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Autore: Little Firestar84    11/05/2021    8 recensioni
“Ryo, io non so cosa tu abbia fatto al Professore per farlo arrabbiare così, ma quel vecchio babbeo ti ha messo alle calcagna l’immigrazione, e se non ti inventi qualcosa subito…” La donna gli sbraitò contro a bassa voce, afferrandolo per il collo e dandogli una bella scrollata perché capisse la gravità della situazione.
Alla vigilia delle nozze di Sayuri, Ryo si scopre in difficoltà: qualcuno gli ha tirato un tiro mancino, dandogli un nome, una data di nasciata, ed un passaporto... non Giapponese. Con un piccolo burocrate alle calcagne, deciso a caricarlo sul primo aereo con destinazione Colombia, Ryo si vede costretto ad improvvisare un fidanzamento con una certa Giapponesina dai capelli rossi e gli occhi castani per evitare guai... Peccato che questa piccola bugia scateni guai ancora più grossi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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            Rumore convulso di passi, chiacchiericcio, risate: i suoni si stavano avvicinando sempre più.

Mentre un pallido raggio di sole filtrava dalle veneziane, Ryo aprì un occhio, e acuì il suo fine udito, allenato ad avvertire anche il più flebile rumore a qualsiasi distanza, proprio come un letale felino pronto ad azzannare la sua preda.

La maniglia si abbassò.

Con un calcio, nascose il futon sotto al letto, mentre lui si gettò sotto alle lenzuola, solo in boxer, e prendeva tra le braccia Kaori. Il primo istinto della donna fu quello di dargli una gomitata nello sterno, una martellata, un calcio, qualsiasi cosa, ma il socio le coprì la bocca con una mano, mentre con l’altra la attirò a sé, pelle contro pelle.

Kaori sgranò gli occhi.

Ryo bruciava- non del calore febbrile, ma di quello sensuale, del desiderio. Socchiuse gli occhi, trattenendo un gemito, lottando con tutta sé stessa per non abbandonarsi a quel contatto, sentendosi forse per la prima volta in vita sua creatura sensuale col desiderio di sedurre; Ryo la guardò stralunato, il pomo di Adamo che gli danzava nel collo, abbassandosi ed alzandosi al ritmo del cuore ormai impazzito, e la donna, la mente ancora annebbiata dal sonno, ne fu incantata. Mentre lui si allontanava, onde evitare spiacevoli incidenti, lei lo seguiva, lo cercava, stregata, desiderosa di posare le sue labbra e sentire sotto alla bocca il sangue che scorreva.

La rossa stava già sospirando, languida, quando accadde: la porta si spalancò, Sayuri e Peter entrarono come un uragano e lei si svegliò del tutto, trovandosi avvinghiata a Ryo. Arrossendo, cercò istintivamente di allontanarsi da quel forte e solido corpo maschile, ma lui, le mani celate dalle lenzuola, la trattenne a sé, il fondoschiena della donna che premeva contro il davanti dei boxer- e qualcosa di molto grande, molto duro, e decisamente molto sveglio.

“Oh ma come siete carini…. Siete così dolci, dopo tutto questo tempo vi desiderate ancora!” la giornalista piagnucolò. Kaori guardò la sorella leggermente incredula, chiedendosi se Sayuri non fosse preda degli ormoni, dato quel comportamento così insolito- le fregole di Ryo avevano scatenato le sue ire in passato, mentre adesso lo trovava dolce  e romantico: Sayuri non era decisamente normale, quindi, molto probabilmente, se mai avesse avuto dei dubbi… forse non lo era nemmeno lei. Non del tutto, almeno.

“Vi abbiamo portato la colazione!” Peter strillò la voce così acuta da far venire il mal di testa anche a chi, diversamente dalla coppia di sweeper, la sera prima, non aveva alzato il gomito. L’uomo si fece largo nella stanza senza chiedere nulla, e posò in grembo alla coppia,  sorridendo compiaciuto a Ryo che accarezzava dolce i capelli profumati della sua bella, con lo sguardo da trota lessa tipico degli uomini innamorati, assaporando il delicato profumo della sua amata.

“Ehm, che cari, ma non era il caso!” lo sweeper provò a stemperare la tensione e l’imbarazzo. “Voglio dire, siete ospiti, toccherebbe a noi…”

“Niente scuse, Saeba! Siamo una famiglia, e questo è il genere di cose che fa una famiglia, chiaro?” Sayuri tuonò, mani sui fianchi, prima di trascinare via dalla stanza il fidanzato, chiudendo la porta alle loro spalle con un colpo assordante che fece muovere i muri. “Sbrigatevi e poi preparatevi… e ricordati Ryo che non puoi vedere Kaori vestita da sposa, devi andare al tempio per primo con Peter!” Sbraitò dalle scale.

