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Autore: Louis Agreste    03/05/2021    1 recensioni
- Sequel di: I Just Want to find My Destiny -
Ogni tanto capita di ripensare al proprio passato, a cosa ci ha portato a quella che adesso è la nostra vita. Adrien si trova in questa situazione, a rivangare i bei momenti passati a scuola, con gli amici, quando la tipica aria tranquilla di Parigi era stata stroncata da una figura apparsa all'improvviso. Sembra provare leggera malinconia, ma non vorrebbe mai tornare indietro, nemmeno per cambiare la minima cosa.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sabine Cheng, Tom Dupain
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'One-shot Compilation'
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Gli sembrava ancora di poter sentire quella voce, quel timbro profondo e deciso, che gli ribadiva il motivo per il quale si era spinto a tanto, oltre a proporgli di unirsi a lui per poter finalmente tornare a quando erano una famiglia felice. Adrien strinse appena i denti e mosse per riflesso la testa, rivedendo poi come, dopo essere stato aiutato da Ladybug, avevano sventato per l'ultima volta il piano di Papillombre. L'avevano messo alle strette, costretto a restituire il miraculous e poi pagare per tutto quello che aveva fatto. Era stata una decisione difficile da prendere, ma, come supereroe, e ragazzo abbastanza maturo da comprenderlo, aveva salutato suo padre in silenzio, senza più guardarlo negli occhi.
Erano passati dieci anni, ma non era ancora riuscito a perdonare suo padre, pur avendoci provato con tutta la buona volontà. Forse ormai avrebbe dovuto capire la ragione di quelle sue azioni, però, se prima non lo avesse di nuovo guardato dritto in volto, sarebbe stato unicamente un perdono per liberarsi dai sensi di colpa, per niente sincero.

«Tikki...»

Adrien, da supino, si voltò di scatto alla sua destra con la testa, incrociando così il volto di Marinette che, sdraiata sul fianco sinistro, con gli occhi chiusi e i capelli disordinati che le ricadevano sul volto, sembrava star ancora dormendo. Sospirò intristito, e si portò una mano al viso, così da stropicciarsi gli occhi e scacciare gli ultimi rimasugli di sonno, tornando poi ad osservare la corvina.
Erano passati dieci anni anche dal giorno in cui, quella che ormai era la sua dolce metà legata a lui per l'eternità, aveva rinunciato al ruolo di guardiana per poter restituire la miracle-box al tempio. Non ricordava più nulla delle loro avventure, i loro combattimenti, i loro piccoli momenti... non ricordava più niente. L'attimo dopo aver rinunciato al suo ruolo, lei non aveva nemmeno idea di chi lui fosse, addirittura le sembrava familiare unicamente perché era il figlio di Gabriel Agreste, nonché modello dell'effettivo brand. C'era voluto poco per ritrovarsi con lei, dopotutto ormai sapeva bene come si comportava in certe situazioni, e ricominciare tutto da capo, dopo tutto quel tempo passato a rincorrersi, sembrava essere arrivato come una manna dal cielo.
Da lì, lui l'aveva addirittura spronata a rileggere il suo diario, nella vana speranza che, nel farlo, qualche ricordo potesse tornarle alla memoria, ma non tutto era finito come sperato: così come con il signor Fu, quei ricordi erano rimasti sigillati e offuscati. Addirittura, alcuni di questi, erano finiti su diversi suoi bozzetti e poi a sfilare ad alcune delle sue sfilate più apprezzate.

«Vorrei tanto che ricordassi tutto...»
«... Adrien...?» mormorò lei a bassa voce, catturando immediatamente la sua attenzione e ritrovandosi i suoi occhi verdi occupati a fissarla: «... Come mai sei già sveglio?»
«Ehm... niente, mi sono solo svegliato presto... Tu? Hai dormito bene, amore?» le chiese avvicinandosi a lei, così da poterle stampare un bacio sulla fronte.

«Sì... Ho fatto un sogno strano...» gli confessò con ancora la voce impastata dal sonno, sospirando quando lui avvicinò una mano al suo viso per spostarle una ciocca dietro l'orecchio: «Ma... è tutto così confuso...»
«Tesoro, capita con i sogni» cercò di tranquillizzarla lui, con un sorriso abbastanza triste, che cercò di nascondere nel migliore dei modi: «... Non ti preoccupare.»
«Mh...» mugugnò lei in risposta, stringendosi di più a lui per permettergli di abbracciarla.

Adrien sorrise e la circondò, riempiendole di baci collo e guance, mentre lei strofinava il naso contro la sua mascella.

«... Sei sicuro di aver dormito bene? Sembri... rigido...»
«Sì, sto bene amore, tranquilla.»
«... Il cucciolo si è svegliato?»
«Non penso, dopotutto non è ancora corso qui.»
«Ehe... lo fa ogni mattina...»
«Sì, è una piccola peste...» confermò Adrien, stringendo maggiormente Marinette a sé quando un pensiero gli passò per la testa.

Non faceva che chiamare suo figlio peste, ma questo non perché fosse unicamente un piccolo combina guai, ma perché, per molti aspetti, gli ricordava la piccola e viziata figura di Plagg. Era corvino con gli occhi verdi, si divertiva a fare impazzire lui e Marinette, non faceva che ridersela quando entrambi sembravano non capire più niente, ma, soprattutto, era un coccolone come pochi e cercava sempre il conforto tra le loro braccia. Gli sarebbe tanto piaciuto poter fare conoscere Louis a Plagg, dopotutto non aveva mai visto la reazione della piccola divinità quantica ai piccoli umani.

«... Adrien? Va tutto bene?»
«Sì amore, so solo che non voglio lasciarti mai andare...»
«Ehe... Micetto, non c'è bisogno di stritolarmi per impedirmi di lasciarti» gli ricordò prima di lasciargli un bacio sul collo, venendo piano piano liberata dalle braccia del marito: «... Ti amo da impazzire, Adrien.»
«Ti amo da impazzire anch'io, Marinette...»
«Mammaaa! Papàaa!» urlò una certa persona da fuori la loro camera da letto.

I due si voltarono verso la porta divertiti, consapevoli che, da un momento all'altro, quel terremoto si sarebbe introdotto nella loro bolla di relax, che durava fino a quando il mostriciattolo non apriva gli occhi.

«Tre...»
«... Due...»
«... Uno.»
«Perché non venite mai a svegliarmi?!» sbottò il bambino di quattro anni, una volta arrivato sullo stipite.

Aveva il pigiama color verde acceso indosso e i suoi due amati pupazzi in mano, senza i quali non aveva mai chiuso occhio. Glieli aveva cuciti Marinette, e sembravano una specie di incrocio tra Tikki e Plagg: il primo era un gatto rosso dagli occhi blu, e il secondo era una coccinella nera con i puntini rossi e gli occhi verdi.

«... Tesoro, è domenica... Perché avremmo dovuto?» gli chiese Marinette, prendendolo in braccio quando raggiunse il suo lato del letto, per farlo sedere tra loro sul materasso.

«La cicogna non lavora la domenica?» domandò il bambino confuso, tenendo gli occhi sulla madre.

Lei e il marito si scambiarono un'occhiata veloce, trattenendosi dal ridere all'affermazione del figlio. Non gli avevano ancora fatto un discorsetto sull'argomento, ma era normale finire per credere a quello che i compagni raccontavano all'asilo.

