Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Joy    14/05/2021    4 recensioni
"Voglio il ragazzo che sa volare anche senza cielo" tuona la voce del Comandante del Corpo di Ricerca sulla soglia di uno dei più squallidi bordelli del sottosuolo.
"Sta morendo" replica il proprietario, facendo scorrere la lingua su una fila di denti marci, "quella feccia sta morendo, proprio come quella puttana di sua madre", ma l'arroganza, in quella grottesca imitazione di un sorriso, svanisce alla vista del sacchetto pieno di monete che Erwin gli getta tra le mani.

[Eruri, scritta per la YouRisedMeUp Challenge, gruppo facebook Hurt/Comfort Italia]
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eruri

What if

Hurt/Comfort a valanga

Accenni a situazioni di abuso

 

Scritta per la YouRisedMeUp Challenge, gruppo facebook Hurt/Comfort Italia

Prompt: Primo incontro

 

 


 


 


 

Primo incontro


 


 


 

"Voglio il ragazzo che sa volare anche senza cielo" tuona la voce del Comandante del Corpo di Ricerca sulla soglia di uno dei più squallidi bordelli del sottosuolo.

"Sta morendo" replica il proprietario, facendo scorrere la lingua su una fila di denti marci, "quella feccia sta morendo, proprio come quella puttana di sua madre", ma l'arroganza, in quella grottesca imitazione di un sorriso, svanisce alla vista del sacchetto pieno di monete che Erwin gli getta tra le mani.

Alla sua destra le fauci spalancate di una porta a doppia anta, sembrano essere pronte a ingoiarlo, ma Erwin è abituato a schivare i denti letali delle creature che preferirebbero averlo nella pancia piuttosto che davanti agli occhi, per cui non esita, oltrepassa il lurido bancone e si addentra nel buio del corridoio.

La gola della bestia non è silenziosa come si aspettava: l'aria risuona di un brusio indistinto, un sottofondo di voci, attutito da pareti intrise di umidità.

Sente parte della sua sicurezza venirgli meno, perché quello che lo sta divorando non è un mostro che conosce: è una bestia viscida e subdola che riempie le tasche dei nobili in superficie a scapito di poveri disperati.

Continua comunque ad avanzare.

È abituato a farlo. Anche quando la paura e la rabbia scavano crepe profonde nella sua corazza, anche quando quel cuore, che ha giurato di offrire, sembra meno propenso a lasciarsi sacrificare.

Dalle porte aperte gli arrivano lascive adulazioni, sulle punte di dita troppo bianche, da quelle chiuse, gemiti troppo acuti per essere riconducibili al piacere.

Una sola è silenziosa.

Erwin non è mai stato tipo da credere alle storie: lui ha sempre ricercato prove, posto domande, scavato fino alla radice; per questo si è mostrato impassibile di fronte al resoconto appassionato di Hans Weber, Corpo di Gendarmeria, che di ritorno da una ronda nel sottosuolo, giurava di aver visto un ragazzo volare più veloce di chiunque altro, in un ambiente dalla scarsa visibilità e con spazio di manovra quasi nullo.

Non ha lasciato trapelare nessuna delle emozioni suscitate al pensiero che quella storia potesse essere vera; è rimasto in silenzio e alla prima licenza è andato a verificare con i propri occhi.

L'ha visto a notte fonda -non che faccia differenza nel sottosuolo-, l'ha osservato da sotto le falde piegate del cappuccio, sfrecciare con un dispositivo di manovra talmente usurato che la maggior parte dei veterani non sarebbe riuscito nemmeno ad azionarlo.

Sfuggente come un'ombra, preciso e letale.

E l'unica cosa a cui Erwin è stato in grado di pensare fin da quel primo istante, è che lo vuole nella Legione al punto di farne una missione.

Posa la mano sulla maniglia e apre la porta.

Lo trova su un letto sudicio e sfatto, ricoperto di sudore gelido e non del tutto cosciente: si toglie il mantello e glielo avvolge attorno per poi sollevarlo di peso, ma non riesce ad impedire al dubbio di increspargli la fronte, perché il ragazzo sembra a malapena capace di respirare, figuriamoci volare, però la sua mano febbricitante gli cala a pugno sul petto, in un moto di protesta testarda, ed Erwin improvvisamente sa che non sta sbagliando: "Shhh"gli sussurra "non sono qui per farti male."

La mano ricade inerte, penzolando ad ogni passo, più per mancanza di forze che per effettiva fiducia.

