Rumore
convulso di passi, chiacchiericcio, risate: i suoni si stavano
avvicinando
sempre più.
Mentre un pallido raggio di sole
filtrava dalle veneziane, Ryo aprì un occhio, e
acuì il suo fine udito,
allenato ad avvertire anche il più flebile rumore a
qualsiasi distanza, proprio
come un letale felino pronto ad azzannare la sua preda.
La maniglia si abbassò.
Con un calcio, nascose il futon sotto
al letto, mentre lui si gettò sotto alle lenzuola, solo in
boxer, e prendeva
tra le braccia Kaori. Il primo istinto della donna fu quello di dargli
una
gomitata nello sterno, una martellata, un calcio, qualsiasi cosa, ma il
socio
le coprì la bocca con una mano, mentre con l’altra
la attirò a sé, pelle contro
pelle.
Kaori sgranò gli occhi.
Ryo bruciava- non del calore febbrile,
ma di quello sensuale, del desiderio. Socchiuse gli occhi, trattenendo
un
gemito, lottando con tutta sé stessa per non abbandonarsi a
quel contatto,
sentendosi forse per la prima volta in vita sua creatura sensuale col
desiderio
di sedurre; Ryo la guardò stralunato, il pomo di Adamo che
gli danzava nel
collo, abbassandosi ed alzandosi al ritmo del cuore ormai impazzito, e
la
donna, la mente ancora annebbiata dal sonno, ne fu incantata. Mentre
lui si
allontanava, onde evitare spiacevoli incidenti, lei lo seguiva, lo
cercava,
stregata, desiderosa di posare le sue labbra e sentire sotto alla bocca
il
sangue che scorreva.
La rossa stava già sospirando,
languida, quando accadde: la porta si spalancò, Sayuri e
Peter entrarono come
un uragano e lei si svegliò del tutto, trovandosi
avvinghiata a Ryo.
Arrossendo, cercò istintivamente di allontanarsi da quel
forte e solido corpo
maschile, ma lui, le mani celate dalle lenzuola, la trattenne a
sé, il
fondoschiena della donna che premeva contro il davanti dei boxer- e
qualcosa di
molto grande, molto duro, e decisamente molto sveglio.
“Oh ma come siete carini….
Siete così
dolci, dopo tutto questo tempo vi desiderate ancora!” la
giornalista
piagnucolò. Kaori guardò la sorella leggermente
incredula, chiedendosi se
Sayuri non fosse preda degli ormoni, dato quel comportamento
così insolito- le
fregole di Ryo avevano scatenato le sue ire in passato, mentre adesso
lo
trovava dolce
e romantico: Sayuri non era decisamente
normale, quindi, molto probabilmente, se mai avesse avuto dei
dubbi… forse non
lo era nemmeno lei. Non del tutto, almeno.
“Vi abbiamo portato la
colazione!”
Peter strillò la voce così acuta da far venire il
mal di testa anche a chi,
diversamente dalla coppia di sweeper, la sera prima, non aveva alzato
il
gomito. L’uomo si fece largo nella stanza senza chiedere
nulla, e posò in grembo
alla coppia, sorridendo
compiaciuto a
Ryo che accarezzava dolce i capelli profumati della sua bella, con lo
sguardo
da trota lessa tipico degli uomini innamorati, assaporando il delicato
profumo
della sua amata.
“Ehm, che cari, ma non era il
caso!” lo
sweeper provò a stemperare la tensione e
l’imbarazzo. “Voglio dire, siete
ospiti, toccherebbe a noi…”
“Niente scuse, Saeba! Siamo una
famiglia, e questo è il genere di cose che fa una famiglia,
chiaro?” Sayuri
tuonò, mani sui fianchi, prima di trascinare via dalla
stanza il fidanzato,
chiudendo la porta alle loro spalle con un colpo assordante che fece
muovere i
muri. “Sbrigatevi e poi preparatevi… e ricordati
Ryo che non puoi vedere Kaori
vestita da sposa, devi andare al tempio per primo con Peter!”
Sbraitò dalle
scale.
La coppia ricadde sul materasso,
tirando un sospiro di sollievo- eppure, erano ancora abbracciati, il
capo di
Kaori appoggiato al petto di Ryo, le labbra che, avesse fatto un minimo
movimento, avrebbero sfiorato la sua giugulare. Sotto di lei, Ryo si
mosse
leggermente per accomodarsi meglio, e fu allora che Kaori
ricordò cosa aveva
avvertito quando Sayuri era entrata prepotentemente in camera, e cosa
stava
ancora avvertendo.
“Ryo!” Sibilò lei a
bassa voce,
arrossendo.