«Tesoro... non ti stanchi mai di parlarne?»
«Alain ha Nicole, Marcel ha Isabelle... Anche io voglio una sorellina!» ripeté ancora il bambino, mettendo il muso e lasciando andare i pupazzi per incrociare le braccia al petto.

Adrien allungò la mano e accarezzò la testa al figlio, sorridendo al vederlo voltarsi verso di lui con gli occhi lucidi, per ricordargli che non era unicamente un capriccio, ma qualcosa di cui era fermamente convinto.

«Louis... vuoi sapere come nascono davvero i bambini?
«Perché? Non mi ha portato davvero la cicogna?»
«No tesoro, le cicogne non portano i bambini» gli rispose sua madre, mettendosi seduta sul materasso per avvicinarsi più comodamente al bambino: «Non basta dire di volere una sorellina.»
«Perché...? Non sono un bambino abbastanza bravo...?» domandò lui dopo essersi voltato e aver afferrato il braccio della madre, preoccupato di poter influenzare le cose con il suo comportamento così com'era per Babbo Natale.

«No... Amore mio, tu sei un bambino bravissimo...» gli rispose lei, prendendolo in braccio e riempiendogli la testa di baci: «... Ma non c'entra il tuo essere bravo o no.»
«E allora cosa c'entra? Come nascono i bambini?» domandò allora lui, emigrando con lo sguardo da un genitore all'altro.

Adrien era ancora leggermente dubbioso sull'argomento, non sapeva se dirglielo adesso oppure no, però si fidava di Marinette, non avrebbe detto tutto subito. Una cosa alla volta, così avrebbero spiegato piano piano al loro cucciolo l'argomento per intero.

«Quando due persone si vogliono tanto bene, e decidono di avere una famiglia insieme... si prendono un momento per loro, così da poter incanalare tutto l'amore che provano l'una per l'altro. Poi, se va tutto bene, dopo nove mesi arriva il piccolo miracolo... Come è successo con te!»
«Ahaha! Dai, mamma!» si mise a ridere lui, quando Marinette prese a fargli le pernacchie sulla guancia: «Quindi... I bambini arrivano quando la mamma e il papà stanno da soli e hanno un momento speciale?»
«Bravo amore, proprio così.»
«... Ma voi state sempre soli, la mia sorellina quando dovrebbe arrivare?» ci pensò su il bambino qualche secondo, tornando poi a guardare la madre.

Marinette sgranò gli occhi, serrò la bocca e voltò lo sguardo altrove, generando una leggera risata da parte di Adrien. Non si era imbarazzata per quella domanda, semplicemente voleva tenere il figlio sulle spine per un po', senza dargli subito per vinto.

«Mamma... perché non mi guardi?» domandò Louis, sporgendosi pur di incrociare ancora gli occhi azzurri della madre: «Dai, mamma! Avrò una sorellina o no?»
«... Non lo so» gli rispose tornando a guardarlo con naturalezza, trattenendo una risata al vedere il piccolo sgranare gli occhi.

«Non lo sai...?»
«No amore, non lo so ancora.»
«... Tu lo sai papà?» domandò il bambino speranzoso, voltandosi verso Adrien.

«Eh no, piccola peste, nemmeno io lo so.»
«Uffaaa!» si lamentò il bambino alzando pure la voce, e finendo per incrociare ancora le braccia e mettere un muso peggiore di prima.

«Amore, su, non fare così...»
«Io voglio saperlo!» ribadì lui arrabbiato, spostando anche lo sguardo altrove.

Marinette cercò supporto in Adrien, alzando lo sguardo e ritrovandosi il suo a poca distanza, perché si era avvicinato apposta per baciarla e confortarla.

«Piccolo, sai che, io e la tua mamma, non abbiamo fratelli o sorelle?»
«Sì, lo so...»
«E questo secondo te è brutto?»
«No... però io voglio una sorellina! E se avrò una sorellina, voglio saperlo!»
«Come abbiamo aspettato noi per sapere che saresti arrivato tu, penso sia giusto che anche tu aspetti per sapere se questa sorellina arrivi o meno, capisci cucciolino?»
«... No» borbottò ancora il bambino, mantenendo il muso.

I suoi genitori alzarono gli occhi e poi si scambiarono un altro sguardo, domandandosi a vicenda quale fosse la maniera migliore per far capire, al loro piccolo tesorino, che c'era sempre bisogno di pazienza in certe occasioni.

«... Però avrò una sorellina, vero?»
«Prima o poi sì.»
«Quindi posso dirlo a Nicole e Alain?!» esclamò il bambino, adesso tutto contento ed emozionato di poterlo dire a tutti i suoi amici.

«... Amore, non pensi sia meglio aspettare per queste cose?»
«Ma io voglio dirlo a tutti!»
«Cucciolo... aspetta un po' di tempo. Io e papà ti diremo se arriverà oppure no, così potrai dirlo a chiunque vorrai.»
«Mhhh... Va bene...»
«... Oggi non volevi andare a trovare i nonni?» ricordò a voce alta Adrien, ridacchiando assieme alla moglie quando il figlio sgranò gli occhi.

In pochi secondi lo videro scattare verso il bagno, abbandonando i suoi pupazzi sul loro letto pur di non perdere altro tempo. Marinette si strinse di più al marito, appoggiando così la testa alla sua spalla e dandogli poi un bacio sul collo, sentendo le sue dita tra i propri capelli.

«... Spero non spifferi la realtà dei fatti anche ai suoi compagni.»
«Avanti Adrien, la storia della cicogna, del cavolo o delle rose andrebbe superata. È primo passo ammettere ai propri figli che la riproduzione è normale, tra gli esseri umani come per gli altri esseri viventi.»
«... E quando sarà più grande, approfondiremo il discorso?»
«Se prima non lo approfondirà a scuola. Io comunque vorrei che sia cosciente delle cose importanti, comprese quelle che riguardano la nostra famiglia...» cercò di spiegarsi lei, finendo per fare una smorfia dopo aver concluso la frase.

«... Non è importante che Louis sappia di mio padre. È contento e spensierato adesso, non c'è niente di male in questo.»
«Ma un giorno dovremo dirglielo, non possiamo tenerglielo segreto per sempre, amore mio...»
«... Un giorno, non ben precisato, ma molto più avanti nel tempo» concluse lui abbastanza irato, soprattutto per l'incubo che aveva avuto prima di svegliarsi al sentire la voce di lei.

Marinette si accorse di quel suo comportamento: rigido, esattamente come lo aveva definito appena sveglia. Sapeva che, come argomento, era da evitare, soprattutto da quando Louis aveva cominciato a capire bene qualsiasi loro discorso, ma come madre si sentiva in colpa nel non dire a suo figlio la verità. Per Adrien era come un tabù, ma a lei dispiaceva con tutto il cuore per la sua famiglia, per la scomparsa di sua madre, il finire in galera di suo padre... ne aveva passate tante, e nessuna di queste doveva mai essere origine di qualche loro chiacchierata. Aveva rinchiuso la sua famiglia in una cassaforte e poi l'aveva gettata in mare, con tanto rimorso, ma con decisione e coscienza di averlo fatto per un buon motivo.
Continuò a baciarlo lungo il collo, sentendo anche il suo essere abbastanza restio - sempre per lo stesso motivo -, e ridacchiando al sentirlo arrendersi secondo dopo secondo.