Ed Erwin ha la sensazione che non sarà facile conquistarla.


 

***


 

“E il suo lasciapassare?” chiede la guardia indicando il fagotto tra le sue braccia.

“Non ne ha bisogno. È una recluta del Corpo di Ricerca” risponde Erwin.

“Sembra parecchio malridotto” commenta quello sarcastico.

Il corpo bollente del ragazzo tra le sue braccia sussulta, quasi a voler protestare verso quel giudizio inclemente, ed Erwin non può fare a meno di sollevare compiaciuto un sopracciglio.

“Migliorerà presto, in superficie” decreta, forse con eccessiva fiducia nei benefici di un ambiente sano su di un fisico forte, anche se portato allo stremo da abusi e vessazioni.

Ma il ragazzo, a quelle parole, sussulta di nuovo: scosta il viso dal suo petto, solleva le palpebre e lo investe con uno sguardo di sfida.

“Non avrai niente da me” riesce a trovare la forza di chiarire, e se non fosse per quegli occhi arrossati e acquosi, e per la sua evidente debolezza, Erwin non darebbe per scontata la propria sicurezza.

“Non voglio niente in cambio della tua cittadinanza in superficie” gli risponde con tono neutro. “Quando starai bene, deciderai se seguirmi o meno.”

Sente la rigidità nel corpo del ragazzo scemare quasi all'istante, il suo fiato caldo torna ad infrangersi contro la sua camicia e i suoi occhi si chiudono di nuovo lentamente.

Evidentemente quella scelta per lui è sufficiente, o forse, pensa Erwin mentre inizia la salita per tornare in superficie, lo sforzo di parlare ha prosciugato anche gli ultimi resti della sua forza di volontà.

La scala è più lunga di quanto ricordasse; alla luce del sole, che poco alla volta li investe, la pelle del ragazzo sembra se possibile ancora più bianca, le occhiaie più profonde, le rughe di dolore più marcate.

E nonostante questo spalanca gli occhi, quando realizza che è il calore del sole e non un mantello d'ordinanza, a spegnere il suo tremore.

Erwin posa il piede sull'ultimo gradino ed esce all'aperto.

La brezza tiepida che li investe, relega il fetore alle loro spalle. Il contrasto tra la luminosa giornata di primavera e il buio del sottosuolo è tale da renderlo momentaneamente cieco.

China lo sguardo per schivare i raggi del sole e vede gli occhi, di nuovo serrati, del ragazzo tra le sue braccia: sta cercando di riaprirli, in realtà, con un cipiglio testardo che gli corruga la fronte, prima di richiuderli inevitabilmente vinto.

Una mano si stringe a pugno sulla sua camicia, trema leggermente, e sul volto del ragazzo, Erwin riesce a leggere chiaramente il disappunto, la frustrazione.

“Con calma” gli dice, spostandosi in una zona d'ombra. “I tuoi occhi devono abituarsi alla luce.”

“Voglio vedere” biascica quello in risposta, la voce impastata a malapena udibile.

Ed Erwin comprende il desiderio di vedere l'esterno, dopo una vita relegata al sottosuolo, ma quello che il ragazzo ancora non sa, è che la tanto agognata superficie altro non è che una gabbia appena un po' più lussuosa.

L'ennesima cattività.

“Avrai modo di vedere più di quello che immagini, se accetterai di seguirmi” gli risponde. “Io posso portarti fuori dalle mura.”

Il ragazzo questa volta non reagisce, piega le labbra in una smorfia di dolore quando viene investito dal clangore degli zoccoli dei cavalli e rinuncia a tenere gli occhi aperti.

“Io vivo in una zona periferica” gli sussurra vicino all'orecchio. “È lì che stiamo andando. Resisti. So che puoi farlo.”

Non si aspetta una risposta, ma nota comunque un lieve cenno d'assenso prima che la testa del ragazzo comincia a ciondolare contro la sua spalla.

Lo stringe contro di sé per schermarlo dal traffico e raggiunge il carro coperto che lo attende dall'altro lato della via.

“Mi avevi detto di portare le armi per un eventuale scontro, non la mia scorta di medicinali” commenta Hanji, quando lo vede adagiare delicatamente il ragazzo sulle assi di legno del carro.

“Mi stupisce che non sia già morto, viste le condizioni in cui l'ho trovato” replica Erwin, lo sguardo preoccupato, chino sulla sagoma immobile. “Puoi fare qualcosa?”

