Quando
aprì
il portone, Midge trovò Lenny con le braccia conserte
appoggiato all’inferriata
del cancello, impegnato a sbrigliare quelli che dovevano essere dei
pensieri
aggrovigliati nella sua testa. Non dovevano essere pensieri spiacevoli,
però. A
vederlo dall’esterno, anzi, si sarebbe detto compiaciuto
dalle proprie
aspettative.
Si accorse della
sua presenza come un cieco, appena rinsavito, avrebbe potuto fare
dinanzi alla
luce del sole, “Ehi, avresti dovuto avvisarmi che saremmo
andati alla cerimonia
degli Oscar! Quantomeno mi sarei adeguato alla tua eleganza. Ora sono
impresentabile, vero?”
“Gli
Oscar
si tengono d’inverno, Lenny! E tra l’altro, sei tu
che mi hai invitata,
ricordi?” Lo guardò dritto negli occhi per quella
che sembrò un’eternità. In
realtà,
durò meno di quanto entrambi avrebbero voluto, in quanto sia
Midge che Lenny
non riuscirono a trattenere lo sguardo l’una
sull’altro più a lungo di un
minuto, senza rischiare di svelare in maniera troppo impudente i
sentimenti che
si celavano all’interno delle loro pupille mute. Abbassare le
palpebre il prima
possibile sembrava essere l’unica soluzione.
“Comunque,
non
stai affatto male. Tutt’altro. Ecco: hai appena ricevuto un
complimento gratis!”
“Il
taxi ci
sta aspettando dietro l’angolo.” Le
gettò un’occhiata in modo discreto, sorridendo
tra sé e sé, chiaramente bramoso di ammirarla in
tutto il suo splendore una
volta arrivati a destinazione.
“Perfetto.”
Disse Midge, trotterellandogli accanto.
Lenny si
portò una mano alla bocca, come sua consuetudine nelle
circostanze di disagio,
prima di rivolgersi nuovamente a lei, “Perdona la mia
curiosità, tu sapevi che
sarebbe successo?”
Midge rimase
perplessa per un attimo, “Sono successe talmente tante cose
assurde ultimamente
nella mia vita che non saprei a quale ti riferisci!”
“Questo
imbarazzo, intendo…” Gesticolò con
finta noncuranza, per farle capire che si riferiva
alla scarsa loquacità tra di loro, oltremodo inconsueta in
altri contesti e in
altri momenti della loro amicizia. Pur avendo un mezzo sorriso sulle
labbra, le
sue parole suonavano serie e pregne di una scomoda verità.
Midge si
precipitò
sul suo braccio, posando la testa contro il suo bicipite con
un’aria
improvvisamente familiare e premurosa. Ciò che le aveva
detto Lenny era inconfutabile:
erano mesi che non si vedevano né sentivano, evitandosi
vicendevolmente.
Naturalmente, qualcosa nel loro rapporto era cambiata e non potevano
pretendere
di comportarsi come prima, come quando danzavano abilmente in punta di
piedi
intorno alla questione, evidente sin dal loro primissimo incontro.
L’attrazione
continuava a crescere di intensità nel corso degli anni,
generando confusione
in Midge e inquietudine in Lenny.
“Era
quello
che speravo non accadesse, ma è accaduto
ugualmente.”
“Già,
ma
questo non vuol dire che le cose debbano rimanere in questa specie di
limbo,
no?” Lenny fece in modo di prenderla sottobraccio, da vero
gentiluomo, e
insieme arrivarono vicino al taxi. Aprì lo sportello per
permetterle di
accomodarsi, poi fece un giro intorno alla macchina e
sussurrò all’autista
l’indirizzo in modo che per Midge fosse una sorpresa. Si
sedette al suo fianco,
eludendo l’espressione interrogativa disegnata sul viso della
sua fantastica
accompagnatrice.
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“Però,
quanto è piccolo il mondo!” Esordì
Midge, dopo aver spiato oltre la spalla di
Lenny con gli occhi sgranati. Anche se avesse potuto, non ci avrebbe
creduto:
Lenny l’aveva portata proprio al Gaslight. Chissà
se Susie ne sapeva qualcosa;
se si erano messi d’accordo per persuaderla a esibirsi di
nuovo, magari dietro
l’inoppugnabile incoraggiamento di Lenny Bruce.
No, Lenny
non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Aveva troppo rispetto per
lei e una
tale mancanza di sensibilità nei suoi riguardi sarebbe stata
incompatibile con
il suo carattere. Allora, perché condurla proprio
lì? Decise di scrutare il suo
volto in cerca di qualche indizio che potesse rivelarle
l’arcano, ma Lenny
continuava a fingere di non saperne nulla alzando le spalle e
passandosi la
sigaretta da un lato all’altro della bocca: era decisamente
diverto, per quanto
cercasse di mascherarlo.
Uscirono dal
taxi e attesero all’ingresso del locale, che sembrava essere
molto affollato a
quell’ora. ‘Buon per Susie!’
Pensò Midge con sincerità.
“So
che ti
devo delle spiegazioni.” Lenny gettò a terra il
mozzicone della sigaretta e lo
spense con il piede.
“Che
però
non mi darai, giusto? Sei identico a tua figlia in questo,
Lenny.” Midge si portò
le mani ai fianchi, come se si trovasse di fronte a un bambino
disubbidiente
con il quale bisognava esercitare un’enorme
quantità di pazienza.
“Ah,
sì.