«Marinette... non dovremmo andare a lavarci anche noi?»
«Stare da solo con me ti disturba...?» domandò lei con un apparente tono innocente, il quale però non convinse Adrien nemmeno per un attimo: «Dai, davvero preferisci andare a lavarti?»
«Non facciamo la doccia insieme noi due?» le domandò muovendo la testa a destra e a sinistra, imitando un personaggio felino proveniente da un film.

Lei alzò un sopracciglio e poi sorrise, ridacchiando quando lui si ritrovò ad essere atterrato sulla schiena, con lei sopra.

«... Questo è un colpo basso.»
«Ah, se proprio non vuoi, io vado a lavarmi...»
«Vieni qui!» esclamò lui ritirandola subito giù per baciarla in bocca, continuando a passare le dita tra i suoi capelli.

Si staccò dopo diversi secondi, rimanendo imbambolato a vedere lei che, seppur ancora intontita dal sonno, non faceva che guardarlo con i soliti occhi. Quegli occhi incrociati per la prima volta in giro per i tetti di Parigi e poi tra i banchi di scuola, una distesa immensa di azzurro che non faceva altro che chiamarlo, smuoverlo a nuotarci per l'eternità senza fermarsi mai.

«Mamma, dove-»

I due sgranarono gli occhi e si voltarono ancora una volta verso la porta, incrociando all'unisono gli occhi verdi di Louis, che li guardava abbastanza confuso. Sbatté un paio di volte le palpebre, poi si sporse per raggiungere la maniglia della porta e se la chiuse alle spalle, dirigendosi verso la propria camera, in cerca della maglietta che gli aveva regalato suo nonno.

«... Wow.»
«Hai visto? Niente traumi, niente problemi. Ha semplicemente chiuso la porta e se ne è andato.»
«Ma come sapevi che non avrebbe reagito... come solitamente reagiscono i bambini?»
«Anche tu dovresti sapere com'è fatto tuo figlio. Louis non è stupido, è un bambino intelligente: ha capito da solo che, facendo il bravo e lasciando noi due da soli, avrà la sorellina che tanto desidera.»
«... Da quando stavi pianificando tutto questo?» le domandò confuso il marito dopo aver sbattuto anche lui le palpebre un paio di volte, tirando su il busto quando lei si alzò per scendere dal letto e infilarsi le ciabatte.

«Non mi accusare di complottare alle spalle di nostro figlio. Semplicemente, cerco di essere in tutte le maniere una brava madre, nascondendo più insegnamenti dietro a quello che ne pare uno solo.» cercò di spiegarsi lei, raggiungendo il lato opposto del letto per recuperare gli occhiali di Adrien dal comodino e porgerglieli: «... Non voglio sembrare una madre severa, semplicemente vorrei crescerlo nel miglior modo possibile.»
«... Marinette, mon amour.» la chiamò lui, allungando la mano per stringere la sua e avvicinandosi così da lasciarle un bacio sul naso: «Tu non sei una brava mamma... Sei una super mamma.»
«Suvvia Adrien...» cercò di smuoverlo lei, arrossendo e sorridendo quando lui prese a riempirle la guancia di baci: «Forza, dobbiamo andare a lavarci anche noi.»
«... Va bene...» borbottò lui con un finto muso, provocandole una leggera risata.

Si alzò in piedi e lo stesso fece lei, avviandosi entrambi verso il bagno. Lui a una certa sbadigliò, alzando entrambe le braccia per stiracchiarsi, ma sobbalzando poco dopo al sentire un rumore sordo e un leggero dolore propagarsi dal lato b.

«... M'lady?»
«Sì?» rispose lei sempre con aria da finta innocente, ridacchiando al suo sospirare e sistemarsi gli occhiali che gli erano calati appena: «Che c'è? Ti ho fatto male?»
«... Un po'...» confessò lui con un filo di voce e le guance appena colorate di rosso.

«Ahaha! Dai! Non l'ho fatto così forte...»
«... Certo...»
«Cosa? Ne vuoi ancora?»
«... Andiamo a lavarci...» si affrettò a dire lui, senza però accelerare il passo.

«Lo prendo come un sì...» sussurrò lei con un sorriso malizioso, il quale venne ricambiato istintivamente da Adrien.

-   -   -   -   -

Louis si stava fortemente trattenendo dal lasciare la mano della madre per poter correre a ruota libera verso la boulangerie dei suoi nonni. Ormai conosceva la strada a memoria, però doveva aspettare di trovarsi a Place des Vosges per potersi lanciare alla riscossa. Non perché non volesse stare con i suoi genitori, ma voleva rivedere i nonni il prima possibile, e al contempo non fare preoccupare la sua mamma e il suo papà. Si preoccupavano molto per lui, soprattutto quando si allontanava senza avvertirli o senza permettere loro di vedere dov'era improvvisamente fuggito. Era successo qualche volta, e addirittura si era stupito nel vedere suo padre più disperato di sua madre, cosa che, prima di allora, non era mai successa.

«Mamma...»
«Sì?»
«Ma i nonni lo sanno se avrò una sorellina o no?» domandò lui, tornando sul discorso che erano stranamente riusciti a sopire più del solito.

Marinette ridacchiò con gli occhi occupati a guardare di fronte a sé, poi si voltò, e incrociò quelli verdi del suo piccolino, che, ancora una volta, si era portato dietro uno dei suoi due pupazzi, del quale si stava occupando Adrien e verso il quale puntò la propria attenzione.

«... Ma gli hai dato un nome?»
«A chi?»
«Ai tuoi peluche. Ce li hai da sempre, ma non hai ancora dato loro un nome.»
«... Lui si chiama Tag» rispose poi lui indicando il gatto rosso che suo padre teneva nella tasca della giacca.

Adrien sorrise appena, allungò la mano e accarezzò la testa al figlio, che sembrava piuttosto confuso di quel suo gesto, dopotutto, secondo il proprio punto di vista, aveva semplicemente risposto a una domanda.

«Tag?»
«Sì, Tag.»
«Perché questo nome?»
«Zia Alix mi ha detto che è una firma. Si mette sui disegni dei muri, quelli con le bombolette, per fare capire alle persone che li ha fatti lei.»
«E tu perché hai voluto chiamare il tuo peluche così?»
«Perché è il mio migliore amico. È sempre con me» spiegò il bambino, afferrando il peluche da un orecchio per stringerselo al petto.

Marinette sorrise, rimanendo diversi secondi incantata a fissare il bambino che teneva stretto a sé quel pupazzo, tanto strano, ma tanto importante per lui. Alzò poco dopo lo sguardo, accorgendosi di come Adrien aveva messo entrambe le mani in tasca e abbassato lo sguardo: c'era qualcosa che non andava.

«... Louis, puoi anche andare incontro ai nonni, io e papà arriviamo subito.»
«Sìiiiii!» esclamò lui tutto felice, prima di correre a razzo lontano dai genitori, diretto alla boulangerie.

Rimase qualche secondo a tenerlo d'occhio, poi, vedendolo sparire dietro alla porta che gli era stata aperta, prese la mano del marito e si mise di fronte a lui.

«Adrien, che cos'hai? Te lo chiedo da stamattina, e non mi hai ancora risposto.»
«... Non ho niente, è tutto ok.»
«Davvero credi di potermi mentire? Non riesci nemmeno a guardarmi negli occhi» gli rispose per le rime, guardandolo sospirare e poi avvicinarsi a lei, lasciandole la mano per poterla abbracciare e appoggiare la testa alla sua.