“Aiuterebbe conoscere i sintomi, Erwin” sospira quella, posando la mano sulla fronte del ragazzo. “Ha la febbre. E non è cosciente.”

“Lo era fino a poco fa. E sembra avere testardaggine da vendere” chiarisce, abbozzando l'accenno di un sorriso.

“Non gioire troppo” lo rimbecca Hanji. “Deve prima riuscire a sopravvivere.”

Erwin ha una risposta in bilico sulle labbra -perché ha visto morire molti dei suoi uomini, troppi per la verità, e nessuno di loro al momento di andarsene aveva quello sguardo combattivo-, ma Hanji lo mette a tacere con un cenno della mano e afferra il polso del ragazzo.

“È debole” borbotta dopo un istante, poi scosta le falde del mantello e gli posa una mano sul petto. “Respira a fatica.”

Erwin la guarda preoccupato.

“Portalo a casa” gli dice lei risoluta. “Accendi il fuoco e fai scaldare dell'acqua. Io vi raggiungerò dopo essere passata dal Quartier Generale a prendere le mie scorte.”

Non ha neanche il tempo di replicare, che Hanji, con uno svolazzare di stoffa, è già saltata giù dal carro.

 

***

 

L'acqua nel paiolo non accenna a bollire.

Erwin si arrotola le maniche della camicia e getta nel camino altri due ciocchi, liberando un nugolo di scintille.

Un lieve mugolio si leva dalle labbra del ragazzo appena Hanji inizia a scostare il mantello nel quale è ancora avvolto.

Non ha ripreso conoscenza da quando è crollato contro il suo petto all'uscita dal sottosuolo; ha il corpo in fiamme, ma nessun rossore ad evidenziare l'aumento di temperatura: è pallido e immobile.

“Coraggio” gli mormora lei, continuando a togliergli la stoffa di dosso. “Non vorrai arrenderti proprio ora.”

Erwin non è mai stato tipo da lasciarsi scoraggiare dagli ostacoli, ma c'è qualcosa che non gli piace nell'espressione seria di Hanji, nel modo frenetico e deciso con cui scosta gli indumenti per iniettargli il prima possibile una delle fiale che ha portato con sé, e nell'attimo di esitazione che la coglie, quando scorge sul fianco del ragazzo qualcosa che evidentemente non si aspettava.

Le rivolge uno sguardo interrogativo e quella scuote la testa con aria mesta.

“Sono ferite superficiali” spiega afferrando dalla bacinella accanto al letto un panno tiepido. “Graffi per lo più. Ematomi. Forse qualche vecchio colpo di frusta.”

La bocca di Erwin diventa improvvisamente amara, si avvicina al letto, guida il ragazzo su un fianco e getta lo sguardo su quella schiena pallida, attraversata da lingue violacee e da segni di unghie scavati nella pelle.

“N..no” soffia quello sottraendosi d'istinto alle loro mani con un insolito scatto di energia.

Erwin arretra di un passo e Hanji s'immobilizza con il panno ancora stretto tra le mani.

“Va bene, va bene” lo tranquillizza. “Non sono gravi. Ce ne occuperemo dopo.”

Il ragazzo grugnisce, si copre con un lembo del mantello e si rannicchia con le ginocchia contro il petto.

Con la testa china e il braccio sollevato a coprire l'unica parte che spunta dalla stoffa, Erwin riesce a vedere di lui solo un ciuffo di capelli scuri.

“Almeno su qualcosa avevi ragione” commenta Hanji improvvisamente ciarliera, le mani sui fianchi in una posa teatrale. “È mezzo morto, ma più cocciuto di un mulo.”

Erwin, in tutta onestà, non è sicuro che quello sia il peggior difetto di un soldato.

Lo osserva dal momento in cui sprofonda nel sonno fino a quando si risveglia, solo pochi minuti dopo, con gli occhi bagnati.

E c'è qualcosa del ragazzo che non riesce ad inquadrare nei rigidi schemi di ciò che è solito conoscere. Per quanto Erwin possa calcolare tutte le possibili variabili, lui resta imprevedibile.

Hanji ne approfitta per passargli il panno tiepido sul volto e quello gli rivolge uno sguardo confuso acquoso. Non si scansa questa volta: sospira lievemente, socchiudendo le labbra e non protesta neanche quando il panno di Hanji scende sulle sue spalle e sul suo petto, portando via lo sporco e il sudore che gli appiccica la pelle.