Quasi dimenticavo, oggi hai visto Kitty.” Si
rabbuiò per un secondo, poi
continuò, “Non avrebbe dovuto farlo. Ci ha fatto
preoccupare parecchio.”
“Giuro
che
non l’ho traviata in alcun modo! Forse, potrei averle offerto
una limonata e potrei
aver esercitato una qualche influenza su di lei avvicinandole la mia
rivista di
moda, ma non mi è sembrata particolarmente attratta.
È così grave?” Si morse un
labbro. Vederlo triste e preoccupato le procurava grande dolore,
perciò cercò
di alleggerirgli il morale.
Lenny
inclinò
la testa, “Le ho parlato di te.”
“Allora
è
per questo che è scappata, ne sono certa. Non ne poteva
più di sentirti
criticarmi!”
“Sono
diventato
così prevedibile?” Le pupille gli si dilatarono
nuovamente, per la seconda
volta quella sera.
“No,
solo un
po' ciarlone, anche se non si direbbe. D’altronde, sono
l’ultima a poterti
giudicare. Non sai quante volte ho parlato di te a… beh, a
un sacco di persone!”
Arrossì lievemente.
Mentre la
gente entrava e usciva dal Gaslight, loro due erano rimasti in piedi
nel punto
in cui l’auto aveva lasciato loro, avvolti in una nuvola di
fumo che proveniva dalle
bocche dei tanti avventori, dalla luce dei led che illuminavano
l’insegna del
locale e dai colori che risalivano da quella specie di sottoscala da
cui vi si
accedeva.
“Questo
luogo ha qualcosa di magico, in fin dei conti. È qui che ci
siamo conosciuti. È
qui che mi sono sentita distrutta ed è qui che mi sono
ricostruita.” Si guardò
intorno e percepì un misto di tenerezza e dolore.
Lenny lo
comprese e le si avvicinò, prendendole il viso tra le mani,
“Qualcuno ha detto
che il mondo è un palcoscenico e io credo che sia vero,
soprattutto per noi.
Quello è il nostro posto, Midge. Potresti non accettarlo
ora, ma un giorno sarai
costretta a farlo.” Ritrasse le mani e le mise in tasca,
riassumendo quell’aria
timida che aveva prima di parlarle.
Midge
annuì,
commossa dall’imbarazzo di Lenny. La generosità di
quell’uomo la stupiva continuamente,
“Io non sono alla tua altezza, e questo lo sai. Tu hai aperto
la strada e, per
quanto questo mondo faccia parte anche della mia natura, sei tu la mia
più
grande ispirazione. Le tue esibizioni mi danno coraggio.”
“Bene,
sono
felice che ne parli ancora al presente. Forse questa escursione
è servita allo
scopo che mi ero proposto.”
“Sarebbe?”
Gli chiese con una sfumatura di malizia nella voce.
“Non
c’è
bisogno che te lo dica.”
Midge fece
dei piccoli passi nella sua direzione, accorciando la distanza tra di
loro. Soltanto
un filo d’aria passava tra i loro corpi, tendenti ad una
spontaneità difficile
da controllare.
Un desiderio così pericolosamente tangibile da farle di
nuovo paura, da farle
scattare il panico: se avesse ceduto, il loro rapporto sarebbe cambiato
in modo
imprevedibile e proprio questa incertezza le causava disagio,
fondamentalmente
perché temeva di perderlo. Se le cose non fossero andate
bene, chi poteva
garantirle che Lenny sarebbe rimasto nella sua vita? Non avrebbe mai
voluto
perderlo, per nessuna ragione. Se la comicità era il masso
che entrambi, su
percorsi differenti, avrebbero dovuto far continuare a rotolare, Lenny
era per
Midge la colonna alla quale appoggiarsi per riposarsi un po' e
viceversa.
Eppure, che
senso aveva opporsi alla natura, a un istintivo e piacevole richiamo
d’amore?
Basta con le bugie.
“Il
viaggio
finisce qui? Mi sbaglio o mi avevi promesso una cena?”
“Sì,
ma
avevo anche promesso di ascoltare le tue confessioni. Quale oscuro
segreto mi
tieni nascosto, Midge?”
“Te lo
dirò,
anche se non ti piacerà. Puoi portarmi in un luogo
più appartato, però? Senza
comici o poeti strampalati, intendo.”
“Ovunque
tu voglia.”
“Sono stata scortese a Miami, quindi vorrei poter
rimediare…”
“Non me la sono presa troppo, a differenza del proprietario
del motel. Un tuo
giudizio sull’arredamento della stanza sarebbe stato molto
apprezzato. Ma se ti
accontenti di un sandwich e di un po' di burro di
arachidi nel mio
modesto appartamento newyorkese, ci sto.”
Midge
sorrise, “Beh,
allora puoi dire a quel gentile signore che, sebbene mi sarebbe
piaciuto
passeggiare a bordo piscina e ascoltare le onde del mare in Florida, mi
accontenterò di questa piccola e inquinata
città.”
“La
birra è gratis.” Disse
Lenny mentre le indicava la strada, invitando Midge a scostarsi
dall’ingresso
del Gaslight.
“Niente
Martini con olive,
allora?”
“Per
chi mi hai preso?
Sono un uomo rispettabile io!”
‘Sì,
è assolutamente vero.
L’uomo più rispettabile che abbia mai incontrato,
a dispetto dell’ignoranza
degli ipocriti perbenisti.’ Rifletté Midge,
accarezzandogli teneramente la
schiena.