“Beh, è mattina, e questa non
è certo
la prima volta che incontri il mio Mokkori mattutino, no? Mi ricordo
quando eri
appena diventata la mia assistente, una mattina non mi volevo svegliare
e tu mi
sei praticamente seduta a cavalcioni, senza renderti conto che
così il mio amichetto
sarebbe finito proprio sotto quella gonnellina corta e aderente che
avevi
indosso…” Lui sorrise sornione, dando una semplice
alzata di spalle, mentre un
rivolo di bava iniziava a scendergli dalla bocca.
“Mm… mi ricordo ancora la
perfetta visuale che avevo su quelle tue belle tettine!”
Rossa come un peperone, fumante, Kaori,
conscia dei rischi, che da lì a poche ore sarebbero divenuti
marito e moglie,
decise di essere magnanima: non lo prese a martellate.
Si limitò a mandarlo fuori dalla stanza
a calci nel sedere, mentre Ryo, grattandosi il capo, se la rideva della
grossa:
quel matrimonio avrebbe riservato loro delle belle sorprese, ne era
assolutamente certo!
Peter
e Ryo avevano lasciato al vecchio sacerdote e alle sue Miko, tutti
agghindati
nei loro abiti tradizionali, le buste con le offerte, mentre era stata
Miki a
raccogliere quelle degli invitati, riservate agli sposi, come da
tradizione;
quelle riservate a Sayuri ed il suo futuro sposo erano state
più piccole,
mentre per Ryo e Kaori i loro amici avevano
chi messo qualcosa in più, chi si era limitato
a lasciare note in cui
avevano scritto che i debiti della coppia (ma soprattutto di Ryo)
venivano
azzerati.
Ryo, non molto a suo agio nell’abito
tradizionale, si grattò il capo, sospirando, quasi
intimidito dalla mole di
persone accorse per celebrare il suo matrimonio, forse anche
perché lui e Kaori
non avevano delle vere e proprie famiglie di sangue : c’era
davvero parecchia
gente lì, a festeggiarli, amici, conoscenti, colleghi, ex
clienti… persone che
volevano loro bene, e che erano felici per lui e per Kaori. Persone che
loro
stavano ingannando con quella farsa. C’era anche il
professore, che sogghignava
in una maniera quasi sinistra…. Ryo lo fulminò
con lo sguardo, chiedendosi cosa
stesse tramando il vecchio, se la sua vendetta non fosse stata quella-
farlo
accasare, fargli dire addio alla sua vita sballata da lussurioso
scapolo
impenitente…
Lo sweeper alzò un sopracciglio, con un
sinistro luccichio negli occhi che fece ingioiare a vuoto al vecchio:
neanche
lo sapeva, eppure gli aveva fatto un favore.
Più si avvicinava il fatidico istante,
più lui si sentiva in colpa, verso quelle persone ma
soprattutto verso Kaori;
parte di lui avrebbe voluto tirarsi indietro, ma uno sguardo al piccolo
burocrate nell’angolo gli fece capire che avrebbe fatto
meglio a tacere se non
voleva trovarsi in guai seri.
Ingoiò a vuoto, mentre tornò
a guardare
davanti a sé; guardò Peter, che rideva e
scherzava, il contrario dell’uomo
serio e pacato che aveva immaginato per Sayuri, e scherzò
con lui; poi l’uomo
si zittì all’improvviso, ed il suo volto si
illuminò di un sorriso di pura
gioia mentre i due uomini attendevano, davanti alla scalinata in
cemento,
l’arrivo delle loro donne.
Come al rallentatore, Ryo si voltò, e
le vide.
Davanti, c’era Sayuri; era vestita di
bianco, ma il suo kimono aveva degli accenti di rosso, dandogli una
nota di
modernità; capelli raccolti secondo la tradizione, portava
un cappellino bianco
di carta, secondo l’uso di molte spose.
Ma non fu lei a fargli mancare il fiato
in gola, ma Kaori.
La sua socia incedeva lenta verso di
lui, vestita interamente di bianco, il colore della purezza, della
verginità,
il capo basso. I capelli fulvi celati dal pesante wataboshi,
Ryo poteva tuttavia intravedere le gote arrossate, le
labbra laccate di rosso.
Era una sposa, emozionata al suo stesso
matrimonio: una sposa che arrivava casta e pura alle sue stesse nozze.
Erano
anni che Ryo si era chiesto cosa farne di lei, perché Maki
gli avesse affidato
la sorella… l’aveva tenuta con sé,
allontanata, ripresa, allontanata di nuovo,
le aveva dato speranze, poi le aveva strappate solo per illuderla,
ancora e
ancora e ancora.
E adesso, lei camminava verso di lui,
pronta a dargli la mano perché la accompagnasse
all’altare, e diventassero una
famiglia, una coppia vera almeno agli occhi del mondo.