“Questo ti piace, allora” commenta lei tranquilla, mantenendo la voce bassa.

Non ottiene risposta, ma un altro sospiro esce dalle labbra del ragazzo.

“Facciamo un accordo” gli propone allegra “Bevi tutto l'infuso che ti ho preparato, ed Erwin” continua puntandogli il dito contro, “ti farà fare un bel bagno nella sua vasca.”

Erwin si irrigidisce e non può fare a meno di chiedersi se quella sia davvero una buona idea, ma non ha tempo di esprimere i propri dubbi, perché Hanji lo sollecita ad avvicinarsi con gesti frenetici.

“Sollevagli testa e spalle”comanda spiccia ed Erwin sa che la fermezza di Hanji, in circostanze come questa, è interamente legata all'importanza delle cure che sta somministrando.

E ad Erwin non serve altro per convincersi ad obbedire.

La schiena del ragazzo è calda e umida sotto il suo braccio. Si siede sul letto e lascia che si appoggi a lui.

“Questo terrà a bada la febbre e sbloccherà il respiro congestionato” si premura di chiarire Hanji, mentre gli avvicina la ciotola alle labbra.

Erwin dubita che il ragazzo sia in grado di trangugiare quell'intruglio, o che voglia farlo a seguito della promessa di un bagno, ma quello lo sorprende di nuovo socchiudendo le labbra e lasciando che il liquido gli scivoli nella gola docilmente.

Emette solo un lieve verso di disgusto una volta finito di bere, che increspa la fronte di Hanji e risveglia un moto d'ilarità nel petto di Erwin.

“Fa schifo” riesce a sibilare, sottolineando l'ovvio della sua espressione.

Erwin decide che il ragazzo gli piace.

“Sì bé,” si giustifica Hanji, “gli ingredienti non lasciavano molto margine d'azione in materia di gusto.

Le sopracciglia del ragazzo s'inarcano, il suo sguardo si assottiglia, come era successo ore prima nel sottosuolo, di fronte ad una guardia un po' troppo impertinente, ed Erwin si ritrova a sperare che Hanji non sia così folle da elencare al ragazzo la lista dettagliata degli ingredienti che ha usato: sa per esperienza che è meglio non sapere.

Ma Hanji si allontana senza aggiungere altro, recupera dal tavolo un'altra ciotola e torna al suo fianco.

“Qui” gli dice per niente scossa, avvicinandogliela alle labbra. “Questo è latte e miele. Non puoi pensare di guarire se prima non recuperi un po' di forze.”

Lui non si fa pregare nemmeno questa volta, socchiude le labbra e beve tutto di nuovo.

“Molto bene” esulta Hanji. “Ed ora Erwin ti preparerà un bel bagno.”

 

***

 

Il bagno gli piace davvero.

Erwin riesce a vedere l'intera sua figura rilassarsi a contatto con l'acqua, i muscoli perdere la rigidità di quell'allerta costante che sembra una caratteristica intrinseca nel suo essere, la testa adagiarsi contro il bordo della vasca.

Non ha detto una sola parola, ma non sembra preoccupato della sua nudità, a patto che non s'indugi con lo sguardo sulle sue ferite: dopo essere caduto in fallo la prima volta, Erwin si guarda bene dal soffermarsi troppo a lungo sulla sua schiena.

Hanji ha ovviato il rischio d'infezione rovesciando nella vasca un intero flacone di soluzione disinfettante, per poi appropriarsi del tavolo, ormai ingombro di carte e strumenti, e affondare il naso nei suoi appunti: Erwin quasi non riesce a vederla, sepolta com'è dietro ai suoi tomi.

Il ragazzo si lascia sfuggire un mugolio di piacere e chiude gli occhi.

“C'è una cosa che vorrei sapere” si decide a chiedergli Erwin, mentre gli passa il panno insaponato sulle braccia. “Il tuo nome.”

Lo scruta di sottecchi, continuando ad insaponarlo metodicamente, ma quello non accenna ad alcuna reazione.

Erwin attende paziente, l'acqua della vasca sciaborda leggermente quando lascia cadere il panno per insaponarsi le mani.

Gli passa le dita tra i capelli e inizia a massaggiargli la testa: la fronte del ragazzo si distende, emette un lieve sospiro, che gli gorgoglia nella gola come fusa, e spalanca gli occhi.