«... Cosa c'è Adrien?»
«Ripensavo a mio padre... Al fatto che, anche dopo tutto questo tempo, non riesco neanche a immaginare di poterlo perdonare...»
«Ma davvero non lo senti da dieci anni? Io dovrei essere perfino una minaccia per lui, ma, anche da come sai tu, del marchio Gabriel non si è più saputo nulla.»
«... Già... Mi domando cosa si sia ridotto a fare per vivere...» confessò lui, chiudendo lentamente gli occhi quando lei ricambiò il suo abbraccio: «Comunque avresti potuto evitare di illudere Louis...»
«Perché l'avrei illuso?» domandò lei con un'espressione abbastanza confusa.

Adrien si allontanò lentamente, così da poterla guardare di nuovo negli occhi, e sgranando i propri una volta collegati alcuni puntini.

«... Aspetta... tu...?» cercò di domandare lui, causandole una leggera risata.

Stava reagendo in maniera completamente diversa dalla prima volta: glielo aveva detto all'improvviso, e lui era quasi svenuto dalla sorpresa, mentre i loro compagni si erano messi ad applaudire e urlare "la famiglia Agreste si allarga". Era distratto da quella mattina, giustamente non aveva per niente collegato i fatti durante il discorso con il loro piccolo micetto.

«... Noi siamo in dolce attesa.»
«Tu... tu sei...» cercò di ripetere lui, con gli occhi lucidi e sgranati: «... Io sarò...»
«Sarai di nuovo papà, amore mio.»
«Marinette, ti amo da impazzire...» affermò subito dopo, fiondandosi ancora una volta tra le sue braccia, riempiendola di baci su tutta la testa.

Louis aveva quasi urlato dalla felicità quella mattina, ma la reazione del suo maritino era impagabile.
Dopo essersi svegliato così malamente per quell'incubo, l'amore della sua vita era riuscita ancora una volta a fargli tornare il sorriso in mezzo secondo.

«... Anch'io ti amo da impazzire.»
«Louis sarà così felice...»
«Non so ancora se sarà una femmina o meno, però hai ragione.»
«... A proposito, sarebbe meglio raggiungerlo dai tuoi genitori» si ricordò lui, allontanandosi per riprenderla per mano.

Marinette annuì e si avviò assieme a lui verso la casa dov'era cresciuta, vagando in giro con lo sguardo mentre con la mente andava a pensare ad altro. Qualche anno prima correva per quelle strade con lo scopo di arrivare in tempo a scuola, e, durante una di quelle volte, ricordava di aver incontrato un anziano, del quale però non ricordava il nome o il volto, ma la camicia rossa hawaiana sì.

«Ahh...»
«Cosa c'è?»
«Niente... emicrania...» rispose lei dopo essersi portata una mano alla fronte.

Adrien si preoccupò sul momento, ma si ricordò poi di due possibili spiegazioni a quel suo improvviso mal di testa: la gravidanza nominata poco prima e le memorie corrotte collegate ai miraculous. Girò il viso e le lasciò un bacio sulla testa, ricevendo un dolce "grazie" da parte sua.

«Spero che nostro figlio non stia facendo dannare i miei...»
«Te li ritroverai addosso, ne sei consapevole?»
«Sempre meglio di Alya e Chloé, sono più moderati a differenza loro, mica mi saltano addosso e mi riempiono di domande...» si spiegò lei con ancora la mano vicina alla fronte, prima che il marito aprisse la porta della boulangerie.

Una volta entrati, lei e Adrien si ritrovarono la piccola peste davanti, la quale era coperta di farina da capo a piedi.

«... Louis?»
«Sono Casper!» esclamò il bambino alzando entrambe le braccia e muovendo quella farina che gli era rimasta sulla giacchetta.

Marinette rise e si piegò sulle ginocchia, allungando una mano per scrollare almeno una manciata di farina via dalla testa del bambino, il quale poi scrollò tutto il corpo nel tentativo di imitare un cane.

«Ehi, pulce... calma i bollenti spiriti.»
«Adesso ti tormenterò nei sogni...» tentò di minacciarla lui, cambiando appena la voce per renderla più inquietante e avvicinando le mani al suo viso con fare minaccioso.

«Ehehe... Che cosa hai combinato, Biancaneve?»
«La nonna mi ha lasciato entrare e io sono corso a salutare il nonno, che si è spaventato e mi ha lanciato la farina addosso...» gli spiegò il bambino con fare innocente ed entrambe le mani dietro alla schiena.

«È stato un incidente...» aggiunse Tom, verso il quale i due spostarono lo sguardo prima di sorridere.

«Tranquillo papà, non è nulla di grave» gli rispose Marinette, nel momento esatto in cui Adrien prese in braccio il piccolo fantasma.

«Se avessi portato con te un cambio, avresti potuto anche permettergli di lavarsi qui...»
«Non preoccuparti mamma, tornati a casa faremo fare un bel bagno al piccolo micetto.»
«Uffa...» borbottò il diretto interessato, nascondendo il viso contro il collo del padre.

«È diventato grande, guarda che bel bambino è diventato...»
«Mamma, non è da così tanto tempo che non lo vedete. Saranno passati un paio di mesi.»
«Tesoro mio, è un dato di fatto che tu e tuo marito siate due bellezze uniche al mondo. Lasciamelo dire che il vostro piccolino è il bambino più bello del mondo.»
«... Bu» commentò il diretto interessato, che non aveva la minima voglia di alzare la testa perché era arrossito per tutti quei complimenti.

Marinette aveva volto lo sguardo verso il piccolo, sorridendo al vederlo stringersi ulteriormente al padre per non essere visto.

«Restate per colazione?»
«Certo, papà. Non saremo mica venuti unicamente per un saluto e via, Louis non vedeva l'ora di venire a trovarvi.»
«Bene! Allora corro a preparare la tavola e tutto per una bella colazione in famiglia, raggiungetemi tra poco!» esclamò entusiasta il signor Dupain, prima di scattare al piano di sopra.

Marinette rise, sgranando gli occhi al sentire la giacca venire tirata dal basso, ma sorridendo al vedere che era sempre il suo micetto.

«Sì, Louis?»
«Mi pizzica la testa...» ammise il piccolo con il viso affondato contro i suoi pantaloni.

«Oh, amore... Però avresti potuto evitare di spaventare il nonno» gli rispose piegandosi a terra per prenderlo in braccio.

«Io volevo solo salutarlo...»
«Ma il nonno non è abituato, se lo saluti all'improvviso si spaventa.»
«Mh...»
«Penso che sia necessaria una bella lavata di capo» commentò Adrien affiancando la moglie, sotto gli occhi di Sabine che erano concentrati sul suo adorato nipotino.

«Se non vi dispiace, posso anche pensarci io.»
«Sicura mamma? Sai che Louis non è esattamente calmo e tranquillo, soprattutto quando si tratta della testa.»
«Sì, me lo ricordo bene. Anche quando era più piccolo si agitava parecchio al sentire i capelli venire lavati, è molto sensibile da quelle parti.»
«Già... E tu non lo sopporti, vero cucciolo mio?»
«Non lo faccio apposta...» confermò il bambino mugugnando contro il collo della madre prima di essere preso dalla nonna.

Sabine gli rivolse un dolce sorriso e poi il bambino appoggiò la testa alla sua, ricevendo anche un bacio sulla fronte.