La coppia ricadde sul materasso, tirando un sospiro di sollievo- eppure, erano ancora abbracciati, il capo di Kaori appoggiato al petto di Ryo, le labbra che, avesse fatto un minimo movimento, avrebbero sfiorato la sua giugulare. Sotto di lei, Ryo si mosse leggermente per accomodarsi meglio, e fu allora che Kaori ricordò cosa aveva avvertito quando Sayuri era entrata prepotentemente in camera, e cosa stava ancora  avvertendo.

“Ryo!” Sibilò lei a bassa voce, arrossendo.

“Beh, è mattina, e questa non è certo la prima volta che incontri il mio Mokkori mattutino, no? Mi ricordo quando eri appena diventata la mia assistente, una mattina non mi volevo svegliare e tu mi sei praticamente seduta a cavalcioni, senza renderti conto che così il mio amichetto sarebbe finito proprio sotto quella gonnellina corta e aderente che avevi indosso…” Lui sorrise sornione, dando una semplice alzata di spalle, mentre un rivolo di bava iniziava a scendergli dalla bocca. “Mm… mi ricordo ancora la perfetta visuale che avevo su quelle tue belle tettine!”

Rossa come un peperone, fumante, Kaori, conscia dei rischi, che da lì a poche ore sarebbero divenuti marito e moglie, decise di essere magnanima: non lo prese a martellate.

Si limitò a mandarlo fuori dalla stanza a calci nel sedere, mentre Ryo, grattandosi il capo, se la rideva della grossa: quel matrimonio avrebbe riservato loro delle belle sorprese, ne era assolutamente certo!

 

            Peter e Ryo avevano lasciato al vecchio sacerdote e alle sue Miko, tutti agghindati nei loro abiti tradizionali, le buste con le offerte, mentre era stata Miki a raccogliere quelle degli invitati, riservate agli sposi, come da tradizione; quelle riservate a Sayuri ed il suo futuro sposo erano state più piccole, mentre per Ryo e Kaori i loro amici avevano  chi messo qualcosa in più, chi si era limitato a lasciare note in cui avevano scritto che i debiti della coppia (ma soprattutto di Ryo) venivano azzerati.

Ryo, non molto a suo agio nell’abito tradizionale, si grattò il capo, sospirando, quasi intimidito dalla mole di persone accorse per celebrare il suo matrimonio, forse anche perché lui e Kaori non avevano delle vere e proprie famiglie di sangue : c’era davvero parecchia gente lì, a festeggiarli, amici, conoscenti, colleghi, ex clienti… persone che volevano loro bene, e che erano felici per lui e per Kaori. Persone che loro stavano ingannando con quella farsa. C’era anche il professore, che sogghignava in una maniera quasi sinistra…. Ryo lo fulminò con lo sguardo, chiedendosi cosa stesse tramando il vecchio, se la sua vendetta non fosse stata quella- farlo accasare, fargli dire addio alla sua vita sballata da lussurioso scapolo impenitente…

Lo sweeper alzò un sopracciglio, con un sinistro luccichio negli occhi che fece ingioiare a vuoto al vecchio: neanche lo sapeva, eppure gli aveva fatto un favore.

Più si avvicinava il fatidico istante, più lui si sentiva in colpa, verso quelle persone ma soprattutto verso Kaori; parte di lui avrebbe voluto tirarsi indietro, ma uno sguardo al piccolo burocrate nell’angolo gli fece capire che avrebbe fatto meglio a tacere se non voleva trovarsi in guai seri.

Ingoiò a vuoto, mentre tornò a guardare davanti a sé; guardò Peter, che rideva e scherzava, il contrario dell’uomo serio e pacato che aveva immaginato per Sayuri, e scherzò con lui; poi l’uomo si zittì all’improvviso, ed il suo volto si illuminò di un sorriso di pura gioia mentre i due uomini attendevano, davanti alla scalinata in cemento, l’arrivo delle loro donne.

Come al rallentatore, Ryo si voltò, e le vide.

Davanti, c’era Sayuri; era vestita di bianco, ma il suo kimono aveva degli accenti di rosso, dandogli una nota di modernità; capelli raccolti secondo la tradizione, portava un cappellino bianco di carta, secondo l’uso di molte spose.

Ma non fu lei a fargli mancare il fiato in gola, ma Kaori.

La sua socia incedeva lenta verso di lui, vestita interamente di bianco, il colore della purezza, della verginità, il capo basso. I capelli fulvi celati dal pesante wataboshi, Ryo poteva tuttavia intravedere le gote arrossate, le labbra laccate di rosso.

