva essere la paura di essere delusa nuovamente come quella sera, oppure lo stava iniziando a vedere con un occhio diverso proprio da quella lite.
Che se magari lei, anziché fare la bambina viziata, l’avesse lasciato sbollire in santa pace e poi avessero parlato da persone mature, non sarebbe successo assolutamente nulla.
E invece no, doveva fare i capricci come se avesse cinque anni, senza capire che ognuno gestisce le cose a modo suo e bisogna trovare un punto di incontro, non fare per forza in un modo o in un altro.
“Io voglio solo sapere se sei ancora convinta di continuare questa frequentazione oppure no”
Quel messaggio, il pomeriggio del 12 Marzo, per lei fu devastante.
Era già quasi un mese che passava le giornate a piangere, ma quel giorno tornò a casa, dopo il lavoro, distrutta.
Lo prese come un ultimatum.
E non ci riuscì, si sentì messa con le spalle al muro (anche se forse non era sua intenzione) e dopo intere ore di pianto lo chiamò per dirgli che non se la sentiva più.
E così rovinò tutto.
Siamo quasi a Maggio e lei non ha ancora smesso di piangere.
All’inizio ha cercato di costringerlo ad essere amici, ma più passava il tempo e più si rendeva conto che era impossibile.
Lo capiva, andava tutto bene e un giorno lei gli diceva che non se la sentiva più di continuare.
Era da pazzi, ne era consapevole, ma era bloccata, non stava bene, e non capiva il motivo.
Se all’inizio pensava che la sua ansia derivasse da lui, con il passare del tempo e il non sentirlo più capii che non era così, perché l’ansia continuava ad esserci e lei continuava a piangere.
Indubbiamente non era ancora pronta per una relazione, ma era anche vero che però lui le piaceva.
Okay piacere, okay l’attrazione fisica, ma se non fosse stata più capace di innamorarsi?
E vallo a spiegare a qualcun altro quello che hai in testa, se non lo sai assolutamente nemmeno tu stessa.
Più parlava, più diceva cose senza senso e più lui si arrabbiava.
Gliene aveva dette di tutti i colori: che era una falsa, che era un’ipocrita, che era una bugiarda e via dicendo.
Come fargli capire che non era così? Che tutto quello che avevano fatto insieme, tutte le serate passate a ridere e scherzare, tutte le attenzioni particolari… erano tutte cose importanti per lei, non sono cose che fai con chiunque, non le puoi fingere.
E allora perché ha deciso di chiudere?
E chi lo sa.
Si pentiva?
Ovvio.
E allora perché non ci riprovava?
Perché se poi quando l’avesse avuto davanti non sarebbe riuscita a reggere l’ansia, come avrebbe potuto rivivere di nuovo tutto dal principio?
Lui si era dimostrato, nonostante lei l’avesse ferito, pronto ad aiutarla per affrontare quel brutto periodo, ma lei voleva solo lasciarlo libero di vivere la sua vita senza che l’aspettasse, perché non sapeva se e quando sarebbe stata pronta.
Si sentiva stremata, a pezzi, ma cercava di fare la brava e quando lo sentiva, raramente, cercava di capire se avesse conosciuto persone nuove.
Una pugnalata dopo l’altra.
Era gelosa in un modo indescrivibile, ma lui non le credeva.
Certo, quella sensazione di ricevere un pugno allo stomaco ogni volta che lui le nominava qualche ragazza se la inventava, sicuramente sì.
Ma doveva comportarsi bene, era stata lei a lasciarlo libero e lui era giusto che andasse avanti.
Certo, quanta velocità.
Ma non era nessuno per criticare.
Invece lui si sentiva in diritto di criticare lei, perché se si fosse resa conto che non era questione di tempistica sbagliata, ma effettivamente di persona, allora era una falsa ipocrita che l’aveva solo preso in giro.
Giustamente.
Quella relazione era già partita male proprio perché lei aveva paura di questi preconcetti, e lui le stava confermando che sì, in qualunque caso, visto dall’esterno, lei sarebbe sempre stata la cattiva, quella che non ci tiene mai abbastanza.
Aveva ragione da vendere, non si può essere amici se c’è stato qualcosa di più prima, qualcosa di vero e forte.
Ci si fa solo male.
Ma per quanto tutta la colpa può tranquillamente essere attribuita a Videl, anche lei stava soffrendo.
E la cosa forse peggiore era che tutti pensavano che non ne avesse il diritto.
“Ti prendi le conseguenze delle tue azioni” se lo ripeteva in continuazione.
Ma non per questo non faceva male.
Non per questo non si sentiva a pezzi.
Non per questo non passava le giornate a piangere appena poteva stare da sola, senza contare tutte le volte che aveva pianto tra le braccia delle sue amiche, della sua famiglia e a lavoro.
Pensava di averle finite le lacrime, eppure spuntavano sempre, anche se non aveva nessun diritto di stare male secondo il resto del mondo.
E aveva di nuovo rovinato tutto, non solo con lei, ma anche con gli altri.
Di nuovo, per colpa sua, un altro gruppo si sarebbe diviso, com’era già successo, perché se c’era lei in mezzo e se lui fosse stato invitato da amici in comune a passare del tempo insieme, di sicuro non sarebbe venuto per non vederla.
Rovinava sempre tutto.
Tutto e tutti.
Sarebbero stati tutti meglio senza di lei, la prossima volta il cemento attorno al cuore l’avrebbe messo meglio, nessuno doveva scalfirlo mai più.
Ma alla fine, con tutto questo cosa voglio dire?
Che a volte anche chi fa soffrire, soffre quanto voi, con la differenza che oltre ad avere il peso del loro dolore, hanno anche quello di aver fatto stare male una persona a cui volevano un bene dell’anima, indipendentemente da quanto tempo la conoscessero.
Perché non è importante da quanto tempo conosci una persona, ci sono alcune che ti basta un minuto per capirle davvero.
E Gohan, anche se non voleva ammetterlo, conosceva bene Videl.
 
 
 



















Angolo dell'autrice:
Buon pomeriggio a tutti, 
non so se ci sia ancora qualcuno che si ricorda di me, visto che spunto fuori solo quando, ormai, il mio cuoricino piange.
Non so se qualcuno leggerà, nel caso siate arrivati fin qui spero sia stata una lettura piacevole, nonostante l'argomento.
Ho inserito l'OOC perché non ce lo vedo proprio Gohan insultare Videl per un qualsiasi motivo, però boh.
Alla prossima rottura (?)



-Rohan♫ *e dal Gohan dentro l'armadio*

 
  
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