Le mani di Erwin si bloccano in attesa.

“Levi” gli dice lui semplicemente.

Erwin abbozza un sorriso bonario.

“Bene Levi, che ne diresti di lasciarti sciacquare, uscire dall'acqua e permettere a Hanji di bendare quelle ferite?”

Il sospiro che esala questa volta somiglia più a uno sbuffo infastidito: quell'ultima parte gli piace molto meno, Erwin non ha bisogno di vedere il suo sguardo tagliente per saperlo.

 

***

 

“Ecco fatto” esclama Hanji, fermando le bende con aria soddisfatta. “Ho applicato delle garze sui due punti peggiori, il resto è già in fase di guarigione.”

La fronte di Levi si muove impercettibilmente contro la sua spalla e non da altro segno di averla udita. Erwin non ne è stupito: gli è crollato addosso nel momento in cui l'ha depositato sul letto, dopo aver barcollato pericolosamente anche da seduto, e da allora si lascia manovrare senza opporre resistenza.

È ancora troppo caldo. Erwin lo sente attraverso la stoffa dei vecchi indumenti che ha recuperato per lui nell'armadio di casa, ma il suo respiro è più libero e anche il suo cuore batte con più vigore.

“Puoi aiutarlo a sdraiarsi, adesso” lo informa Hanji, riponendo quello che resta delle bende nel suo kit di pronto soccorso

Erwin si sposta in avanti e lo adagia lentamente contro una pila di cuscini.

Quando si scosta da lui per raddrizzare il busto, gli occhi di Levi sono puntati nei suoi.

“Anch'io ho una domanda” confessa, sforzandosi di articolare un suono udibile.

“Mi sembra equo” gli accorda Erwin, in attesa.

“Perché io?”

“Perché ho a disposizione il cielo, ma nessuno che sappia dominare il volo quanto te.”

Erwin spera che quell'abbozzo di motivazione gli basti, perché non ha idea di cosa Levi conosca del mondo in superficie.

E non vuole parlargliene: vuole mostrarglielo.

Osserva il suo silenzio assorto, lo sguardo basso di chi si è perso nei propri pensieri, e mentre si aspetta da parte sua una reazione di qualunque tipo, quello chiude gli occhi e cede al sonno, lasciandolo annaspare in quel dedalo d'incertezza con il quale ha imparato a convivere.

Dorme a lungo, questa volta, scomparendo sempre di più sotto le coperte e borbottando di tanto in tanto parole sconnesse.

Erwin non è sicuro, ma sembra che basta sia la più ricorrente.

Bagna un panno nell'acqua fresca e glielo appoggia alla fronte.

Non toglie la mano, però, perché Levi, che sembra dormire solo di fianco, è capace di rannicchiarsi al punto tale da avere la fronte quasi in contatto con le ginocchia e la pezza bagnata scivola continuamente sul cuscino.

Albeggia già, quando Hanji gli fa una seconda iniezione, dichiarando appassionata che in base alla sua esperienza, quella sarà la dose decisiva.

Levi apre gli occhi con un rantolo soffocato, quando l'ago lo punge e tenta di ritirarsi.

“Calmo” lo ammonisce Erwin posandogli una mano sulla spalla per bloccarne i movimenti. “È solo un composto antinfettivo. Hanji l'ha già usato in molti casi simili al tuo ed è efficace.”

Levi desiste.

Rotea lo sguardo circospetto intorno alla stanza, come se la vedesse per la prima volta, finché il suo campo visivo cattura la piccola porzione di cielo che si schiarisce lentamente dietro il vetro della finestra.

È un'alba timida, quella che sorge a rischiarare la stanza.

Silenziosa e opaca di nubi.

Molto diversa dal sole pomeridiano che li ha investiti all'uscita dal sottosuolo, ma a Levi piace; Erwin riesce a leggere lo stupore nei suoi occhi spalancati, nelle sue labbra che sembrano incapaci di chiudersi e in quel pugno combattivo che si distrae mollando la presa sul lenzuolo.

“Non avevi mai visto sorgere il giorno, vero?” gli chiede, la mano ancora posata sulla sua spalla, sebbene non sia più necessario.

“Mai” conferma lui.

E non distoglie più gli occhi dal cielo.

 

***

 

Inizia nel primo pomeriggio, dopo che Levi è riuscito a buttar giù controvoglia un po' di brodo.

