Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Persefone26998    15/05/2021    0 recensioni
"La fermentazione è pura magia, perché sa trasformare un semplice grappolo d'uva in una pozione in grado di mutare il comportamento, sopprimere le inibizioni, annebbiare la vista e spalancare le porte di interi regni immaginari
_Felipe Fernandez-Armesto"
Benvenuti nella mia personalissima vigna
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parola suggeritami da Aryes_Otaku (sappi che ne scriverò una minilong in futuro)
Parole: 1525
Attenzione: Tematiche delicate, TW!DCA
 
Il riso degli uramaki ha un sapore speziato tra le labbra, quasi copre il tonno e il cetriolo che sono stipati all’interno della sottile alga; Sasha non ha mai capito se il ristorante dove vanno abitualmente ce l’abbia come tradizione il condire così tanto il riso, o se sia un modo poco sottile per coprire la qualità non proprio eccelsa di quell’all you can eat a dodici euro. Ma se anche il ragazzo misofobo di Eren ci mangia in quel ristorante, sa che può quanto meno fidarsi del fatto che non morirà per un’intossicazione alimentare; allunga la mano sul rullo, raccogliendo quanti più nigiri di granchio e futomaki le sue mai riescano ad arraffare, la pila di piccoli piatti di plastica dura che si accumula alla sua destra e rischia continuamente di far crollare ad ogni movimento.
Ingoia un nigiri e si ripassa il sapore del granchio cotto tra le labbra, la salsa di soia le pizzica lungo la gola e forse dovrebbe metterne di meno al prossimo pezzo; ma è buona e con il pesce cotto sta bene, scivola nell’esofago come la carezza di una piuma su un incudine. È piena, lo è da tempo e lo stomaco le fa male per quanto è gonfio, ma quella fame insaziabile le annebbia la mente con le sue lusinghe dolci come il frutto zuccherino del peccato, spintona il cibo prendendosi uno spazio che non c’è a forza; ha fame Sasha, una fame che non si estingue neanche quando addenta quel temaki strabordante di riso, carote e salmone.
“Beata la tua amica! Ha mangiato il quadruplo di noi ed è magrissima”
Alza lo sguardo verso la collega di psicologia di Mikasa, i capelli biondi le scivolano su quel delicato nasino alla francese, che l’illuminante fa apparire ancora più luminoso sotto le luci del locale; non ricorda il suo nome, è sicura che sia qualcosa che inizi con la H, non ricorda cosa ci faccia l’altra con la sua comitiva a pranzo, non ricorda quando sia entrata nel ristorante, non ricorda di quanto la pila di piatti al suo fianco sia diventata talmente alta e lo stomaco talmente pesante da faticare a respirare. Non ricorda nulla che non sia il sapore del pesce carico di salsa di soia nella gola.
Ma deve sorridere perché in fondo quello è un complimento, no? Riuscire a mangiare e tenere il controllo del proprio corpo è un complimento, non sentire lo stomaco così pesante e pieno nonostante tutti i piatti accumulati alla sua destra, significa che è stata brava anche oggi?
“Sei persino più magra di Mikasa, come fa...”
“Hitch, smettila adesso!”
La mora non sembra per nulla contenta di quelle parole, il cuore di Sasha sprofonda a terra e la fame spinge sotto la pelle a guardare le sopracciglia aggrottate dell’altra; quanto deve pesarle mortalmente sentirsi paragonare a quell’ammasso di carne e nullità che le siede affianco? Quella ragazza forse non vede il grasso e lo sporco che le avvolge il corpo? Non vede lo stomaco gonfio e pesante di cibo? Non vede la pelle flaccida e il viso gonfio?
È in quel momento che capisce che le sta mentendo, sicuramente è una bugia e gli occhi argentei della mora sono arrabbiati più per questo, che perché l’ha paragonata a lei; Sasha la guarda e pensa che quella Hitch non capisca niente, che darebbe tutto il suo corpo e tutta la sua anima per essere bella almeno un quinto di quanto è bella Mikasa, che a metterle a confronto è solo un umiliazione per la sua migliore amica. E le sorride nuovamente, mentre lo stomaco brucia per la fame e la testa si riempie di urla.
“Metabolismo veloce”
Perché mangio i ricordi
Ritorna a raccogliere il cibo dal rullo, piattini su piattini che si accumulano in una nuova torretta ancora più alta e gli occhi di Mikasa che le pesano addosso, la scrutano silenziosi mentre le chiacchiere attorno al tavolo si fanno sempre più forti: Eren ha detto qualcosa che ha fatto arrabbiare Levi, lo vede da come le guance dell’altro sono rosse e dal modo in cui guarda le bacchette come se volesse infilzargliele nell’occhio, ma Sasha non sente e butta giù i ricordi; Historia non è al suo posto, forse è andata in bagno, e Ymir sta punzecchiando Jean per passare il tempo, ma Sasha non sente e butta giù i ricordi.