Era una sposa, emozionata al suo stesso matrimonio: una sposa che arrivava casta e pura alle sue stesse nozze. Erano anni che Ryo si era chiesto cosa farne di lei, perché Maki gli avesse affidato la sorella… l’aveva tenuta con sé, allontanata, ripresa, allontanata di nuovo, le aveva dato speranze, poi le aveva strappate solo per illuderla, ancora e ancora e ancora.

E adesso, lei camminava verso di lui, pronta a dargli la mano perché la accompagnasse all’altare, e diventassero una famiglia, una coppia vera almeno agli occhi del mondo.

Mentre camminavano vero l’entrata del tempio ed il sacerdote, le Miko che reggevano gli ombrelli cerimoniali sui loro capi, lo sweeper avvertì una morsa al petto; ad ogni passo avvertiva gli sguardi degli amici su di sé, e guardava i volti di quelle persone che stavano ingannando, persone che erano felici per loro.

Il sacerdote li benedì, come da tradizione, poi entrarono nel tempio e si inginocchiarono davanti a lui, Sayuri e Peter da una parte, Ryo e Kaori al loro fianco. Il sacerdote iniziò la cerimonia, partendo come tradizione voleva dalla coppia più anziana; ringraziò gli avi e la divinità del tempio, Inari, Dio della fertilità, chiedendogli di benedire l’unione delle coppie e di dare loro molti eredi sani e forti, e poi, come da tradizione, offrì, prima allo sposo e poi alla sposa, la tradizionale coppa di sakè.

E poi, come fosse stato un matrimonio Occidentale, giunse il momento dei voti e dello scambio degli anelli. 

Peter prese la fede d’oro, emozionato, con le mani che tremavano, e  mentre la metteva al dito della donna, che versava lacrime di felicità e risplendeva di gioia allo stato puro, ripeté la formula tradizionale in cui prometteva di esserle fedele, rispettarla, e tutto il resto. Dopo fu il turno di Sayuri, che ripeté gli stessi gesti, le stesse parole… e fu allora che, col cuore in gola, ed un lama che pareva trapassargli il cuore, Ryo guardò Kaori.

Era… ferita. O forse quella non era la parola adatta, la parola giusta. L’ombra che si celava sul bel volto sembrava essere quella della gelosia.

Soffriva perché si sposava senza amore- o comunque con un amore in parte falso, malato, mai veramente vissuto, alimentato da anni di angherie, menzogne, dieci passi avanti e quaranta indietro. Kaori era pronta a mentire davanti ai suoi avi, ad i suoi amici, alla sua famiglia, per lui, per salvargli la faccia e la pelle.

Arrivava a quelle false nozze pura e casta, mantenutasi vergine nella segreta speranza di poter un giorno consumare l’unione con l’unico uomo che avesse mai veramente amato: lui.

Ryo lo sapeva: non avrebbe mai potuto resisterle. La amava troppo, la desiderava in modo smodato, e una volta ufficializzata la loro relazione, una volta che questa fosse stata consacrata, non avrebbe più avuto motivo di celare i suoi istinti, il suo desiderio, e avrebbe finito per farla sua e raccogliere il frutto proibito.

Ma il loro matrimonio avrebbe funzionato, alla lunga? E se uno di loro si fosse stufato, o semplicemente, si fossero resi conto, nel lungo termine, che non era cosa per loro? Kaori sarebbe stata macchiata, impura, non avrebbe più potuto donarsi ad una persona realmente degna del suo amore.

E sarebbe stata solo colpa sua.

Non poteva farlo- anche se significava fuggire, andarsene, rinnegare tutto ciò che era stato fino ad allora: era un piccolo sacrificio, se significava salvare l’anima di Kaori… e non ingannare i loro amici, quella loro pazza famiglia che continuava a sceglierli ogni sacrosanto giorno.

Inginocchiato davanti al sacerdote, Ryo a malapena notò la tazza di ceramica che l’uomo gli porse, mentre recitava la formula di rito, chiedendogli  se acconsentisse a prendere Kaori come sua sposa. Pugni chiusi sulle ginocchia, denti stretti, muscoli così tesi che fremevano sotto alle pelle, la voce di Ryo, con quella singola parola, risuonò nel silenzio del tempio, sotto agli sguardi attoniti dei presenti.

“No.”

Shinsato, che fino a quel momento se n’era stato mogio in un angolo, testa bassa, piagnucolante all’idea di tutto ciò a cui avrebbe dovuto rinunciare senza la promozione, ma soprattutto immaginandosi già gli sberleffi dei colleghi, avvertì un brivido di eccitazione improvviso appena udì quella sillaba. Con occhi colmi di lacrime di gioia, balzò in piedi, e sogghignando percorse i pochi passi che lo dividevano da Ryo e Kaori, e mise una mano sulla spalla dell’uomo, artigliandola nemmeno fosse stato uno spietato avvoltoio che si gettava sul corpo ferito del povero agnellino.