Prima due o tre lievi colpetti di tosse, poi una serie sostenuta e infine una sequenza prolungata e insistente che lo costringe a sollevarsi dalla sua posizione rannicchiata.

Erwin non esita ad afferrargli il gomito e a posargli una mano sul petto per sorreggerlo, prima di lanciare ad Hanji uno sguardo preoccupato.

“Va tutto bene” lo tranquillizza lei. “È un buon segno.”

Levi le scocca un'occhiata tagliente da sotto le ciglia umide ed Erwin si chiede, in tutta onestà, in quale improbabile casistica scientifica -per usare i termini di Hanji-, possa essere un buon segno tossire fino a soffocarsi.

“Significa che il suo organismo si sta ribellando all'infezione” spiega Hanji con tono di rimprovero. “Dovrei avere la ricetta di un composto che potrebbe aiutarlo” aggiunge poi pimpante, tuffandosi tra le sue carte.

Erwin non può fare a meno di ammirare la sua energia, considerato che entrambi sono svegli ormai da quasi trentasei ore, ma non tempo per dare voce a quel pensiero gratificante, perché lo sterno del ragazzo contro la sua mano continua a sussultare, le lacrime adesso gli rigano il viso e ha le sue unghie ficcate in profondità nella pelle dell'avambraccio.

Lo trascina contro di sé, fino a sentirne il petto sussultare contro la sua cassa toracica e i colpi di tosse esplodere contro la sua spalla, lasciando un alone di fiato umido sulla sua camicia.

“Piano” gli sussurra, posandogli una mano sulla schiena.

E fa del suo meglio per dare a quel contatto, il giusto equilibrio tra un conforto solido e una leggerezza che non causa dolore. Perché Erwin ce l'ha stampata nella mente, l'immagine di quella pelle evanescente, macchiata da un perverso reticolo di crudeltà.

“Manda giù questo” gli dice Hanji, scostando il volto del ragazzo dalla sua spalla, per avvicinargli un cucchiaio alle labbra.

Deglutisce a fatica, soffocando un colpo di tosse tra le labbra chiuse; vicino com'è, Erwin riesce quasi a sentire il fluire vischioso dello sciroppo nell'esofago.

Non è mai stato così vicino ai suoi commilitoni, prima, pensa Erwin: ha stretto le mani di amici morenti, portato in spalla compagni feriti e fasciato ogni sorta di ferite, ma non è mai stato oggetto di un così fiducioso abbandono. Qualcosa nel suo petto punge: deve essere quel cuore, che certe volte non ne vuol sapere di farsi sacrificare sull'altare di una nobile causa.

Al placarsi della tosse Levi sospira di sollievo e gli crolla addosso definitivamente.

Erwin lo lascia lì.

Non lo sposta neanche quando Hanji sistema per lui un paio di cuscini aggiuntivi per sostenerlo.

Infila una mano tra i suoi capelli, l'altra a rivendicare quell'equilibrio duramente conquistato sulla sua schiena, e si trincera dietro un Respira meglio così.

 

 

Hanji dorme già, con il naso infilato in uno dei suoi libri e gli occhiali di traverso, quando Erwin si decide ad adagiarlo sui cuscini.

Levi protesta con un mugolio e lui lo consola con un Shhh e un panno fresco sulla fronte. Poi si lascia cadere sulla poltrona di fianco al letto e sprofonda nel sonno.

 

 

Quando riapre gli occhi, ore dopo, Levi è sveglio.

Il suo profilo pallido alla luce della luna sembra quasi ultraterreno.

Erwin raddrizza le spalle, indolenzite dalla prolungata e scomoda posizione, con un frusciare di vestiti e uno scricchiolio di assi in legno, ma il ragazzo non da segno di averlo udito.

È perfettamente immobile, lo sguardo assorto nella piccola porzione di cielo notturno che riesce a vedere.

Erwin inclina la testa e dirige il proprio sguardo nello stessa direzione: a vegliare sulla loro notte, nessun soffitto roccioso, ma uno sconfinato orizzonte cobalto, di nuovo terso e puntellato di stelle.

“È bellissimo” mormora Levi, dopo lunghi istanti.

 

***

 

“Per quanto tempo ancora hai intenzione di bucarmi con quell'affare?” domanda Levi il mattino successivo, mentre Hanji gli strofina una garza imbevuta d'alcol sul fianco.

“Ancora qualche giorno” risponde lei, proseguendo meticolosa nel suo lavoro. “Se interrompo la somministrazione troppo presto avrai una ricaduta.”