«Noi andiamo a lavare i capelli, saluta mamma e papà.»
«Ciao...»
«Fai il bravo, Louis!»
«Non far impazzire la nonna!» raccomandarono i due, rimanendo in attimo fermi sul posto in attesa che loro sparissero oltre le scale: «... Quanto è quotata la domanda "sai che avrò una sorellina", secondo te?»
«Esiste l'essere quotata più di cento su cento?»
«Ehehe, non penso Adrien...»
«E allora diciamo che c'è il 100% di possibilità, ma è un eufemismo.»
«Ahaha!»
«... Intanto raggiungiamo tuo padre?» domandò Adrien, che cercava di trattenere l'acquolina al pensare a tutte le leccornie preparate da Tom.

«Certo, gatto golosone...»
«Ehi!»
«Ahaha!»

-   -   -   -   -

Sabine recuperò un asciugamano e lo mise sulle spalle del nipote, così da impedire che si bagnasse anche la maglia sotto. Si accertò di averlo fatto piegare abbastanza e anche di avere tutto a portata di mano, così da non dover correre a prendere altre cose di colpo e lasciarlo lì ad aspettare.

«Ok Louis, sei pronto?»
«Dov'è Tag?» chiese il bambino guardandosi attorno, stringendo il pupazzo a sé quando la donna glielo porse: «Non ci metterai tanto, vero?»
«Vero. Devi solo stare tranquillo tesorino, altrimenti sì che ci metteremo più tempo» gli spiegò sistemando un'ultima volta l'asciugamano prima di prendere in mano il getto d'acqua.

Cominciò lentamente a bagnare i capelli al bambino, fermandosi un attimo al vederlo sgranare gli occhi e serrare i denti, probabilmente per un improvviso brivido che gli aveva appena attraversato la schiena. Sorrise e poi fece ripartire il getto, assicurandosi con la mano di non farlo finire sul volto del corvino.
Una volta data la prima lavata, recuperò lo shampoo, facendone ricadere una piccola quantità sul proprio palmo prima di insaponare i capelli del piccolo.

«Nonna?»
«Sì, tesoro?» domandò lei senza distogliere lo sguardo da ciò che stava facendo.

«Perché la mamma non ha fratelli o sorelle?» domandò il bambino con invece gli occhi verde smeraldo rivolti su di lei, la quale per un attimo li incrociò, avendo reagito con sorpresa.

La donna per un attimo rimase interdetta. Era ben consapevole della chiacchiera del proprio nipote, che sembrava non voler superare l'età dei "perché?", però quando arrivava a sentire un certo tipo di domande non sapeva esattamente come rispondere.

«... Io e il nonno ne abbiamo passate tante, per noi già poter vedere Marinette davanti ai nostri occhi è stato molto.»
«La mamma non vi ha mai chiesto una sorellina o un fratellino?»
«A domandarmelo così non riesco a ricordarlo subito. Ma non credo che, agli occhi di Marinette, fosse un problema tanto grande l'essere l'unica principessa di casa.»
«... E perché?»
«Perché tutte le attenzioni erano rivolte a lei. Io e Tom eravamo sempre lì, non c'era mai bisogno di insistere, dopotutto sapeva che poteva sempre contare su di noi.»
«E quando poi è cresciuta?»
«Dovevamo lavorare e Marinette sembrava avere sempre da fare... Non riesci a mandare avanti una famiglia se, in questo caso, non consegni il pane a chi lo ordina» cercò di rispondergli al meglio lei, finendo il quel momento di insaponargli i capelli.

Il bambino trattenne un sospiro, strinse ancora di più Tag al petto quando un altro brivido gli attraversò tutta la schiena, sempre per colpa dell'acqua, e poi rivolse lo sguardo al soffitto. Davvero lui e sua madre avevano un punto di vista così diverso? Certo, aveva i suoi genitori tutti per lui, ma si sentiva solo in quella che era la loro casa: non era enorme, ma nemmeno così piccola, c'era la completa disponibilità per giocare a nascondino o ad acchiapparella, ed era ben consapevole del vantaggio che avevano i suoi genitori, ma ormai conosceva i loro punti deboli e non era più così divertente.
Ogni volta che sentiva i suoi compagni parlare di come giocavano con i loro fratelli, oppure vedeva da vicino Alain bisticciare con Nicole, non riusciva a fare a meno di provare invidia. Di figli unici c'erano solo lui e Melody, la quale era più piccola di lui di qualche mese, ma non aveva nulla di cui lamentarsi, diceva sempre che non si sentiva mai sola, anche perché molto spesso andava a trovarla Alexa, con il piccolo robot Marcov.

«Tesoro, tutto bene?» gli chiese Sabine, essendosi accorta di quel suo improvviso silenzio, cosa che con lui non accadeva mai.

«... Io mi sento solo» ammise con gli occhi lucidi, trovandosi a mettere il broncio perché sentiva le lacrime minacciarlo di uscire.

La donna recuperò un asciugamano e prese a tamponargli la testa, rimanendo in silenzio in prevenzione di una sua successiva affermazione, la quale, come da lei previsto, non tardò ad arrivare.

«Molti miei compagni hanno fratelli o sorelle, altri no, per motivi che non capisco...» continuò il discorso il bambino, mentre sua nonna recuperava il phon e cominciava ad asciugargli i capelli una volta che si fosse rimesso dritto, sempre con l'asciugamano in spalla: «... È sbagliato volere tanto una sorellina quando altri non possono...?»

Sabine si intristì subito al sentire quelle parole venire pronunciate dal suo nipotino. Con il phon gli tirò su le ciocche che gli erano ricadute sugli occhi, finendo per coprirli, e sorridendogli quando lui spostò su di lei lo sguardo.

«Non è per niente sbagliato Louis, ognuno di noi è diverso, e vedere quanto sembra importante per te... mi riempie il cuore. Sei davvero un bambino meraviglioso e sono sicura che, se mai arriverà questa sorellina da te tanto desiderata, tu sarai il fratello maggiore migliore del mondo» lo confortò la donna mentre si aiutava con la spazzola nel sistemare i capelli del bambino che il phon spazzava dal lato opposto.

Il corvino rimase due secondi immobile a guardarla, ricevendo poi un altro dolce sorriso quando incrociò ancora una volta il suo sguardo. Ricambiò e rise, lasciando andare il suo peluche per tenerlo libero sulle proprie gambe, cominciando così a battere le mani libere sui pantaloni ad un ritmo ben preciso.

«Abbiamo quasi finito Louis, non ti preoccupare.»
«Lo so, io sono contento.» rispose lui con un sorriso a ventotto denti, senza però smettere di muoversi in modo abbastanza frenetico: «Mamma ha detto che presto avrò una sorellina!»

A Sabine per poco non cadde il phon a terra. Le parole appena pronunciate dal suo amato nipotino l'avevano colpita dritta al cuore, e subito degli accenni di lacrime erano arrivati ai suoi occhi.

«Cosa...?»
«... Nonna? Stai bene?» domandò il piccolo preoccupato, facendo per scendere dalla sedia ma venendo subito fermato da lei, che stava sbattendo più volte le palpebre: «... Tu non la vuoi una nipotina?»
«Tesoro mio, no no... Non sto piangendo perché sono triste...» cercò di rispondere lei, recuperando un pezzo di carta per asciugarsi le lacrime: «Sono felice... per me diventare nonna un'altra volta non può che rendermi contenta.»
«... Quindi per te va bene?»
«Va benissimo tesoro, non bene...» rispose ancora lei commossa, sempre con gli occhi verdi del nipote puntati addosso.