Lo sapeva. Saeba è troppo un dongiovanni per cedere alle lusinghe di una sola donna, le voci erano vere!

Kaori si tolse il cappuccio di seta, e stringendo i denti, le gote arrossate non per la timidezza ma per la rabbia, fulminò l’omuncolo e poi Ryo, che con sguardo triste si fissava i piedi. 

“Ryo, ma si può sapere cosa diavolo stai dicendo?” gli domandò, cercando di mascherare l’irritazione e la preoccupazione sempre crescenti. Ryo si limitò a scuotere il capo e, alzandosi in piedi, si voltò verso tutti i presenti, facendo un piccolo inchino, come a volersi scusare.

“Io…. Devo fare una confessione. Vedete, il signor Shinsato è un ufficiale dell’immigrazione, e… e per la legge io non risulto essere un cittadino Giapponese, ed era, ed è, sua intenzione deportarmi.” Ammise, grattandosi il collo, chiaramente imbarazzato; Saeko si portava una mano al cuore, come per calmarlo, rendendosi conto di cosa l’amico stesse facendo, mentre Kaori a malapena tratteneva le lacrime, anche se lei stessa faticava a capire perché piangesse: rabbia, dolore, delusione? Tutti quei sentimenti albergavano nel suo cuore nel medesimo istante.. “Ma io non volevo andarmene da quella che per me è da ormai oltre quindici anni casa, e quindi… quindi ho costretto Kaori a piegarsi a questa farsa.”

“Ryo, no!” La donna sospirò, col pianto che le moriva in gola, alzandosi, e posando una mano sulla spalla dell’uomo, le labbra strette in una perfetta linea retta, e lacrime che le rigavano il viso, disfando il trucco e macchiandolo del nero del Kajal.

Ryo si limitò a scuotere il capo.

“Vi abbiamo mentito, a tutti voi, vi abbiamo fatto credere di essere una coppietta di fidanzatini pronta a sposarsi. Credevo di poter sposare Kaori e comportarmi come nulla fosse, di potervi mentire, a voi, a Sayuri, ma… ma non posso.  Non dopo aver visto quanto tenete a noi. Cosa voglia dire davvero amare qualcuno.”

“Ma… Ryo…” Kaori singhiozzò, ma lui, di nuovo, scosse il capo, e con un sorriso mesto si limitò a darle un leggero bacio sulla fronte, un bacio in cui le trasmise tutto il suo amore, dolce e profondo, un amore che nasceva dal profondo del cuore e che per anni gli era scorso dentro, nutrendolo quasi fosse stato linfa vitale.

“Sarai sempre la persona più importante della mia vita, Kaori.” Le disse, prima di voltarsi e andarsene, seguito dal burocrate che fin dal principio aveva capito che cosa stessero tramando quei due scapestrati. Arrivato alla porta del tempio, però, si fermò, posando una mano sulla spalla di Falcon, che era vicino a Mick e le loro compagne. “Vi affido Kaori, prendetevi cura di lei.”

In un attimo, lunghissimo ed interminabile, Ryo fu lontano dalla loro vista – ma non dal loro cuore. Kaori finalmente fu in grado di reagire, e cessò di piangere. La delusione lasciò spazio alla rabbia, e la sua aura si macchiò, divenendo ardente come il fuoco infernale, mentre la donna stringeva i denti, e sotto gli occhi attoniti dei presenti, stringeva un pugno, fiera.

Adesso?” Sibilò. Senza attendere oltre, sollevando la gonna del kimono, gettando gli scomodi sandali in un angolo, marciò fuori dalla stanza, afferrando Mick per la cravatta e lo trascinò fuori. “Adesso mi dice che tiene a me? Che sono la persona più importante della sua vita? Ma chi… chi diavolo si crede di essere quell’emerito idiota?! Ah, ma gliela faccio vedere io! Se lo può scordare di lasciarmi all’altare! Nessuno fa una cosa del genere a Kaori Makimura! Mick, prendi la macchina e portami all’aeroporto, subito! Se pensa che lo lascerò partire senza avergliene dette quattro si sbaglia di grosso!”

L’ex Sweeper sbatté le palpebre, incredulo: quei due erano fuori di testa, ma chissà, forse proprio per quello erano perfetti l’uno per l’altra. Scrollò le spalle e alzò gli occhi al cielo, mentre si incamminava verso la sua macchina con Kaori che lo precedeva, camminando spedita a passo marziale, con tutto il loro folto gruppo di amici che alla fine si aggregò, ognuno sulla propria auto.

Destinazione: Aeroporto di Haneda!

   
 
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