Levi distoglie lo sguardo, ombroso in volto, e sospira scocciato, prima che un paio di colpi di tosse costringano Hanji ad allontanare l'ago.

“Ti avevo detto di stare zitto” brontola lei, mentre attende che la vibrazione della tosse sui suoi muscoli si spenga.

Levi riesce a fulminarla con lo sguardo, mentre si rannicchia su di un fianco stringendo il lenzuolo nel pugno.

Erwin si siede sul margine del letto e passandogli un braccio sotto la spalla, lo solleva quasi di peso.

“Bevi questo” gli dice, porgendogli un bicchiere di latte. “Ti aiuterà.”

Levi è scontroso, nota, ma non più diffidente come prima. Posa una mano sul bicchiere, anche se Erwin lo sta tenendo per lui e nell'istante in cui la tosse gli da tregua, inghiotte qualche sorso esitante.

“Adesso stai fermo e zitto” lo ammonisce Hanji, per poi affrettarsi a ficcare l'ago dove inizia la natica.

Levi sussulta appena e si riadagia subito dopo sui cuscini, ancora troppo debole per dare battaglia, come probabilmente vorrebbe.

“Ancora non capisco cosa vogliate da me” borbotta comunque.

“Si dice che tu abbia un'abilità fuori dal comune nel volo” risponde Hanji, riponendo i suoi attrezzi. “Vorremmo che ti unissi al Corpo di Ricerca.”

“E se rifiutassi?”

Si rivolge a lui mentre pronuncia quelle parole, Erwin sente il suo sguardo bruciargli la pelle.

“Sei libero di farlo” replica tranquillo.

“Ma farai in modo che torni da dove sono venuto” asserisce; sul volto la certezza che non vi sia altra strada efficace, se non quella del ricatto.

Non ha tutti i torti, pensa Erwin, lui stesso ha imparato presto a scegliere tra due sole possibilità: tacere o condannare a morte se stesso e le persone intorno a lui.

Ma non vuole farlo, se non è necessario.

Si alza e portandosi davanti alla finestra, ne spalanca i vetri. Poi posa entrambe le mani sull'estremità in ferro battuto alla base del letto.

“No” risponde, strascinando l'intera struttura in avanti di un metro. “La vita in superficie è tua in ogni caso” aggiunge.

Sorride apertamente dell'espressione stupita del ragazzo, quando da quella posizione, si rende conto di poter vedere il cielo per tutta l'estensione della finestra.

“Ma la domanda è:” riprende con tono studiatamente casuale. “Sei sicuro di non volere di più?”

 

***

 

“Dovresti rientrare” gli dice Erwin una settimana dopo, mentre lo raggiunge con il tramonto alle spalle. “Presto sarà buio.”

Non è la prima volta che Levi sparisce nella radura retrostante l'abitazione, Erwin immagina che ogni angolo del mondo in superficie, ogni filo d'erba illuminato dalla luce del sole, sia una scoperta per lui.

Non lo biasima; lui prova la stessa cosa quando esce dalle mura.

E talvolta il desiderio di sapere lo spinge talmente oltre i suoi stessi limiti, che il suo corpo sebbene esausto o ferito, non può fare altro che adeguarsi alla sua volontà.

Si siede sull'erba accanto a lui e gli getta la sua giacca.

Nonostante le cure, la febbre non è scomparsa del tutto, però si è abbassata quanto basta a renderlo insofferente all'inattività.

“Hanji andrà su tutte le furie se scoprirà che hai preso freddo” commenta. “Di nuovo.”

Levi solleva le spalle come se non gli importasse.

“Adesso riesco a vedere bene” gli comunica invece.

E con quelle parole spegne anche l'ultima vestigia del suo già vacillante pragmatismo.

“Ti capisco” ammette Erwin.

Nemmeno a lui piace vivere all'oscuro di tutto ciò che lo circonda.

“Hai riflettuto sulla mia proposta?” gli chiede dopo un istante di silenzio.

“Cosa c'è oltre le mura?” domanda Levi a sua volta.

“Abbiamo intenzione di scoprirlo” risponde sicuro di sé, lo sguardo rivolto al cielo sconfinato.

Levi gli lancia un'occhiata fugace, un breve incontro di sguardi, poi si lascia andare contro il tronco dell'albero dietro la sua schiena e si perde nel medesimo orizzonte.

 

 

 

FINE.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Joy