Lui sembrava ancora visibilmente confuso dalla sua reazione, ma, finché qualcuno non gli proibiva di avere una sorellina, allora poteva passarci sopra tranquillamente. Dopo quest'ultimo discorso, non aprì più bocca, permettendo così a Sabine di finire di asciugargli i capelli e impedire a questi ultimi di andargli davanti agli occhi o dargli fastidio.

«Ok, abbiamo finito.»
«Voglio vedere, voglio vedere, voglio vedere!» ripeté il bambino una volta sceso dalla sedia, prendendo a saltellare sul posto.

La donna ridacchiò e poi lo prese in braccio, lasciando il suo peluche sulla sedia per evitare che gli cadesse.

«Wooow! Sono più bello di papà!» esclamò il bambino mettendosi un paio di volte di profilo, così da potersi guardare bene.

Sabine si mise a ridere di gusto, riconoscendo anche in questo lato il carattere del dolce Adrien: anche il piccolo Louis era vanitoso, proprio come il suo papà.

«Cosa? Non è così?»
«Sei bellissimo, tesoro mio...»
«Lo so...» rispose lui con un sorriso furbetto, prima di fare l'occhiolino alla propria immagine riflessa.

Sabine rise ancora. Riprese il peluche del nipote e poi lo lasciò scendere, libero di poter correre dai genitori, rimanendo dietro di lui per assicurarsi che non scivolasse per le scale.

«Mamma! Papà!» li chiamò lui a gran voce prima di aprire la porta, sgranando gli occhi al vedere sua madre rifiutare - nella maniera più gentile possibile - quella che era una fetta di torta, appena offertale da suo nonno.

«Su tesoro, è la tua preferita...»
«Lo so papà, ti ringrazio per il pensiero, ma proprio non mi va...» rispose lei, mentre cercava di tenere lontano il viso da quel dolce, del quale più sentiva l'odore più le saliva la nausea.

«Va a me!» esclamò Adrien rubando il piattino dalle mani del suocero, armandosi poi di forchetta per portarsi il primo boccone alla bocca: «Mmmhh... Che buona...» commentò subito dopo, provocando una risata da parte di Tom e ricevendo un grazie sussurrato dalla moglie.

«Guardate un po' chi è tornato!» esclamò Sabine una volta raggiunto il nipote, il quale non aveva più aperto bocca.

«Ehi, cucciolo!» lo chiamò sua madre, alzandosi dal tavolo per andargli incontro, stranendosi al vedere lui fissarla in modo strano: «Ma guarda come ti ha fatto i capelli la nonna... Sono molto belli.»
«... Mamma, stai bene?» domandò lui cambiando totalmente discorso, calamitando su di lei gli occhi di Sabine.

«... Certo amore, perché non dovrei?»
«Hai rifiutato la torta del nonno...» rispose lui, generando anche nella madre della giovane donna un dubbio.

«Ehhh... Semplicemente non ho così fame, tesoro. Sto bene, tranquillo!»
«... Mh» annuì lui, non troppo sicuro della risposta appena ricevuta.

Louis si allontanò da lei e raggiunse il papà, arrampicandosi sullo sgabello dove poco prima era seduta Marinette per mangiare anche lui la torta di suo nonno.

«Ehi, non stai affatto male così, sai?»
«... Papà?»
«Sì, piccola peste?»
«Davvero la mamma sta bene?» domandò lui, questa volta con un visibile accenno di preoccupazione nello sguardo.

Adrien stava per portarsi il penultimo boccone alla bocca, ma si fermò una volta incrociati gli occhi del figlio, finendo per sorridergli e appoggiare la forchetta al piatto per accarezzargli il viso con la mano.

«Non preoccuparti Louis, la mamma sta bene. Non c'è niente di cui avere paura, è quella di sempre.»
«Mh...» gli annuì ancora non tanto convinto, ritrovandosi a sorridere quando Tom consegnò anche a lui una fetta di torta.

L'uomo sorrise chiudendo gli occhi, rendendosi conto di come, dal giorno in cui Chat Noir era venuto a colazione da loro, erano passati anni. Forse Marinette aveva superato con difficoltà quel momento, ma adesso era fiero di poterla vedere così felice e contenta con suo figlio e suo marito.

«Marinette, tesoro. Ricordi quando ho invitato Chat Noir a colazione? Ah, povero ragazzo, non si meritava quella mia reazione così esagerata...»
«... Chat... Noir?» ripeté Marinette confusa, cosa che fece sgranare gli occhi ai genitori, mentre ad Adrien era andato di traverso l'ultimo boccone.

«Di chi parli, nonno?» domandò il piccolo Louis dopo aver ingoiato.

«Di Chat Noir, il partner in battaglia di Ladybug. Non ne hai mai sentito parlare?»
«... Forse zia Alya li ha nominati qualche volta. Mamma e papà no, mai» rispose il bambino negando anche con la testa.

Tom aggrottò le sopracciglia, rivolgendo lo sguardo verso la figlia e il genero.

«... Voi non avete parlato a vostro figlio dei supereroi che fino a pochi anni fa proteggevano Parigi da quel... ehm... Sabine, ti ricordi come si chiamava?»
«Papillon? O forse a un certo punto ha preso il nome di Papillombre...» rispose la donna, portandosi una mano al mento mentre rifletteva.

Marinette rimase a bocca aperta senza emettere un suono, voltando lo sguardo verso Adrien e guardandolo negare con mani e testa, come per smuoverla a cambiare presto discorso. Questo, però, le provocò un'altra emicrania, subito dopo che la figura di un ragazzo in nero si era sovrapposta a quella di Adrien.

«Aaah...»
«Mamma, che cos'hai?» le chiese ancora preoccupato Louis, saltando giù dallo sgabello per affiancarla e aggrapparsi alla sua giacca: «Mamma...»
«Amore, sto bene... È solo un leggero giramento di testa» rispose lei con una mano lievemente appoggiata alla fronte.

Il biondo la raggiunse, appoggiò una mano sulla sua spalla e poi si avvicinò con la bocca al suo orecchio, consigliandole di sedersi un attimo sul divano e rilassarsi. Lei annuì leggermente riluttante, ma si lasciò accompagnare da lui fino a raggiungere il divano, finendo per appoggiare la testa alla sua spalla quando si sedettero entrambi.

«... Che cos'ha la mamma?» domandò il piccolo una volta voltatosi in direzione di sua nonna, vedendo anche lei preoccupata per quel suo strano comportamento.

Era da un po' che non vedeva sua figlia, ma non l'aveva mai vista così. Da diversi anni non era raro vederla bloccarsi un attimo per colpa di improvvise emicrania, ma non accadeva mai così spesso... Tranne per un'occasione in particolare.

«... Ho detto qualcosa di sbagliato?» si domandò Tom da solo, anche lui volgendo lo sguardo verso la moglie.

«Marinette» la chiamò sua madre, anche lei avvicinandosi al divano per parlare faccia a faccia con la sua bambina: «... Qualcosa non va?»
«No mamma, va tutto bene, davvero. Non preoccuparti.»
«... Tesoro, so che non è esattamente così. Qualcosa c'è, perché non vuoi dirmelo?» le domandò accomodandosi poco lontano da loro.