E Mikasa continua a guardarla, non le leva mai gli occhi di dosso finché Eren non la richiama, per convincere il cugino della mora di qualcosa, ma Sasha non sente e butta giù i ricordi.
Sua madre è malata di cancro, ha sei anni quando le sue mani smettono di stringerla.
Mangia
Suo padre perde il lavoro, lo vede traballare per la prima volta quando sono costretti ad andare a vivere a casa di sua nonna, e non può succedere davvero perché suo padre è il suo eroe e non può cadere anche lui. E sua nonna le vieta di portare i suoi amici in casa, ha sette anni e gioca da sola in salotto finché Mikasa non va a chiamarla dopo le lezioni di scherma.
Mangia
Suo padre si risposa, è felice e anche Sasha è felice, perché la sua matrigna è una donna fantastica e le vuole bene; ma sono troppo preoccupati a badare alla sua nuova sorellina per pensare a lei.
Mangia
Suo zio, lo sgabuzzino stretto in cui sua nonna tiene le conserve, il suo odore di tabacco e il loro piccolo segreto. Ma lei è stupida e lo dice a Mikasa, perché ha paura di quello spazio angusto e l’odore del tabacco non le si leva dalla testa, anche se sua nonna non le perdona di aver mandato suo figlio in galera.
Mangia
Sua nonna che la chiama puttana per la prima volta a tredici anni e ancora oggi non ha smesso, soprattutto davanti ai suoi amici; soprattutto davanti ad Eren, che oltre ad essere un maledetto finocchio, le risponde troppo a viso aperto e senza rispetto per gli anziani.
Mangia
Connie la lascia perché lei è niente ed è incapace di tenersi un uomo mentre tutti attorno a lei sono felici, anche se la verità è che forse non si sono mai accorti di quanto funzionassero più da amici che da coppia.
Mangia
Ingoi i ricordi, ingoia i pensieri, ingoia il dolore.
***
“Sasha!”
Quando rincasa Kaya l’aspetta sempre in salotto, è una loro tradizione e le stringe le braccia attorno alla vita; Sasha non ha mai cuore di dirle di fare attenzione, ché ha mangiato troppo e lo stomaco le pesa carico di sensi di colpa, che oggi i piattini che ha accumulato al ristorante le ballano davanti agli occhi, ogni pezzettino di sushi le accoltella l’anima.
Ha mangiato troppo, ha perso la ragione e si è ingozzata di cibo, ha lasciato che la fame l’avesse vinta e ha mangiato troppo e le calorie le pizzicano dietro la nuca assieme al sudore; Kaya non si accorge quanto stia tremando, o forse dà la colpa al vento gelidi di fine febbraio, corre in cucina appena sua madre la chiama per cena.
“Tesoro, non mangi?”
Suo padre è un bell’uomo e nonostante i suoi quasi cinquant’anni non ha neanche un capello bianco, i suoi occhi castani la guardano sempre come se vedesse la fame appollaiata sulle sue spalle, con gli artigli appuntiti infilati nella carne e la bocca rossastra che sorride con i suoi denti aguzzi; è un uomo che sprigiona eleganza suo padre, dal viso sottile e definito, ad ogni gesto e parola filtra quella saggezza che le accumula parole tra le labbra, parole cariche di segreti e di fame che non vogliono uscire. Tutto il contrario di lei.
“Ho fatto incetta al sushi con i ragazzi, sono piena... magari dopo mi faccio una tisana”
Non gli lascia il tempo di replicare mentre sale le scale e si rifugia in bagno; la porta di legno è fredda quando ci poggia la testa, fredda come tutta quella stanza, fredda come il suo corpo che pare privo della capacità di trattenere il calore. La doccia picchietta sinistramente quando la apre per far riscaldare l’acqua, le gocce d’acqua paiono tante grida mentre si spoglia e il suo corpo nudo si riflette sullo specchio: è enorme il suo corpo, occupa tutta la stanza, è flaccido e gonfio di ricordi; ha mangiato troppo, ha lasciato che la fame divorasse la sua mente, ha ingoiato la sua testa e adesso pesa sul petto, non riesce a respirare finché resta tutto dentro.
La doccia scorre, copre i conati mentre si ficca due dita in gola e butta fuori tutti i ricordi, lascia che fluiscano bruciandole la gola con l’acido dei succhi gastrici; l’odore le invade le narici, un puzzo che le ribolle dentro per quanto la sua anima sia marcescente. Vomita fino a che lo stomaco non si svuota e i sensi di colpa scivolano via con la saliva, vomita fuori i ricordi fino a che non resta nient’atro che silenzio nella sua mente, vomita finché la fame non allenta le unghie stette sulle sue spalle.
Si asciuga la bocca con la carta igienica; ora ha di nuovo il controllo.
Ora sta bene.
  
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