Mentre camminavano vero l’entrata del
tempio ed il sacerdote, le Miko che reggevano gli ombrelli cerimoniali
sui loro
capi, lo sweeper avvertì una morsa al petto; ad ogni passo
avvertiva gli
sguardi degli amici su di sé, e guardava i volti di quelle
persone che stavano
ingannando, persone che erano felici per loro.
Il sacerdote li benedì, come da
tradizione, poi entrarono nel tempio e si inginocchiarono davanti a
lui, Sayuri
e Peter da una parte, Ryo e Kaori al loro fianco. Il sacerdote
iniziò la
cerimonia, partendo come tradizione voleva dalla coppia più
anziana; ringraziò
gli avi e la divinità del tempio, Inari, Dio della
fertilità, chiedendogli di
benedire l’unione delle coppie e di dare loro molti eredi
sani e forti, e poi,
come da tradizione, offrì, prima allo sposo e poi alla
sposa, la tradizionale
coppa di sakè.
E poi, come fosse stato un matrimonio
Occidentale, giunse il momento dei voti e dello scambio degli anelli.
Peter prese la fede d’oro, emozionato,
con le mani che tremavano, e mentre
la
metteva al dito della donna, che versava lacrime di felicità
e risplendeva di
gioia allo stato puro, ripeté la formula tradizionale in cui
prometteva di
esserle fedele, rispettarla, e tutto il resto. Dopo fu il turno di
Sayuri, che
ripeté gli stessi gesti, le stesse parole… e fu
allora che, col cuore in gola,
ed un lama che pareva trapassargli il cuore, Ryo guardò
Kaori.
Era… ferita. O forse quella non era la
parola adatta, la parola giusta. L’ombra che si celava sul
bel volto sembrava
essere quella della gelosia.
Soffriva perché si sposava senza amore-
o comunque con un amore in parte falso, malato, mai veramente vissuto,
alimentato da anni di angherie, menzogne, dieci passi avanti e quaranta
indietro. Kaori era pronta a mentire davanti ai suoi avi, ad i suoi
amici, alla
sua famiglia, per lui, per salvargli la faccia e la pelle.
Arrivava a quelle false nozze pura e
casta, mantenutasi vergine nella segreta speranza di poter un giorno
consumare
l’unione con l’unico uomo che avesse mai veramente
amato: lui.
Ryo lo sapeva: non avrebbe mai potuto
resisterle. La amava troppo, la desiderava in modo smodato, e una volta
ufficializzata la loro relazione, una volta che questa fosse stata
consacrata,
non avrebbe più avuto motivo di celare i suoi istinti, il
suo desiderio, e
avrebbe finito per farla sua e raccogliere il frutto proibito.
Ma il loro matrimonio avrebbe
funzionato, alla lunga? E se uno di loro si fosse stufato, o
semplicemente, si
fossero resi conto, nel lungo termine, che non era cosa per loro? Kaori
sarebbe
stata macchiata, impura, non avrebbe più potuto donarsi ad
una persona
realmente degna del suo amore.
E sarebbe stata solo colpa sua.
Non poteva farlo- anche se significava
fuggire, andarsene, rinnegare tutto ciò che era stato fino
ad allora: era un
piccolo sacrificio, se significava salvare l’anima di
Kaori… e non ingannare i
loro amici, quella loro pazza famiglia che continuava a sceglierli ogni
sacrosanto giorno.
Inginocchiato davanti al sacerdote, Ryo
a malapena notò la tazza di ceramica che l’uomo
gli porse, mentre recitava la
formula di rito, chiedendogli se
acconsentisse a prendere Kaori come sua sposa. Pugni chiusi sulle
ginocchia,
denti stretti, muscoli così tesi che fremevano sotto alle
pelle, la voce di
Ryo, con quella singola parola, risuonò nel silenzio del
tempio, sotto agli
sguardi attoniti dei presenti.
“No.”
Shinsato, che fino a quel momento se
n’era stato mogio in un angolo, testa bassa, piagnucolante
all’idea di tutto
ciò a cui avrebbe dovuto rinunciare senza la promozione, ma
soprattutto
immaginandosi già gli sberleffi dei colleghi,
avvertì un brivido di eccitazione
improvviso appena udì quella sillaba. Con occhi colmi di
lacrime di gioia,
balzò in piedi, e sogghignando percorse i pochi passi che lo
dividevano da Ryo
e Kaori, e mise una mano sulla spalla dell’uomo,
artigliandola nemmeno fosse
stato uno spietato avvoltoio che si gettava sul corpo ferito del povero
agnellino.
Lo sapeva. Saeba
è troppo un dongiovanni per cedere alle lusinghe di una sola
donna, le voci erano vere!