Marinette alzò gli occhi sul marito, vedendolo ricambiare subito lo sguardo e capendo all'istante che, in un modo o nell'altro, qualsiasi cosa lei avrebbe detto, lui l'avrebbe appoggiata. Questo suo essere fin troppo debole, quando si trattavano certi argomenti, lo preoccupava ed era qualcosa di palese tra loro, considerato quanto quei due occhi verdi erano un libro aperto per lei.

«... Abbiamo in programma una sorpresa per Louis, ma non possiamo parlarne ad alta voce, essendo una sorpresa» arrivò a confessare la mora, alzando la testa dalla spalla per marito per avvicinarsi di più alla madre.

Sabine sorrise e, abbassando per un attimo gli occhi sul peluche del nipote che teneva in grembo, decise di porgerlo alla figlia, guardandola confusa per un attimo.

«Il vostro bambino è meraviglioso.» disse quando finalmente Marinette lo prese tra le mani, tenendolo anche lei al grembo: «Abbiamo parlato un po' prima, e, anche se ogni tanto esagera con le domande, è molto intelligente e sveglio.»
«Ehe, lo sappiamo... Louis non è esattamente come gli altri bambini.»
«... Si sentiva in colpa per volere tanto una sorellina, sapete?» aggiunse la donna, facendo sgranare gli occhi ai due coniugi.

Adrien e Marinette non emisero un fiato. Quelle parole li avevano presi in contropiede, sconvolgendoli da cosa il loro piccolo aveva nascosto. Dietro a tutte quelle risate, i piccoli scherzi, l'insistere per quanto quella cosa contava per lui... aveva nascosto un senso di colpa non indifferente?

«... Cosa?»
«Ha detto che gli dispiace di volere così tanto una sorellina, quando non è permesso a tutti o non tutti la pensano allo stesso modo. Si sente solo... Ha voi, certo, e contate tanto per lui, ma... a lui piacerebbe condividere l'amore che gli date. Gli sembra di avere un vuoto accanto, come se mancasse qualcosa...» spiegò loro Sabine, aggiungendo quelli che erano stati i suoi ragionamenti nel vedere il suo amato nipotino parlare di quell'argomento.

Marinette non riuscì nemmeno a voltare lo sguardo verso Adrien. Sentire quelle cose da sua madre l'aveva colpita al cuore, come se, davvero, lei avesse fallito qualcosa con Louis. Il marito, invece, non faceva che guardare lei, dispiaciuto per quello che aveva appena sentito, ma soprattutto preoccupato per come l'avrebbe presa.

«... Lui prova tutto questo? E allora perché non me ne ha mai...»
«Tesoro, adesso sono piccole cose, vedrai poi quando crescerà e finirà per nasconderti anche la sua taglia si scarpe.»
«Ma io... non voglio che sopporti tutto questo da solo...»
«Non lo affronterà da solo, ci siete voi con lui, basterà dirgli chiaro e tondo che non ha di cui preoccuparsi. Invece, riguardo alla sorellina, finché non sento di problemi di salute, non vedo dove sia il problema.»
«... In realtà...»
«Sei incinta, giusto?» domandò Sabine a bassa voce con un sorrisetto, facendo sgranare gli occhi ai due coniugi.

«Come fai...?»
«Louis diceva che "presto" avrebbe avuto una sorellina, e poi, l'unica volta, oltre a questa, che ti ho vista rifiutare la torta di tuo padre, era quando aspettavi lui.»
«... Forse il mio salvataggio è arrivato in ritardo» commentò Adrien con un sorriso tirato, cambiandolo con uno sincero al sentire la moglie ridacchiare.

Allungò la mano per avvicinarla al suo viso, così da accarezzarglielo con la solita faccia da pesce lesso innamorato.

«Quindi... davvero è una femminuccia?»
«Non lo so ancora, ma non penso di volerlo scoprire. Per me, Adrien e Louis deve essere una sorpresa fino alla fine, rovinarla così non è divertente...» spiegò Marinette, ridacchiando quando un dito del marito le sfiorò un punto sensibile, che aveva scoperto tempo addietro durante le loro lotte di solletico.

Sabine rimase a guardarli incantata, spostando poi lo sguardo su Tom e Louis, con quest'ultimo che si stava divertendo a comparare le sue piccole mani con quelle del nonno.
Anche Marinette girò la testa per guardare il figlio, sorridendo anche lei al vedere la scena.

«Cucciolo, puoi venire un momento?»
«Cosa c'è, mamma?» domandò lui un attimo dopo, sceso con un salto per raggiungerla subito.

«C'è una cosa che ti devo dire» gli rispose sporgendosi per prenderlo in braccio, così da farlo sedere sulle sue gambe: «... Ricordi di cosa abbiamo parlato stamattina?»
«... La sorellina?» domandò il bambino dopo aver sgranato gli occhi, come se si fosse appena risvegliato.

«Sì, bravo...»
«E allora?»
«Allora...» continuò Marinette, avvicinando poi la bocca all'orecchio del figlio: «... La mamma è in dolce atte-»
«SÌIII! Avrò una sorellina! Avrò una sorellina! Avrò una sorellina!» cominciò a canticchiare il bambino, dopo essere saltato giù dalle gambe della madre e aver cominciato a correre per la stanza.

Tom, che ancora non si era mosso dalla cucina, pareva diventato una specie di statua di sale, con gli occhi spalancati e le mani appena appoggiate al ripiano. Le parole del suo nipotino l'avevano preso dritto al cuore.

«Tom, mio caro, non sei contento?» esclamò subito dopo Sabine, alzandosi dal divano per raggiungere presto il marito, ridacchiando al vedere Louis ricominciare per l'ennesima volta il giro della stanza.

«La mia... bambina...» riuscì poi a dire l'uomo, prima di portarsi entrambe le mani alle guance e sorridere come suo solito: «Figliolo! Non potevi rendermi più fiero, diventerò di nuovo nonno!» esclamò fiero l'uomo, dopo essersi avvicinato in tempo zero ad Adrien per prenderlo in braccio e stringerlo forte a sé.

«Eh... lo so... Anche io diventerò di nuovo papà...»
«E io avrò una sorellina!»
«Louis» lo richiamò Marinette, trattenendosi dal ridere al vederlo bloccarsi sul posto come una statuina: «Potrebbe anche non essere una sorellina, sai...?»
«Io voglio una sorellina!» ripeté ancora il corvino, sedendosi a gambe incrociate e incrociando anche le braccia, mettendo il muso.

Marinette questa volta scoppiò a ridere, con anche Adrien che sembrava sul punto di soffocare. Louis alzò lentamente lo sguardo poco dopo, mettendosi anche lui a ridere al vedere come suo padre tentava inutilmente di liberarsi dalla stretta ferrea di suo nonno.

«Mio caro, sono fiero di averti come erede!»
«Ah, figurati... papà...» rispose Adrien con un sorriso tirato, sgranando gli occhi al vedere lucidi quelli di Tom, che subito dopo lo strinse ancora più forte.

Lavorava anche lui alla boulangerie da tempo e ormai non era raro per lui chiamarlo in quel modo, ma per Tom sembrava essere sempre la prima volta. Sapeva bene quanto quell'uomo si sentiva fiero sia di lui che di Marinette, e si sentiva lusingato dall'inizio, ma non poteva fare a meno di provare anche una leggera nota di malinconia. Suo padre non l'aveva mai trattato così e tantomeno rivolto simili parole, e questo non faceva che ritornare ogni tanto. Traspariva poco, ma Marinette era sempre lì a notarlo con i suoi occhi azzurri.

«Ehehe, è un orso...»
«Perché è un tenerone, sai che si è messo a piangere quando sei nato tu?» aggiunse sua madre, voltando lo sguardo verso di lui e ridendo al vederlo prima sgranare gli occhi e poi puntarli sul nonno.

Nemmeno Louis, che era suo nipote, riusciva a crederci. Tom Dupain era un omone stampo armadio, però non esattamente la vera e propria figura che si associa solitamente a quella statura: era la persona più dolce e premurosa sulla faccia della Terra, e, unicamente in rari casi, tirava fuori quella che era la sua rabbia.
Erano una famiglia particolare, ma non c'era nulla di cui vergognarsi: meglio originali che formato stampa di finta perfezione.

-   -   -   -   -

«Ciao nonno, ciao nonna!» li salutò Louis una volta uscito dalla boulangerie, agitando in segno di saluto una mano mentre con l'altra reggeva Tag per una zampa.

«Ciao ciao, tesorino!»
«Fai il bravo, e prenditi cura dei tuoi genitori!»
«Come sempre!» rispose risoluto il bambino, marciando poi fiero in direzione del parco.

Adrien e Marinette sospirarono all'unisono, salutando anche loro Tom e Sabine prima di seguire la piccola peste. Una volta entrati, videro Louis saltare sulla fontana e camminare sul bordo, allargando le braccia ai propri lati per mantenere l'equilibrio.

«Cucciolo, stai attento!»
«Sì, mamma!» rispose lui, tenendo gli occhi puntati a terra.

Improvvisarsi equilibrista era divertente. Immaginava di trovarsi a diversi metri da terra, occupato a camminare su una normale fune da funambolo, mentre la gente lo applaudeva dalle tribune.

«Louis il Grande che attraversa il vuoto su una qualsiasi corda!» esclamò poi a gran voce, prima di saltare giù e riprendere la corsa verso casa.

I suoi genitori erano poco dietro di lui, a guardarlo con due occhi incantati. Si stavano tenendo per mano da quando erano usciti, e nessuno dei due sembrava essere minimamente intenzionato a mollare la presa.

«... Mi sembra di star vivendo un sogno» parlò poi ad Adrien ad alta voce, ritrovandosi subito addosso gli occhi della moglie: «Cosa?»
«Davvero?»
«Ho sempre voluto avere una famiglia numerosa...» le confessò con un lieve sorriso, mentre la malinconia tornava di nuovo a ripresentarsi nel suo sguardo: «... E tu non mi sembravi tanto contraria.»
«Certo che non lo sono, anche a me piace immaginare quella che sarebbe la nostra famiglia. Con te, me, tre piccoli micetti...»
«... Già» concordò Adrien, chiudendo per un secondo gli occhi al pensiero di Tikki e Plagg.

Quelle due piccole divinità quantistiche sarebbero per sempre rimaste nel suo cuore. Plagg per un motivo, Tikki per un altro. Facevano parte anche loro della famiglia, ma l'unico a ricordarsene, purtroppo, era solo e soltanto lui.

«... Stai ripensando a Rêver?» gli chiese poi lei, colpendolo ancora una volta dritto al cuore.

Rêver, quello che, per tre anni, era stato il loro piccolo e adorabile criceto. Sì, alla fine l'avevano preso, ma, con l'arrivo di Louis, non avevano più preso in considerazione il prendere un altro roditore.

«... Pensi che a Louis sarebbe piaciuto?» le domandò poi, rimanendo sull'argomento che lei aveva appena tirato fuori, permettendogli così di distrarsi almeno un po'.

«Ma che domande. Era un criceto, tanto adorabile e coccoloso, come avrebbe fatto Louis ad odiarlo?»
«... Se glielo avessimo presentato adesso, che è andato in fissa con "voglio una sorellina", l'avrebbe odiato, senza dubbi.»
«Beh, ovvio se la metti così...» rispose lei rivolgendogli anche uno sguardo offeso, provocandogli una leggera risata.

Adrien abbassò lo sguardo, fissandosi poi sul ventre di Marinette, la quale, non appena se ne accorse, allungò l'altra mano per alzargli il viso dal mento, spingendolo appena su con l'indice.

«Cosa guardi, gattino?»
«... Niente.»
«Ahhh, sempre a credere di potermela fare.»
«... Non lo faccio apposta.»
«Lo so amore, ti stavo prendendo in giro.» rispose ancora lei, piantando i piedi a terra e poi tirandolo per la manica, così da farlo tornare tra le sue braccia: «Già pensavi a quanto spesso avresti allungato la mano, mi sbaglio?»
«Io non so cosa si prova e non lo saprò mai. Però... mantenendo quel contatto mi sento più vicino, sia a te che a chiunque ci sia in forno adesso.»
«Amore, lo so... a me non serve che spieghi. Quando aspettavo Louis non smettevi mai di starmi vicino...» gli ricordò lei, appoggiando la fronte alla sua quando lo beccò a distogliere lo sguardo.

Rimase a guardarlo dritto negli occhi per diversi secondi, poi alzò la testa e gli baciò la fronte, ridacchiando al vederlo arrossire appena.

«Forza andiamo, altrimenti perdiamo di vista il mostriciattolo.»
«Sì, arrivo.»

In lontananza, su quella che era una delle tante panchine del parco, siedevano un uomo e una donna, lui occupato a leggere le ultime notizie, e quest'ultima aveva lo sguardo rivolto al cielo. Lui indossava un capello di feltro di colore bianco, una giacca pesante dello stesso colore e infine un paio di pantaloni rossi. Lei portava dei leggins neri, con sopra un giubbino di colore di blu scuro, e con una mano reggeva quello che sembrava un bastone da passeggio.

«... Hai visto? È andato avanti, si è fatto una famiglia... e spera che tutto possa pian piano migliorare.»
«Fino a prova contraria riesco ancora a vedere bene, anche se ero più concentrato a leggere cosa è successo di recente.»
«"Marinette Agreste si afferma come nuova pioniera della moda"? Sì, ho letto anch'io...» aggiunse lei prendendolo in contro piede, sorridendo appena quando lo sentì appena sbuffare.

«Meglio andare, ci siamo fatti una passeggiata abbastanza abbondante» dichiarò poi alzandosi in un battibaleno, seguito dopo qualche secondo dalla donna.

«Sì, forse hai ragione...» concordò lei, guardandolo avviarsi fuori dal palco con entrambe le mani dietro la schiena.

Una di queste reggeva ancora un tablet, il quale schermo forse non era stato spento correttamente. Si vedeva ancora la prima pagina, di come uno dei più famosi modelli del marchio Gabriel era stato ritrovato a vendere prelibatezze in una boulangerie.
Non aveva affatto seguito le orme del padre, ma le sue passioni, le quali lo avevano portato a lavorare con il suocero e portare sorrisi e quelli che erano tutti i clienti che passavano di lì. Un genitore avrebbe dovuto accettare la cosa, sentirsi fiero di come il figlio si sentiva realizzato, eppure, non aveva mai visto nemmeno un accenno di contentezza nello sguardo di quell'uomo. Andava maledetto lui e quel suo dannato orgoglio.

«... Dovresti smetterla di rimanere ancorato al passato, Gabriel.»

   
 
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