Kaori si tolse il cappuccio di seta, e
stringendo i denti, le gote arrossate non per la timidezza ma per la
rabbia,
fulminò l’omuncolo
e poi Ryo, che con
sguardo triste si fissava i piedi.
“Ryo, ma si può sapere cosa
diavolo
stai dicendo?” gli domandò, cercando di mascherare
l’irritazione e la
preoccupazione sempre crescenti. Ryo si limitò a scuotere il
capo e, alzandosi
in piedi, si voltò verso tutti i presenti, facendo un
piccolo inchino, come a
volersi scusare.
“Io…. Devo fare una
confessione.
Vedete, il signor Shinsato è un ufficiale
dell’immigrazione, e… e per la legge
io non risulto essere un cittadino Giapponese, ed era, ed è,
sua intenzione
deportarmi.” Ammise, grattandosi il collo, chiaramente
imbarazzato; Saeko si
portava una mano al cuore, come per calmarlo, rendendosi conto di cosa
l’amico
stesse facendo, mentre Kaori a malapena tratteneva le lacrime, anche se
lei
stessa faticava a capire perché piangesse:
rabbia, dolore, delusione? Tutti quei sentimenti albergavano nel suo
cuore nel
medesimo istante.. “Ma io non volevo andarmene da quella che
per me è da ormai
oltre quindici anni casa, e quindi… quindi ho costretto
Kaori a piegarsi a
questa farsa.”
“Ryo, no!” La donna
sospirò, col pianto
che le moriva in gola, alzandosi, e posando una mano sulla spalla
dell’uomo, le
labbra strette in una perfetta linea retta, e lacrime che le rigavano
il viso,
disfando il trucco e macchiandolo del nero del Kajal.
Ryo si limitò a scuotere il capo.
“Vi abbiamo mentito, a tutti voi, vi
abbiamo fatto credere di essere una coppietta di fidanzatini pronta a
sposarsi.
Credevo di poter sposare Kaori e comportarmi come nulla fosse, di
potervi
mentire, a voi, a Sayuri, ma… ma non posso.
Non dopo aver visto quanto tenete a noi. Cosa voglia dire
davvero amare
qualcuno.”
“Ma…
Ryo…” Kaori singhiozzò, ma lui, di
nuovo, scosse il capo, e con un sorriso mesto si limitò a
darle un leggero
bacio sulla fronte, un bacio in cui le trasmise tutto il suo amore,
dolce e
profondo, un amore che nasceva dal profondo del cuore e che per anni
gli era
scorso dentro, nutrendolo quasi fosse stato linfa vitale.
“Sarai sempre la persona più
importante
della mia vita, Kaori.” Le disse, prima di voltarsi e
andarsene, seguito dal
burocrate che fin dal principio aveva capito che cosa stessero tramando
quei
due scapestrati. Arrivato alla porta del tempio, però, si
fermò, posando una
mano sulla spalla di Falcon, che era vicino a Mick e le loro compagne.
“Vi
affido Kaori, prendetevi cura di lei.”
In un attimo, lunghissimo ed
interminabile, Ryo fu lontano dalla loro vista – ma non dal
loro cuore. Kaori
finalmente fu in grado di reagire, e cessò di piangere. La
delusione lasciò spazio
alla rabbia, e la sua aura si macchiò, divenendo ardente
come il fuoco
infernale, mentre la donna stringeva i denti, e sotto gli occhi
attoniti dei
presenti, stringeva un pugno, fiera.
“Adesso?”
Sibilò. Senza attendere oltre, sollevando la gonna del
kimono, gettando gli
scomodi sandali in un angolo, marciò fuori dalla stanza,
afferrando Mick per la
cravatta e lo trascinò fuori. “Adesso mi dice che
tiene a me? Che sono la
persona più importante della sua vita? Ma chi…
chi diavolo si crede di essere quell’emerito
idiota?! Ah, ma gliela faccio vedere io! Se lo può scordare
di lasciarmi
all’altare! Nessuno fa una cosa del genere a Kaori Makimura!
Mick, prendi la
macchina e portami all’aeroporto, subito! Se pensa che lo
lascerò partire senza
avergliene dette quattro si sbaglia di grosso!”
L’ex Sweeper sbatté le
palpebre,
incredulo: quei due erano fuori di testa, ma chissà, forse
proprio per quello
erano perfetti l’uno per l’altra.
Scrollò le spalle e alzò gli occhi al cielo,
mentre si incamminava verso la sua macchina con Kaori che lo precedeva,
camminando spedita a passo marziale, con tutto il loro folto gruppo di
amici
che alla fine si aggregò, ognuno sulla propria auto.
Destinazione:
Aeroporto di Haneda!